6.
Il tenente LaForge era costernato. Nel suo laboratorio disponeva
di tutte le apparecchiature che voleva ma esitava a collegare il
cervello bloccato di Data poiché temeva che il programma alieno
si propagasse anche a questi e poi a tutta l'Enterprise, facendole
fare la stessa fine del cargo. Dopotutto quel software aveva già
bloccato Data due volte: non c'era alcuna garanzia che lui sarebbe
riuscito a evitare quel contagio informatico.
Utilizzando solo strumenti disconnessi dalla rete informatica della
nave, LaForge era riuscito ad attivare nuovamente i programmi di
compressione dati e poco altro. Senza nessun effetto apparente:
Data avrebbe già dovuto sbloccarsi da un po'. Lo guardò: seduto
immobile su una poltrona speciale, il cervello che mostrava pigri
segni di attività solo tramite il lampeggiare degli indicatori
luminosi disseminati ovunque lungo la superficie interna della
testa scoperchiata. Sembrava impossibile.
- Io devo creare – disse all'improvviso Data.
LaForge ci mise qualche secondo a scuotersi. Osservò immediatamente
gli strumenti collegati al cervello di Data: il grafico dell'attività
cerebrale aveva un aspetto insolito. Poi l'ingegnere capo dell'Enterprise
ebbe un'intuizione.
- LaForge a Worf! - disse toccando il distintivo della Federazione sul
petto.
- Qui Worf. Dica.
- Può effettuare un controllo delle trasmissioni subspaziali?
- Naturalmente – il tono quasi annoiato del klingon cambiò subito – Capo,
c'è in corso una trasmissione non autorizzata verso il satellite
relais!
- Worf! Non tenti di interromperla! È Data!
- Io devo creare – disse di nuovo Data. E cominciò a cantare.
- Se non fosse drammatica, questa situazione potrebbe essere comica.
Ciò detto il capitano Picard volse lo sguardo verso la porta del laboratorio
dove LaForge aveva portato Data. Sebbene ovattata era possibile sentire la
voce dell'androide intento a cantare in modo incomprensibile e cacofonico. Pochi
minuti prima si era espresso in modo intelligibile cantando una strofa del
“Rigoletto”, ma doveva essere stato un caso.
- Si direbbe che Data sia entrato in contatto con l'intelligenza artificiale
aliena e che questa lo stia utilizzando non più solo come una memoria per i
dati ma come unità di calcolo.
- Siamo certi che questa... intelligenza artificiale non si possa impadronire
del computer dell'Enterprise? Non mi piacerebbe essere al comando di una nave
canterina – disse Picard. Nonostante il tono cordiale, il capitano non aveva
affatto l'aria di chi avesse voglia di scherzare.
- Ho disattivato tutti i punti di accesso alla nostra rete informatica. Non c'è
modo di stabilire un contatto con il computer dell'Enterprise.
- E per il nostro Data cosa possiamo fare? Non possiamo liberarlo?
- Interrompere bruscamente il contatto potrebbe avere effetti imprevedibili
sul cervello di Data – cominciò LaForge – non sappiamo fino a che punto esso
è coinvolto nelle operazioni di calcolo della intelligenza artificiale. Non
conosciamo molto di questa situazione, a dire il vero. La maggior parte delle
informazioni sono ancora nella mente di Data.
- Se interrompessimo le trasmissioni dalla nave aliena? - volle sapere
Picard. LaForge sembrò pensoso, poi si illuminò.
- Potrebbe funzionare... - ma si rabbuiò immediatamente.
- Non conoscendo il protocollo di comunicazione alieno rischiamo conseguenze
imprevedibili.
- Una civiltà in grado di produrre un'intelligenza artificiale dovrebbe
sapere come programmare un protocollo di trasmissione.
- Non lo sapremo finché non avremo provato. Ma come intende interrompere
la comunicazione tra Data e il cargo alieno senza intervenire sul cervello
di Data? - LaForge pose la domanda ma quando vide il capitano Picard distendere
le labbra chiuse in un sorriso che non era certo un segnale d'allegria,
capì.
- Picard a Worf – disse il capitano dell'Enterprise toccando il combadge
sul petto.
- Qui Worf.
- Tenente, riesce a privare il cargo alieno della capacità di comunicare?
La risposta si fece attendere qualche secondo.
- Solo con le buone maniere, capitano.
- Vada per le buone maniere, tenente. Picard, chiudo.
L'allarme rosso suonò immediatamente su tutta la nave.
Il bagliore del teletrasporto rischiarò brevemente il buio all'interno del
cargo alieno e poi si estinse lasciando due figure a galleggiare nel
vuoto. Immediatamente si accesero i potenti fari che i due avevano portato
e l'ambiente fu illuminato. Gli schermi alieni, simili a lenzuoli tesi tra
soffitto e pavimento, erano ancora spenti.
- Comprendo che il capitano Brell si possa essere adirato – disse Data
parlando klingon mentre attivava gli stivali magnetici – ma bisogna ammettere
che la soluzione del capitano Picard è stata la migliore.
