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Autore: Lelenu    05/04/2014    3 recensioni
Bella ha un ragazzo, due amici pronti a darle anche la vita e la passione del tè. Ogni sera è dedicata ad un libro che ama, seduta lì in un angolo del Redskin. Una vita normale se non fosse che un passato non molto lontano risulta difficile da superare ed è a causa di questo che resta ferma in un limbo che le impedisce quasi di respirare. Si crogiola nel suo tè e miele, palliativo per la sua anima spezzata.
Ma una musica, una voce, se quella giusta, potrebbe farle tornare il respiro ed essere il suo vero tè e miele, senza alcuna eccezione.
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Rompo la punta della matita. Lo sgabello striscia sul palco.
Ne cerco una nuova in borsa. Ho comprato il pacco da venti solo tra giorni fa. La trovo. Il microfono fischia. Passo una ciocca dietro l'orecchio. I primi accordi di una chitarra.
La punta antracite torna sul foglio. Calca piano. Scorre. Scrive. Una voce canta. E' calda. Graffia. Graffia forte e fa bruciare. E' nuova. Come la matita. Mai sentita. Sembra fuoco gelido.
Sembra quel fuoco e quel gelo che scalfiscono.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Prologo Breath



CAN YOU BREATHE?







Prologo
Ice and Fire.










Si impara a respirare? Forse sì.
Forse in quei nove mesi, a mollo nel nido sicuro della mamma, ognuno di noi segue un corso intensivo di "Respira se non vuoi morire".
Allora quando esci sei pronto. Ti sei preparato per mesi a quell'atto tanto importante da cui dipende la vita stessa.
Eppure...
Eppure non appena l'aria filtra attraverso bocca e narici si scoppia a piangere. Un pianto talmente disperato causato solo dal dolore.
Perchè respirare brucia.
E anche se pian piano passa, non si sa davvero che dopo anni succederà di nuovo.
Perchè, cazzo, arriva quel momento in cui respirare fa male oltre che bruciare.
Male acuto fino a voler morire.
Male e fuoco che ti dilaniano come un petalo di peonia strappato in due dal vento.
E allora sei sorpresa. Perchè non pensavi sarebbe potuto succedere di nuovo.
Provi a prendere tempo, in attesa che scompaia anche stavolta. Ma non succede.
Non succederà.
E l'unica cosa che puoi fare è imparare a conviverci.
Allora sentirai per sempre quel dolore. Gli darai un nome e un volto. Parlerai con lui.
Lo colpevolizzerai.
Lo odierai.
E lo amerai fino a sentire ancora più male.
Vorrai cacciarlo via, in alcuni momenti di follia.
Vorrai non sentirti più così.
Ma poi tornerai in te e ti ci aggraperai a quel dolore. Ti ci aggrapperai perchè lasciarlo andare significherebbe semplicemente morire.
E morire non è contemplato per chi ha colpe. Chissà se morire porta ad essere liberi.
O forse essere liberi porta a morire.
Non lo so.
Ma so che mi tocca non morire. E non morire non implica di conseguenza il vivere.
No. Quello non fa più parte di me da due anni.





Fa freddo a Seattle. Siamo a Febbraio e fa freddo. Probabilmente è normale se si pensa di trovarci in pieno inverno, in uno degli stati più freddi degli Stati Uniti.
A dire il vero, a Febbraio, forse fa freddo anche alle Hawaii.
O forse no.
Forse lì non è mai inverno.
Sicuramente non lo è come qui. Questo freddo è proprio quello pungente. Ti entra nelle ossa. Non ti abbandona.
Fa tremare i sensi e fa raffreddare l'anima. Più di quanto possa essere già fredda.
Ti resta dentro anche dopo essere entrata in un luogo caldo.
Anche se quel luogo è ormai quasi la tua casa ogni sera.
Batto i denti mentre goffamente prendo posto al mio tavolo nell'angolo più remoto del Redskin. Sfilo sciarpa, cappello e poggio il cappotto sul retro della sedia.
Do un'occhiata alle mani che tirano terribilmente per via dei geloni. Forse dovrei prendere dei guanti.
Non so perchè vengo qui ogni sera. Forse perchè qui il freddo dentro mi abbandona almeno un po' rispetto ad altri posti.
Forse perchè è l'unico pub in cui posso non vergognarmi se chiedo un tè. O forse perchè in questo tavolo, in questo angolo seminascosto riesco a rimanere da sola con me stessa.
Con la consapevolezza di essere in un luogo pubblico e di non poter piangere.

