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Autore: Illidan    08/07/2008    7 recensioni
Di come il principe Legolas fosse la disperazione di suo padre e come conobbe Aragorn, Gimli, Eomer, Faramir e Boromir dopo essere stato costretto ad andare a scuola da Elrond, e quel che ne seguì.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aragorn, Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusatemi se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma in questi giorni ho anche cominciato a fare i compiti delle vacanze e poi ave

Scusatemi se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma in questi giorni ho anche cominciato a fare i compiti delle vacanze e poi avevo delle idee, ma non mi veniva l’ispirazione per scriverle bene. Spero che questo capitolo vi piaccia, miei affezionati lettori!

Prima devo però rispondere ai generosi commentatori:

 

@beba7: Lo scoiattolo non è in vendita purtroppo, Beorn ci è troppo affezionato! Aspetta, aspetta! Vai più piano con queste regole, che me le devo segnare! Per ora, comunque, la consegna delle foglie è rimandata. Invece la punizione ci sarà subito!!!

 

@Suikotsu: Lo scoiattolo piace anche a te, vero? All’altra domanda ho già risposto via mail, ma forse in questo capitolo capirai qualcosa di più su Eomer.

 

@gittypanda: Non è un pazzo? Bella domanda... Le foglie non arrivano subito, come ho già detto. Faramir ha una famiglia particolare, in effetti! Più avanti (mooolto più avanti) penso di fare un capitolo per descriverla.

 

@Naki_ssj: Sono contento che ti piaccia! Io adesso la continuo, ma tu continui a commentarla, d’accordo?

 

Ed è necessario ringraziare quelli che hanno messo la mia fanfic tra i preferiti:

beba7
gittypanda
Kabubi
Naki_ssj
Sengir
sole a mezzanotte

 

Grazie, grazie mille!!!

E ora passiamo a...

 

 

                                                                                    La punizione

 

Elrond rinfoderò il righello di mithril, afferrò per le orecchie Eomer e Boromir e gridò:“Sarà possibile che anche alle sei del mattino facciate di tutto per infrangere le regole??? Voi due” continuò tirando i lobi dei due ragazzi “vi beccherete una bella punizione per aver infranto tutte le regole sul rispetto reciproco, sul divieto dei duelli e delle risse e sull’essere fuori dalla propria stanza dopo le 21 e prima delle 7!” Intanto Faramir, Legolas e Gimli, intuendo il pericolo che correvano, cominciarono a scivolare silenziosamente verso le loro cell... ehm, camere.

“In quanto a voialtri tre,” disse Elrond voltandosi di scatto senza mollare la presa su Eomer e Boromir “visto che siete anche voi fuori dalle vostre stanze, riceverete una punizione minore di questi due, ma ne avrete pure voi una! Sono davvero basito per il vostro comportamento! Soprattutto, sono deluso da te, Faramir! Gandalf mi aveva parlato così bene di te! Non credevo che ti saresti fatto coinvolgere da questi fannulloni indisciplinati.”

Faramir chinò il capo e mormorò delle scuse.

“Su, fratellino, non ti abbattere! Ma perchè hai detto che sei un basista, Eärendil?” chiese Boromir, aggravando notevolmente la sua situazione.

“Primo: io non ho detto che sono un basista, non sono mica un criminale come quelle canaglie che commerciano le foglie!” rispose il signore di Imladris guardando male Legolas “Basito vuol dire attonito.”

“E che vuol dire ‘attonito’?” domandò ancora il giovane uomo.

“Silenzio! Consulta un vocabolario!” continuò l’elfo tirandogli l’orecchio “Secondo: devi darmi del ‘lei’ perchè sono molto più vecchio di te. E terzo: non sono Eärendil! Sono Elrond figlio di Eärendil e di Elwing della casata di Thingol che sposò Melian la Maia e regnò sul Beleriand. Sono fratello di Elros che rinunciò all’immortalità per regnare su Numenor e che ebbe molti discendenti tra cui Arathorn e suo figlio Aragorn. Sono cugino di quarto grado di Galadriel, regina dei Galadrim, che sposò Celeborn. Ma lei è anche mia suocera perchè ho sposato sua figlia Celebrian. Sono Elrond, colui il quale da mille anni non esce da Gran Burrone. Colui il quale ha per questo scritto un libro:“La Noia assoluta”. Colui il quale è stato lasciato da sua moglie perchè lei lo accusava di essere troppo noioso. Colui il quale ha generato tre figli Elladan, Elrohir e Arwen, due dei quali sono scappati dopo mia moglie. Colui il quale ha visto crescere e morire i suoi mille parenti: Fingolfin, Finrod Felagund, Finarfin, Luthien, Beren Erchamion e Eärendil.”

