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Autore: autumnleaf    04/04/2014    1 recensioni
"Nel silenzio della casa possiamo quasi sentire i battiti ancora irregolari dei nostri poveri cuori straziati, battiti intrecciati a creare un unico suono continuo, melodia armoniosa e perfetta, specchio delle nostre vite ormai innegabilmente legate insieme dagli stessi sentimenti, gli stessi timori."
[Terza e ultima one shot di una serie ispirata alle canzoni delle t.A.T.u.]
Genere: Song-fic, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Il titolo e i versi posti alla fine della storia appartengono alla canzone We Shout delle t.A.T.u.
N.D.A.: Attenzione all'impaginazione: si alternano un pezzo, a volte anche solo un rigo, a destra e uno a sinistra, so che è confusionario, ma vedrete, ha uno scopo ben preciso ;)









Saliamo i gradini della vecchia casa due a due, lui a farmi da scudo come sempre.
Per quanto tutto sia cadente e in rovina il legno sotto i nostri piedi non cigola affatto, la cosa mi meraviglia e mi consola al contempo: non ci scoprirà. Non subito, per lo meno.
Sherlock si muove agile e silenzioso come un felino. Per lui non ci sarebbe stato alcun problema in ogni caso.
Si volta per un momento a controllare se lo seguo, accenna un sorriso inarcando appena l'angolo sinistro delle labbra, dice qualcosa, ma non lo capisco. Non gli chiedo di ripetere.



 
Ci ritroviamo in una foresta fitta e buia. Ho il fiatone e la fronte imperlata di sudore; ho perso le sue tracce. Sento il respiro affannoso di John e lo scricchiolio dei suoi passi sui rametti secchi alle mie spalle. Mi volto: ha le mani appoggiate alle ginocchia, il fiato si condensa formando nuvolette biancastre davanti alla sua bocca. Fa freddo qui e c'è un silenzio quasi innaturale. Un odore ferroso si mischia a quello delle foglie marce e della terra bagnata: le mie mani sono coperte di sangue, e una sensazione di umido e appiccicoso sul viso mi fa dedurre che lo sia anch'esso, sebbene non mi ricordi affatto come sia accaduto.

 
 
Quando apre lentamente la porta rosa dai tarli, neanche i suoi vecchi cardini arrugginiti cigolano. Nella stanza non c'è nessuno. Un forte odore di polvere e muffa assale le mie narici. I vetri delle finestre sono opachi, il tappeto è consunto e il legno del letto a baldacchino spezzato in più punti. I colori di ogni cosa sono così sbiaditi che mi sembra di vedere il mondo in bianco e nero, ma l'incontro con il gelido grigio - azzurro degli occhi di Sherlock mi fa rendere conto che non è così. Mi sento sollevato.
 
 

Mi avvicino a John e lo guardo negli occhi, non sembra turbato, non sembra nemmeno presente.
"Stai bene?"
Non mi risponde.
 


"Sembra che qui non ci..."
Non finisco nemmeno la frase, che la porta dell'armadio malridotto si apre mostrando un uomo piccolo e tozzo, armato di fucile. Non capisco... per quanto mi sforzi, non riesco a vedere la sua faccia. La sua sagoma è inspiegabilmente indistinta, come i colori, ma la canna del suo fucile no, quella è vivida, nera, lucida. E puntata al petto di Sherlock.
 


Una macchia rosso scuro si allarga al centro della sua camicia bianca.
I miei occhi si riempiono di paura e orrore.
Com'è potuto succedere? Io ero qui e non ho sentito niente, non ho visto nessuno, non c'era niente, niente tranne me e lui...
Non sta accadendo. Non - sta - accadendo.
 


Un colpo. Uno. Secco. Al cuore. Assordante. Un'esplosione, una bomba.
Gli occhi di Sherlock si spalancano su di me in un muto grido di aiuto, mentre cade sulle sue ginocchia, il sangue gli sgorga dalle labbra socchiuse.



 
Il suo corpo si accascia inerte come un fantoccio di pezza, lo sorreggo accompagnando la sua caduta, mi accascio a terra con lui tra le mie braccia.
"John, resta con me, guardami, John, John, JOHN!"
Prendo il suo volto tra le mani, macchiando di sangue quel tetro pallore. Respira. Respira ancora, lievemente, ma è freddo, freddo come il ghiaccio, freddo come la morte.
 


Il rifiuto stringe il mio stomaco fino a portarmi alla nausea, vomito, grido, ma dalla mia bocca non esce nulla.
Vorrei avvicinarmi a lui, ma non riesco a muovermi, sono paralizzato. Raccogliendo tutte le forze che ho in corpo allungo un braccio verso di lui, che debolmente mi imita, mi raggiunge, fino a sfiorarmi la punta delle dita.
 


Grido il suo nome, lo grido al vento gelido talmente tante volte fino a fargli perdere significato, gli tocco il viso - una maschera di cera ormai, lo accarezzo con le labbra, piango. Le lacrime si gelano sulla mia faccia e fanno male, mi squarciano la pelle come si sta squarciando il cuore sotto il peso di questo dolore. Non posso reggerlo, mi schiaccerà, la terra è pronta ad inghiottirmi. Ma non è meglio così? La mia vita senza John sarebbe una vuota e mera esistenza priva di luce, fredda ed esanime come questa foresta,  e io non la voglio, non la voglio, non la voglio... 
 


