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Autore: silence is everything    04/04/2014    1 recensioni
E' la mia prima fanfiction e quale modo migliore per iniziare se non farne una sui Bastille?!
In alcune parti della storia ho raccontato un po' di me e della mia vita.
Ho voluto parlare di quella vita che si sogna quando si è piccoli, quella vita che si vede solo in televisione, di quell'amore che ti prende e ti consuma ogni centimetro del corpo.
Un ragazzo perfetto, con una storia un po' complicata e una ragazza complicata con una vita perfetta.
Insomma qualcosa di tremendamente bello, ma difficile da ottenere. Ecco la mia storia in due righe. Spero vi piaccia, un saluto a tutti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Camminammo per un po' mano nella mano, a volte ci fermavamo per scambiarci un bacio o un abbraccio per poi ricominciare a camminare e parlare delle nostre vite.

Arrivammo difronte una casa vecchia con un giardino immenso, non riuscivo a capire perché mi avesse portato fin laggiù così gli chiesi -perché siamo qui?-

-questa è la casa nella quale sono cresciuto e volevo farmi conoscere meglio da te e quale modo migliore se non farti vedere da dove vengo?- sorrise, mi prese per mano e iniziò a correre, si fermò difronte un albero immenso, quasi più alto della casa.

-dai vieni, ti mostro una cosa.-

-cosa?-

-mio padre costruì una piccola casa sull'albero dove potevo cantare o suonare le mie prime canzoni, insomma una casa tutta mia.- rise per l'ultima affermazione fatta e per i ricordi che gli venivano in mente.

Mi disse di salire e quando arrivai fino in cima vidi questa piccola casa un po' distrutta dal tempo, ma bella. Dan mi fece cenno di entrare, sembrava piccola eppure era alta abbastanza per farmi stare in piedi senza dovermi abbassare, mi guardai intorno e vidi dei fogli con su scritti delle note, delle parole, delle annotazioni fatte dal Dan ragazzo.

Adesso però quel ragazzo era diventato grande, aveva sempre lo stesso carattere timido, non era sicuro di se stesso, ma aveva uno spirito diverso, era più forte, più coraggioso, più maturo. Era perfetto.

Dan interruppe i miei pensieri dicendo -sai quando scrivo i testi delle canzoni mi sento vivo, libero, mi sento bene. Questo posto lo costruì mio padre quando ero piccolo eppure ogni volta che scrivo fingo di essere qua sopra. Da solo. Perché mi sento al sicuro e mi sento come se quel piccolo ragazzino che ero all'epoca, non sia mai cresciuto e la sua vita sia rimasta uguale ad allora.-

-è un posto meraviglioso, perché hai voluto mostrarmelo?- lo interruppi con un tono dolce e materno.

-perché tu mi hai raccontato la tua vita, le tue emozioni e io volevo fare lo stesso.-

-io non ti ho raccontato tutto.- abbassai lo sguardo per non incrociare i suoi occhi ipnotizzanti e magnetici.

Non percepì nessun cenno da parte sua così ripresi a parlare -sai i miei genitori morirono quando avevo sei anni, ho vissuto tutto questo tempo con la famiglia di mia zia e mio fratello più grande di me... A volte penso a loro e vorrei tanto che fossero qui con me a sostenermi nelle scelte da prendere. Il giorno prima di partite per l'Inghilterra sono andata al cimitero con mio fratello Saverio, penso sia stato uno dei giorni più brutti che abbia mai vissuto dopo la morte dei miei, il solo pensiero di dover lasciare mio fratello in Italia mi uccideva. L'unico membro della mia famiglia è lontano da me e io vorrei solamente riabbracciarlo, parlare con lui come se non esistessero il giorno e la notte, come facevamo quando eravamo bambini e parlavamo dei nostri sogni.- non volevo piangere, ma una lacrima mi rigò il viso, chiusi gli occhi immaginando il viso di Saverio e sentì una mano calda sfiorarmi il viso, asciugarmi le lacrime che ormai avevano inondato il viso, sentì il suo corpo caldo avvicinarsi al mio come un fuoco ardente, mi circondò le spalle e mi accarezzò la schiena.