Mentre ripeteva ancora il suo discorso introduttivo, si addormentarono tutti, compresi Boromir ed Eomer, nonostante avessero un forte dolore l’uno all’orecchio destro, l’altro al sinistro. Quando ebbe finito, Elrond si accorse che i due che stringeva per le orecchie dormivano appoggiati alle sue gambe e che gli altri tre pisolavano sdraiati per terra nel cortile.

“Oltre a trasgredire valanghe di regole si addormentano mentre parlo, contravvenendo così anche alla regola 88!” pensò lasciando andare i lobi dei ragazzi e togliendoseli di dosso “Questo è davvero troppo! Adesso suono il gong e gli appioppo una punizione di quelle che non se la scorderanno mai finchè vivranno! Ma... quale?” Elrond si fermò un attimo a pensare. In effetti non aveva neanche un’idea. “Potrei aspettare che crescano e poi farli partecipare a una missione terribile dove probabilmente moriranno. No, non posso far passare così tanto tempo. Devo trovare qualcosa di meglio...”

In quel momento arrivò nel cortile Beorn con un’espressione afflitta a dir poco. Il suo volto era l’immagine stessa della tristezza e del dolore.

“Salve Beorn! Che ti è successo?” chiese Elrond stupito.

L’uomo orso, senza neanche rispondere, si mise a piangere disperatamente appoggiando la testa sulla spalla dell’elfo.

“Buhuhuhuhu!!! Una tragedia!!! Sigh! Sob! Ero uscito un attimo da casa lasciando la porta aperta e un altro orso è entrato e mi ha rubato tutto il miele!!!! Buhaaaa!!!” disse piangendo.

“Su, su, non piangere, dai! Si può rimediare...” lo confortò Elrond tirandogli delle pacche sulla schiena e sperando di togliersi di dosso quell’enorme peso sulla spalla (che lo stava anche bagnando tutto con i suoi enormi lacrimoni).

“Nooo, non si può!!! Ho riempito di botte quell’orso, ma ormai si era mangiato tutto il miele!!! Buhuhuhu!! Ora come farò? Non posso andare io a cercarmelo perchè ho promesso ai signori tassi di badare ai loro figli per tre giorni, ma io non posso resitere senza miele per tre giorni!!! Buhaaaa!!!”

Mentre Beorn si disperava, a Elrond venne in mente un’idea geniale per prendere due piccioni con una fava.

“Non ti preoccupare, Beorn: ho io la soluzione a tutti i tuoi problemi!”

“Sniff, davvero?” chiese Beorn soffiandosi il naso nel vestito fradicio dell’elfo.

“Sì, ci penseranno i miei allievi a cercarti il miele nel bosco. Così tu potrai rimanere in casa ad accudire i piccoli tassi e, ti prometto, per stasera avrai di nuovo la tua scorta di miele!”

“GRAZIEEE!!!” gridò Beorn baciando Elrond in bocca “Allora io torno subito a casa. Ciao!” e si allontanò di corsa canticchiando qualcosa tipo:“Miele, dolce miele, stasera ti potrò di nuovo mangiare! Oh, mio dolce, dolcissimo miele, ti potrò con più delizia gustare!”

Elrond lo guardò allontanarsi completamente basito e cominciò a sputare per terra per togliersi di bocca la saliva dell’uomo orso.

Poi entrò nel suo palazzo, si affacciò al balcone e suonò il gong. I cinque addormentati nel cortile si svegliarono di soprassalto.

“Ora che vi siete svegliati, vi comunico che ho preso una decisione circa la vostra punizione.” disse Elrond mentre si alzavano “Oggi salterete le lezioni per tutto il giorno...”

“EVVAI!!! URRÀ!!! YUHUUU!!!”

“...e andrete invece nei boschi a cercare il miele per Beorn.”

“NOOOO!!!”

“Dovete procurargliene quanto gliene basti per tre giorni e cioè trenta vasi! E non cercate di approfittarne per scappare,” proseguì guardando soprattutto Legolas “perchè Beorn non ve lo perdonerebbe!”

“Ma perchè ci hai dato la stessa punizione a tutti? Si stavano picchiando loro due, io e Faramir non abbiamo fatto niente!” si lamentò Legolas.

“Già, io e Faramir non ci stavamo mica picchiando, non devi punirci allo stesso modo!” gli fece eco Gimli.

