Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Eiko Quinn    03/04/2014    0 recensioni
“C'è uno specchio, nel giardino.
Mi osserva.
Ha dei grandi occhi con cui scruta il mondo e l'avvenire.
Ho paura. Mi spaventa.
È incrinato.”

Una serie di brani estratti dal diario di Rose Liddell, scrittrice e visionaria Malkavian. La sua Rete è un abisso di parole, il suo mondo un velo da squarciare, la sua storia incompleta e incomprensibile, la sua mente perduta, il suo amore ritrovato.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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E continuava a guardarla, ogni minuto. Lei scriveva, osservava, domandava, e il suo sguardo era rovente. La malediva durante la notte, quando era solo, per averlo sedotto, e la idolatrava di giorno, vicino al pregarla per restare un po' più a lungo.

Ogni mattina si riprometteva di scacciarla, di non prestarle attenzione, di trattarla con freddezza; ogni mattina falliva.

Ma era così giovane, lei! Il suo volto ancora infantile, gli occhi grandi e le ciglia scure, quelle poche lentiggini sulle guance e sulla punta del naso che lui tanto adorava, il suo piccolo corpo, un corpo da donna e da bambina, la bramava più di ogni cosa. La bramava. Desiderio. Era tutto ciò che provava per lei, e si sentiva sporco e colpevole. Non era solo per il suo aspetto fisico, cercava di convincersi, e sapeva che era vero e al contempo falso; lei era sola, una bambina abbandonata dagli occhi tristi e provocatori, lo sguardo scrutatore di chi vede e di chi sa, il sorriso malinconico e le mani impegnate a scrivere. Scriveva spesso, lei, immersa nelle proprie parole e nei propri sogni. Quasi non si accorgeva di lui.

O almeno, così credeva lui. Il povero John, il piccolo, tormentato, vecchio John.

Era un uomo, non un ragazzino. Un uomo adulto, responsabile, maturo. E lei, lei un'adolescente ancora acerba, ma splendente. Nessun'altra donna riluceva come lei.

Rose. Mai nome era stato più giusto e più sbagliato.

John Campbell, il saggio John Campbell, che aveva trascorso la vita tra morti autori e filosofi, diveniva uno sventurato Humbert, e lei una rosea Dolores, Lolita, un bocciolo di rosa da cogliere senza farsi scoprire.

«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.»

Chiunque scrisse queste parole, forse aveva provato ciò che John Campbell provava per lei. Forse aveva avvertito sulla propria pelle il bruciore della presenza di lei, aveva avuto i suoi occhi incastrati sul suo corpo, pregato Dio di perdonarlo quando ebbe la sua pelle tra le mani. E fu la stessa pelle che fece scivolare tra le dita per molti, molti giorni, i capelli scuri di lei come un lago sulla superficie di legno, la sua bocca così rossa, i suoi sospiri così acuti.

 

Si svegliò con quelle parole nella mente. Tra il riecheggiare di voci lontane e vicine, canti perduti, grida, frastuono e pace, quelle esatte, perdute parole. Ricordava una lunga lettera, ricevuta quando era poco più di adolescente, durante il suo ultimo anno di scuola; ricordava il volto di quell'uomo, ne ricordava il corpo e il profumo, e spalancò gli occhi, cercandolo nella stanza, nella memoria, tra le voci.

Aveva sognato il sole. Il sole nei giardini, il sole sulle rose, il sole su persone senza volto che l'avevano lasciata ormai da tempo. Emise un sospiro, una lacrima purpurea le sfiorò le labbra, e rise.

A volte, si ricordava di cos'aveva perduto, e di come non desiderasse altro che ciò che invece aveva. Ma la malinconia che aveva fatto propria, fin da quando era integra, quella la cullava, la tratteneva, le serviva, sua compagna di sventura, sua Musa tra le Muse.

Intorno a lei, grida e canzoni e morte, e schegge di umanità che filtravano dalle finestre sbarrate. Per un istante, si sentì morta. Ma poi si sentì afferrare, e lui, colui che l'aveva salvata, colui che lei possedeva e che possedeva lei, lui la trasse a sé, e lei sentì le sue dita sulla pelle, le sue unghie tra le ossa, i suoi denti nelle vene, i suoi capelli sul seno, e se lo ricordò.

Si ricordò di essere viva.

 

   
 
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