Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: Clio93    04/04/2014    7 recensioni
Dal Prologo :"Quando incontro un paio di grandi e limpidi occhi azzurri, un volto dai lineamenti delicati, fanciulleschi e la fronte ampia su cui, elegantemente scomposti, ricadono boccoli bagnati e rivoli di pioggia, trattengo un singulto.
No, non può essere lui.
Non può essere…
Tom Hiddleston.
E non posso fare a meno di scoppiare nuovamente in lacrime.
Questa è stata, ed è, una giornata veramente di merda."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
So are you gonna stay
the night?

- Guarda, il cielo si sta schiarendo- Indico con il dito l’orizzonte e mi sollevo a sedere, finendo l’ultimo goccio di birra.
- Già e tra un’ora me ne dovrò andare- Conclude Edo, aprendo un’altra bottiglia.
Siamo sul tetto dell’edificio, sopra il mio piccolo terrazzino, trascorrendo le ultime ore insieme prima della partenza; siamo stati a cena con Rory e Darcy, abbiamo passeggiato un poco per Londra quindi siamo tornati a casa dove io ho scritto un po’ e Edo ha preparato la valigia; ad un tratto ci siamo guardati e, senza dire nulla, abbiamo preso la cassa di birra e ci siamo rintanati nel posto più isolato e suggestivo della casa, ammirando le stelle e ascoltando i suoni della città notturna.
- La prossima settimana ci vediamo di nuovo-
- Mi preoccupa tornare a casa, devo mettere a posto un po’ di cose- Confessa il mio migliore amico, sospirando tristemente. Mi avvicino, rannicchiandomi contro di lui e poggiando la testa sulla sua spalla.
- Sbronza collettiva con gli altri tre sventurati? Magari se andiamo a trovare Betta all’ospedale ci lascerà fare le gare con le sedie a rotelle…-
Edo ride di gusto, spruzzando un po’ di birra qui e lì. Ci vedremo tra pochi giorni, ma il pensiero che debba affrontare Gin mi mette angoscia, certo, non quanta me ne mette il pensiero che tra poche ore dovrò rivedere il “generale delle SS due la vendetta” Liz e che mi toccherà trascorrere una serata tra celebrità e pezzi grossi del cinema, però mi spiace che debba affrontare tutto questo senza una spalla su cui appoggiarsi.
- Quindi, tu e Tom Hiddleston, eh?-
- Io e Tom Hiddleston… fa tanto commediola romantica stile “Betta dopo essersi lasciata”, ti pare?- Chiedo, riflettendo bene su questa cosa della commedia: non ci avevo pensato in effetti.
- Secondo me fa tanto botta di culo colossale- Mi passa la bottiglia e ne prendo un sorso, continuando ad osservare il cielo rischiararsi.
- Mah! Litighiamo come cani e gatti. Ci conosciamo da due settimane ed è già successo il putiferio-
- E tu ti sei già innamorata-
Ora sono io che spruzzo birra in ogni dove.
Rivolgo a Edo un sorriso terrorizzato che lo fa sbellicare dalle risate, mentre mi inizio a mordere nervosamente il labbro inferiore: insomma, se Edo se n’è accorto, forse se n’è accorto anche lui… Oddio, dopo la scenata di gelosia non ne sono proprio sicura. Non è questo il punto.
Sono partita per la tangente e ci conosciamo solo da due settimane, non due mesi, ma settimane, un record praticamente.
- No- Dico laconica. Non ci credo neanche io a quello che ho detto, figuriamoci Edo.
- Ninni, mi prendi in giro? Sei la versione schizzata di “Ariel che fa la feticista con la statua di Eric”-
- Io non ho una coda verde… dici che la Sirenetta puzzava di pesce-
- Non mi far rispondere-
Scoppiamo a ridere entrambi e sono così felice che sia ancora così facile essere noi stessi, divertirci, parlare, esattamente come quando eravamo piccoli o al liceo. Sembra ieri, eppure è oggi…
Che frase è? Sei fuori con tre bottiglie di birra?
Era poetica.
Se, poetica un corno!
- Comunque, lo hai in pugno bella mia- Si alza, pulendosi i pantaloni e stiracchiandosi- Ricordati che sarò io il tuo testimone di nozze-
- Ma che testimone! Edo, secondo me esageri-
- Siete carini insieme: “Il gigante e la bambina”. Che fai, vieni con me?-
- Rimango ancora un po’ qui-
- Ok, allora intanto chiamo un taxi-
Si volta e, dopo essersi inginocchiato, apre la botola, tuffandocisi dentro, sparendo alla mia vista.
Mi sdraio, portando le mani dietro la testa, osservando le stelle non ancora inghiottite dai raggi solari che splendono tenui sulla volta celeste. Le parole “testimone” e “nozze” non fanno parte del mio vocabolario, mi viene l’orticaria solo a pensarci, già è tanto che non sia scappata a gambe levate alla parola “conosciamoci”, figurarsi…
Beh, sarò pure innamorata o qualcosa del genere, ma certo questo non significa che stia pensando ad accasarmi, anzi, opterei più che altro per un vivere giorno per giorno, cercando di arrivare a sera senza esserci scannati e poi, tra una ventina d’anni ad esser buoni, potremmo pensare anche a una convivenza.
Dio, perché Edo deve sempre imparanoiarmi?
Sto bene con Tom, mi piace, mi diverte e sono irreversibilmente stra-cotta di lui, non è sufficiente?
 
 
Ricordati: se Liz nota anche solo un graffio, una minuscola infinitesima macchiolina su questo vestito ti conviene iniziare a pensare alla prostituzione come soluzione. Stiamo parlando di più di 8000 sterline!
Le parole di Cheryl mi rimbombano nella testa come uno stramaledetto mantra.
Non ho avuto neanche il coraggio di sedermi sul divano, per cui è da almeno quaranta minuti che sono in piedi, le braccia incrociate al petto, camminando su e giù per il soggiorno.
- Scusa! Ma allora che lo metto a fare? Insomma, se è una vergogna che lo porti una “sottospecie di ballerina di Botero”, perché farmelo indossare?-
- Perché si tratta di Tom Hiddleston e io non permetto che Tom Hiddleston si accompagni a una sciattona!-
- Come vuole lei, Liz! Dove sono le calze?-
- Quali calze?-
- Quelle che mi devo mettere addosso, ovviamente. E’ ancora inverno malgrado l’effetto serra-
- Tu. Non. Oserai. Indossare. Calze. Su. Un. Capolavoro. Di. Oscar.-
- Wilde?-
- DELLA RENTA!-
Già, abitino corto corto, niente cappotto e, soprattutto, niente calze, alias, una broncopolmonite assicurata.
Però devo ammettere che sono proprio una “bambolina”: la carnagione chiara brilla in questo tripudio floreale di rossi, arancioni e blu. Oddio, detta così sembro “Arlecchino in estiva”, ma se poteste vedermi concordereste con me sul fatto che il vestito sia un amore e che io possa essere scambiata per una diva holliwoodiana in erba.
Vado verso lo specchio, ammirando l’ovale del mio viso finemente truccato e i capelli resi lisci, pettinati in una morbida acconciatura volutamente disordinata.
Uhmmm, potrei quasi abituarmi a una vita così anche se, in tutta onestà, perdere cinque ore per trucco e parrucco, immobile e zitta nelle mani d’altri non è nel mio stile.
Che palle!
Sto tremando come una foglia, il cuore mi è arrivato al cervello e il cervello…beh! Quello si è fottuto all’asilo credo!
Devo fumare, per la prima volta penso che anche un medico approverebbe la mia scelta: o fumare o farsi uccidere dallo stress. Scusate se preferisco annerire i polmoni!