“Non è giusto per niente, Berlond!” concluse Legolas.

Elrond divenne rosso in viso e gridò:“Lo decido io ciò che è giusto o no! E soprattutto NON MI DOVETE CHIAMARE BERLOND, NON SAPETE CHE BERLOND VUOL DIRE BALORDO IN ELFICO ANTICO??? Con questo insulto avete violato la regola 4: dovete rispettare quelli più anziani di voi, e perciò vi siete meritati la punizione!”

“Complimenti, elfo...” iniziò Gimli, ma poi si ricordò che forse c’era una regola contro gli insulti e quindi era meglio lasciar perdere.

“Adesso andate a fare colazione e poi sbrigatevi a cercare il miele per Beorn senza altre lamentele.” Dal balcone Elrond li guardò allontanarsi. Fece per tornare a dormire, poi tornò subito ad affacciarsi. Osservò di nuovo i suoi allievi. Li contò. Erano cinque. Cinque???

“Dov’è  Aragorn?” chiese un po’ preoccupato.

“Ma dove vuoi che sia? Da A...” cominciò Boromir, ma Faramir lo zittì tappandogli la bocca con le mani.

“Aragorn è a letto nella sua stanza.” affermò sempre tenendo le mani sulla bocca del fratello. Ma, nonostante il suo tentativo di far tacere Boromir, non riuscì affatto a soddisfare Elrond con la sua risposta. L’elfo tornò in casa dal balcone e scese velocissimo nel cortile.

“Non credo per nulla che sia in camera sua. Ma se lo trovo dove credo, stavolta lo rovino sul serio!” gridò e corse verso le stanze dei ragazzi agitando un mazzo di chiavi.

“Meglio andare a mangiare in fretta, tra poco qui ci sarà un finimondo!”disse Legolas e gli altri annuirono andando veloci verso la mensa. Non appena entrarono, si sentì un ruggito tremendo, paragonabile solo a quelli di Beorn quando gli si rompe un barattolo di miele. Fu subito seguito da un urlo di eguale potenza:“ARAGOOORN!!!

Infatti Elrond aveva visto che la sua stanza era (ovviamente) vuota ed era corso alla velocità della luce in camera di sua figlia Arwen.

Mentre in mensa i cinque ragazzi mangiavano il baccalà, fuori Aragorn scappava inseguito dall’elfo che agitava il righello di mithril lanciandogli orribili anatemi.

“Maledetto erede di Isildur, figlio di Elendil! Possa tu fare la fine di Argeleb I di Arthedain! Se ti trovo ancora una volta a baciare Arwen, ti farò patire le sofferenze di Eärnur a Minas Morgul! Ti annegherò nel ghiaccio come Arvedui! Ti farò saltare in aria come Arveleg! Ti farò sbranare dai lupi come Aragorn I! Ma soprattutto, farò sì che tu non abbia figli, come Tarannon Falastur, Narmacil I e Eärnur!!!” gridava Elrond infuriato come una belva. Intanto i cinque giovani erano usciti dalla mensa ed erano andati in cortile.

“Certo che è incredibile: Berlond riesce a essere noioso anche quando è arrabbiato!” commentò Legolas osservando i due che correvano.

“Non per niente è un elfo pizzoso!” ribattè Gimli e Legolas fu tentato di tirargli un ceffone, ma poi pensò che non era una grande idea farlo di fronte a Berl... ehm, Elrond e che tanto avrebbe avuto tutta la giornata per combinargliene di tutti i colori.

“Cosa intendeva per ‘farò sì che tu non abbia figli’? Non intendeva quello che penso, vero?” chiese Eomer ridacchiando.

“Io credo di sì.” rispose Faramir ricambiando il sorriso.

“Già. He, he!” fece eco Boromir.

“Sentite, sarà meglio cominciare ad andare: non abbiamo molto tempo e io non ci tengo a farmi rimescolare le ossa da Beorn. E già che ci siamo, salviamo anche Aragorn, va’!” disse Legolas e si avvicinò a Elrond che stava correndo vicino a loro “Per portare il miele ci servirà un carro, ne hai uno?”

L’elfo si fermò di scatto. “Cos’hai detto? Ah, sì, la vostra punizione! Sì, c’è un carro nelle scuderie e i barattoli vuoti sono nelle cucine.” Detto questo, ripartì velocissimo all’inseguimento dell’uomo del Nord.