- Avete danneggiato una proprietà dell'Impero! - esclamò Mog'var mentre si
lasciava trascinare dai suoi stivali magnetici verso quello che aveva scelto
come pavimento.
- Il fuoco dei phaser a bassa intensità ha danneggiato solo il sistema di
comunicazione. Sono certo che gli ottimi tecnici klingon potranno riparare
il danno in poche ore.
Data si incamminò deciso verso un gruppo di teli tesi uno vicino all'altro. Con
un gancio magnetico assicurò la valigia che aveva con sé e l'aprì, rivelando una
unità di elaborazione portatile della Federazione. Una volta attivata l'unità
si mise in contatto con l'intelligenza artificiale, la cui portata di trasmissione
era stata notevolmente ridotta dall'intervento dell'Enterprise, e con Data e
la radio nella tuta da vuoto di Mog'var.
- È certo che non vi siano rischi? - disse Mog'var vedendo sui suoi strumenti
l'attività della pericolosa IA aliena.
- Dopo la mia ultima... vibrante esperienza, sono riuscito a elaborare uno
schema di opposizione frattale che neutralizza l'espansione di cui l'intelligenza
artificiale aliena è capace. Siamo perfettamente al sicuro.
- Io devo creare – la voce aliena irruppe nella radio di Mog'var facendolo
trasalire. Anche Data dette cenno di aver ricevuto la trasmissione. Mog'var
lo guardò con sospetto, temendo che si fosse bloccato per la terza volta. Ma
il pallido androide si chinò sull'unità portatile facendo saettare le sue dita
sui comandi.
- Sto procedendo all'inserimento della matrice di opposizione frattale nella
memoria principale di questa nave.
Dopo pochi secondi molti degli schermi alieni si accesero, illuminando
tutto l'ambiente con una luce spettrale.
- Mostraci la tua opera – disse Data trasmettendo alla IA aliena.
La richiesta fu seguita da numerosi secondi di silenzio: gli schermi alieni
sfarfallarono e furono attraversati da milioni di informazioni, grafici,
disegni. Tutto era nell'incomprensibile scrittura aliena solo parzialmente
decifrata da Data.
- Io... non posso creare – Data trasalì. Erano emozioni quelle che trasparivano
dal tono di voce della intelligenza aliena?
- Cosa desideri creare? - insisté l'androide.
Lo schermo più vicino a Data si spense. Si riaccese un secondo dopo, mostrando
quella che sembrava una creatura vivente.
- Affascinante... - esclamò Data.
- Che... che cosa sarebbe quella... cosa? - chiese Mog'var disgustato da ciò
che stava vedendo.
- Molto interessante. La somiglianza con una creatura mitologica terrestre è
davvero sorprendente.
- Mitologia terrestre? - si meravigliò Mog'var.
- Osservi i tentacoli, la posizione della bocca e quelle due lunghe pinne
laterali. Questa creatura può essere scambiata per un essere umano mezzo
uomo e mezzo pesce.
Un istante dopo l'intelligenza artificiale aliena iniziò a trasmettere una
struggente melodia che provocò l'immediata reazione del klingon.
- Che cosa sta succedendo? Ghuy'cha'! Faccia smettere questo orribile
suono!
Il klingon aveva istintivamente alzato le mani per proteggersi le orecchie,
dando a Data una tangibile prova della sua sofferenza. Ovviamente il casco
della tuta da vuoto non permetteva al klingon di compiere quella mossa. Mog'var
non era abbastanza lucido da interrompere il contatto radio e così Data lo
fece per lui agendo sul computer che aveva collegato alla intelligenza
artificiale aliena. Il klingon si riprese immediatamente ma l'androide della
Federazione ebbe il suo da fare per convincerlo a rimettere la bat'leth
dietro la schiena.
- Una registrazione! - esclamò Mog'var stentando a trattenersi dall'attaccare
con la sua arma. Ma l'androide della Federazione che lo tratteneva per le
braccia continuava a parlargli.
- Per qualche motivo l'intelligenza artificiale che governa questa nave è
venuta a contatto con alcuni di questi esseri. Quello che ha sentito è la
registrazione del loro canto. La IA sta cercando di replicarlo, ma senza
successo.
- BaQa'! - bestemmiò Mog'var in risposta.
- L'unica cosa che ci rimane da fare è andarcene. Ora l'intelligenza
aliena non può più nuocere. Sappiamo cosa sta facendo.
- Non posso creare – disse l'intelligenza artificiale un attimo prima
di spegnere tutti gli schermi contemporaneamente.
- Capitano, la Jaj'lw si è occultata. Comunica che tutti i sistemi sono
operativi e che si prepara ad abbandonare la zona.
- Grazie, signor Worf. Hanno detto se intendono far saltare il cargo?
- No, capitano. Ma io mi allontanerei ugualmente.
La porta scorrevole del turboascensore si fece da parte e apparve Data. Con
passo regolare raggiunse la sua postazione e prese servizio.
- Signor Data... - disse il capitano interpellando il suo ufficiale
scientifico.