Zampetto in punta di piedi (le vertiginosissime scarpe rosse con il tacco le ho lasciate accanto alla porta, se devo soffrire lo farò il più tardi possibile) verso l’isola del cucinotto, afferro il pacchetto in malo modo, tiro fuori una sigaretta stropicciata, me la ficco in bocca e la accendo con le mani sudaticce e in preda ad uno speudo attacco epilettico. Tanto con il culo che ho sicuramente tra meno di cinque minuti suonano e mi tocca buttare tutto…
Meno male! Almeno una volta nella vita la fortuna mi sorride.
Aspiro profondamente, osando addirittura appoggiarmi al bancone, mentre sento la fronte rimanere ostinatamente corrugata in un’espressione tra l’accigliato, lo sconvolto e l’omicida…
Va bene, razionalizziamo, una bella lista dei pro e i contro è quello che ci vuole per dissipare le nubi, dunque:
 PRO
  • Vedrò Tom
  • Ho un vestito che mi fa sembrare una figa
  • Vedrò Tom
  • C’è la remotissima possibilità che ci sia anche Jennifer Lawrence (uhmmm… secondo me Tom m’ha fregato! Ha cercato di far leva sulla mia passione per Jen! Maledetto “bevitore di tè” da strapazzo)
  • Vedrò Tom
 
Ok, non mi viene nient’altro in mente: non è il massimo ma me lo farò bastare (ripetere tre volte “vedrò Tom” è necessario ma non sufficiente, scusate, deformazione professionale).
CONTRO
  • Passerò le vacanze di Natale al Reparto Malattie Infettive
  • Mi toccherà sorbettarmi una mostra di arte contemporanea (ossia, c’è il rischio di trovare un preservativo appeso a un cappio che spacceranno come simbolo della condizione costrittiva della relazione ufficiale di contro all’animalità poligama dell’essere umano o, più semplicemente, al fatto che il preservativo strizza e fa male)
  • Almeno un centinaio di sconosciuti
  • Almeno un centinaio di sconosciuti conosciuti a livello planetario
  • Fotografi
  • Giornalisti

Perfetto, la faccenda dei pro e dei contro è stata una cazzata colossale perché adesso sono agitata come prima e più di prima: maledizione a te Thomas “Occhi da cucciolo” William Hiddleston!
E mannaggia a me e ai miei sensi di colpa e dire che pensavo di essere una strenua oppositrice della “cattiva coscienza” (chiedo venia, altra deformazione professionale, scusatemi, è la strizza).
Non riesco a pensare lucidamente, so solo che mi sto accendendo la seconda sigaretta di fila, cosa che non succedeva da eoni, mandando a puttane il proposito di fumare solo cinque cicche al giorno: bene, Tom! Mi pagherai il cardiologo e lo pneumatologo e chi più ne ha più ne metta.
Ci stai mandando in iperventilazione qui!
Sono in iperventilazione.
Pensa che forse, finalmente, riuscirai a dargliela! Hai pure il completino sexy.
Però, forse Lolita non ha tutti i torti!
E mi balenano nella mente scene di Tom e me avvinghiati come sanguisughe, ululando oscenamente in un cesso della Tate Modern, mentre è dentro di me e spinge forte…
Scuoto la testa violentemente, senza minimamente curarmi della delicata acconciatura che orna i capelli, tentando di calmare i bollenti spiriti: non è il momento per aggiungere altre fonti di eccitamento! Sono già sovraccarica di mio…
Guardo l’orologio appeso alla parete e noto un leggero ritardo, probabilmente c’è traffico; controllo per la centesima volta di avere tutto nella mini borsetta che costa decisamente più dell’affitto mensile del mio appartamento e penso che, appena giunta a destinazione, ordinerò una bottiglia di vodka intera da scolarmi nel bagno sovra citato, ovviamente aspettando Tom che, come accordato, dovrebbe arrivare circa una mezz’ora dopo di me.
Tanto si verrà a sapere comunque, il cosa poi è ancora tutto da stabilire, ma sono assolutamente persuasa che presto o tardi troverò la mia faccia spiaccicata sul web o su qualche rivista patinata. L’unico enorme problema è che sono di una timidezza imbarazzante, perché, avanti, non sono mica Kate Middleton e lui certo non è un principe della corona: insomma, tanto rumore per nulla.
Un’altra cosa che però mi dà profondamente al cazzo (scusate il francesismo) è l’idea che la mia vita privata venga spiattellata ai quattro venti, che sconosciuti sappiano cose quando io, per natura, già è tanto che riveli il mio nome e cognome: sono riservata, mi piace stare per i fatti miei. Certe volte mi trovo a guardare Tom e a chiedermi come faccia lui a sopportare tutta quella pressione, tutto quello smanioso interesse nei suoi confronti… certo, sono cose che accarezzano l’ego, ma anche alla vanità c’è un limite. Personalmente, sono sicura avrei dato di matto già dopo il primo film di successo, ritrovandomi ricoverata in un ospedale psichiatrico o a disintossicarmi (ora che ci penso mi andrebbe un po’ di fumo, sono secoli che non mi faccio una canna…devo dirlo ad Ale).
Oh, ma che bello! Chissà chi è che si sta ascoltando l’Uccello di Fuoco di Stravinskij, quanto mi andrebbe un bel concerto alla Royal Albert Hall in questo momento, sentire il tepore della sala, l’odore di legno lavorato…
Un momento, l’Uccello di fuoco!? Cacchio, ma è il mio telefono!
  • Pronto?
  • Bernie, sono Luke. Scendi
Ecco, è la fine, sono spacciata, non c’è scampo più per me. La vodka! Dove ho messo la vodka? Mi scapicollo verso l’armadietto dei liquori e afferro il primo che capita, sperando ardentemente sia ciò che cerco… peccato, è limoncello, bleah, io odio il limoncello.
Calma Berenice, espira e inspira, no è il contrario, inspira e…o al diavolo!
Prendo al volo le scarpe e corro giù per le scale a piedi nudi, mentre il marmo freddo mi gela le piante facendomi rabbrividire; arrivo nell’androne e mi infilo le scarpe, tremando al pensiero di come saranno ridotti i miei poveri piedini a fine serata; apro il portone e mi blocco, allibita ed eccitata allo stesso tempo. Non ci posso credere…
- Luke! E’ un party o un matrimonio? E’ la Rolls Royce più bella che abbia mai visto-
Gli barcollo, letteralmente, incontro, scoccandogli un bacio sulla guancia e lasciando che cavallerescamente mi apra la portiera per farmi entrare.
- Sono le macchine in dotazione per la serata: sindacato inglese, macchina rigorosamente inglese-
Mi spiega sorridente, entrando anche lui nella macchina e facendo cenno all’autista di proseguire alla volta della Tate Modern.
- Beh, non fa una piega, anche se non sono proprio sicura che la Rolls sia ancora inglese, anzi, se non erro dal 1998 l’azienda è controllata dal gruppo BMW quindi, tecnicamente, è tedesca e…-
- Ti stai pisciando sotto dalla paura, non è vero?- Luke, Oxford school proprio. Ma come avrà fatto?
Ti sei messa a blaterare di pacchetti azionari.
No, non è vero. Stavo solo rimembrando un qualche discorso paterno e dopo avrei anche disquisito in merito a tutte le contraddizioni del corrente capitalismo finanziario…
Sì, ti stai pisciando sotto. Piscialletto!
- Si vede tanto?-
Luke scoppia a ridere, prendendomi la mano e stringendola forte, cercando di rincuorarmi – Sei uno spasso Bernie! Comunque cerca di rilassarti: quelli che incontrerai sono tutti nella stessa barca di Tom! Non baderanno a te in alcun modo-
- Oh, ma lo so. Sono solo un po’ sociopatica, ecco tutto- Mormoro imbarazzata, dandomi mentalmente della narcisista paranoica per essermi data così tanta importanza: sono solo un’accompagnatrice dopo tutto, una ragazza qualunque che pomicia con un attore, nulla di più… ok, se continuo così non ci arrivo alla Tate, mi butto da un ponte prima di arrivarci.