I cinque andarono nelle cucine e cominciarono a trasportare gli enormi barattoli di miele vuoti nella scuderia. Li appoggiarono sul retro di un semplice carro di legno scuro. Eomer cominciò a mettere i cavalli sotto il giogo per far trainare loro il carro, visto che era il più abile in questo genere di cose. Dopo si mise a salutare il suo cavallo e a parlargli della sua punizione. Quando tutti i trenta vasi furono sul carro, Faramir disse:“Noi siamo pronti a partire, ma Aragorn come lo salviamo?”

“Per questo ci avvarremo della grandissima abilità di Eomer!” rispose Legolas.

“E cosa devo fare?” chiese l’uomo di Rohan interrompendo la conversazione con il suo cavallo.

“Oh, una cosa molto semplice.” disse l’elfo e gli spiegò il suo piano.

Poco dopo, Faramir, Boromir, Legolas e Gimli, che era seduto nel retro insieme ai barattoli e perciò borbottava maledizioni contro gli altri che lo avevano costretto a sedersi lì, partirono sul carro fino ad arrivare a una delle porte di Gran Burrone. Da lì si usciva andando verso dei boschi alle pendici delle Montagne Nebbiose.

I quattro attesero finchè scorsero Aragorn che arrivava di corsa sempre inseguito da Elrond. A quel punto Legolas fischiò. Sentito il segnale convenuto, Eomer, che si era nascosto in un angolo del cortile, partì alla carica con il suo cavallo e afferrò Aragorn al volo, mettendolo in groppa al cavallo orizzontalmente tra la testa e la sella. Contemporaneamente, Faramir e Boromir frustarono i cavalli e insieme a Eomer lasciarono Gran Burrone di gran carriera.

Elrond, accortosi di aver perso la sua preda, gridò per la rabbia:“Per oggi ti è andata bene, ma non finisce qui, Aragorn, figlio di Arathorn II, figlio di Arador, figlio di Arathorn , figlio di Arassuil, figlio di Arahad II, figlio di Aravorn, figlio di Aragost, figlio di Arahad I, figlio di Araglas, figlio di Aragorn I, figlio di Aravir, figlio di...” e andò avanti ad elencare la stirpe dei re di Arnor fino a mezzogiorno, quando sua figlia Arwen gli si avvicinò e gli disse con compassione:“Papà, è pronto il pranzo.”

Lui allora decise che poteva bastare e andò a mangiare con sua figlia che lo guardava triste.

Ma torniamo ai nostri eroi (si fa per dire). Quando furono abbastanza lontani da Gran Burrone si fermarono in mezzo a un bosco e Aragorn potè scendere da quella posizione scomodissima a cavallo.

“Se non fosse che non ho mangiato niente, direi che mi viene da vomitare! Mi gira la testa in un modo pazzesco!” si lamentò Aragorn mentre barcollava cercando di stare in piedi.

“Intanto ti abbiamo salvato da Berlond e quindi ringraziaci almeno!” disse Legolas scendendo dalla cassetta del carro.

“Ah, sì... grazie...” ringraziò il ramingo ancora frastornato.

“E poi ti abbiamo portato con noi a fare una bella scampagnata per cercare del miele, cosa vuoi di più?” aggiunse Gimli ironicamente emergendo da sotto i barattoli di miele.

“Cosa? Perchè dobbiamo cercare il miele? Che cos’è ‘sta storia?” chiese Aragorn sbalordito.

“Beh, è semplice: Elrond ci ha beccati in cortile a causa del rumore causato da Eomer e mio fratello che si picchiavano e ci ha affibbiato come punizione il compito di cercare il miele per Beorn. Dobbiamo riempire trenta vasi e se non ci riusciamo entro stasera, l’uomo orso non sarà felice.” spiegò Faramir.

“Cioè ci spezzerà le ossa!” disse Boromir anche lui sceso dal carro come il fratello.

“Ma io non ho ricevuto questa punizione...” borbottò Aragorn.

“Sì, ma l’unica alternativa che hai è tornare a Gran Burrone a farti riempire di righellate da Berl... Elr... insomma, dal padre di Arwen! Quindi ti conviene aiutarci, altrimenti Beorn se la prenderà anche con te!” gli rispose Eomer un po’ arrabbiato.

