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Autore: Inathia Len    04/04/2014    2 recensioni
EX "BE MY MIRROR, MY SWORD, MY SHIEDL
Rivisitazione della terza stagione ad opera del mio cervello malato.
E se Sherlock decidesse di tornare non solo perché vuole rivedere John, ma perché è la sua ultima occasione? Che cosa nasconde il consulente detective?
E se John, compagno di Sherlock, non avesse mai incontrato Mary, sarebbe ancora stato innamorato di Sherlock due anni dopo la caduta?
NOTE: 1. Johnlock
2. nessunissima Mary o Magnussen, ma pura e semplice angst
3. può essere che Sherlock risulti un po' OOC, mi sfugge sempre, quel bravo ragazzo
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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TWO YEARS

 

 

Due anni.

Due anni senza mettere piede in quella città.

Due anni in cui non c'era stata notte in cui non avesse sognato il ritorno.

Due anni in cui si era reso davvero conto di cosa significasse la solitudine e in cui aveva deciso che non faceva per lui.

Due anni che non si potevano cancellare in attimo.

Due anni...

E ora gli rimanevano solo pochi giorni, settimane. Non aveva voluto sapere quanto, esattamente, la sua vita era sempre stata al limite e aveva sempre ricercato il brivido contro la noia. Mai avrebbe creduto di desiderare una vita qualsiasi. Anche senza crimini, anche senza corse contro il tempo, anche... Solo una vita normale. Era vero, non ci si rendeva conto di quanto si aveva fin quando non lo si aveva perso. E ora Sherlock aveva perso tutto e lo stava per perdere di nuovo.

Scese dal taxi traballando. Gli sembrò di non aver fatto null'altro nella sua vita. Quasi non ricordava un tempo in cui camminare era semplice come respirare, in cui la strada dritta non gli sembrava in salita e faticosa...

Pagò e rimase un secondo a guardare la porta. 221B, Baker Street.

Casa.

John.

Frugò in tasca con mano tremante, la testa che gli mandava fitte. Ormai ci conviveva da mesi, non gli facevano più effetto, ma le gente attorno a lui lo guardava strano. Certo, un uomo dal lungo cappotto nero che sbandava come un ubriaco già di primo mattino ed era pallido come un morto non doveva essere un gran bello spettacolo. Ma non poteva lasciar perdere, non adesso che finalmente stava tornando. A casa.

-Signora Hudson?- chiamò, chiudendo la porta alle sue spalle. La donna uscì dalla cucina, il grembiule allacciato in vita e i bigodini nei capelli. Mycroft l'aveva avvertita del ritorno di Sherlock, ma questo non impedì alle sue lacrime di cominciare a scendere.

-Sherlock... Ho sperato tanto in questo giorno- mormorò, abbracciandolo forte. E Sherlock si aggrappò a lei, a quella donna tanto minuta e tanto forte, stringendola a sé. -Ma cos'hai?- chiese, indagando, prendendogli il volto tra le mani e scrutandolo. Sherlock distolse lo sguardo, posandolo sul pavimento.

-Nulla, davvero.-

-Sherlock- cominciò lei, per poi interrompersi, come cambiando idea. -La tua stanza non l'abbiamo toccata. Non abbiamo toccato nulla.-

-Grazie- mormorò Sherlock, sfinito. Tutto quello che voleva era salire quelle maledette scale -che non gli erano mai sembrate così tante e così in salita- e buttarsi sul divano.

-Se hai bisogno di qualsiasi cosa...-

-Grazie, signora Hudson. Ma lei è la padrona di casa, non la mia domestica.-

 

Aveva ragione, tutto era rimasto esattamente con due anni prima. Stesso disordine ordinato, stessa disposizione dei mobili, stesso... tutto. C'era persino il suo violino, abbandonato sulla sua poltrona nera, nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato. Lasciò cadere la giacca per terra e tirò fuori il cellulare, prima di sprofondare sul divano.

 

Arrivato. Tutto ok.

SH

 

Prendi le medicine o ti riporto qui.

