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Autore: Mel_mel98    02/04/2014    2 recensioni
Quella che ora sta sfrecciando nel cielo non è una stella cometa.
È una aereo.
È partito oggi da Tokyo. New York è la sua meta.
Pieno zeppo, come sempre, ha spiccato il volo alle 16.45 di questo pomeriggio.
Chissà che cosa ci va a fare tutta questa gente in America.
Di tutti quei passeggeri, due sono in viaggio per lavoro.
Lei, guarda fuori dal finestrino, fa finta di dormire.
È un po' lunatica, non ha più voglia di parlare.
Lui, il ragazzo più misterioso di tutta la metal saga, è immerso nei suoi pensieri.
Forse non vorrebbe essere lì, in quel momento.
Sarà un bene o un male che questi due giovani siano stati costretti a lavorare insieme?
Solo leggendo potrete scoprirlo.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsubasa Otori, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Insieme, di nuovo
 
“Welcome home”
Radical face
 
“È stato lui, capisci? Lui è la causa di tutti i miei problemi. Lui e la sua stupida accademia.”
“E quindi... Mi stai dicendo che il dottor Ziggurat, quello su cui dovevamo cercare informazioni, è anche la stessa persona che ha fatto dirottare l'aereo sul quale viaggiava tuo padre?”- il suo tono era tra il sorpreso e lo scettico.
Akane si voltò verso Tsubasa. “Non mi credi, vero?”
“No, non dico questo. Solo che... è tutto così strano...”
La ragazza tornò a guardare fuori dal finestrino. “Ti capisco, sai... Non ho ancora le prove sufficienti. Quelli della WBBA non mi vogliono dire niente. Ma adesso basta, se non me la dicono loro, scoprirò la verità da sola...”
L'aereo sorvolava l'oceano, limpido e cristallino.
Akane sentiva brividi percorrerle la schiena. Non era una sensazione proprio piacevole...
Poi una mano calda sfiorò la sua.
“Io sono con te Akane. Ricordatelo.”
Quella frase strappò al suo volto teso un sorriso sincero.
Appoggiò la testa sulla spalla del compagno di viaggio e chiuse gli occhi.
“Grazie”- sussurrò con un filo di voce.
 
 
La meccanica sbadigliò, coprendosi la bocca con la mano.
Nell'altra stringeva una tazza di caffè bollente.
Poggiati sul tavolo c'erano dei biscotti, un vasetto di marmellata ormai vuoto e un giornale di due o tre giorni prima.
Lo sguardo di Madoka diceva tutto: certamente di domenica mattina avrebbe voluto svegliarsi un po' più tardi delle sei e mezza.
Ma si sa, quando si hanno dei blader come amici, questi sono rischi che bisogna mettere in conto.
“Ginka ma tu hai una minima idea di che ore siano?!”- fece la giovane.
“Ma che importanza ha?! Dai Madoka fammi questo favore! Ho bisogno che tu controlli Pegasus, tra qualche ora ho una sfida con Kyoya, devo essere al massimo!!!”
La povera ragazza non ci provava nemmeno più a ribattere. Sarebbe stato come parlare al muro.
“Ma in tutta la WBBA non lo trovavi un meccanico a cui far vedere Pegasus?”
“No, a quest'ora no...”- disse il rosso cercando di pulire il barattolo della marmellata con il dito indice- “... e poi tu sei la migliore, Madoka!”
Come no... Questa l'aveva già sentita almeno una cinquantina di volte.
“Fai poco il ruffiano, per favore...”-sbuffò la meccanica. Non si può dire che fosse proprio cordiale, ma c'è anche da sottolineare il modo in cui era stata brutalmente svegliata.
 
La poverina si era quasi presa un infarto quando aveva ricevuto la telefonata del suo amico.
“MADOKAAAAAAAA!!!!!!!!! Devi assolutamente aiutarmi!”
“Eh?!”- aveva risposto lei
“Ho un problema urgentissimo! Ti prego mi devi aiutare!”
E così, pensando a chissà quali sciagure potessero essere capitate al possessore di Pegasus, lei lo aveva ingenuamente invitato a casa sua, nonostante il suo orologio segnasse le 6.00.
Immaginatevi la sua faccia quando si era resa conto che il grande, enorme problema di quest'ultimo consisteva nel fatto che erano da ben due giorni che non faceva revisionare il suo bey.
Comunque, qualunque fosse il problema, adesso erano entrambi seduti al tavolo della cucina di casa Amano e facevano colazione, illuminati dalla flebile luce del giorno nascente.
 