"Hai fatto tardi stasera"
"Lo so. Angela mi ha fatto finire le ordinazioni da sola perchè Ben l'ha chiamata in lacrime per qualche linea di febbre" tiro fuori la moleskine e la mia copia ormai consumata de
Il grande Gatsby.

Questa settimana tocca a Firzgerald.
"Cazzo" Conosco bene quel tono con cui pronunciava quella parola. Un tono di compassione e preoccupazione. Lo usava spesso con me.
"Sei serio?" alzo il sopracciglio destro per enfatizzare la domanda. Coma poteva usare quel tono?
"Bells, so come ci si sente. La febbre è... è..."
"Cosa, Jake?"
"è.."
"La fine del mondo?"
"No"
"La fine della vita?"
"No"
"E allora smettetela voi uomini di entrare in crisi per così poco. Sai, noi - e per noi intendo tutto il genere femminile che vada dai tre anni all'infinito - tendiamo a svolgere normalmente la nostra vita anche con la febbre e le mestruazioni a farci compagnia. Contemporaneamente."
"Non dire quella parola"
"Mestruazioni?"
"Cazzo, Bells. Eddai"
Alzo le mani in segno di resa, socchiudendo appena gli occhi. Adoro farlo innervosire. E' una delle poche cose rimaste a farmi sorridere. Non ridere.
Quello non succede mai.
"Va bene frutti di bosco per stasera?"
"Solo se ci aggiungi due cucchiaini di miele"
Noto la faccia disgustata del mio migliore amico mentre serra con forza le labbra per evitare di commentare la mia richiesta. Come ogni sera.
E' buono il miele. Ed è buono il tè.
E sono decisamente buoni insieme. Due sapori complementari. Due essenze forse dipendenti l'una dall'altra.
Puoi metterci il latte nel tè. Puoi metterci il limone. Ma niente lo completerà come il miele.
Sono come la luna con le stelle. Come la fragola con la panna. Come la colazione col caffè.
Come il bacio perfetto.
Sì. Come due labbra che si cercano da tanto e si ritrovano al momento giusto. In quell'istante tanto magico quanto perfetto che, anche se non racconterà amore, sarà sicuramente segno di appartenenza.
E' esattamente questo il punto. Il miele e il tè si appartengono.
"Faccio il giro agli altri tavoli e te lo porto"
 


E' carino il Redskin. Emana senso di famiglia. Accoglie chiunque senza problema. Ed è anche un posto tranquillo.
Sembra un calderone dove la gente riesce più o meno bene a condensarsi. Ci sono gli adolescenti, gli adulti, gli scrittori e i lettori. Come me.
E poi ci sono i musicisti. Spesso squattrinati. Sempre con una chitarra in una mano e con una birra nell'altra. Si mettono lì, su una sottospecie di palco che alto non è più di venti centimetri.
L'asta del microfono all'altezza dello sgabello. La voce che graffia e spesso impastata per via dell'alcool. Ma sono tranquilli. Jacob è bravo a gestirli ormai. Cerca di non farli esagerare e quasi sempre ci riesce.
Ad ogni modo, sa che nè Seth nè Mike nè Quil cambinerebbero mai danni.
Ormai li conosco bene anche io. Credo che a furia di vedermi sempre qui, sempre allo stesso tavolo, si siano abituati alla mia presenza.
Cerco di essere innocua. Spesso ci riesco. Sia qui che nella vita.
Sono quel tipo di ragazza che nella propria esistenza potrebbe vincere soltanto l'oscar come miglior attrice non protagonista.


Non c'è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore.*
Sì, Fitzgerald ha ragione.
Probabilmente ha ragione da vendere. Non esiste forza, positiva o negativa che essa sia, capace di scalfire quello che porti dentro.
Il fatto è che io quel gelo lo sto sperimentando davvero.
Il fatto è che io adesso sono il gelo stesso.
E' come se una bufera di vento mi avesse fossilizzata impedendo nella mia vita qualsiasi cambiamento o qualsiasi momento che possa essere considerato degno di essere vissuto.
Prendo la matita, sottolineo due volte questa frase e la riporto sulla mia moleskine. Servirà a ricordarmi ogni momento quanto in verità in me non ci stia nulla da sfidare.
E' la mia routine questa. Ogni fottuta sera. Leggere, scrivere, bere tè. Ascoltare musica.
Sì, perchè li ascolto io quei quattro strimpellatori che sognano ancora di diventare cantanti. E stasera la cosa non cambia.