- Andrai benissimo e poi sei talmente carina che sarebbe un peccato non ti godessi la serata- Luke mi dà una carezza affettuosa sulla guancia che ricambio con un sorriso colmo di gratitudine.
- E se lo facessi sfigurare? E se combinassi qualche pasticcio e lo facessi vergognare? Metti che perdo la brocca come all’Hotel Baglioni! Non vado bene per Tom, non sono adatta e…-
- Ehi, frena i cavalli- Luke mi afferra le spalle, scuotendomi un poco; sono talmente imparanoiata che mi sembra di avere una medusa al posto del cervello – Bernie, probabilmente è un vizio femminile quello di sminuirsi, ma non puoi non esserti accorta di quanto sia bella questa sera; in secondo luogo, sono sicuro che non ci saranno datori di lavoro mafiosi o amici idioti che ti faranno imbestialire; terzo, non pensare neanche per un momento di non essere abbastanza per Tom: non ha occhi che per te, ci sei tu al centro dei suoi pensieri. Sono una fonte abbastanza attendibile…-
- Lo dici sul serio o lo fai solo perché sto per andare in defibrillazione?- Chiedo, mettendo il broncio come una bambina.
- Tesoro, sono inglese: essenziale ed incisivo. Non ti direi mai cose che non penso- Risponde, guardandomi serio dritto negli occhi. Sospiro profondamente, sentendo le spalle e i muscoli rilassarsi, mentre mi accascio sul sedile, chiudendo gli occhi per un attimo, assaporando il gusto delle parole di Luke.
Tom non ha occhi che per te, ci sei tu al centro dei suoi pensieri”
- Grazie-
- Per così poco Bernie. Ad ogni modo, se ti può consolare, alle dieci arriverà Tom e sono quasi certo che al massimo a l’una ti rapirà e la serata si potrà dire conclusa-
- Alle dieci!?- Sbotto allarmata, sentendo la serenità appena raggiunta scivolare via dalle ossa – Sono le nove e siamo arrivati! Mi lasciate un’ora lì da sola? Avevi detto mezz’ora, mezz’ora Luke-  Devo stare calma, respirare e stare calma, un’ora non è nulla, è solo un infinitesimo puntino nell’infinita (o quasi) retta del tempo, ce la posso fare… cazzata! In un’ora può crollare un governo, figurarsi una povera ricercatrice universitaria.
- C’è traffico e in sessanta minuti non credo succederà nulla…-
- Luke – Lo afferro per le spalle e lo fisso con sguardo grave – Sai com’è andata la battaglia di Waterloo?-
- Che c’entra Waterloo ora?-
- Zitto- Gli ordino acida – Napoleone, inizialmente, stava vincendo, insomma, vi stava facendo il vero culo poi ha avuto un malore, è andato al tappeto per cinque minuti, dico io, cinque minuti, e in quella cazzo di manciata di tempo ha mandato a puttane un impero… io ho sessanta secondi e sono quasi certa di essere più alta di lui-
- Siamo arrivati- La voce dell’autista conclude in bellezza il mio accorato monologo che, ovviamente, non ha sortito gli effetti sperati.
Luke e io ci guardiamo intensamente: lui sull’orlo di scoppiare a ridermi in faccia, io, invece, prossima a una crisi isterica.
- Ultimi consigli?-
- Stay alive- E prima che possa anche solo rendermi conto della sua profondissima citazione letteraria, Luke apre la portiera e mi lancia, letteralmente, fuori dall’abitacolo della macchina, facendomi quasi sfracellare per terra: quell’uomo deve smetterla di bistrattarmi in questo modo, altrimenti presto o tardi mi ritroverò ricoverata al reparto ortopedico.
Mi rassetto un poco, seguendo con sguardo addolorato la macchina sfrecciare via, quindi mi volto con il cuore in gola verso la grande costruzione che ospiterà l’evento di questa sera.
La galleria è illuminata da luci colorate e psichedeliche che brillano tanto da oscurare le stelle; di fronte a me si stende un lungo tappeto rosso, dove si affaccendano una cinquantina di persone tra personale e body guards, mentre ai suoi lati noto, con orrore, sono appollaiati, quasi fossero corvi, alcuni fotografi che lucidano obiettivi o provano le luci dei flash.
Prima che svenga per lo shock, mi affretto ad attraversare il breve corridoio che mi separa dall’entrata, premurandomi di tenere il capo chino e lo sguardo basso, sebbene sappia, razionalmente parlando, di non avere nulla da temere perché nessuno mi ha notata, né si è accorto del mio passaggio.
Faccio le scale con il rumore dei miei battiti cardiaci che mi rimbomba nelle orecchie e, una volta giunta a destinazione, mi permetto di tirare un sospiro di sollievo: primo step superato, tempo rimanente cinquantacinque minuti.
L’inserviente all’entrata mi chiede gentilmente di mostrargli l’invito e dal canto mio vorrei esaudire immediatamente il suo desiderio ma, ahimè, la borsetta microscopica non aiuta, soprattutto perché l’invito si è incastrato tra chiavi, accendino, pacchetto di sigarette e telefono che per poco non finisce sfracellato per terra.
Quando, finalmente, riesco a porgli il cartoncino di carta, mi sembra quasi di aver corso la maratona di New York tanto mi sento stremata, ma la vista, una volta entrata, mi ripaga di ogni fatica: l’immensa galleria è finemente addobbata, ogni cosa sembra riprendere le tonalità di grigio dell’edificio stesso, mentre candidi fiori sono posti in ampolle di cristallo dal vago gusto antico che creano un piacevole contrasto con lo stile moderno della cornice. Ogni elemento sembra brillare di luce propria, dando al locale un’aria evanescente e rarefatta.
Il mio sguardo si perde nell’osservare ogni dettaglio, nell’immergersi in quell’apparente infinità così minuziosamente ricreata, sapientemente accompagnata dal suono melodioso di archi e fiati proveniente da una piccola orchestra posta al limitare superiore della sala che, in quel momento, sta intonando un riadattamento dell’Ave Maria di Schubert, particolarmente suggestivo e appropriato per quel luogo velato da un’aria di sublime sacralità…
Potevi semplicemente dire: “’sti Inglesi ci sanno fare”.
E ridurre così la meraviglia di tutto questo?
Il dono della sintesi, quello di cui tu, mia cara, sei incresciosamente sprovvista.
Bene, manca una “fracca” di tempo e devo trovare una soluzione a questa incresciosa situazione e beh, dato che mi trovo in una galleria d’arte, potrei anche arrischiarmi a dare un’occhiata in giro.
In realtà già parto prevenuta, infatti, come ho detto poco fa l’arte odierna non mi attrae minimamente, ignoranza mia e forse anche un poco di provincialismo, ma sono una nostalgica dell’arte figurativa, quella delle forme armoniose e ben calibrate, delle sculture marmoree di fattura classicheggiante. In maniera più prosaica, trovo ridicolo dover pagare per andare a vedere un cubo di legno foderato che assomiglia a un puff difettoso che anziché accompagnare morbidamente il tuo deretano te lo fa piatto, fregiandosi del titolo di “opera” solo perché l’autore ha accostato all’oggetto un trafiletto in cui spiega le sue elucubrazioni mentali per cui non è più ciò che puoi toccare ad essere arte, ma la didascalia che lo accompagna. Certo, alcune di queste nuove “diavolerie” mi affascinano come per esempio Untitle 1991 di Felix Gonzales Torres, i due orologi fermi a simboleggiare la perdita del compagno, dell’amore della propria vita, ma tra questa e la Nike di Samotracia opto decisamente per la seconda.
Mi avvicino ad alcune istallazioni dall’aria tetra che assomigliano a rami nodosi di alberi secchi e sfibrati, sopra i quali sono appesi oggetti miniaturizzati quasi a simulare il set di un film dell’orrore. Storco il naso e proseguo mentre le opere sfilano davanti a me come gli scheletri del cortometraggio di Walt Disney del 1929.