“E va bene! Direi di dividerci in gruppi, così faremo prima. Ogni gruppo prenderà qualche vaso di miele e a mano a mano li riporterà qui al carro.” propose l’uomo del Nord. Così tolsero i cavalli dal giogo del carro, li legarono a un albero e si divisero in gruppi di tre: Faramir, Boromir e Eomer e Legolas, Aragorn e Gimli. Perchè Legolas e Gimli stavano in gruppo insieme? Ovviamente perchè speravano di farsi scherzi tremendi tutto il giorno! Aragorn, però, l’aveva capito subito e quindi si era messo nel loro gruppo per evitare che facessero troppi danni.

A questo punto ciascuno dei gruppi prese dei vasi e si diresse nel bosco in direzioni diverse. Eomer, però, prima di partire, raccomandò al suo cavallo, che aveva lasciato slegato, di venire a chiamarlo in caso di pericolo.

Dopo un po’ che camminavano, l’elfo, il nano e l’uomo videro un alveare sotto un alto ramo di un albero.

“La fonte del miele l’abbiamo trovata, ma ora come facciamo a prenderlo?” chiese Aragorn.

“Non ti preoccupare: ho un’idea.” affermò Legolas “Ma ci serve il nano!”

“Ehi, a che cos’è che servo?” domandò Gimli sospettoso.

“Niente di pericoloso, non preoccuparti!” rispose l’elfo piegandosi per arrivare all’orecchio del nano e potergli sussurrare il suo piano. L’uomo rimase a guardarli in silenzio, stupito che stessero collaborando. Poi Legolas disse a Gimli:“Hai capito?”

“Sì, tutto chiaro. Sarà un gioco da ragazzi!” rispose il nano e si avvicinò all’albero. Quando fu sotto il ramo a cui era appeso l’alveare, estrasse la sua ascia piccola e con tutta la forza che aveva la lanciò. Prese in pieno il sottile sostegno di cera che teneva l’alveare attaccato al ramo e quello cadde a terra.

“Ecco fatto!” disse Gimli “Però non mi hai spiegato bene cosa doveva succedere adesso...” In quel momento le api, infuriate per la caduta volarono addosso al nano.

“Beh, adesso devi correre! Ha, ha, ha!!!”

“Maledetto elfo bastardo!!! AAAH!!!” gridò Gimli correndo via inseguito dallo sciame di api.

“Legolas!” esclamò Aragorn arrabbiato.

“Che c’è? Sono riuscito ad allontanare lo sciame di api dall’alveare. Tu avresti saputo fare di meglio? Dammi una mano a prendere il miele, invece!” L’uomo avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma decise che era meglio lasciar perdere. Legolas prese l’alveare e cominciò a svuotarlo dentro i barattoli che gli portava Aragorn. Quando il miele finì, il ramingo cominciò a riportare i barattoli sul carro. Legolas invece rimase seduto a terra appoggiato ad un albero senza fare niente perchè, secondo lui, aveva avuto l’idea e quindi aveva già fatto la sua parte del lavoro, oltre al travaso. Mentre l’elfo si riposava, Gimli fece finalmente ritorno. Aveva la faccia coperta di punture in ogni punto senza barba, baffi o capelli. Raccolse la sua ascia piccola da terra e guardò Legolas.

“Adesso gliela pianto nel petto e poi... Poi cosa? Se lo ammazzo il divertimento finisce subito. Accidenti! No, non posso farlo, morirei anch’io di noia! Questa volta me l’ha fatta lui, ma mi rifarò presto!” pensò il nano e ripose l’ascia sogghignando. Poi Legolas si accorse che era tornato.

“Oh, ciao! C’è da dire che il tuo aspetto, non potendo peggiorare, mi sembra che sia un po’ migliorato! Ha, ha, ha!!!” ridacchiò mentre si alzava.

“Ma di certo è sempre meglio del tuo!” ribattè Gimli.

“Basta! Siete incredibili! Litigate sempre! Scusa, Gimli, ma non avevo pensato che Legolas potesse farti un simile scherzo.” disse Aragorn appena tornato dal carro.

“Non fa niente, lo perdono. Ora sbrighiamoci a trovare altro miele!”

L’uomo e l’elfo si stupirono molto per questa risposta. Ma, siccome il nano aveva già cominciato ad allontanarsi nel bosco, lo seguirono senza ribattere. Aragorn portava dei vasi in braccio, ma erano così tanti che quasi gli impedivano di vedere dove andava, mentre Legolas camminava pensando a cosa avrebbe fatto Gimli per vendicarsi. Così nessuno dei due si accorse subito della scomparsa del nano.

“Ma dov’è finito il tappo?” chiese l’elfo guardandosi intorno.