Mi alzò il viso, scrutando i miei occhi come se dentro di essi poteva leggere ogni mia emozione, ogni mio pensiero, ogni mio gesto.

-Non eri obbligata a raccontarmi tutto quel giorno in cui ci siamo incontrati, questo fatto non potevi di certo dirlo ad uno sconosciuto qualsiasi, sono fatti tuoi e solo tu puoi decidere di raccontarli a qualcuno. Io ti ho portato qui per farmi conoscere, perché magari tu hai conosciuto solo un lato di me, ovvero, quello del cantante che canta, scende tra il pubblico e se ne va, ma non sono così e sento che di te mi posso fidare voglio farti conoscere il vero Daniel Smith.-

Ci fu un minuto di silenzio che sembrava essere eterno. Rimanemmo abbracciati poi presi coraggio e dissi -io ti ho raccontato la mia storia adesso tocca a te.-

Si staccò da me dopo essermi ripresa dal mio pianto disperato e disse -bene, allora non perdiamo tempo.- rise e si sedette a terra, mi fece cenno di sedermi accanto a lui e iniziò a parlare -allora, tu pensi che io sia un figo pazzesco, lo so, lo so, ma questo figone qua non è sempre stato un bel maschiaccio come pensano in molti- disse con tono scherzoso -io ero e sono un ragazzo alquanto timido e ho sempre scritto i testi delle mie canzoni nella solitudine della mia camera, poi un giorno vidi mio padre con degli attrezzi salire e scendere da una scala vicino l'albero e verso le sei del pomeriggio della settimana successiva mi venne a chiamare, mi portò difronte l'albero e mi disse che questo posto era la mia sala di registrazione fatta da lui- abbozzò un sorriso felice e contento nel raccontare i suoi ricordi -ero felicissimo e passavo un sacco di tempo qua sopra a comporre musica, provando e riprovando gli arrangiamenti delle mie canzoni, alcune erano veramente imbarazzanti- scoppiò a ridere -una delle mie prime canzoni l'avevo dedicata ad una ragazza di cui ero follemente innamorato- ero interessata all'argomento ragazze del passato così lo interruppi -una ragazza eh?-

-si una ragazza-

-non hai intenzione di dirmi nient'altro?-

-non saprei cosa dirti ahah-

-magari chi è questa tizia che ti ha rubato il cuore quando eri un piccolo ragazzino pieno di brufoli?-

-punto primo: non ho MAI avuto brufoli, punto secondo lei era la mia ex ragazza-

-eeeeh...-

-eh niente lei è stata la mia prima vera ragazza. Lei è stata il mio primo tutto.-

-il tuo primo tutto?-

-si la mia prima ragazza, il mio primo bacio, la mia prima volta, tutto insomma.

-quanti anni avevi?-

-avevo 14 anni, siamo stati insieme per 2 anni, pensavo fosse il grande amore della mia vita, ma mi sbagliavo...-

-come mai vi siete lasciati?-

-ahah non ci crederai mai, ma lei ha preferito stare con un altro ragazzo-

-Noooo, e chi è questo ragazzo che ti ha rubato l'amore della tua vita?-

-non lo conosci, era un mio compagno di scuola, eravamo nella stessa classe, io gli raccontavo sempre di come mi trovassi bene con lei, di quello che facevamo quando uscivamo e anche tutti i particolari dei nostri momenti intimi, sai cose tra ragazzi ahah-

-come si chiamava lei?-

-Daphne. Era una ragazza qualsiasi, ma aveva attirato la mia attenzione con la sua passione per la lettura. Un giorno lei era seduta sull'erba che stava leggendo e io mi sono avvicinato a lei, l'ho guardata e poi le ho chiesto che libro stesse leggendo e lei mi rispose “Cime Tempestose” di Emily Brontë, io la guardai attentamente e lei si sentì osservata così alzò lo sguardo e iniziò a dirmi che era il suo libro preferito e che l'aveva letto già una decina di volte, così presi coraggio e le chiesi di studiare letteratura insieme visto che eravamo nella stessa classe.