L’autore deve avere proprio il gusto dell’orrido altrimenti non saprei spiegarmi la bambola di pezza impiccata che mi fissa con l’unico occhio buono che le è rimasto: che ribrezzo! Mi è venuto un brivido. Eppure, non è ciò che mi attira di più, perché, alla fine di questa sequenza, intravedo qualcosa di lungo e trasparente penzolare scompostamente da quella che mi sembra essere una cintura di castità vecchio stile, quella con il ferro e gli spuntoni…
Che mi venga un colpo!
E’ davvero un preservativo, oddio, allora c’avevo azzeccato! Purtroppo, malgrado sulla carta di identità c’è scritto che ho passato la maggiore età da qualche anno, non posso fare a meno di scoppiare a ridere sguaiata, piegandomi in due e attirando gli sguardi dei primi invitati giunti. Perché la gente deve prendersi così sul serio? Perché dovrei apprezzare qualcosa semplicemente per la sua firma? Se una cosa fa schifo, fa schifo anche se fosse stato Michelangelo in persona a farlo… è proprio vero, ahimè, che lo spirito critico è morto: la smania di apparire intellettuali ha preso il sopravvento e con esso anche il piacere di una cultura genuina. Meglio sapere poche cose ma saperle bene, piuttosto che assaggiare tutto e non gustarsi nulla.
- Lo sapevo che eri tu! Ci avrei scommesso la macchina fotografica-
Mi raddrizzo immediatamente e mi volto, sorridendo raggiante: un volto conosciuto, finalmente.
- Megan! Non sai che bello vederti- La abbraccio di slancio, strizzando lei e la macchinetta che porta al collo in una stretta soffocante – Che ci fai qui?- Chiedo, dopo averla lasciata andare.
Meg si massaggia il petto con aria dolorante – Lavoro, ovviamente, tu piuttosto, non pensavo che Umanitas si occupasse di questo-
- Infatti, sono venuta con Tom, o meglio, su invito di Tom- Specifico, facendo un cenno al vuoto intorno a me.
- Wow, ma allora è una cosa seria- Ridacchia Megan facendomi l’occhiolino a cui rispondo con un sorriso conciliante mentre nella mia mente ballerina si prefigura un piano a dir poco diabolico.
- Che c’è?- Mi chiede la mia amica con aria allarmata, accorgendosi del mio sorriso beffardo e affilato.
- Per chi lavori?-
- Ehm, per gli organizzatori, sono venuti in studio, qualcuno di loro deve aver visto la mostra di Copenaghen e così mi hanno contattata…-
- Perciò non hai un contratto con nessuna rivista o altro e volendo potresti usare le foto a tuo piacimento-
- Beh, proprio a mio piacimento no…-
- Meg, devo capire se rischiamo una denuncia per violazione del copy-wright, o che so io, qualora decidessimo di scrivere un articolo per la rivista-
- Scusa, quando è stato deciso?- Domanda, scettica e leggermente intimorita dal mio sguardo invasato.
- Adesso, Meggy, adesso. Ci sono pochissime idee per il numero di Gennaio e questa è un’occasione allettante-
- Uhmmm- Fa lei pensierosa, portandosi una mano sotto il mento – Non sarebbe male, ma credo dovremmo limitarci all’esposizione e, se saprai usare bene le tue arti persuasive, anche ad un certo Dio degli Inganni…-
- No, solo Tom no! Puntiamo più in alto-
- Cosa? Ventimila sterline di multa?- Ironizza Meg con tono candido e innocente. Quanto può essere dolce e...
- Se ci sono in mezzo io, cosa che odio ma amen, potrebbe andare? Tu fotografi me e i malcapitati che mi stanno attorno: niente interviste, pochi nomi-
- Quindi l’articolo è su di te che vai alla serata indetta dal sindacato degli attori alla Tate Modern?-
- Esattamente!-
- Beh, calcolando che l’attrezzatura fotografica è mia, ritengo più che lecito far ciò che voglio. Affare fatto- Mi tende la mano, io la guardo e poi le stringo nuovamente le braccia al collo.
- Grazie- Soffio tra i suoi capelli.
- Sì, sì- Dice con fare sbrigativo e finto scocciato, tirandomi indietro – Dobbiamo sbrigarci. Ti devo fare qualche foto vicino alle opere esposte e lo devo fare prima che arrivino gli ospiti perché, dopo di allora, non avrò molte occasioni-
- Sei tu il capo oggi- Sorrido, sentendo l’euforia entrarmi nel petto e avvolgermi come fosse elettricità. La Dea bendata ha deciso di sorridermi alla fine: da serata disastro a articolo stra-fico che manterrà le vendite stabili.
Mi metto vicino alla statua della “bambola senz’occhio” , in posa.
- Bernie, più naturale- Meg scatta e comincia lo show.
 
 
Ho perso di vista Megan già da un po’: siamo riuscite solo a fare una decina di scatti poi è arrivato qualcuno di importante e lei si è dovuta defilare.
Sono seduta al bar, aspettando di essere servita ma, soprattutto, aspettando che Tom si decida ad arrivare. L’entusiasmo di poco fa sta scemando e dense nubi di ansia e preoccupazione si stagliano all’orizzonte, più vado avanti e più mi sento un pesce fuor d’acqua.
Dovrei essere eccitata all’inverosimile per la prospettiva di conoscere star del cinema internazionale, invece, più ci penso, più mi si serra lo stomaco e il respiro si fa irregolare.
- Cosa prende?- Chiede il barman gentile.
Sorrido – Un Negroni-
- Anche per me!- Ordina qualcuno al mio fianco.
Bene, vedo che il gusto italiano ha ancora qualcosa da dire all’estero.
Devo decisamente fumare, non so dove, ma devo farlo: mancano dieci minuti all’arrivo stabilito e devo trovare un modo per ammazzare il tempo. Traffico con la borsetta, riversando il contenuto sul bancone quindi, trionfante, acciuffo il pacchetto spiegazzato di sigarette, estraendone una e iniziando a giocarci, premurandomi di riordinare il disordine che ho combinato, neanche fosse la scrivania del mio studio.
- Lucky Strike rosse… non sono un po’ forti per una bambina come te?-
E questo chi minchia è? Mio padre?
Sto per voltarmi e iniziarlo a insultare pesantemente ma ciò che vedo mi fa morire le parole sul nascere.
- Cazzo- Impreco, suscitando l’ilarità di niente popò di meno che Michael Fassbender, anzi “MioDioQuantoSeiFico” Fassbender che mi guarda con un sorrisino arrogante che fa impazzire i miei poveri piccoli ormoni.
- Mai ricevuto un complimento tanto eloquente- Dice lui, con quella sua aria un po’ strafottente da “uomo che non deve chiedere mai”, facendomi raggiungere una nuova tonalità cremisi.
- Forse mi hai semplicemente spaventata- Dico, tirando fuori le unghie da gattina in calore quale sono in questo momento. Ha i capelli corti e la barba rossiccia volutamente incolta che lo rende ancora più virile ed attraente, con quel collo lungo e sexy su cui si sono spesso concentrate le mie fantasie notturne (poi è arrivato Tom e il suo collo ha monopolizzato i miei sogni).
- Forse- Ripete, non staccando gli occhi da me, studiandomi con un’intensità che mi mette a disagio. Tom è molto più delicato, gentile anche quando mi osserva insistentemente, credendo che non me ne accorga. Non penso che Fassbender sia una cattiva persona o che ci stia provando spudoratamente, credo semplicemente sia molto curioso, un po’ come il Piccolo Lord, con la sottile quanto pregnante differenza che l’ego di Tom non sovrasta il mio, lo accompagna con dolcezza. Ecco, Hiddleston ha tatto, Fassbender se ne fotte, insomma, è lo stronzetto che piace tanto a noi donne anche se, a dirla tutta, mi rendo conto di aver decisamente rivalutato i miei canoni.