Rompo la punta della matita. Lo sgabello striscia sul palco.
Ne cerco una nuova in borsa. Ho comprato il pacco da venti solo tra giorni fa.
La trovo. Il microfono fischia.
Passo una ciocca dietro l'orecchio. I primi accordi di una chitarra.
La punta antracite torna sul foglio. Calca piano. Scorre. Scrive. Una voce canta.

E' calda. Graffia. Graffia forte e fa bruciare.
E' nuova. Come la matita.
 Mai sentita. Sembra fuoco gelido.
Sembra quel fuoco e quel gelo che scalfiscono.

Alzo gli occhi, appena. Quanto basta per sbirciare. Come se dovessi vergognarmene. Quasi a sentirmi una guardona e non una ragazza seduta in un pub ad ascoltarlo.
Ha la testa china. Credo stia concentrandosi sulle corde dello strumento. Non riesco a definire bene la direzione del suo sguardo, il ciuffo ramato dei suoi capelli lo copre appena.
Respira piano, ad intervalli regolari.
Respira col diaframma. Ha studiato canto.
Le spalle non si muovono. 
Stanno lì, ferme. Immobili. Sono massicce. Ampie. Da toccare col palmo aperto di entrambe le mani.

Da toccare?

"
Tieni Bells" Jacob mi ridesta. Poggia in un angolo del tavolo un tazza fumanta di tè e un piattino con dei biscotti.
"Grazie per il tè. Non grazie per i biscotti"
Lo vedo alzare un sopracciglio con fare indagatorio. Lo odio profondamente.
"Quindi hai già cenato?"
"Certo" ... che no.
"Davvero? E cosa hai mangiato?"
"Ahm. Sai ho preso un... tramezzino?"
"Fanculo, Bella. Mangia. Devi mangiarli tutti. Giuro che se a fine serata trovo anche solo un fottuto biscotto ti prendo a calci in culo fino a casa"
"Non lo faresti mai" prendo in mano la tazza e inizio a soffiarci piano "Queste minacce non mi fanno più paura. Vanno avanti da quanto? Dodici, tredici anni?"
"Prima o poi le metto in pratica davvero"
"Non ci credi nemmeno tu a quello che dici."
Canta. Lui. Continua a muovere i polpastrelli su quella chitarra. E per un attimo mi incanto. Mi fermo su quelle mani.
Le contemplo quasi.
Sono grandi. Forse il doppio delle mie. Ma non sembrano rozze. Anzi, ad un primo sguardo le definirei delicate. Gentili.
Ecco, sì. Sono gentili. Le dita lunghe e affusolate. Fluide.
Belle.
Da intrecciare in altre dita.

"E' passato Riley prima"
Cosa?

"Prima? Prima quando?"
"Quando ancora dovevi arrivare. Era, mh, preoccupato. Credo."
"Cazzo" sussurro, passandomi una mano tra i capelli.
"Questa situazione non è esattamente idilliaca, sai? Dico davvero. Devi parlarci. Ti ama e si preoccupa. Aveva uno sguardo così vuoto e spento che... Da quanto non lo vedi?"
"Due giorni"
"E da quanto non lo senti?" continua il mio migliore amico.
"Idem" abbasso lo sguardo. Colpevole.
"Cazzo, Bella! E certo che poi me lo ritrovo davanti in queste condizioni. Chiamalo."
"Lo farò" alzo le mani in segno di resa mentre si allontana verso il bancone.
Dovrei davvero farlo. Chiamarlo e dirgli 'Ehi, sto bene. Sai sono solo stati due giorni pesanti a lavoro. Domani facciamo colazione insieme?"
Dovrei farlo. Certo. O forse dovrei proprio smetterla di scomparire da lui per giorni interi. Dovrei solo arrendermi al suo amore. Quello carico d'affetto e sacrifici.
Quell'amore che ha aspettato e aspetta reazioni da parte mia. Un amore donato da una persona che forse spera ancora di ritrovare un po' della vecchia Bella.
Quella che al primo appuntamento gli è saltata in spalla, facendolo barcollare. Quella Bella che il tè lo prendeva a letto con lui, ridendo quando qualche goccia scolava sulle lenzuola.
Non questa.
Non questo surrogato che il tè lo prende in un pub. In un angolo. Spaventata da qualsiasi contatto umano con un qualche estraneo. Non una Bella che il contatto umano ormai lo rifiuta anche con il suo ragazzo.

