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Autore: zoey_gwen    03/04/2014    4 recensioni
Gwendolyn Smith è una ragazza solitaria, insicura, esclusa da tutti e sola.
Nessuno, neanche suo padre, Jack Smith, sembr capirla.
Solo un piccolo ciondolo di ghiaccio delle steppe russe, la rappresenta, ed è la chiave di un oscuro passato a cui Gwen non può sfuggire..
E poi l'amore, quello vero, che Gwen non ha mai provato fino ad ora, sarà la chiave per la felicità.
Tratto dal capitolo 13:
"Smisi di ascoltare, per via delle calde e silenziose lacrime che da tempo sgorgavano dai miei occhi color pece, gli stessi di quella sgualdrina di mia madre. Aveva ingannato me e Crystal, con le sue false parole mielose... Come aveva potuto? Mi sedetti per terra, affondando i jeans nella terra umida e rigogliosa, mentre rivoli cristallini solcavano le mie guance"
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"-E così sono la tua ragazza, adesso?- ironizzai, baciandolo per l'ennesima volta. Lui mi fissó intensamente, guardandomi con il suo solito ghigno beffardo -Certo, a meno che tu non lo voglia...- come risposta lo baciai appassionatamente, mentre un anello dalla struttura d'argento con due smeraldi ed un onice incastonato al centro si infilasse al mio dito come segno del nostro amore."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Cuore di ghiaccio

 

 

 

Avviso: PENULTIMO CAPITOLO!! :D

 

 

 

Quel sibilo, ma ancor di più la figura che l'aveva professata, destò mille preoccupazioni nel mio cuore; i capelli folti, imbruniti e ricadenti imperterriti sulla fronte rosea, due smeraldi incastonati nei bulbi, quasi a voler deridere con il loro forte colore il resto del corpo.

-Padre.- sibilai, interrompendo il flusso di silenzio che incombeva sulla stanza; una lacrima rigò la pelle guanciale, impallidita costantemente ma ancora più bianca alla vista del padre biologico.

Un verme, una persona col cuore pregno di pudore, ma pur sempre mio padre.

Serrai le labbra, gemendo a denti stretti sentendo la presa marcata e salda che il latino aveva sui miei polsi; e aveva perennemente intenzione di lasciarmi succube dell'uomo, Roger White, mio strettissimo parente odiato quanto il peggior nemico.

-Gwen. Sei diventata come quella stronza di tua madre o celi in te ancora un briciolo di dignità?- ridacchiò all'insulsa battuta, pronunciata per schernirmi malamente; non essendo d'aiuto, l'uomo impugnò la pistola e la puntò contro la figura snella ed esile del mio corpicino, sorridendo alla vista del mio aspetto visibilmente dark.

-Anche tu hai un debole per la notte, Gwen? Per il buio, l'oscurità? Io trovo siano rilassanti,- si fermò, provocando una pausa carica di tensione, aggravata dalla pistola puntata sulle sue membra e pronta a lasciar andare un colpo. -Per riflettere. Per pensare alla vendetta.-

Partì un colpo, alla quale cercai di scansarmi; invano, poiché la pallottola mi colpì il pieno, dando inizio ad una perenne ed ignavia emorragia. Mi accasciai a terra, imprimendo con il sangue il pavimento cementato della stanza, per poi abbandonarmi ad un sussurro disperato, forse l'ultimo, forse no.

-Duncan...-

 

 

 

***

 

 

 

 

Il punk guidava rovinosamente quella motocicletta, zigzando fra le varie vie; lo sguardo anonimo e nervoso puntato contro la strada, la cresta verde ondeggiante al vento, gli occhi acquamarina roteanti sull'ambiente circostante, le mani costantemente premute sul manubrio, nel tentativo vano di riuscire ad arrivare al BrillaLuna prima che accadesse qualcosa di grave.

Virò a sinistra, sbucando in un viottolo piuttosto spoglio e putrido, caratterizzato dall'aria tersa di un leggero e nauseante odore di birra e da un denso e fastidioso odore di fumo.