Ricordo ancora l'imbarazzo che provavamo a casa sua quel pomeriggio quando rimanemmo soli in camera, così decisi di iniziare a leggere ad alta voce un poesia di cui non ricordo bene il titolo e lei mi guardava attenta, quando arrivò il momento di andarmene lei mi sorrise e mi ringraziò per il bel pomeriggio che avevamo passato insieme e mi chiese di uscire con lei e io accettai.-

-sembra una di quelle storie che ti raccontano i nonni durante un pomeriggio d'inverno, è tremendamente bella- lo interruppi immaginando ogni singola attimo di quel pomeriggio passato a casa di Daphne.

Sorrise imbarazzato e si passò una mano tra i capelli riprendendo a parlare -dopo il nostro secondo “appuntamento” la baciai e così ci mettemmo insieme.

Dopo un anno che stavamo insieme decidemmo di fare l'amore. Eravamo così imbarazzati e pieni di paure, ma fu bellissimo sentire i nostri due corpi vicini e caldi. Ci sentivamo più grandi, più maturi, ci sentivamo invincibili come se nessuno potesse sconfiggerci.-

Rimanemmo seduti per terra un po', poi lui si girò verso di me, mi guardò e poi disse -e tu? Non mi racconti niente?-

-cosa dovrei raccontarti?-

-le tue storie passate.-

-niente da dire.- risposi stizzita.

-perché?-

-perché cosa?-

-perché non me lo vuoi dire?-

-non ho niente di bello da raccontarti...-

-ma dai, io ti ho raccontato della mia prima ragazza, della mia prima volta e tu non mi dici niente?-

Mi girai dall'altra parte per evitare i suoi occhi interrogativi, ma era troppo tardi ormai mi guardava fisso senza togliermi gli occhi di dosso, mi sentì avvampare così cercai di dileguarmi -perché non ritorniamo?-

-ti stai annoiando?-

-no, no è solo che vorrei tornare dalle ragazze.-

-prima tu rispondi alla mia domanda.-

-quale domanda?- risposi facendo l'indifferente.

Il suo telefono iniziò a squillare e lui si affrettò a rispondere dimenticando la domanda postami poc'anzi.

-Pronto?-

-Siamo in giro.-

-Si tutto bene.-

-Dio Kyle sembri mia madre.-

-Si, ho capito.-

...

-Kyle ho capito!-

...

-Si, si torniamo tra poco.-

...

-Kyle non rompere le palle e lasciaci stare!-

-Non ti arrabbiare, sai che amo solo te, non essere geloso.-

...

-Dai amore ci sentiamo dopo, va bene?-

-Ti amo anch'io piccolo.-

-Ti amo anch'io piccolo? Ahah mi sento il terzo incomodo.-

Gli saltai addosso colpendolo delicatamente e scherzosamente, lui mi afferrò i polsi portando il peso del suo corpo su di me ci trovammo così vicini da poter sentire i nostri cuori battere all'unisono, sentivo il suo respiro sul mio collo, la sua bocca morbida contro le mie guance scendere poi verso la bocca, ci demmo un bacio, poi un altro e poi un altro ancora, la sua mano toccò la mia spalla, scese verso la schiena, mi tirava a se come una calamita, i suoi occhi erano diventati di un blu scuro come il fondo dell'oceano, mi accarezzò i capelli continuando a guardarmi negli occhi, ma io distolsi lo sguardo e cercai di liberarmi della sua presa, lui si alzò e si mise a sedere con le gambe incrociate io mi sistemai i capelli e mi alzai dandogli le spalle in modo che lui non potesse guardarmi in faccia e non potesse farmi domande.

-andiamo a casa?- chiesi a bassa voce.

-si certo.- rispose lui.

 

 

  
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