Non si può ripetere il passato.*
Ed è così davvero. Nel bene o nel male, il passato rimane tale. Non sarò mai la stessa di prima.

Finisco il mio tè, cercando di non scottarmi la lingua e fisso lo sguardo ancora una volta lì. Lì dove ho provato ad impedirmi di farlo andare.
Suona ancora. Canta ancora.
Forse è la terza o la quarta canzone. Non fa pausa tra una e l'altra. Giro di chitarra e riparte. E' più bravo di quanto pensassi.
E continua a stare lì, con la testa inclinata e lo sguardo basso. E per quanto io cerchi di imitare la sua posizione, cercando di abbassarmi il più possibile, proprio non riesco a scorgerlo.
Sbuffo un po' pesantemente mentre raccolgo le mie cose. Non metto piede in casa da ormai quindici ore e la necessità di una doccia diventa sempre più impellente.
Sposto gli occhi sul piattino ancora pieno di biscotti e prima di avvicinarmi al bancone ne infilo uno in bocca.

"Vai via?"
"Sì" accentuo il movimento della mia mascella per fargli capire che sto masticando.
Mi guarda di sbiego mentre prepara una birra alla spina. Ha gli occhi profondi, il mio Jake.
Occhi scuri e caldi che ti farebbero da scudo con la forza che solo un fratello può offrire.
E lui è davvero un fratello.
"Guarda che lo so che li hai lasciati sul tavolo"
"Appena arrivo a casa mi preparo qualcosa. Parola di scout" alzo le dita per fare il giuramento e lo sento ridere.
"Sono le undici passate. Io so che non preparerai niente e tu sai che non preparerai niente. Non prendiamoci in giro. Solo, promettimi di chiamare Riley"
Annuisco mettendo in bocca il pollice per mangiucchiarlo. E' una strana abitudine.
Forse l'unica rimasta della Bella spensierata.

"Dì a Leah che domani sera ti farò avere un disco con musica rilassante per il piccolo. Oggi non ho proprio avuto tempo"
"Grazie. Dio, la sta facendo impazzire. Scalcia parecchio forte ultimamente"
"Siamo agli sgoccioli. Credo sia normale."
Mi sporgo sul bancone, cerco la guancia di Jake e gli schiocco un bacio a mo di saluto. Lo sento sorridere.
"Ci vediamo domani"
Alzo il pollice in su, senza aggiungere altro e mi avvio all'uscita quando... silenzio.

Niente più musica. Niente più voce.
Silenzio per un istante e poi un applauso più o meno debole.
Mi volto e, cazzo, forse non avrei dovuto farlo.
La testa retta, un sorriso sghembo in viso, i capelli scomposti e ramati.
Uno sguardo.
Gelo e fuoco che forse hanno appena sfidato il mio cuore.













Ok. L'ho fatto davvero. Ho davvero pubblicato questa cosa.
D'accordo.
Beh, ciao a tutti. Io sono Elena, per chi non mi conoscesse.
Questa è una nuova storia, come avrete potuto intuire, e sinceramente ha fatto fatica per parecchi mesi a venire fuori.

Adesso è qui. Ce l'avete davanti e non so esattamente cosa dire.
Questo è il prologo -piccoletto tra l'altro- e potete già più o meno capire che Bella non è esattamente una ragazza molto serena.
Non aspettatevi nulla di semplice. Purtroppo non lo sarà affatto. Però, credo che forse quando qualcosa piace -e spero questa vi piaccia- allora fottesega se è complicata.

Sono di poche parole. Forse perchè l'agitazione mi sta un po' mangiando viva.
Ah, si. Le frasi in corsivo con l'asterisco sono entrambe tratte da Il grande Gatsby di Fitzgerald.

Adesso vi lascio con un bacio e spero di sentire le vostre opinioni.

A presto, gente.
Helen.




  
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