MH

 

Sherlock buttò il telefono per terra e rimase a fissare il soffitto. Ce l'aveva fatta, era a casa. Ora mancava solo John, magari un caso o due da risolvere... Ma poi si ricordò del patto, dell'ultimo che aveva stretto con Mycroft. Nessuno, a parte chi era strettamente necessario, doveva sapere del suo ritorno. Certo, la rete di Moriarty non esisteva più, ma non era un personaggio amato, Sherlock Holmes. Meglio non mettere in pericolo nessuno. Quindi, nessun caso. Avrebbe fatto il casalingo... per il tempo che gli rimaneva.

Scacciò quel pensiero dalla mente, recuperò il violino e si mise a pizzicare le corde. La signora Hudson entrò in quel momento, insieme a un vassoio con the e biscotti.

-Grazie.-

-Morire ti ha reso educato, Sherlock Holmes. Dovresti farlo più spesso- scherzò lei, ma Sherlock non rise. Aveva freddo, ma stava sudando. Si avvolse nel panno che stava sul divano, cercando di nascondere il tutto alla signora Hudson, ma lei se me accorse e lo guardò interrogativa.

-Sherlock, cosa c'è che non va? Perché sei tornato?-

-C'erano cosa che dovevo fare, prima di... Cose da fare, ecco- liquidò lui con un gesto della mano.

-John sa che sei tornato?-

Sherlock scosse la testa.

-Bè, che aspetti a dirglielo? E prendi qualcosa...-

Sherlock represse un conato di vomito.

-No, davvero, grazie. Mycroft mi ha detto che John è andato avanti...-

-Si è trasferito. Saranno circa... uhm, fammi pensare... Sei mesi?-

Da quando io mi sono ammalato, rifletté Sherlock. Se solo fossi tornato prima, se non fossi andato in Africa...

-Ma uno di questi giorni dovrebbe passare... Ha lasciato delle cose nella sua vecchia stanza che deve recuperare.-

-Potrebbe farsi dire quando?-

-Sherlock, mi vuoi dire che cosa sta succedendo?- insistette la signora Hudson, sedendosi accanto a lui.

-È complicato. E poi mi creda, è meglio che non lo sappia. Sono tornato solo per poco...-

-Gli spezzerai di nuovo il cuore- mormorò.

Non c'era bisogno di dire a chi.

-Lo so, ma ho bisogno di rivederlo, prima di...-

-Sherlock, così mi spaventi.-

-Non è nulla di che, davvero- minimizzò Sherlock, rabbrividendo e reprimendo un secondo conato. -Tornerò a lavorare con Mycroft tra circa un mese. Ero in zona e sono voluto passare a fare un saluto.-

-Ti abbiamo creduto morto per due anni- ribatté dura lei. -Ti abbiamo seppellito, abbiamo pianto per te...- cominciò, per poi interrompersi a causa di un singhiozzo. -Non farcelo passare di nuovo. Dicci dove andrai, non farci stare in pensiero. Ce lo devi, ci devi la verità.-

Poi si alzò e portò via il the e i biscotti che Sherlock non aveva nemmeno toccato e lui rimase solo. Restò sul divano per tutto il resto del pomeriggio, alternando momenti in cui aveva terribilmente freddo e rabbrividiva a momenti in cui la sua temperatura si alzava ben oltre il normale, la nausea tornava, insieme alle fitte alla testa. Mycroft glielo aveva spiegato bene, anche i suoi medici erano stati chiari. Avrebbe passato tutto quello circa ogni due giorni, avrebbe potuto anche avere la febbre alta, tensione ai muscoli... Il suo corpo si stava consumando, non c'era modo di fermare il processo.

Si alzò barcollando, sempre avvolto nella coperta, e si diresse verso il piano superiore. John aveva lasciato lì delle cose, lo aveva detto la signora Hudson, e John era il motivo principale -se non l'unico- del suo ritorno.

Aprì la porta della sua stanza con la sensazione di aprire una porta sul passato. Non ci era mai entrato, ma quella camera sapeva di casa più di tutto il 221B di Baker Street messo insieme. Perché lì sapeva di John.

Camminò con passo incerto verso l'armadio e afferrò la prima cosa che le sue dita incontrarono, prima di franare sul pavimento, stringendo forte una vecchia camicia del dottore. Se la infilò tremante. Gli andava male, non era della sua taglia, corte le maniche e larga sul petto, ma era di John. Era di John.

  
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