Gli occhi di Madoka passarono dalla sua tazza fumante a Ginka, che per riuscire a raccogliere persino l'ultimo briciolo di marmellata aveva infilato direttamente tutta la mano nel barattolo e adesso la leccava soddisfatto.
La giovane scoppiò in una sonora risata.
“Ma che hai fatto?!”- disse sorridendo all'amico.
“Sarebbe stato un peccato lasciare della marmellata sul fondo, no? È così gustosa...”
Madoka gli porse un tovagliolo.
“Sì, forse hai ragione...”
Rimase a fissarlo, incantata.
Era tutto così “surreale”. Ogni cosa le faceva pensare di essere in un sogno.
E adesso che ci pensava, tutte le volte che era insieme a Ginka si sentiva così.
Le sembrava di fluttuare nel vuoto.
Anche se era domenica, e lei era sveglia dalle sei e mezza.
Anche se l'ultima cosa che voleva fare era revisionare Pegasus, che tra l'altro era sempre in ottima forma.
Nonostante tutto, lei continuava a volteggiare nell'aria. Ed era felice.
 
“Dai”- disse ad un certo punto, alzandosi- “Andiamo a vedere come sta il nostro amato bey”
Ginka fece per seguirla, ma prima che potessero uscire dalla stanza la afferrò per un braccio.
“Grazie di tutto, Madoka. Sei unica, davvero”- e, con grande sorpresa di quella, le diede un bacio sulla fronte.
Lei diventò tutta rossa.
Sì, adesso stava decisamente volando.
 
 
“Allora, che pensi di fare adesso?”- fece il possessore di Eagle, raccogliendo da terra lo zaino con i vestiti che si era portato in missione.
“Mh?”- disse per tutta risposta l'altra, mettendosi a tracolla una borsa nera.
“In che senso?”
“Voglio dire... andrai a chiedere spiegazioni a Ryo? Vuoi avere da lui la verità sul tuo passato?”
I due si avviarono verso l'uscita dell'aeroporto.
Vennero travolti dalla luce del sole del primo mattino. Saranno state sì e no le sette.
“No, credimi ci ho già provato... È tutto inutile con lui”- rispose Akane.
“Adesso... adesso devo andare a sistemare i conti con qualcun altro. Penso che sia arrivato il momento giusto”
Tsubasa sapeva a chi si stava riferendo.
“Tu? Immagino che tornerai subito alla WBBA per consegnare il tuo rapporto della missione...”
“Eh sì... Il dovere mi chiama...”- fece sorridendo- “A proposito... hai già scritto il tuo, vero?”
“E quando lo avrei dovuto scrivere secondo te? Stanotte sull'aereo? Ma fammi il piacere...”- sbuffò l'altra.
“Sì in effetti hai ragione...”
“Certo che ho ragione... Comunque, non ti preoccupare: saprò inventarmi qualcosa da scrivere in quel dannato rapporto...”- disse tranquilla Akane.
Poi guardò l'orologio del telefono.
7.30, comparve scritto sul display.
“Sarà bene che mi muova... Devo assolutamente andare.”- mormorò.
Si tolse la tracolla e la porse a Tsubasa, che la guardò stupito.
“No, scusa, ma che dovrei farci io con la tua borsa?”
“Mah, fai un po' te... Facci un po' quello che ti pare, basta che non spii tra la mia biancheria...”- disse l'agente sghignazzando.
Il povero Tsubasa diventò tutto rosso.
Akane imboccò a passo svelto la strada alla sua sinistra.
Ma pochi secondi dopo sentì gridare il suo nome alle sua spalle.
“Akane!”
Lei si voltò.
“Che c'è ancora?”
“Akane che hai fatto al braccio?”- le domandò Tsubasa.
“Niente, che vuoi che abbia fatt...”- le parole le morirono in bocca.
Notò con suo grande orrore la condizione del suo mantello in corrispondenza del braccio destro.
Un'enorme chiazza rossa continuava lentamente ad espandersi.
“Dannazione, la ferita...”- sibilò.
Il Taglio che Kerbeks le aveva procurato in America non si era ancora rimarginato. E continuava per giunta a sanguinare di tanto in tanto.
Ma non aveva il tempo di spiegare tutto l'accaduto a Tsubasa.
Aveva di meglio da fare.
“Nulla, sta' tranquillo!”- e cominciò a correre lungo il marciapiede.
Lasciando l'amico impalato come un baccalà davanti alla porta d'ingrasso principale dell'aeroporto.
***
 