L’arrivo dei drink mi concede la possibilità di distogliere lo sguardo e di avere un po’ più di fiato. Mi avvento letteralmente sul bicchiere, lasciando che un generoso sorso mi bagni la gola e mi inebri, concedendomi un momento di beata incoscienza.
- Dunque- Esordisce nuovamente il “meraviglioso bastardo”- Alice, come sei finita nella tana del Bianconiglio?- Mi sorride malizioso, come se avesse compreso tutto il mio disagio.
- Sembro così estranea all’ambiente? Ho l’aria di un pesce fuor d’acqua?- Lo interrogo, rilassandomi e portando una mano sotto il mento, sorridendogli a mia volta.
- Un graziosissimo pesce- Ridacchia lui, contagiandomi con la sua allegria.
- Sono una giornalista-
- Ah, certo. Una giornalista dall’aria dolce ed ingenua che non mi ha ancora tartassato di domande e che quando mi ha visto non ha saputo trattenere un’esclamazione di sorpresa- Però, oltre che ad essere un bravo attore, è anche un bravo (e gnocco) conoscitore dell’animo umano!
- In realtà sono veramente una giornalista, anche se questa sera vesto i panni di una semplicissima invitata- Spiego candidamente, sorseggiando il mio Negroni, senza distogliere lo sguardo da lui: questo gioco mi sta divertendo.
- E il tuo nome?- Chiede, facendosi più vicino.
Ragazza mia, sfancula la monogamia e dacci dentro con il tuo progetto del bagno!
Lolita, e Tom? Ricordiamoci che sono quasi-innamorata di lui.
Togli il quasi…
Chissene frega! Così impara a farti aspettare… vai a fregare il preservativo e fattelo!
- Allora?- Mi incalza lui, dopo un mio lungo e inconscio silenzio. Scuoto il capo e sorrido imbarazzata – Berenice. Bernie è più facile-
- Piacere, Michael- Afferra la mia mano e la stringe forte, mentre tutti i miei propositi di castità iniziano lentamente a venir meno.
- E, dunque, Bernie: da dov’è che vieni?- Mi domanda curioso senza sciogliere la presa.
- Sono italiana- Dico, deglutendo sonoramente e sottraendomi con garbo alla sua mano, mentre lui sogghigna beffardo.
- Italia, bellissima. Ho fatto un giro in moto con mio padre per l’Italia-
- In moto? Wow, con dei miei amici ci siamo girati la Corsica, non mi è mai venuto in mente di percorrere lo Stivale-
- Perché non raccontarci vicendevolmente le nostre peripezie fumandoci una sigaretta?-
Bel dilemma. E adesso?
Mi guardo attorno, alla ricerca di un altro paio di occhi azzurri, ma di Tom neanche l’ombra…
Che fare? In fondo a fumare ci dovevo andare…
Rivolgo lo sguardo a Michael che mi sorride candido, come se avesse capito la mia paura e stesse cercando di tranquillizzarmi e, devo dire, ci riesce pienamente: scivolo giù dallo sgabello, afferro la pochette e gli faccio un cenno – Con piacere-
 
 
La cerco con lo sguardo, ma non riesco a trovare Berenice e una leggera ansia mi afferra lo stomaco.
L’ho lasciata sola per un tempo infinito, forse sarebbe stato meglio farla venire con me e via, tanto sono fermamente convinto prima o poi si verrà a sapere di noi due. Non è una cosa che mi dispiacerebbe a dire il vero, in ogni caso non permetterei mai che le accadesse qualcosa o la infastidissero: la proteggerei, sempre.
-Luke, sei sicuro che sia entrata?- Chiedo al mio amico, intento a parlare con Emma Watson, appena arrivata anche lei, che, tra le altre cose, è un’altra sua cliente.
- Ma sì, a meno che non volesse far scoppiare una guerra…ha farneticato qualcosa su Waterloo-
- Chi, Tom?- Domanda Emma, sinceramente incuriosita dalla nostra conversazione: è una furbetta quella lì, non le sfugge mai nulla.
- Ehm…-
Ad un tratto la vedo sbucare in mezzo alla folla.
E’ bellissima.
I capelli lisci, tirati indietro, esaltano la fronte spaziosa e i lineamenti delicati del volto; il trucco leggero fa brillare i suoi occhi che sembrano dei zaffiri mentre l’incarnato eburneo sembra quello di un dipinto rinascimentale. Mi viene da ridere per il suo incedere traballante, con quei tacchi che le slanciano le gambe snelle ma che le causano qualche problema di deambulazione, facendola sembrare una bambina.
Mi scuso con gli altri e mi allontano, sorridendo felice, con il cuore gonfio, avvicinandomi verso Berenice che ancora non si è accorta di me, intenta a guardarsi attorno con aria spaesata. Non posso ancora credere che faccia parte della mia vita, sono emozionato di avere una donna così al mio fianco.
Quando mi vede, si immobilizza, le guance le diventano di porpora e un sorriso radioso le illumina il viso mentre il mio cuore manca di un battito. Rimaniamo così, a fissarci ancora un poco distanti, entrambi increduli di essersi finalmente trovati; è Berenice quella che colma la distanza, ponendosi di fronte a me, osservandomi attenta, prendendo ad accarezzarmi la fronte e a toccarmi i capelli per saggiarne la consistenza.
- Li hai tagliati- Sussurra, avvolgendo il viso in una carezza, avvicinandosi sempre di più – E non ti sei fatto la barba- Continua, abbassando la mano verso le guance ispide.
- Non ti piace?- Chiedo, tirando le labbra in un sorrido beffardo.
La sua risata è trillante – Al contrario- Dimentica della sua stessa timidezza tende la bocca verso la mia, lasciando su di essa un tenero bacio, avvolgendomi con il suo profumo che sa di fresco, esattamente come la prima volta che ci siamo incontrati.
- Che hai fatto di bello in mia assenza?-
- Ho incontrato una mia collega e…- Sposta lo sguardo verso i suoi piedi, guardandosi attorno un poco imbarazzata e, come dire, colpevole?
- E?- Chiedo, accarezzandole il profilo con il mio naso.
- E ho fumato una sigaretta con Michael Fassbender-
Scoppio a ridere e lei mi guarda stralunata, quasi non si aspettasse una reazione del genere – Ti piace? Vuoi che combini un appuntamento?-
Bernie mi dà una leggera spintarella, sorridendo lievemente, assottigliando lo sguardo – Non mi tentare, Hiddleston. In primo luogo mi hai fatto aspettare un’eternità e in secondo luogo mi hai burlata-
- Perché?-
- Perché non c’è traccia di Jennifer Lawrence- Spiega, guardandosi attorno e facendo un cenno con la mano per mostrare l’assenza della sua attrice preferita.
- Beh, lei è americana! Mi perdonerai se prometto di farti avere un suo autografo appena ne avrò l’opportunità?-
La scimmietta mi bacia, avvolgendo le braccia attorno al mio collo – Affare fatto, signor Hiddleston- Sono felice per queste sue profusioni di affetto in pubblico, così inaspettate e inusuali che quasi mi colgono impreparato; mi sarei aspettato una Berenice rigida e impettita, la testa china a guardarsi le mani, rimanendo sempre un po’ defilata e invece…
Le afferro una mano – Dovrò fare un po’ di pubblic relation-
- E io devo scrivere un articolo per ciò puoi iniziare a parlare a raffica quanto ti pare con chi ti pare. Solo…- Si ferma, lasciandomi la mano.
- Solo?-
- Non correre, con queste scarpe già è tanto riesca a camminare-
Rido e la scorto nella direzione in cui avevo lasciato Luke, immaginando la faccia di Bernie nel vedere Emma Watson: chissà, magari ha una passione anche per lei…
 
 
Bernie con Emma ci avrà parlato sì e no dieci minuti.
