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Autore: Light Clary    04/04/2014    2 recensioni
Violetta si è appena trasferita a Buenos Aires e quando comincia a frequentare i ragazzi del luogo, la sua vita cambia. Scopre di essere destinata a salvare la luce e per farlo dovrà ricorrere ai poteri che non sapeva di possedere.
Riuscirà Violetta a sfuggire al potere dell'oscurità che vuole impossessarsi di lei ad ascoltare il suo cuore che le indicherà la strada da percorrere per capire chi amare?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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 VIOLETTA POV
Torno a sedermi, non appena il professore che è appena entrato lo ordina. Finora tutti i ragazzi che ho conosciuto devo dire … non sono niente male.
C’è questo Diego che è, beh, come posso dire? Stracarino! Il ragazzo più affascinante che abbia mai visto. E poi con quel suo fare misterioso! Oddio, ho il cuore a tamburo.
Poi ho conosciuto a Federico: un tipo dall’accento italiano che non appena mi ha vista mi ha stretto la mano talmente forte che ho ancora il segno sul polso!
Broadway, un brasiliano a cui piace usare il banco come una batteria e che possiede la t-shirt più marrone della sua pelle.
Peter, ragazzo piuttosto disturbato visto il modo in cui mi ha ripudiato ancor prima che potessi presentarmi.
Il trio di Francesca, Camilla e Maxi è simpatico. Sono stati gentili con me fin dal primo momento. Dubito che diventeremo amici ma non è un’idea malvagia.
Andres si potrebbe definire un ragazzo fra le nuvole, visto il suo zaino di Spongebob, dei suoi quaderni Disney e delle scarpe slacciate messe al rovescio.
Ludmilla la considero già la più glamour. Il suo stile è così chic che non mi sorprenderei se la nominassero Miss Argentina. La sua amica Nata, invece, sembra l’abbia morsa un chihuahua perché entrambe hanno la tremarella facile. Almeno quando stanno vicino a Ludmilla.
Marco sembra gentile. Il modo in cui mi ha sorriso fa capire che è una persona affidabile e per niente egoista. Però avrei qualcosa da criticare sui suoi pantaloni neri con cinta verde.
Stranamente non ho avuto l’opportunità di presentarmi al ragazzo con gli occhiali da sole che mi fissava poco prima. Al suono della campanella è sparito in bagno è sparito in corridoio ed è ricomparso alla fine.
Faccio spallucce dicendomi che lo avrei conosciuto più tardi.
Il professore che c’è ora è un tipo alto e attraente, con la camicia bianca sotto il maglione blu e la cravatta.
Si siede e fa l’appello e finalmente mi rendo conto di come si chiama il ragazzo ancorami sconosciuto: Leon Vargas.
Appena dice: -Presente- aggiunge anche – prof, non mi sento tanto bene. Ho chiamato a casa e fra poco me ne vado.
-D’accordo- approva l’insegnante – allora metti a posto le tue cose e inizia ad andare nell’atrio.
-Grazie professore … cioè Pablo- dice Leon.
Poi si mette lo zaino in spalla, saluta tutti ed esce. Prima di chiudere la porta, mi rivolge uno sguardo veloce.
Intanto il professor Pablo nota il mio nome aggiunto al registro e si presenta: -Io sono il professor Galindo, e sono il coordinatore di classe. Qui tutti mi chiamano per nome, quindi usa semplicemente Pablo. Le mie materie sono: la storia, la geografia, la grammatica, la letteratura e arte. Oggi si comincia con storia. Dimmi il tuo programma e cercheremo di raggiungerti- già mi sta simpatico! Almeno non è un rimbambito come il professor Beto.
Ricordandomi gli argomenti della vecchia scuola gli elenco contandoli: -Abbiamo fatto la prima guerra d’indipendenza, la bomba di Hiroshima e Nagasaki e siamo giunti- mi spremo nelle meningi – al muro di Berlino.
-Accipicchia, la tua vecchia classe era molto avanti!- dice Pablo – Noi dobbiamo ancora iniziare la prima guerra mondiale. Sarà un bene per te. Un piccolo ripasso in modo da impararlo correttamente. Bene ragazzi, prendete i libri.
E così inizia la lezione di storia.
Poi si passa a quella di geografia.
Poi a quella di grammatica e infine Pablo se ne va.
Sono state tre ore splendide. Pablo è proprio bravo a insegnare. A volte per memorizzarci le cose complicate scherzava imitandocele o facendo riferimento ai nostri caratteri. Per esempio, mentre studiavamo la proposizione relativa, ha preso per esempio Camilla, per cui tutto è relativo. Lei si è limitata a ridere e ad annuire.
Manca l’ultima ora: quella di chimica.
È il libro più grosso di tutti e dubito che sarà facile. La professoressa è una bella donna di nome Jackie. Bella di aspetto ma brutta di carattere. Non appena entra in classe, la prima cosa che fa è urlare: -Fate silenzio e aprite il nuovo libro a pagina uno! Leggetevi i primi cinque paragrafi. Esigo: riassunto scritto e orale. Se non c’è un volontario, nota a tutta la classe di impreparazione- si siede e poggia i piedi sulla cattedra, dopodiché s’infila nell’orecchio delle cuffie e tenendo in mano il suo iphone, parla con qualcuno: -Come ti stavo dicendo Clara, lui viene da me e mi fa “Jackie! Sei un vero schianto oggi. Ti porto volentieri a cena”- ma chi è questa? Una stronza diciottenne laureata a dodici anni in didattica e che non ha perso le staffe dell’adolescenza? Ripeto per l’ennesima volta che finora Pablo è l’insegnante che più mi è piaciuto.