“Ahahahah! Vai Pegasus!”
“Coraggio Leoneee! Distruggilo!”
Ebbene sì: era finalmente giunta l'ora della battaglia.
Quella che Ginka non vedeva l'ora di disputare, per la quale si era svegliato in preda all'eccitazione.
Kyoya non era poi così motivato, stava decisamente attraversando un periodo di brutti pensieri.
Ma, cosa c'è di meglio per schiarirsi le idee se non una vittoria a beyblade?
Questa sembrava veramente la volta buona: finito lo scontro avrebbero finalmente stabilito chi fosse tra i due il blader più forte.
Per questo stavano utilizzando tutte le loro risorse, tutte le loro energie e tutte le loro capacità.
Il risultato era uno scontro a dir poco emozionante, con mille colpi di scena.
Peccato che non ci fosse nessuno ad ammirarlo...
O almeno così pensavano i nostri amici. (ahahahha! *risata malefica* NdAutrice)
 
“Forza Pegasus non mollare!”- gridò Ginka.
“Leone! Avanti ce la puoi fare!”- fece Kyoya.
Entrambi erano giunti allo stremo delle forze.
Ormai erano quasi venti minuti filati che quei bey non si davano tregua.
E come si può facilmente immaginare, quando le loro mosse speciali si scontrarono si sollevò un gran polverone.
Quando la polvere si diradò la scena che si presentò era facilmente intuibile: Ginka e Kyoya erano distesi a terra, stremati.
Dopo alcuni secondi i blader ricominciarono a dare segni di vita.
Ginka fu il primo a riprendersi. Guardò speranzoso in direzione del campo da gioco.
Ma purtroppo Pegasus aveva smesso di girare.
Poco dopo anche Kyoya si alzò da terra.
“Ah! Ma non è possibile che i nostri combattimenti finiscano sempre così!”- esclamò visibilmente scocciato.
“Eh già... Pare che non ci sia un numero uno tra noi due..”- disse Ginka raccogliendo il suo bey un po' malandato.
“Non lo dire nemmeno per scherzo!”- ruggì l'altro- “Lo sappiamo entrambi che sono io il migliore!”
“Come no... e perché non mi hai ancora battuto?”- Ginka doveva ammetterlo, era divertente provocare Kyoya.
“Upf... era tutto calcolato...”- ribatté lui- “se ti avessi battuto non avresti più fatto parte della lista dei miei più grandi rivali!”
“Aaaah, ecco perché...! Un momento... quindi non sono il tuo unico rivale?! E chi sarebbero gli altri?”- la conversazione si concluse lì perché Ginka venne interrotto da uno strano rumore...
 
“Ma chi è che sta applaudendo?!”- disse.
“Credevo che fossimo soli quaggiù...”- fece Kyoya, cercando di individuare un'altra persona oltre a loro in quel luogo deserto.
Fu in quel momento che la vide.
Sentì il suo cuore accelerare i battiti.
Era davvero lei.
Certo, in quegli anni era cambiata un po', ma l'avrebbe riconosciuta anche tra altre mille ragazze.
Era più alta, aveva i capelli più corti e ovviamente vestiva in maniera molto diversa dall'ultima volta che l'aveva vista.
Ma quegli occhi non mentivano.
E quelle cicatrici sulle guance erano inconfondibili.
 
“Wow! Che meraviglioso combattimento! Fantastico!”- gridò la ragazza.
Quella voce...
“Akane...”- sussurrò Kyoya tra l'incredulo e lo sconvolto.
“Cioè, tu la conosci?!”- adesso anche Ginka era incredulo.
“Ma certo che mi conosce!”- la misteriosa giovane sorrise, mostrando un bel paio di canini proprio come quelli di Kyoya- “Io sono la sua rivale numero uno!”
Con un balzo si ritrovò di fronte a Kyoya, che la guardava perplesso.
“Allora Kyoya... Alla fine ci si rivede...”
Quel sorriso che aveva stampato sul volto non era molto rassicurante.
Celava infatti dolore e solitudine, ma anche tanta rabbia e forse un po' di paura.
E Kyoya questo lo sapeva.
“Ciao Akane...”- riuscì solo a dire.
 