Quando gliel’ho presentata è rimasta stupita, gli occhi sbarrati e una mano tremolante mentre si scambiavano le usuali presentazioni, poi avevano conversato del più e del meno, Emma molto più interessata di Bernie a ciò che veniva detto. Il non plus ultra della noia la mia scimmietta l’ha raggiunto quando alla conversazione si era unita anche Carey Mulligan (con cui Bernie però è stata più cordiale): l’argomento era la prossima stagione della moda a cui la mia ospite ha contribuito con un mal celato sbadiglio.
Ho iniziato a preoccuparmi, pronto a soccorrerla ma, ancora una volta, mi ha sorpreso.
La scena è stata da ridere: Benedict ci ha raggiunti con aria trionfante. Ci ha spiegato che la sua squadra di calcio stava vincendo (neanche sapevo fosse un appassionato), al che Berenice si è intromessa chiedendo chi fossero i due contendenti…
- Perderanno. Sono sicura di una rimonta di due reti-
- Come puoi dirlo?- Ha esclamato Ben con la sua solita compostezza molto British.
- Scommettiamo?-
Beh, adesso Bernie chiacchiera animatamente con Ben e Martin circa alcuni pronostici del campionato, abbandonando completamente le signore alle loro conversazioni modaiole.
La osservo gesticolare da lontano, cercando al contempo di tenere il filo della mia di conversazione con alcuni colleghi di teatro, interessati al mio prossimo progetto shakespeariano.
Si vede benissimo che sa di cosa sta parlando e sembra anche a suo agio, avendo superato la prima fase “fan sfegatata di Sherlock”, entrando in quella “sono italiana e so di calcio molto più di voi”.
Riesco a liberarmi e, dopo aver salutato qualche conoscente, mi avvicino nuovamente al gruppetto, a cui ora si è aggiunto anche Fassbender, sghignazzando divertito.
- Cioè, mi stai dicendo che in Italia le sigarette si possono comprare a sei anni?- Chiede Martin allibito.
- Io l’ho fatto, ma erano altri tempi. Se è per questo noi possiamo bere a sedici anni, anche se personalmente ho iniziato molto prima-
- Davvero?-
- Certo! Quando uno gioca a pocker e non ha neanche un soldo per le gomme da masticare, si dà fondo ai liquori paterni, ovviamente- Spiega placidamente Bernie, sorseggiando lo champagne che ha appena preso da un cameriere di passaggio.
- Pocker? Calcio, moto e ora anche le carte. Hiddleston, in che guaio ti sei cacciato!- Scherza Michael, sorridendo beffardo nella mia direzione.
- Non fare il bastardo Fassbender!- Lo rimbecca Berenice, facendogli un amichevole occhiolino.
- Tarantino la pensava diversamente- Scoppiamo tutti a ridere.
E’ così bella, così naturale… sono davvero colpito, anzi, direi di averla sottovalutata un po’ troppo o, forse, è lei che non riesce a vedersi per come è realmente. In molti mi hanno fatto i complimenti e sono quasi sicuro Ben mi chiederà di combinare un’ uscita, sicuramente per giocare a carte, a cui dovrò categoricamente far partecipare anche lei, soprattutto se questa sera lui perderà la scommessa: Ben ama questo genere di cose e non si riesce a dare per vinto tanto facilmente.
- Tom- Una voce femminile alle mie spalle mi fa distogliere lo sguardo dalla ragazza.
- Hayley- Sorrido felice alla mia amica, allargando le braccia per poterla stringere.
- Attento!- Mi fa lei, ridendo contenta, mostrandomi il piattino con una generosa fetta di torta al cioccolato bianco.
- Come stai?- Chiedo, cingendola per la vita.
- Non c’è male, caro il mio rubacuori- Dice, ammiccando in direzione di Bernie che sta facendo un’imitazione alquanto spassosa di Benedict, il quale sembra lieto di stare al gioco.
- E’ lei che si è buttata sotto la mia macchina- Ridacchio.
- Mi sembra carina, allegra direi. Sicuramente ti rende felice, guardati, sei uno splendore-
- Dai, te la presento- Trattengo Hayley per un braccio, voltandomi verso la mia scimmietta, cercando di attirare la sua attenzione, riuscendoci solo dopo essere stato costretto a fare un fischio da pastore.
Bernie si volta, guardandomi con aria interrogativa, a cui rispondo con un cenno della mano affinché mi raggiunga.
- Benie, questa è Hayley Atwell, una mia cara amica…-
- Dove hai preso quella torta!?- Esordisce Bernie, spalancando gli occhi a quella montagna di cioccolata bianca.
Hayley ride – Laggiù, ho faticato un sacco per riuscire ad acciuffarne un pezzo-
- Non sapevo ci fosse del cibo… adoro i dolci-
- A chi lo dici. E’ stato difficile scegliere: c’era anche un’invitante torta di mele con gelato alla crema che…-
- Ho un’idea!- La interrompe Bernie, mettendosi davanti a lei con l’aria di una che sta complottando un golpe militare – Io vado a prendere quella di mele e ce le dividiamo. Che te ne pare?-
- Penso sia un’ottima soluzione- Asserisce l’altra, annuendo vigorosamente.
Bernie batte le mani, mi dà un bacio sulla guancia e inizia ad appropinquarsi verso il tavolo dei dolci; a metà strada si ferma, tira fuori il cellulare e guarda attentamente lo schermo; volta un poco il busto, ghignando perfidamente…
- Ehi, Ben!- Chiama a gran voce mentre il mio amico solleva il regale collo per poter vedere il suo interlocutore: ha ragione Berenice, Ben si atteggia ad aristocratico.
- Dimmi tutto, cara…-
- Battuti due a uno. Ti conviene iniziare a imparare quello scioglilingua che ti ho insegnato- Detto ciò, Bernie gira sui tacchi e si perde tra la folla, sotto lo sguardo stralunato di Ben e le risate di Martin e Michael che dà pacche amichevoli sulla spalla del perdente.
- Rettifico, Tom: Bernie è decisamente una forza della natura!- Fa Hayley, portandosi un generoso boccone di dolce alle labbra.
 
 
- Trentatre tr-e-nt-ini entr… Oh, è impossibile! Tom, dille qualcosa! A me non dà retta- Piagnucola Ben con l’aria da cane bastonato.
- Eheheh, sei così divertente che non vedo l’ora di ascoltare la tua prossima intervista- Sghignazzo sadico. La penitenza stabilita da Bernie consiste nel cantilenare uno scioglilingua italiano in mondovisione: la scimmietta era così eccitata all’idea.
Mi volto verso Berenice, seduta a un tavolinetto assieme a Hayley ed Emma (a quanto pare hanno raggiunto un’intesa quando Emma si è dimostrata l’unica disposta a ridere alla sua battuta su Waterloo, del resto è Emma quella che studia Storia), parlando di un argomento non meglio precisato ma, a quanto posso vedere, particolarmente esilarante.
Non riesco ancora a credere che la ragazza sorridente ed espansiva che è riuscita a mantenere un contegno signorile anche quando le ho presentato Anthony Hopkins (anche se mi ha praticamente sbriciolato le dita della mano) sia la bisbetica, acida e schizzata che ho investito ormai quasi due settimane fa. Ero talmente agitato per questa serata che mi sono prefigurato scenari apocalittici e anche una nottata al reparto psichiatrico, lasciandomi ottenebrare nel giudizio dalle paranoie della mia scimmietta: era stata lei a farne un dramma; lei mi aveva scongiurato di rimanerle accanto… e invece! Invece sembra ci abbia preso gusto o, quanto meno, abbia rivalutato completamente la faccenda. In fondo, noi attori siamo persone normali che fanno un lavoro straordinario, né più né meno di tanti altri… è la tremenda Fama, ahimè, a distorcere la realtà!
Ora che ci penso, a ben guardare, è Bernie ad aver lasciato “solo” me e non il contrario: praticamente saremo stati in privato insieme sì e no dieci minuti. Confidavo nell’idea che mi sarebbe stata appiccicata come una cozza, mentre io avrei vestito i panni del nobile cavaliere…
- Mi accompagneresti a fumare una sigaretta?- La voce della scimmietta mi giunge squillante da dietro le spalle, facendomi sobbalzare, mentre la sua risata risuona cristallina al di sopra di tutto.