“E che ne so? Io non ci vedo quasi niente con questi enormi barattoli di fronte agli occhi!” ribattè l’uomo fermandosi e appoggiandoli un attimo a terra. I due scrutarono in tutte le direzioni, ma non videro nessuno.

“Boh, speriamo che non si sia perso...” disse Aragorn un po’ preoccupato.

“Sperare è inutile con un nano deficiente come lui!” esclamò Legolas.

“Ehi, voi due! Cercate me?” chiese una voce dall’alto. L’uomo e l’elfo sollevarono la testa e videro Gimli su un ramo di un albero sopra di loro.

“Che ci fai lassù?” domandò Aragorn.

“Che domande! Prendo il miele!” Infatti a quel ramo era appeso un alveare. “Anch’io ho una bella idea, Legolas! Sta’ a vedere!” Gimli prese la sua ascia piccola dalla cintura e tagliò il sostegno dell’alveare. “Eccoti un bel po’ di miele, caro elfo!”

L’alveare cadde proprio addosso all’elfo e all’uomo, che scapparono entrambi inseguiti dalle api. Mentre correvano, Gimli scese dall’albero e raccolse il miele da terra per metterlo nei vasi. Dopo un’attesa abbastanza lunga, i due fecero ritorno. Erano anche loro coperti di punture come Gimli. Ma, oltre a ciò, erano sporchi di miele, dato che l’alveare, quando gli era caduto addosso, si era rotto. Legolas borbottava fra sè e sè qualcosa riguardo alla sua pelle rovinata e a un nano fatto a fette. Prima che il nano o l’elfo potessero dire qualcosa, Aragorn disse con tono serio e molto arrabbiato:“Statemi a sentire, voi due: adesso che siete pari voglio che la smettiate subito con questi scherzi idioti! Io non ce la faccio più!!! Almeno finchè dobbiamo stare insieme per cercare il miele dovete finirla! Altrimenti vi giuro che se non sarà Beorn, sarò io a rimescolarvi le ossa!!! SONO STATO CHIARO???”

Legolas e Gimli si spaventarono sul serio perchè era la prima volta che vedevano Aragorn così arrabbiato e non si fecero più scherzi per tutta la giornata.

“E poi muoio di fame!” aggiunse Aragorn “Non ho mangiato nulla a colazione e adesso è mezzogiorno!”

“Puoi sempre mangiare il miele che hai addosso.” propose Gimli e lui lo guardò male. Ma, in mancanza di meglio, dovette accontentarsi di quello.

Intanto anche gli altri tre avevano i loro problemi.

Infatti avevano trovato un alveare, ma non sapevano come fare a prendere il miele senza essere punti.

“Io ho sentito che le api vengono allontanate dal fumo.” disse Boromir.

“E quindi che vorresti fare?” chiese Eomer.

“Dare fuoco all’erba vicino all’alveare in modo che le api se ne vadano.”

“A me non sembra una buona idea. Io ne ho una migliore.” disse Faramir.

“A me invece sembra ottima, perchè a te no?” domandò Eomer.

“Perchè il fuoco è pericoloso e...”

“Pensi che non sappia neanche accendere un fuoco?” chiese Boromir arrabbiato.

“Il problema non è accenderlo, ma tenerlo a bada dopo che l’hai acceso!”

“Non siamo due incapaci! È una cosa semplicissima! Pensa pure alla tua idea, noi intanto prenderemo il miele per Beorn!” dissero insieme Boromir ed Eomer. Faramir si allontanò sospirando.

I due ragazzi presero un po’ di erba secca e alcuni legnetti. Si misero poco distanti dall’albero su cui si trovava l’alveare e cominciarono a sfregare fra di loro i legnetti. Dopo un po’ cominciò a venir su un po’ di fumo e alla fine si accese un vero fuoco.

“Ce l’abbiamo fatta! Alla faccia di Faramir!” esclamò Eomer e si dettero il cinque.   

“Già, la mia grande idea funziona! Tra poco il fuoco affumicherà le api e le farà fuggire!” disse Boromir felice.

“Ma... perchè viene verso di noi, allora?”

Infatti il fuoco non stava andando in direzione dell’albero, ma dei due cretini che lo avevano acceso senza tenere conto del vento, che soffiava verso di loro. In breve furono circondati dalle fiamme e sarebbero morti, se non fosse arrivato Faramir a buttare dell’acqua sul fuoco, spegnendolo in un punto e permettendogli di scappare.

“Faramir! Proprio al momento giusto!” esclamò Eomer, che aveva i pantaloni bruciacchiati in fondo.