Bisogna ammetterlo, ce n'era voluto di coraggio per guardarlo nuovamente in faccia.
Ce n'era voluta di forza, per abbozzare quello stupido sorriso.
Ma alla fine era andata.
Perché doveva chiarire una volta per tutte il dubbio che non la faceva dormire la notte.
Doveva, voleva sapere.
Il nodo alla gola le impediva di parlare.
Così i due scelsero di trattare la questine nell'unico modo a loro conosciuto: con una battaglia.
 
Dopo dieci minuti quei due già combattevano.
Ginka si stava lambiccando il cervello per capire cosa avesse a che fare quella ragazza con il suo amico, ma qualunque ipotesi pensasse sembrava troppo strana per essere vera.
“Certo che sono agguerriti...”- pensò.
In effetti il combattimento non si era rivelato una passeggiata per Kyoya.
Akane riusciva a tenergli testa con il suo Storm Cancer.
Ma il suo modo di 'giocare' era strano. Sembrava ci fosse una grande rabbia dentro di lei.
E Ginka capì presto il perché.
 
“È inutile che mi guardi così! Io non sono pentito e mai lo sarò per essermene andato! Ho fatto quello che sentivo! Dopotutto papà lo diceva sempre di seguire l'istinto!”- gridò Kyoya, per superare il rumore provocato dai suoi tornado.
“Ah si? Beh se è per questo lui diceva di usare anche il cervello!!! Tu il tuo dove lo hai messo quando hai deciso di partire, eh? Non hai pensato a chi rimaneva a casa ad aspettarti tutte le sere nella speranza che tornassi???”- le lacrime di Akane scorrevano copiose lungo i suoi lineamenti, deturpati dalle cicatrici.
“A chi dovevo pensare? Senza papà  la vita sarebbe stata insostenibile! Te l'ho detto e te lo ripeto: non sono pentito di essermene andato e non ho niente sulla coscienza!”- il suo volto del blader tradiva le sue parole. Non era quello che pensava, sapeva di avere sbagliato ma non voleva ammetterlo. Sapeva di averla fatta soffrire tantissimo quando se n'era andato...
 
A quelle parole Akane richiamò il suo bey. Non aveva più voglia di combattere.
Voleva guardare in faccia la persona che le aveva detto tutte quelle cose.
No, non ci voleva credere che suo fratello le avesse parlato così.
Davvero non si rendeva conto del male che le aveva fatto?!
 
“Dimmi che stai scherzando, Kyoya. Dimmi che non credi veramente in quello che mi stai dicendo.”
Stringeva con rabbia il bey nella sua mano e lentamente si avvicinava a lui.
Già, lui. Una delle persone più importanti della sua vita.
Adesso la rabbia dentro di lei era veramente incontenibile.
Il suo sguardo era intenso e profondo.
Ma profondo era anche il dolore che Kyoya vi leggeva dentro.
“Dimmi che non dicevi sul serio...”- ripeté lei con tono cupo.
Ad ogni passo in avanti che faceva, il ragazzo si sentiva più in difficoltà. Come intrappolato in una via senza sfondo.
“Io... io... vedi io..”- tentò di dire il possessore di Leone. Ma non riuscì a finire la frase.
Perché Akane gli tirò un bel ceffone.
Tanto meglio, perché non avrebbe saputo come continuare.
Poi la ragazza scoppiò a piangere.
Ma non si coprì il volto con le mani.
Rimase lì impietrita davanti al fratello, con le lacrime che le solcavano le guance.
Ma poi il dolore si fece troppo grande. Si mise in ginocchio, sulla polvere di quella specie di stadio.
Non ne poteva veramente più.
 
Il cuore del possessore di Leone si strinse nel vedere la sorella ridotta in quel modo.
In un attimo, si rese conto di avere davanti a sé tutto ciò che restava della sua famiglia.
Una famiglia disastrata.
Capiva il dolore della sorella.
Ma probabilmente lei non riusciva a comprendere il suo.
Si chinò su di lei.
 
