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Autore: Cherline    08/07/2008    3 recensioni
Ho sempre desiderato giungere al confine della sopportazione e misurare la mia tempra, sai?
Ma quella volta con te, andai troppo oltre.
Genere: Romantico, Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La figlia di Eva.


La mano creatrice intinge il pennello sulla tela del dipinto; segna il percorso delle stelle, luci nella notte, che rischiarano il cammino a Re Magi alla volta di Cristo, o a pirati saccheggiatori in cerca di tesori da razziare. Il pennello ha gettato le basi su questo nostro disegno divino. Ma siamo noi a doverlo concluderlo. Noi umani, per nostra indole, siamo epigoni dei nostri padri e perfezioniamo ciò che non deve essere perfezionato. Abbozziamo il nostro destino su carte geografiche, artefici della nostra disfatta, della nostra rovina, per colpa dell’ego che ci conduce. Pensiamo di sapere ciò che è meglio per noi.
Che ne sa il Padre Eterno a cosa siamo destinati?
Non posiamo ribellarci al nostro destino?
Non possiamo evadere dalla strada asfaltata, valicando alte piante verdi che ci riparano le spalle?
Siamo stati orientati verso una destinazione, ancora prima della nostra nascita. Non abbiamo mai provato l’ebbrezza della trasgressione.
O meglio, io non avevo mai provato quel senso di libertà. Avrei mai avuto il coraggio di perdermi? Mi domandavo A che pro? Controbattevo. Non dovevo ostacolare il piano del Dio nostro. Come mi aveva donato la vita, me la poteva togliere.
Sarei stata libera dalla mia sorte, tra le sue alte mura del paradiso. Perché condannarmi a un’eternità d’irriverenze? Sarei solo stata annientata, scivolata in un abisso, nel quale, potevo sovrapporre tra me ed esso, solo il mio desiderio di libertà.
Non avrei mai commesso l’errore di Eva, affascinata dal peccato. Io ero pura e tale dovevo restare. Ero diversa da tutti gli altri, ma simile al tempo stesso. Perché anch’io, come loro, ero stata devoluta a un disegno più grande di me, ma durante il tragitto, non sarei mai caduta nella tentazione.
Di questo ero certa. Ma quando sul cammino vuoto di ogni sassolino e incertezza appari tu, amore mio, tutto cambia. Tu, il mio peccato originale, la mia serpe.
Tale madre, tale figlia, dice un detto. Perché anch’io come Eva sono caduta, sono stata scacciata dal mio giardino, il mio cammino verso il regno dei cieli.
E tra le tue forti braccia, questa solida consapevolezza diventava liquido, che si dissolveva sotto il sole splendente dei nostri giorni.
Ma adesso, l’odore della mia tanto temuta disfatta si approssima. Si mischia con l’effluvio delle acque salate, che mi perviene al naso come un invito a gettarsi in mare. Il soffio del vento frusta i capelli rossicci che si diramano stopposi, sul mio viso.
Il mio volto, che tu dicevi di amare tanto, si contrae in un’espressione di amarezza al tuo ricordo. Ora è segnato dal dolore della perdita, e la mia tanto temuta bellezza, invidiata dalla tua stessa consorte, è svanita.
Mi hai portato via anche quella.
Non ti è bastato prenderti la mia felicità, il mio amore, il mio cuore. Tu volevi solo i miei soldi e la mia fama per riportare il buon nome alla tua famiglia, alla tua sacra casata. Sei l’essere più infimo e squallido che io abbia mai avuto la sventura di incontrare in questo mondo.
Ma nonostante questo, io ti amo ancora.
Il mio masochismo non ha limiti, l’ho sempre saputo, come poi lo hai appurato tu. Ho sempre desiderato giungere al confine della mia sopportazione e misurare la mia tempra. Ma quella volta con te, andai troppo oltre.
Io non lo so se smetterai mai di mancarmi. So solo che sono condannata a pensarti per sempre, a ricordare il suono freddo delle perfide parole che sussurrasti al mio orecchio, vedendomi spezzata, dopo avermi strappato il cuore: “Dimmi addio, sporca Mezzosangue. Di mai più a noi due.”
Chiunque, in questo paesaggio logoro, alzando lo sguardo, oltre le finestre annebbiate, vedrebbe una donna issata sopra gli scogli, vestita di nero e avvolta dalla macabra oscurità, che aleggia in lei fin dal tuo abbandono, folle strega intenta a sfidare gli oceani.