“Grazie, fratellino! Ma dove hai trovato l’acqua?” chiese Boromir, che aveva la faccia tutta nera per il fumo.

“C’è un ruscello qui vicino. Sono andato subito a riempire un vaso del miele, temendo il peggio. Ora prendetene anche voi uno, dobbiamo spegnere il fuoco prima che diventi un incendio.” I tre corsero al fiumiciattolo guidati da Faramir e presero l’acqua. Dopo averlo fatto alcune volte, riuscirono a estinguere le fiamme.

“La mia idea era molto più semplice e meno rischiosa.” disse Faramir “Consisteva solamente nell’avvolgersi in un mantello con due fori per gli occhi, nel mettersi i guanti e nell’andare così coperti a prendere il miele dall’alveare. Esattamente come fanno gli orsi protetti dalla loro pelliccia!”

Per fortuna, questa volta gli altri due furono d’accordo con lui e in questo modo riuscirono a riempire molti barattoli. Boromir, che era il più alto, metteva le mani negli alveari e Eomer e Faramir reggevano i recipienti del miele.

Verso le sei del pomeriggio si ritrovarono tutti dove avevano lasciato il carro. Dopo essersi raccontati a vicenda le rispettive sciagure, Eomer fece i complimenti al suo cavallo per essersi comportato bene e Faramir e Aragorn contarono i vasi mentre gli altri li mettevano bene sul carro in modo che non cadessero.

“...ventotto... ventinove... e trenta!!!” esclamò Faramir.

“EVVIVA!!! CE L’ABBIAMO FATTA!!!” gridarono tutti felici.

“Portiamoli da Beorn, così poi potremo tornare a Gran Prigione a mangiare!” disse Legolas.

“Sì, andiamo!” gridarono ancora tutti.

Legolas, Faramir, Boromir e Gimli salirono sul carro (e Gimli fu messo ancora dietro tra i vasi di miele pieni adesso), mentre Aragorn e Eomer montarono sopra il cavallo di quest’ultimo (che fu un po’ provato dal peso di due persone). Poi partirono verso la casa di Beorn. Ci misero un’oretta ad arrivare.  La casa di Beorn era un’abitazione enorme sia per le dimensioni del suo abitante sia per la quantità di cibo che doveva contenere come scorte per l’inverno. Era in mezzo a una radura, vicino ad un fiume, lo stesso che passava in mezzo a Gran Burrone.

Non appena arrivarono videro l’uomo orso che si rotolava nel prato davanti a casa insieme a dei piccoli tassi. Poi anche lui si accorse di loro.

“Ragazzi! Mi avete portato il miele!!! Grazie!!!” gridò correndogli incontro.

“Sì, adesso però noi vorremmo tornare a Gran Burrone.” disse Aragorn.

“Come, non volete restare neanche un po’? Io e i tassini volevamo ringraziarvi!”

“Eh, no, ci aspettano e non possiamo fare tardi. Ci ringrazierai quando ci rivedremo a lezione.” gli rispose Faramir. Nessuno di loro voleva fermarsi perchè avevano tutti paura che i tassini fossero stati addestrati da Beorn e che quindi li riempissero di legnate.

“Ah, va bene. Ma... che vi è successo?” domandò accorgendosi solo ora delle punture di Aragorn e Legolas e delle macchie di miele sui loro vestiti e delle scottature e degli abiti bruciacchiati di Eomer e Boromir.

“Oh, niente. Solo qualche inconveniente nella ricerca del miele.” spiegò Legolas per evitare ulteriori domande.

“Mi spiace! Ora scarico il miele, così poi potete andare.”

Scaricò i trenta enormi barattoli molto in fretta, ma tirò giù dal carro anche Gimli. Dopo essersi scusato con lui per averlo confuso con un vaso di miele, salutò i nostri eroi, che finalmente tornarono a Gran Burrone.

Lasciarono il carro e i cavalli nella scuderia e andarono in mensa a mangiare baccalà senza dire niente.

Elrond, che li aspettava lì per acchiappare Aragorn e dargli una lezione, quando vide come erano ridotti tutti e soprattutto come era conciato il ramingo, decise di lasciar perdere e pensò che avevano imparato la lezione. Così gli augurò la buona notte e andò a letto lasciandoli soli.

Nonostante facesse schifo, i sei giovani divorarono il baccalà come se fosse una prelibatezza. D’altronde, se si ha fame qualunque cibo diventa buonissimo.

Avevano quasi finito di cenare, quando la porta della mensa si aprì.