“Io... Akane, perdonami. Lo so che ti ho fatto soffrire tantissimo quando me ne sono andato. Lo so che tu mi hai sempre aspettato e che ti ho trattato malissimo quando sei venuta a cercarmi. Però devi sapere che guardarti negli occhi, stare con te per me è...”- tentò di dire.
“... doloroso, non è vero?”- concluse lei.
Kyoya abbassò lo sguardo.
“Sì...”- disse guardando per terra- “... e mi dispiace”
Probabilmente mi sbaglio, ma quella che scivolò subito dopo giù lungo la sua guancia era una lacrima. (“No autrice decisamente ti sbagli... Sarà stato sudore...” NdGinka     “Ehi! Ginka! Come ti permetti di rovinarmi questa meravigliosa scena!” NdAutrice)
Si guardarono negli occhi e non poterono fare a meno di notare quei segni, i ricordi indelebili di quel maledetto giorno.
Ma non faceva poi così male ricordare, adesso che erano di nuovo in due.
I due si abbracciarono dopo tanti anni che non lo facevano.
“Ti voglio bene, Kyoya.”- disse Akane.
“Anche io ti voglio bene, sorellina. E ti prometto che non ti farò più soffrire tanto...”
Kyoya sorrise. Era piacevole stare di nuovo tra le braccia di sua sorella.
Inutile dire che le era mancata tanto, anche se non lo aveva mai dato a vedere.
Avrebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre.
Poi l'abbraccio si fece più debole e il corpo di Akane più pesante sopra il suo.
E quel meraviglioso incantesimo si spezzò.
***
 
Correva da dieci minuti per gli affollati marciapiedi di Tokyo.
Ma non era stanco.
Le sue gambe andavano avanti da sole e non avevano intenzione di fermarsi, se non davanti all'officina di Madoka.
Da quando aveva sentito quel nome, nel suo corpo aveva cominciato a circolare una strana energia.
Akane...
Quelle cinque lettere risuonavano, rimbombavano nella sua testa.
E gli davano la forza di correre sempre più veloce.
Sorrise, pensando a ciò che era successo dieci minuti prima nel grande edificio della WBBA.
Ryo doveva averlo preso per pazzo...
 
(flashback)
Un rumore di tacchi sul pavimento interruppe i pensieri di Tsubasa, intento a guardare fuori dalla grande finestra dell'ufficio del padre di Ginka.
“Ehm, signore... c'è una chiamata di Ginka e Kyoya... sembra urgente...”- disse Hikaru visibilmente agitata.
Da quando Tsubasa era entrato nella sede della WBBA senza Akane, lei era stata colta da una frenesia incontrollabile. Erano giorni che si preoccupava per la sua amica e avrebbe veramente voluto vederla, accertarsi che stesse bene.
Ma lei non era venuta e Hikaru si era dovuta accontentare delle parole di Tsubasa: “Non ti preoccupare, sta bene. Adesso però ha bisogno di stare da sola, di rimettere insieme i pezzi del suo passato disastrato. Tranquilla, ok?”
No che non stava tranquilla.
Akane era appena tornata dall'America, dove suo padre era morto.
Aveva affrontato due settimane di scoperte per lei devastanti.
Adesso avrebbe potuto commettere qualsiasi pazzia. Come ad esempio quella di andare a cercare Kyoya.
“Come si fa a stare tranquilli...”- mormorò la giovane dai capelli celesti.
“Come hai detto, Hikaru?”- fece Ryo dalla sua scrivania.
“No, assolutamente niente, signor direttore... Le passo subito la chiamata sul computer!”- esclamò uscendo.
 