-Eccolo! Il BrillaLuna!- esclamò Crystal, indicando con una mano il sudicio condominio che si ergeva dinnanzi a loro; lurido, slavato, incrostato, annerito ed eroso dal tempo.

Il ragazzo serrò le labbra, intascando la sigaretta che portava pendente sulle labbra e spegnendola con un leggero soffio; successivamente, giunse alla porta e la spalancò con violenza, percorrendo le scalinate che portavano alla stanza allusiva.

-Cosa succede?- sussurrò la corvina, massaggiandosi la tempia e nascondendo il proprio corpo dietro Duncan, impaurita da ciò che avrebbero potuto trovare.

-Non lo so. Zitta!- ordinò il punk, premendosi un dito sulle labbra nel gesto alquanto evidente di zittirsi; accostò l'orecchio alla porta e ciò che sentì fu più preoccupante che un vero e proprio gemito di dolore.

Silenzio, il più profondo ed evidente silenzio, marcato da quel perenne odore di nicotina.

Senza attendere un minimo segno, Duncan entrò con violenza, estraendo dalla tasca una pistola e puntandola contro una stanzetta vuota, assolutamente vuota.

-CHI C'...- si interruppe, vedendo un debole corpo disteso a terra; i capelli color ebano, distinti da varie fasce blu notte, coprivano il pallidissimo volto scarno. -NO... NO!- urlò il ragazzo, curandosi personalmente della veridicità delle sue paure. Gwen.

Era... Morta?

Non ebbe il tempo di riflettere sulle condizioni piuttosto incisive della gotica, che una voce alquanto cadenzata interruppe il flusso dei suoi pensieri.

-Non è morta, ragazzo. E' ancora viva, ma per poco.- si voltò di scatto, intravedendo i lineamenti ambrati e i gonfi occhi scuri di Alejandro.

Senza indugi, si scagliò contro il latino, assalendolo, in preda ad una cieca rabbia folle e ingiustificata; menò un pugno dritto al naso del ragazzo, provocando una scia di sangue scuro che colò sulla carnagione scura.

-Non l'ho uccisa io. L'ha uccisa...-

-Roger White.- una voce sorpassò quella flebile e appena percettibile del ragazzo, provocando un brivido di questi; un uomo dai folti capelli bruni era in piedi sulla soglia, armato di pistola ed pressochè intenzionato ad usarla se ce ne fosse stato bisogno.

-CHI SEI, MOSTRO?- la rabbia cieca che sovrastava il punk lo costrinse a compiere azioni alquanto indesiderate, tipo scagliarsi a capofitto sulla muscolosa e snella figura dell'uomo per poi adempire all'ira senza pietà; un colpo ben assestato all'avambraccio lo fecero riemergere da quell'inconsueta ed assolutamente non ammaestrata rabbia, per riportarlo alla realtà con qualche imprecazione dolorosa.

Crystal prese un coltello dai numerosi cassetti impolverati del cucinino putrido, e si difese alle molestie perverse che spinsero Alejandro ad avvicinarsi, colpito dal fondoschiena sinuoso e dalle curve snelle e sensuali.

-Sono il padre biologico di Gwen. Mia moglie mi ha straziato dal dolore, e quelle due ragazze, Gwendoline e Crystal... Loro non dovevano nascere! Hanno rovinato la nostra relazione e meritano di morire, come quella sgualdrina della loro madre che mi ha abbandonato per una frivolezza simile!- una lacrima solitaria rigò la carnagione rosea della guancia, per poi essere accuratamente rimossa con il pollice e compensata con altre copiose, che smisero di scendere solo quando l'ira fu di nuovo padrona e l'astio prese le sue membra.

Duncan combattè duramente per salvare le ragazze, ma quella pistola insulsa lo colpì alla scapola in cui era stato precedentemente ferito, provocandogli un immane dolore; si accasciò a terra e ringhiò con rabbia, potendo fare ben poco alla maestria che distingueva l'uomo.