Sta morendo e io non posso farci niente, il senso di impotenza mi distrugge.
Vorrei dirgli tante cose, tutte le cose che non gli ho mai detto, e le parole sbattono nel mio cervello, farfalle impazzite che mi feriscono con le loro ali di lama, ma io non riesco a farle uscire. Vorrei piangere, ma anche le lacrime restano dentro, fuoco liquido fatto di sofferenza e rabbia. Sento la mia anima sgretolarsi in questo mare che brucia, sono un involucro, senza Sherlock non sono, non posso essere nient'altro che un guscio vuoto.
 


Il mio petto si riempie di un'angoscia incontenibile, che colpisce il mio involucro di ossa, carne e sangue per poterlo strappare e uscire...
 


I miei muscoli si liberano da quella morsa invisibile troppo tardi per aiutarlo. Batto i pugni sul pavimento di legno così forte da farli sanguinare...
 


Grido stringendo al petto il suo corpo spento, grido fino a sentire dolore alle tempie, grido fino a lacerarmi la gola, perché niente conta più...
 


La mia voce, che prima aveva tanto lottato per uscire, adesso esplode fuori da me contorta e innaturale, in un grido di rabbia così forte da spaccare i vetri...
 


Spalanco gli occhi nel buio, con l'eco delle mie stesse grida (o forse non erano le mie? Non solo le mie?) che mi risuona ancora nelle orecchie, il cuore in gola.
La mia stanza. Il mio letto.
Tocco le lenzuola sotto di me, le stringo tra le mani per assicurarmi che siano reali. Mi porto una mano alla fronte e ai capelli fradici, l'osservo nella penombra: trema, ma non c'è traccia di sangue. Mi sembra ancora di sentirne l'odore...
 


Mi tiro su  in uno scatto improvviso e brutale, gettando le lenzuola lontano dal mio corpo madido di sudore freddo. Ho i battiti accelerati, il respiro ansante, una strana sensazione di paura... ma sono seduto al centro del mio letto, nella mia camera. La mia stessa voce mi ha svegliato... ma non saprei dire con certezza se si trattasse solo della mia.
 


Solo uno spaventoso incubo.
 


Solo un terribile incubo.
 


Mi metto a sedere, scompiglio forte i capelli con le mani.
Vuoto.
Mi sento svuotato di ogni sensazione positiva. Fa così male.
Nel mio sottile pigiama umido, esco dalla stanza guidato da qualcosa, forse il bisogno di un contatto più profondo con la realtà, ma mi fermo ad un passo dall'uscio, voltandomi alla mia destra.
John è là.
 


Ancora confuso e angosciato, esco dalla mia camera, non sapendo ancora esattamente dove voglia andare o cosa abbia bisogno di fare. Bere, forse. O farmi una doccia. Purificarmi con acqua, per lavare via quest'orribile sensazione. Mi volto alla mia sinistra nel corridoio lievemente illuminato.
Sherlock è là.

 


Mi avvicino a lui,  guidato da quello stesso qualcosa che mi ha spinto ad uscire dalla camera. Evidentemente era qui che voleva condurmi. Da lui.
 


Gli vado incontro, capendo finalmente di cosa avessi bisogno - l'unica cosa di cui ho bisogno.
 


Ci guardiamo per pochi istanti nei quali leggiamo la paura sui nostri volti pallidi e stravolti, nei nostri sguardi persi e tremanti. Nel silenzio della casa possiamo quasi sentire i battiti ancora irregolari dei nostri poveri cuori straziati, battiti intrecciati a creare un unico suono continuo, melodia armoniosa e perfetta, specchio delle nostre vite ormai innegabilmente legate insieme dagli stessi sentimenti, gli stessi timori.
Quattro parole.
Un sussurro tremolante e incerto, in aperto contrasto con il candore e la forza della verità che esprime, sfugge dalle labbra di entrambi, nello stesso momento:
 
"Ho paura di perderti."
 
 
 
 





 Everything that you feel
is everything that I feel
So when we dream
We Shout.






 





N.D.A.
Buonasera! Sono tornata con la terza e ultima one shot della serie (mi rendo conto solo ora che avrei dovuto specificare dall'inizio che si trattava di una mini serie) ispirata alle canzoni delle t.A.T.u.
Forse ci ho messo un po' più di tempo questa volta, ma devo dire la verità, non riuscivo a trovare l'ispirazione, ero un po' bloccata... finché una mia carissima amica non mi ha illuminata dandomi un'idea fantastica per i sogni e la spintarella giusta per iniziare a scrivere. Grazie Danina, te lo dico davanti al mondo ahahah, loviù <3
Colgo l'occasione per ri-ringraziare il mio fidanzato che questa volta è stato indispensabile, ispirandomi l'idea della foresta e del sangue e aiutandomi a editare il finale :) dico una cosa anche a te davanti al mondo: mettiti a scrivere che saresti anche più bravo di me ahahahah <3 grazie ancora per il supporto :*
Per finire, un enorme grazie a voi che mi seguite, recensite, preferite eccetera eccetera... continuate a farlo :3

 

   
 
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