Mentre leggo, rivolgo uno sguardo al banco di Leon. Lui se n’era andato qualche ora prima per via del suo male al braccio sinistro che “stranamente” era diventato quello destro. Vedo che ha dimenticato sotto il banco il diario. È un abbecedario di cuoio nero con tutte le pagine bianche a parte le domeniche, dove sono disegnati strani mostri con il pennarello nero indelebile. Raffigurano: tigri, lupi, pipistrelli e draghi. È un vero artista. Lo rimetto al suo posto e riprendo a studiare. Alla fine delle lezioni, prima di andarcene, Jackie ci assegna cinque pagine di riassunto. La mando a fanculo nella mia mente e raccatto la mia roba. Francesca mi si avvicina per chiedermi com’è andato, secondo me, il primo giorno di scuola, ma sedendosi al banco di Leon e vedendo il suo diario, esclama: -Oh, no! Un’altra volta!- lo prende –E’ nei guai fino al collo.
-Di cosa parli?- le chiedo stranita da quello sbigottimento improvviso. Lei mi guarda e apre il diario di Leon all’ultima pagina. Attaccata a questa, c’era una chiave.
-E’ quella di casa sua- dice Francesca – l’ultima volta è rimasto fuori tutta la notte. Vive da solo, lo sai? E ora gli risuccederà. Che sbadato! Va sempre di fretta!
-Non puoi portarglielo?- propongo – Alla prima pagina c’è l’indirizzo e tutto.
-Non posso- nega lei – ho lezione di pianoforte e ora non ho il tempo di scappare da lui a portarglielo.
- Camilla - le chiediamo dopo averle spiegato tutto –tu puoi andare? – ma lei scuote la testa.
-Ho promesso a mia madre che l’avrei aiutata a cucinare.
Maxi: -Allenamenti di calcio.
Ludmilla: - Non mi rompete! Non ho tempo da perdere con ragazzi emarginati come Layon – m’irrito.
Nata: - Ehm … come dice lei.
Andres: - No, vado a comprarmi un nuovo topolino!
Federico: - Devo andare in palestra. Sapete, ho un po’ di scoliosi e desidero raddrizzarla.
Broadway: -Vado al centro commerciale a scegliere una nuova batteria.
Peter: - Esco con gli amici e poi non c’è niente che m’importi di Leon - prima di andarsene mi strizza l’occhio. No, probabilmente l’ho solo immaginato.
Marco: -Scusate, ma ho l’autobus che parte fra cinque minuti e non posso prendere quello delle cinque.
Diego: - Ho promesso a cinque delle mie fan di uscire e se rimando, mi si romperà il telefono a forza di rispondere ai loro messaggi – io gli sorrido:
-Non ti preoccupare. Non fa niente- divento rossa. Lui non se ne accorge. Ci saluta e scende le scale.
-Mi sa che toccherà a te andare- mi dice Francesca.
-Cosa? Io? No, non posso.
-Sentiamo la tua ragione- mi esorta a confessare.
-Se resto fuori casa con cinque minuti di ritardo, mio padre è in grado di mandare le truppe militari a cercarmi.
-Davvero? Che coincidenza! Lascia che ti dica una cosa. Lo vedi quell’orologio? Noi tutti i giorni usciamo alle 13:00. Ma oggi, visto che siamo ancora all’inizi0 dell’anno, il preside sposta il termine delle lezioni alle 12:40. Qual è la tua via?- dopo averle detto il mio indirizzo esulta- Perfetto! Non ci crederai mai, ma Leon è a un isolato da te. Probabilmente ora è sdraiato sull’amaca in giardino a sbuffare per la sua sbadataggine. Dovrai solo raggiungerlo, dargli le chiavi ed è chiusa la questione- mi da il diario.
-Ma … io torno a casa a piedi e da qui a lì sono venti minuti. E poi da là a dieci minuti di cammino … mio padre sverrà!
-Oh!- ghigna Francesca –Perché non l’hai detto subito?- fruga nella borsa ed estrae un mazzo di chiavi con il portachiavi a forma di Paperino – Faremo un giro in vespa. Ti va?- io sgrano gli occhi.
-Che cosa? Scusa ma se hai la vespa, perché non vai tu da Leon?- lei mi guarda come se avessi ragione, poi però dice:
-Non ho detto di lasciarti di fronte casa. Ti faccio fare un paio di metri e ti lascio alla fine di Via Rombon. Non posso sprecare la benzina. Mi serve per raggiungere il conservatorio! - mi afferra e insieme scendiamo le scale.
Io non dico niente. Se Francesca possiede una moto, è perfettamente in grado di compiere lei quella piccola missione. Invece si è inventata la scusa della benzina! Secondo me è proprio intenzionata all’idea che sia io a dare la chiave a Leon! Non la definisco ancora una mia amica, eppure ora mi ritrovo a tremare dietro di lei mentre guida una Ducati e oltrepassa la piazza dove dei ballerini gitani ancora ballano un perfetto flamenco.
LEON POV
Oh, cazzo! Dove sono? DOVE SONO? Mi sto perforando le tasche a forza di frugarci dentro, ma non riesco a trovare le mie dannate chiavi! Le ho già perse una volta e non è stata una delle mie esperienze migliori, ma se si ripete una seconda volta potrei pentirmene. La Bruma ricopre interamente i pini che circondano la mia casa. La finestra della mia stanza è chiusa, naturalmente! Accidenti, io amo stare con le ante aperte durante la notte, ma loro potrebbero venire a farmi la solita proposta ed è meglio se non corro questo rischio. Ad ogni modo devo averle lasciate a scuola come l’ultima volta. Devo muovermi ad andare a prenderle, prima che la chiudano! Mi affretto a montare sul mio motorino e lo metto in moto, arranco in strada e girando l’acceleratore sfreccio lontano.
  
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