- Ci conosciamo? Mi deve essere sfuggito il suo ultimo lavoro, recita in teatro?- Scherzo, assumendo un’aria seria e compita che la fa sorridere ancora di più.
- Non fare il gelosone- Mi prende sottobraccio, scortando me, verso una delle uscite laterali sulla sinistra – Sai bene che sono qui per te-
Sono qui per te…
Il cuore accelera i battiti e un’ansia diversa, più delicata, dolce si propaga dal petto al resto del corpo; guardo Berenice e non vedo più una ragazzina introversa e scontrosa, ma una donna forte, sicura di sé, in pace con il resto del mondo: è questa l’immagine della felicità? Adoro la sua malinconia, ma, decisamente, il riso la rende più bella.
Bernie apre la porta di servizio, lasciandola spalancata per farmi passare, chinandosi in una dispettosa riverenza, sorridendo sorniona.
- Non dovrebbe essere il contrario?- Chiedo, aspettando che mi raggiunga, rallentata dal suo tentativo di recuperare il pacchetto e compiere l’usuale rito di accensione.
- Uhm, sì. Ma che ne è dell’emancipazione femminile?- Scherza, appoggiandosi ad una parente poco illuminata e in disparte rispetto agli altri accaniti fumatori.
Ha una gamba piegata contro il muro che le scopre la pelle della coscia, molto vicina all’inguine, incurante di tutto e tutti, e una voglia pazzesca di accarezzarla mi fa tremare le mani; tiene il viso puntato davanti a sé, dischiudendo le labbra per fare uscire il fumo in maniera inconsapevolmente provocante. Lentamente, scosta lo sguardo verso di me, uno sguardo languido e malizioso, involontariamente malizioso, ma non meno invitante.
Non so se sono io che la vedo in maniera diversa, io che non mi aspettavo potesse essere così frizzante e fresca, oppure è lei che ha completato la sua metamorfosi, trasfigurandosi in una meravigliosa farfalla: l’unica cosa che so è che vorrei questa notte non finisse mai. Vorrei fosse mia, finalmente solo mia.
Mi avvicino piano, osservandone ogni movimento, carezzandone con gli occhi i lineamenti delicati, studiando i colori della pelle eburnea spruzzata di rosa sulle guance morbide; mi metto di fronte a lei, senza distogliere il contatto visivo e, finalmente, riesco a vedere specchiato nello sguardo il mio stesso desiderio, il mio stesso bisogno di averla vicina.
Potrei farmi audace, ora che è così, ora che sembra non avere più paura.
Getta la sigaretta e mi sorride lievemente, invitandomi ad avvicinarmi e io obbedisco, servizievole, abbassandomi un poco, affinché i nostri visi possano incontrarsi.
Intreccia le mani dietro il mio collo e mi bacia, accogliendo le mie labbra sulle sue.
E’ un bacio teso, carico di elettricità, eppure casto perché nessuno dei due è andato oltre questo sfiorarsi.
Rimaniamo a lungo così, con le sue braccia dietro la mia nuca e le mie mani poco sotto i fianchi, a toccare la pelle liscia delle sue cosce tornite e piacevolmente morbide.
- Rimani con me questa notte-
 
 
- Rimani con me questa notte -
Trattengo il fiato, il cuore impazzisce e non posso fare a meno di spalancare gli occhi, mentre avverto chiaramente un liquido caldo bagnarmi l’intimo.
Inumidisco involontariamente le labbra, distogliendo lo sguardo da lui, gioendo di quella tenera sensazione di paura che precede sempre un’emozione forte, bella, perché è bello il momento che sto vivendo.
Ho sempre pensato alla bellezza come qualcosa di banale, riduttivo, sentendomi perennemente attratta verso il baratro del sublime, del particolare, del diverso. Godevo di ciò che mi affascinava e incuriosiva, dimentica di quanto la semplicità potesse essere appagante, intrigante.
Mai come ora riesco a sentirla, a vederla la bellezza di questo istante, comprendo, finalmente, cosa voglia dire, quanta luce irradi da questa epifania.
Torno a guardarlo, i suoi occhi mi pregano, le labbra sottili, serie e tese, sono stuzzicate dai suoi piccoli morsi e, senza neanche rendermene conto, il mio corpo ha già risposto per me, perché adesso tutto mi appare così terribilmente perfetto da non riuscire a scorgere quel terrore di abbandono, quell’ansia di perdita che mi aveva afferrata quando l’ho conosciuto. Neanche i miei due “corvi” parlano.
Tutto tace nei rumori notturni della città, ci siamo solo lui ed io.
- Sì- Sussurro contro il suo orecchio e Tom mi abbraccia piano, delicatamente, spingendomi contro il suo petto, affondando il viso nell’incavo del mio collo.
Si scosta da me, sorridendo con gli occhi e con la bocca, quindi mi afferra la mano, conducendomi nuovamente all’interno. Ora che ho dato la mia risposta, ogni cosa intorno a me appare surreale, evanescente, ancora più sorprendente del fatto di essermi trovata ad una serata con persone che mai avevo pensato di incontrare neanche nei miei sogni più floridi.
Così, quando Tom mi sussurra all’orecchio di aspettarlo accanto all’ingresso, di non preoccuparmi di nulla perché ci penserà lui a salutare tutti, neanche me ne rendo conto, non del tutto almeno: prima era accanto a me, ora non c’è più, inghiottito dal resto degli invitati.
Nel momento in cui mi prende nuovamente per mano, trasalgo, ho perso la concezione del tempo e dello spazio e ho paura che il cuore mi scoppi di felicità e lacrime.
Usciamo e l’aria fredda ha il potere di riportarmi alla coscienza; rido assieme a lui, mentre mi tira a sé, avvolgendo con le braccia la mia vita e baciandomi, sollevandomi un poco da terra.
Corriamo via, allegri, lasciandoci alle spalle la Tate Gallery, alla ricerca di un taxi che ci porti a casa sua, senza smettere di ridere e di baciarci ad ogni metro, proprio come due ragazzi al loro primo amore.
Sto congelando ma, al tempo stesso, sento avvolgermi dalle fiamme, arsa dalla luce dei suoi occhi, assetata della freschezza delle sue labbra.
Vediamo un taxi e Tom quasi si getta in mezzo alla strada per fermarlo…
- Bella mossa!- Gli schiocco un bacio sulla guancia e lo precedo dentro la vettura, inebriandomi del tepore dell’abitacolo, stringendomi nelle spalle, cercando di frenare il cozzare rumoroso dei miei denti.
Tom è entrato e mi guarda divertito, ridendo come un bambino e mi avvolge tra le sue braccia, sfregando le mie con le mani, comunicando al conducente la direzione da prendere.
Per quanto sia graziosa in questo vestitino non ho alcuna intenzione di morire assiderata, almeno non prima che sia strascorsa questa notte, altrimenti Liz non avrà pace per il resto dei suoi giorni, il mio fantasma la perseguiterà in eterno.
Mi accoccolo contro di lui, che mi fa dono di mille attenzioni, guardando sfilare le luci della città dal finestrino, inebriandomi del suo profumo aspro e virile, con il cuore che martella forte contro la mia cassa toracica.
- Ti sei divertita?- Chiede, continuando ad accarezzarmi dolcemente.
- Assolutamente. Ma dì al tuo amico Ben che non transigo: o quello o uno spogliarello, a lui la scelta-
- Eheheh, suona un po’ dittatoriale, non trovi?-
Faccio finta di pensarci un po’ su – Sì, direi di sì – Concludo, facendo per sciogliermi i capelli, dato che le mollette mi stanno trapassando il cuoio capelluto, ma non faccio a tempo perché Tom mi afferra la mano, portandosela alle labbra, guardandomi birichino.