Tsubasa intanto si era avvicinato alla scrivania del suo 'capo', incuriosito dalle parole della segretaria.
Pochi secondi e sullo schermo gigante del computer del direttore apparve la faccia di Ginka.
“Papà! Senti non abbiamo molto tempo... Siamo all'officina di Madoka... Abbiamo urgente bisogno di un medico...”
“Presto!”- la voce di Kyoya fuoricampo era tremante, ma decisa.
Tsubasa era impressionato.
Non aveva mai sentito Kyoya in quello stato.
“Che succede ragazzi?”- chiese sporgendosi.
“Ehm vedi... è una lunga storia... Akane, la sorella di Kyoya, è venuta da molto lontano fino a qui...”
Ginka cominciò a raccontare tutto l'accaduto, mentre Kyoya diventava sempre più agitato...
Ma Tsubasa non stava ascoltando.
Si era fermato alla parola Akane.
La sua mente si era riempita di immagini che non aveva potuto ignorare.
Il suo cuore aveva cominciato a battere sempre più forte, quasi da far rumore.
Un'ondata di adrenalina percorse il suo corpo.
E cominciò a correre.
“Tsubasa! Dove vai?!”
Via da quell'edificio, via da quell'ufficio.
Al diavolo la WBBA e tutti i suoi doveri.
Adesso tutto il resto non contava.
C'era solo lei di veramente importante.
(fine flashback)
 
Raggiunse la porta dell'officina nell'esatto istante in cui l'auto del dottore chiamato da Ryo stava parcheggiando lì di fronte.
Suonarono e ad aprirli venne una Madoka esasperata e al contempo sconvolta: “Finalmente!”
Il dottore si precipitò subito da Kyoya che teneva tra le braccia il corpo immobile di Akane.
“Oh, ciao Tsubasa... immagino ti abbia mandato Ryo...”- disse la meccanica chiudendo la porta.
“Ehm, non esattamente...”- disse lui- “Madoka che è successo?”
“Io... io non lo so. So solo che quando sono andata ad aprire la porta mezz'ora fa, davanti c'erano Ginka e Kyoya, con una ragazza in braccio. Io li ho fatti entrare e... ed è allora che l'ho visto...”
Madoka aveva gli occhi fissi e una mano davanti alla bocca. Era pallida e spaventata.
Intanto l'agente notò le due figura, seguite da Ginka, portare Akane al piano di sopra, nella camera di Madoka.
“Che cosa hai visto?”- disse poi guardando serio Madoka.
Lei sembrò essere sull'orlo di un pianto trattenuto a stento: “ehm... il sangue...”- disse infine mostrando a Tsubasa la chiazza rossa sul pavimento del salotto.
Entrambi rimasero lì immobili per alcuni istanti, fissandola.
Poi la padrona di casa si trascinò in cucina e tornò con in mano uno straccio.
Tsubasa glielo tolse subito di mano: “Ma che fai? No, Madoka non ti lascerò pulire. Non lo vedi come sei sconvolta? Siediti un attimo in cucina, fatti una tazza di tè e non pensare più a quello che è successo.”
Lei lo guardò un po' intontita: “Oh, beh... grazie Tsubasa... io... non so che dire... mi dispiace aver reagito così...”
“Non ti preoccupare, succede a volte... a molti il sangue fa impressione.”- disse spingendola in cucina e mettendosi a pulire.
Anche lui comunque non aveva una bella cera.
Non era impressionato, né tanto meno schifato. Era... turbato.
Un sacco di scene gli frullavano in testa. Aveva paura. Aveva paura che Akane si fosse fatta male sul serio. Che avesse fatto una pazzia, proprio come diceva Hikaru.
Perché, era inutile negarlo, ci teneva un sacco lui ad Akane.
L'aveva portata via dall'America credendo che in Giappone non avrebbe più sofferto.
E adesso non sapeva se aveva avuto ragione o torto.
 