Crederebbero che io sia una ragazza forte e carismatica, osservandomi da lontano. O semplicemente squilibrata. In realtà è solo apparenza, questa. Me la insegnasti tu, amore mio. Ricordi?
Mascherare le emozioni. Altrimenti come avresti fatto a sedurmi in quella lontana notte di giugno?
Tu, il demonio stesso. Chi mai potrebbe resisterti, mi ripetevi?
Se quei cittadini mi guardassero davvero in volto, vedrebbero solo una donna annientata.
Vedrebbero che ho pianto. Anche se nessuno potrebbe mai dire quanto.
Perché per sempre ho dovuto dire addio alle tue labbra sulle mie, alla nostra forte intimità e alla sensualità. Gli ho detto addio, Draco. Come tu desideravi.
Anzi no, non ho detto addio. È solo apparenza, questa. Solo la lettera di donna tormentata che invoca il tuo nome tra l’urlo dell’onda.
Mi hai sfinita. Mi sei entrato dentro e mi hai portato via la cosa cui io tenevo di più. La mia purezza.
Mi hai lasciato sola tra i miei rimorsi, mi hai svuotata. Ho voltato la faccia al passato e le spalle al futuro, diventando la donna del presente, per te.
Eri il mio pilastro, il mio fulcro.
Hai finto di amarmi, e mi hai avuto, come la più semplice delle sgualdrine. Mi hai contaminata. Hai macchiato l’onore, il mio orgoglio, e per finire il mio cuore.
Mi hai contagiata, e adesso sono una peccatrice.
Sei la mia malattia. Il mio cancro mortale, che giunto al cuore non si ferma.
Ma contagia tutti gli altri organi essenziali, senza darmi la possibilità di difendermi.
Ce l’hai fatta. Mi sto spegnendo. Hai raggiunto il tuo scopo.
Hai abbattuto la sporca mezzosangue. Mi hai reso debole. Inutile. Patetica.
Il mare è in tempesta, sta notte. La pioggia inumidisce i miei vestiti, ed io mi sento potente su questo scoglio in cima al crepaccio.
Non mi è mai piaciuta esitare sotto la pioggia, anche se la gente dice che col lei, si può piangere con fierezza, tanto nessuno ti vede. Nessuno capirà mai la differenza tra le tue lacrime e quelle di Dio.
Quale orgoglio, poi? Sola seccatura provocato dal fiacco inzuppamento delle vesti.
Ed io, scelgo un repentino impatto con l’acqua, che questo sfibrante indugio, in attesa di essere urtati dalla delusione del Divino, per la mia pessima condotta nel mondo terrestre.
La folata fredda dell’inverno mi sfiora le dita, ed io non faccio altro che aspettare. Aspetto il soffio caldo della brezza estiva che solleticava le dita, riportandomi la felicità. Per un’ultima volta, almeno.
Ma è solo un’utopia, questa. La speranza mi ha abbandonato da tempo, come del resto la fortuna. E tutto solo a causa tua.
La vita mi sfugge dalle mani, ed io non cerco di trattenerla.
Ho sempre affrontato le situazioni di petto, non ho mai aspettato l’incombere del nemico.
Sii felice adesso, Draco. Perché io ti aspetterò, e quando giungerai alla fine, la signora con la falce, ti condurrà da me.
Il tuo corpo diverrà putridume, e tu non potrai fare altro che ripensarmi, venere oscura. Ripensare a una donna che, strumento del diavolo, ti ha predestinato un posto d’onore tra le fiamme dell’inferno, insieme a lei. Avrai vinto la battaglia in questa vita, ma io ti batterò in guerra nell’aldilà.
Mi sei stato di grande aiuto amore mio. Mi hai mostrato un mondo nuovo, fatto di meschinità e crudeltà.
Ed io ne ho creato un altro, completamente al femminile. Ti amo, Draco. Ora non lo sai, ma imparerai a farlo anche tu.
Perché nell’oltretomba, io mi mostrerò a te in spoglie diverse di queste, fragile bambina illusa.
Diventerò una tua sporca imitazione, la tua creatura. Sarai soddisfatto di me e mi ammirerai. Finalmente sarò apprezzata e amata.
Sarai fiero della tua sporca mezzosangue autolesionista. Oramai non bramo più il regno dei cieli, ma solo il nostro incontro all’inferno.
Tra altri viscidi vermi peccatori, ci distingueremo formando un nuovo culto, al quale solo noi due bestemmiatori saremo ammessi: il nostro infame e proibito amore.
L’alba sta per sorgere, ed io non ci sarò già più.
Il sole si è innalzato nel cielo, ed io nella mia eterna condanna, ti aspetto.
Ti pentirai e gioirai del giorno in cui mi sbarrasti la strada, amore mio.

La tua disfatta ti attende.
Hermione Granger.




  
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