- Se permetti vorrei scioglierteli io…dopo-
Il tono della voce è basso, vibrante e io avvampo spudoratamente, avventandomi contro le sue labbra per dissimulare ed evitare una spiegazione che includerebbe immagini poco caste che preferisco rendere reali piuttosto che raccontarle a voce.
Tom risponde al bacio, accarezzandomi il profilo della mascella con una mano mentre con l’altra sostiene il mio bacino, premendomi contro di lui. Affondo le mani tra i suoi capelli, ormai corti, lasciando che mi solletichino le mani, prendendo a stuzzicargli le labbra con piccoli morsi, lambendone il profilo con la lingua. Sento una sua mano che, monella, si inoltra sotto l’abitino, stringendo la morbida pelle del mio interno coscia, pericolosamente vicino al “punto di non ritorno”, facendomi sussultare ed emettere un miagolio non proprio lieve che suscita un sonoro colpo di tosse da parte del tassista.
Quasi fossimo due bambini colti a compiere una qualche marachella, ci separiamo, rintanandoci l’uno da un lato, l’altra dall’altro, in punizione, guardandoci però maliziosi e visibilmente accaldati.
Lolita! Smetti immediatamente di intasare la rete neuronale con codeste immagini lascive: mi stai facendo vergognare.
Brunilde, ha ragione la bisbetica: sei una bacchettona bigotta e rompi palle!
Ah, io sono una rompipalle!? E tu allora? Ninfomane maniaca…
Bambine zitte!
Quando emergo dai miei battibecchi interiori, siamo arrivati davanti alla palazzina candida di Tom, tanto che mi sta venendo il dubbio che forse, e dico forse, potrei soffrire di un leggero disturbo da personalità multipla: insomma, ho perso totalmente la concezione dello spazio e del tempo, black-out totale…
Scusate?
Sì?
Potreste evitare di scassarmi le palle per le prossime, ehm, diciamo… 24 ore?
In che senso scusa?
Lolita, non voglio strilli o commentini da assatanata durante un mio ipotetico orgasmo. Bisbiglia all’orecchio della Cornacchia.
Sarà fatto!
Ehi, che c’entro io?
E questa è fatta, però che freddo polare!
Scesa dalla macchina una folata di vento gelido mi fa venire la pelle d’oca, causandomi la “tremarella” ai denti tanto che non ho neanche la forza di contrattare con Tom un’eventuale mio contributo al pagamento del taxi (lo so, lo so che è una cosa normale, ma lavoro e sono una donna autonoma e autosufficiente).
La vettura riparte e io mi concedo di ammirare la figura del piccolo Lord, alta e distinta, mentre si avvicina su quelle gambe chilometriche con andamento sicuro e posato, aristocratico aggiungerei.
Sta trafficando con le tasche, probabilmente alla ricerca delle chiavi, e il suo profilo è elegantemente illuminato dai raggi lunari che creano chiaroscuri invitanti lungo la mascella e il naso. Adoro il suo naso, non so da dove mi venga tutta questa passione, ma è tanto morbido e tenero, un perfetto compagno di giochi per le mie manine dispettose.
Ok, lo ammetto, sono talmente eccitata che penso potrei venire al solo pensiero di una sua qualsiasi pellicina.
Ho il petto in fiamme e nel mio stomaco le ormai famose farfalle hanno deciso di dedicarsi all’ Heavy Metal tanto è in subbuglio.
Tom mi passa a fianco, facendomi cenno di seguirlo, lo sguardo sfuggevole e un sorrisino appena accennato , mentre si tortura le labbra con quei dentini provocanti: è agitato e imbarazzato.
E anche maledettamente dolce.
A letto (perché diciamolo, quello stiamo per fare e non una partita a scacchi), mi piace dominare. Immagino di essere un direttore d’orchestra che si dimena da parte a parte, inondando, abbattendo, accompagnando delicatamente una danza di suoni e melodie. Pertanto, percepire la sua vulnerabilità, sentire sulla mia pelle la sua debolezza mi eccita da morire…
Sono agitata anche io, altrimenti non inizierei a sparare cazzate di dubbio gusto, ho il respiro corto e poco ossigeno nel cervello, nonché una voglia matta di toccarlo, baciarlo e averlo dentro di me.
 
L’interno della casa è caldo, sorprendentemente caldo, tanto che sospiro di gusto, sentendo parte della tensione scivolarmi via dalle spalle.
Tom chiude la porta e accende le luci dell’ingresso che illuminano la grande scalinata.
- Vado un momento su a ordinare il bagno e a prenderti della biancheria pulita. Fai come se fossi a casa tua… vuoi dell’acqua? Hai fame? Il frig…-
- Respira, Hiddleston- Gli poggio l’indice sulle labbra, disegnandone il contorno, guardandolo nel modo più dolce che riesco a trovare.
Lui si apre in una risata sghemba, schiudendo la bocca, umettando il mio polpastrello con la lingua mentre brividi di piacere iniziano a percorrermi la schiena.
- Torno subito- Mi dà un bacio frettoloso e poi si gira, facendo le scale a due a due.
Lo seguo con gli occhi fintanto che non sparisce alla mia vista, quindi, dato che ha detto di fare come fossi a casa mia, lo prendo in parola e getto malamente le scarpe di fianco alla porta, dirigendomi in punta di piedi sino alla cucina, completamente immersa nel buio.
Sento il ticchettio della pioggia contro le finestre e sorrido per il suono melodioso delle gocce, improvvise e misteriose, che sembrano aver deciso di allietare questa notte con il loro canto.
Non ci sono tuoni e fulmini, vi sono solo rivoli leggeri d’acqua che danno all’atmosfera un certo gusto decadente, così mi trovo a pensare a quanto deve essere bello ora il giardino, avvolto dalla notte e dai timidi raggi della luna che gioca a nascondino dietro alle nuvole.
Vado sicura alla veranda e, proprio come avevo immaginato, lo spettacolo è meraviglioso: nel caminetto vi sono i residui della brace scoppiettante, ancora allegra e vivace, il cui odore si unisce a quello dolce del potpourri; il grande divano bianco risalta, invitante, sul resto del mobilio e i vetri sono coperti da ragnatele di perle.
Fuori piove e sembra una poesia.
Io sono serena e chiudo gli occhi, assaporando ogni suono, ogni profumo, ogni sensazione che il corpo può donarmi.
So che è alle mie spalle, è la mia pelle ad avvertirmi, sensibile com’è deve essersene accorta ancor prima del mio cervello, perché, adesso, sono soprattutto carne e cuore. Tremo, un tremore lento si insinua nelle ossa, scuotendomi il ventre; Tom si avvicina piano, lasciando risuonare delicatamente il ticchettio delle sue scarpe, poi si ferma dietro la mia schiena, rimanendo lì, fermo, avvicinando solo un poco il viso alla mia nuca.
Un bacio lento, delicato, sul collo e dunque, inesorabili, le dita si dirigono sicure a sciogliere i lacci del vestito che adesso, ora più che mai, mi soffoca come una prigione.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Non mi uccidete. Questa volta il capitolo finisce e finisce in maniera parecchio stronza, mi si passi il termine. Potrebbe passare per un capitolo palesemente di transizione ma non lo è perché ho voluto far interagire i nostri protagonisti con il mondo reale, soprattutto desideravo far vedere come se la cavava la nostra “scimmietta” in un contesto ALTRO rispetto al suo.
C’è un’apparizione che è un po’ una sorpresa: sicuramente l’interessata capirà a cosa mi riferisco.
Ringrazio tutti quelli che leggono silenziosamente, chi recensisce con regolarità (grazie, grazie davvero siete sempre così carine e preziose, se continuo a scrivere con regolarità è merito vostro anche), chi ha aggiunto tra seguite preferite lette J
Spero che il capitolo piaccia e non deluda le aspettative. Al prossimo aggiornamento.
Clio
  
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