“Mi perdoni Akane? Mi hai perdonato, vero?”
Nella stanza di sopra intanto Kyoya era seduto per terra. E parlava da solo, le spalle appoggiate al divano dove avevano sistemato sua sorella.
Ginka e il dottore se ne erano tornati al piano inferiore e lo avevano lasciato solo.
“Giurami che non ti sei fatta niente, Akane. Giuramelo, ti prego.”
Nessuna risposta.
E Kyoya sprofondava sempre più in basso. La tristezza, sentimento che era sempre stato in grado di domare, adesso lo sopraffaceva, lo tormentava, lo avviliva.
E il silenzio gli distruggeva la mente.
Ecco perché non avrebbe mai voluto rivederla.
Perché Akane sconvolgeva il suo mondo. Lo mandava in confusione.
“Perché sei tornata Akane? Che te ne fai di un fratello come me? Un fratello maggiore che non ha mai saputo fare il suo dovere, che ti abbandonato nel momento esatto in cui sono cominciate le difficoltà...”
“Non sono tornata per te”
Kyoya si voltò di scatto.
Akane era seduta, lo guardava e lo invitava con la mano a sedersi accanto a lei.
Lui ubbidì e si sistemò sul divano, senza mai distogliere lo sguardo da lei.
“Sono stata in America in missione, sono tornata stamattina”
Sorrise. Un sorriso amaro, tremendo.
Kyoya capiva. Non riusciva a dire niente, ma sapeva bene come si dovesse sentire la sorella.
“Sono a tanto così, Kyoya. Sono a tanto così dalla vendetta. E con questo torneo mondiale sarà tutto più semplice”
Kyoya sospirò. Al contrario di quello che si poteva pensare, in questo caso lui non cercava la vendetta. Gli sarebbe bastato semplicemente riuscire a dimenticare.
“Perché, Akane? Immaginavo che avresti cominciato a lavorare alla WBBA come papà, che avresti fatto l'agente segreto. Ma perché ti ostini a cercare quell'uomo, perché non lasci che questa storia ti scivoli addosso senza fare niente? Non sei stanca di combattere contro qualcosa che non vedi?”
Lei lo guardò con disprezzo.
“Non hai voce in capitolo, Kyoya. Per prima cosa perché tu te ne sei andato quel giorno, hai fatto la tua scelta. Ma io sono rimasta, e non puoi immaginare ciò che ho passato. E poi io della mia vita faccio quello che voglio. Se voglio fare l'agente segreto per la WBBA lo faccio. Se decido che voglio fare della vendetta il mio scopo di vita, lo faccio. E tu non me lo impedirai.”
Eccola lì.
Era finalmente tornata del tutto.
L'Akane testarda, determinata, incontrollabile.
Quella che se ha un obiettivo, lo porta a termine a costo della vita.
“In questo modo ti stai distruggendo...”- fece il fratello.
“Lo sai che non me ne importa niente. Non ho nulla da perdere, dopotutto.”
Kyoya posò gli occhi sulla lunga cicatrice sul braccio di Akane.
“Guarda come ti riduci...”- mormorò.
“Non è niente”- rispose prontamente lei, premendo con la mano sulla guancia del fratello.
Lui per un attimo si lasciò invadere dal quel dolore, poi si ritrasse, in modo che non potesse raggiungerlo.
“Sarà anche niente, ma per poco non hai rischiato che ti dovessero tagliare il braccio”
“Sei esagerato!”- sorrise lei- “Si era solo infettata un po', non avevo avuto il tempo di curarla.”
I due si fissarono per un po'.
“Eri con Tsubasa, in America?”- disse infine Kyoya.
“Ehm... sì, perché me lo chiedi?”- esitò lei.
Kyoya sorrise misteriosamente.
“Che hai da ridere?!”- esclamò lei irritata.
“È giù che ti aspetta.”
“Ma che stai dicendo?!”- Akane diventò tutta rossa, suscitando ancora di più le risa del fratello.
“Che cosa è successo tra voi due, in America..?!”- fece lui alzandosi.
Per lui era sempre stato uno spasso infastidire la sorella.
Tipico dei fratelli maggiori...
“Nulla! Cosa vuoi che sia successo! Ma che ti viene a mente, Kyoya!”- esclamò lei, sempre più rossa in viso.
“Ahah, va bene, va bene... sarà come dici tu... Dai, vado al piano di sotto... Madoka prima era a dir poco sconvolta, dovrò spiegarle qualcosa, non credi?”
Detto questo, le passò una mano tra i capelli, scompigliandoli.
“Kyoya!”- sentì quando era ormai già fuori dalla porta.
“Sì?”
“Non sei poi così male, come fratello.”
 
 
Angolo dell'autrice
Ok... sì lo so, lo so!
Sono ANNI che non aggiorno questa fic. Quasi mi vergogno a farmi viva oggi, a quest'ora...
-E fai bene!-
Sì sì, è vero... sono una pessima autrice... come si può essere così lenti?!
Ok, adesso basta autocommiserazione... Spero di ricevere qualche recensione, vorrei sapere osa ne pensate di questo capitolo...
In genere chiudo con “ A presto...”, ma oggi è meglio che non lo faccia... non vorrei che mi arrivasse qualche bastonata in testa! Non voglio rischiare...
Ci sentiamo, d'accordo?
Mel
   
 
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