Il grilletto impresse la sua tempia.

Un rivolo di sudore freddo colò da questa, scivolando fino alla pelle del collo.

Il respiro del ragazzo si fece più affannato e concentrato, voglioso di riuscire a sfuggire all'imminente morte.

Poi il buio e un secco sparo sovrastarono l'aria circostante.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

-C-che?- mugolai, schiudendo le palpebre nell'inconsueta luce mattutina che penetrava dalle grigie tapparelle; un fresco odore di pulito, così dissimile da quello lurido e terso di nicotina che avevo respirato per lungo tempo, mi impregnò le narici.

Una candida coperta mi ricopriva il corpo, avvolgendomi totalmente e lasciando trasparire il collo e il volto; una flebo colma di sangue scuro oscillava al di sopra del mio capo, collegata al mio braccio con un sottile tubicino.

Mi sentivo davvero male, forse ancor di più della lontana esperienza dell'incidente; il petto, squarciato e dilagatosi di sangue, sembrava una linea rosa ed affusolata, ricucita con grazia e curata con altrettanta parsimonia; i rammenti si scorsero poco a poco e mi ricordai improvvisamente del rovinoso incontro con mio padre, terminato con un vuoto oscuro.

Sentii un bussare imperterrito provenire dalla porta, e sussurrai un roco avanti, prima di veder comparire davanti a me le figure ancora poco nitide di Crystal, mio padre e di Irina, seduta su una sedia a rotelle che non enfatizzava le sinuose curve avvolte nella gonna di mussola.

-GWEN!- la voce di mia madre, rotta dal pianto e interrotta dalle lacrime ignavie di scorrere, echeggiò nella stanza d'ospedale con un accento russo piuttosto marcato.

-Mamma...- mugugnai, dischiudendo successivamente le labbra nel tentativo di professare qualcos altro; non mi fu concesso, poiché Crystal iniziò la narrazione dell'episodio accaduto una settimana fa. Mentre parlava, mi rivolgeva malinconiche occhiate, come per sottolineare qualcosa di cui ero inconsciamente all'oscuro; non professai parola, sentendo le emozioni che trasparivano dal suo agitato racconto e provando battiti più intensi ogni volta che si soffermava a raccontare dei colpi che avevano ricevuto ripetutamente lei e...

-Duncan! Dov'è, come sta?- domandai di getto, scoprendo improvvisamente di riuscire a boccheggiare qualcosa; il mio mutismo era dovuto alla carenza di coraggio per poter chiedere delle condizioni (sicuramente indecorose) in cui si trovava il mio amato.

-Beh...- incespicò Jack Smith, ruotando i pollici con piccoli cerchi concentrici per scaricare il palese nervosismo. -Ecco, lo hanno ferito molto gravemente. E...- terminò improvvisamente, temendo che io, in qualche modo, adempissi cruentemente al suo resoconto.

-E?- lo spronai con notevole bramosia di sapere l'accaduto.

-E lui sta bene! Lo hanno curato per giorni e notti, ma se l'è cavata piuttosto bene.- esclamò, lasciando che la felicità trasparisse sul volto gioviale ed acceso; si scompigliò i folti ricci bruni e si sedette accanto a me, accarezzandomi i voluminosi capelli setosi con evidente premura di potermi rivedere e baciare.

-Posso vederlo?- domandai timidamente, ricevendo come risposta un asserire del capo; Duncan entrò quindi nella stanza, palesemente felice, per poi giungere al mio capezzale e baciarmi con evidente apprensione.

Intensificò il contatto, proclamandomi con quella sintonia speciale quanto tenesse a me; il nostro amore era unico, speciale, sciogliente al minimo tocco.

Un unico cuore, ora capace di sciogliersi.

Non più di ghiaccio.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

Beh, eccomi qua! Con il penultimo capitolo *.*

-Saranno tutti felici...-

Io no! D:

Beh, allora, ci sarà ancora un capitolo specialissimo... Intanto spero vi piaccia questo!

A revoir,

Gwen

  
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