Entrò una giovane elfa dalla pelle candida e dai capelli neri. Indossava una lunga veste nera con lunghe maniche rosse e una scollatura tonda. Tutti e sei si voltarono a guardarla e Aragorn esclamò con gioia:“Arwen Undomiel, mia adorata, mio unico amore, che vidi per la prima volta nei boschi di Imladris e...”

“E ti innamorasti follemente di me, sì. Ma devi salutarmi sempre così? Sembri mio padre!” lo rimproverò l’elfa.

“È  un vizio di famiglia...” si scusò il ramingo. 

“Spero che tu non lo trasmetta ai tuoi discendenti, perchè altrimenti tanto varrebbe restare qua a Gran Prigione!” scherzò Arwen avvicinandosi ai ragazzi.

“Ehi, l’idea di chiamare questo posto Gran Prigione è mia!” protestò Legolas.

“Ah, ciao Legolas! Sei sempre il solito cretino, vero?”

“Questa è la prima elfa che mi sta simpatica!” disse Gimli ridendo. Il figlio di Thranduil gli tirò un ceffone, il nano rispose con un pugno nello stomaco e cominciarono a pestarsi.

“Fateli smettere o sveglierete mio padre! Non credo che vogliate passare un’altra giornata come questa, vero?” domandò Arwen.

“Manco per sogno!” esclamarono gli altri quattro e divisero subito il nano e l’elfo.

“Ora che avete finito di fare i deficienti, ascoltatemi! Ho sentito da mio padre che eravate stati punti dalle api e che vi eravate bruciati e quindi vi ho portato questo.” disse Arwen estraendo dalla scollatura una boccetta “È un medicinale che ho preso in prestito da Gandalf. È in grado di curare tutte le ferite, punture, ustioni, scottature, lesioni e fratture multiple. Peccato solo che non renda più intelligenti, ma fa niente. Tieni.” diede la boccetta ad Aragorn “Distribuiscilo a tutti in maniera equa. Tranne che a lui, come si chiama, ah, Faramir, che non si è fatto niente. Complimenti, devi essere l’unico con un minimo di cervello!”

“Ascolta, amore, non è colpa mia se le api mi hanno punto! Sono stati quei due idioti che continuavano a litigare che...” cominciò a spiegare Aragorn.

“Ora non importa, usate il medicinale e guaritevi.” lo interruppe Arwen con voce dolce “Me lo racconterai un’altra volta...” L’elfa accarezzò il volto pieno di punture del ramingo e gli diede un bacio sulla guancia. Poi salutò e uscì in fretta.

“Certo che la tua fidanzata è una grande! Se tutti gli elfi fossero come lei...” disse Gimli dando una pacca sulla schiena ad Aragorn (alla spalla non ci arrivava).

“Mia cugina è solo una ragazzetta viziata! Ma devo ammettere che è utile a volte. Dacci l’unguento, Aragorn!” disse Legolas cercando di prendere la boccetta dal pugno serrato dell’uomo.

“Oh, ma che hai?” chiese Eomer.

“Perchè non ti muovi?” chiese Faramir.

“Perchè hai lo sguardo fisso?” domandò Boromir passandogli la mano davanti al viso.

“Mi ha baciato... a pochi centimetri dalle labbra...” disse Aragorn con un sorriso beato.

“Sì, siamo tutti felici per te, ma ora dacci la boccetta!” disse Legolas scuotendolo. Ma il ramingo era completamente perso e nè sentiva una parola di quello che dicevano nè si accorgeva che lo schiffeggiavano, lo sballottavano e lo punzecchiavano con le forchette. Poi a Gimli venne in mente cosa poteva svegliarlo dal suo stato di trance.

“Aragorn, Arwen dice che non ti vorrà più vedere se non ti togli quei segni delle punture dal viso!” gridò nelle orecchie dell’uomo del Nord.

“Cosa???” chiese lui preoccupatissimo.

“Oh, finalmente! Dacci il medicinale adesso!” esclamò Eomer. I giovani, eccetto Faramir, si spalmarono l’unguento sulle punture e sulle ustioni e poi andarono a dormire. Ma prima dovettero imbavagliare Aragorn, che si era messo a declamare le lodi della sua amata a voce così alta che rischiava di svegliare tutti a Gran Prigione, no!, volevo dire Burrone.

 

 

Attenzione: tutti coloro che leggono ma non commentano saranno riempiti di botte dai tassini di Beorn, a cui ho spiegato che l’orso che gli ha rubato il miele è stato mandato dai lettori anonimi!

   
 
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