- Posso solo avanzare ulteriori ipotesi, capitano. Tutte le memorie del
cargo alieno sono state irrimediabilmente cancellate per fare spazio ai
dati dell'elaborazione. Presumo che l'intelligenza artificiale di bordo
sia rimasta in qualche modo... colpita dal canto di una specie animale,
quella di cui vi ho trasmesso le immagini.
- Il canto della sirena – disse Picard a mezza voce. Aveva sentito la
registrazione e al solo ricordo gli si indebolivano le ginocchia. D'un
tratto si immaginò legato all'albero maestro e il suo equipaggio ai remi
con le orecchie chiuse dalla cera.
- Estremamente interessante, capitano. Ma penso che i nostri alleati
klingon non abbiano apprezzato – riprese Data – e nemmeno gli occupanti
della nave da carico. Sebbene appaia evidente che sia fatta per ospitare
un equipaggio, non ve n'è traccia. Presumo che l'intelligenza artificiale
di bordo se ne sia... sbarazzata, probabilmente perché non interferisse
col suo scopo.
- Non ci resta che segnalare questa nave a tutto il resto della Flotta
Stellare – concluse Picard - Anche se non credo che i klingon la lasceranno
intera ancora a lungo. Inventiamoci una scusa e rimaniamo a guardare
quello che fanno.
Brell digrignò i denti. Mog'var aveva concluso il suo rapporto agitando
i fantasmi della guerra contro i triboli. Non aveva mai visto il suo ufficiale
così pronto al combattimento.
Si alzò dalla sedia e misurando il suo alloggio con passi rapidi e nervosi,
si costrinse a considerare per l'ultima volta le scelte che aveva di
fronte.
Ora che la sua nave era tornata perfettamente operativa, il suo equipaggio
si attendeva la distruzione del cargo che ospitava quella maledetta intelligenza
artificiale impegnata nell'inutile emulazione del canto di un pesce di chissà
quale oceano. Quel cargo aveva attaccato la sua nave e spento il sistema di
sostentamento vitale col chiaro scopo di eliminare tutto il suo equipaggio. Solo
per questo meritava la distruzione.
Mog'var, pur essendo inferocito per i medesimi motivi, aveva riferito che
non c'era modo in breve tempo di stabilire se effettivamente le memorie del
cargo non contenevano dati sulla navigazione. Avrebbe dovuto fidarsi delle
parole dell'androide della Federazione che quasi certamente aveva sottratto
informazioni di nascosto dalla memoria del cargo alieno approfittando della
momentanea incapacità del computer della Jaj'lw. Distruggendo il cargo
alieno avrebbe distrutto ogni possibilità di navigare con successo in
quella porzione di spazio che pareva del tutto vuota.
Dal canto suo Brell non sapeva esattamente cosa fare. Desiderava la
distruzione del cargo, ma era consapevole che qualunque decisione avesse
preso, non ne avrebbe ricavato né onore né gloria.
La porta del suo alloggio aprendosi interruppe il corso dei suoi
pensieri. Era Rasa'k.
- Capitano! - disse l'ufficiale timoniere salutando militarmente.
- Che vuoi?
- Posso parlare liberamente? - chiese varcando la soglia. Brell osservò
prima le mani e poi il viso del suo timoniere, non scorgendo minacce
evidenti. Non disse nulla, esortando con un brusco gesto il suo
sottoposto.
- So che vengo additata alle mie spalle. Mi si accusa di tradimento. Ma
io non sono come quei petaQ che tramano nell'ombra. Vengo a proclamare
la mia fedeltà a te, mio capitano!
- Non ho motivo di dubitare di te, Rasa'k. Ma sappi che non avrai mai la
Jaj'lw mentre io sarò in vita!
- Avrò la mia nave un giorno, capitano. Dimostrerò di valere più di
altri, magari anche più di te.
- Ma fino a quel giorno... - iniziò Brell, rabbiosa. Poi il segnale
di una comunicazione in arrivo dal ponte di comando la
interruppe.
- Capitano, siamo in posizione di tiro – era la voce di Gh'norak, il suo
ufficiale tattico.
- L'Enterprise?
- Si è allontanata, ma non di molto. Sostengono di stare posizionando
un satellite relais.
- Rimanere in posizione: voglio essere al mio posto per godermi lo
spettacolo.
Ciò detto chiuse la comunicazione senza attendere una risposta. Fece un
cenno a Rasa'k affinché la seguisse e con esitazione le diede le spalle. Era
tutt'altro che tranquillizzata dalla sua dichiarazione di fedeltà. Ma non
accadde nulla e raggiunsero insieme il ponte di comando.
- Disattivare l'occultamento. Caricare le armi! - ordinò Brell sedendosi
sulla poltrona del capitano. Le luci sul ponte di comando si abbassarono
e assunsero una tonalità sanguigna a indicare l'avvenuto raggiungimento
dell'assetto da combattimento.
- Bersaglio – comunicò Gh'norak.
- Fuoco – ringhiò Brell.
Il tonfo ripetuto del fuoco dei potenti disgregatori dello sparviero
klingon quasi impedirono a Brell di sentire la voce del suo ingegnere
capo che da lontano gridava di cessare il fuoco.
- Bersaglio colpito! - esclamò Gh'norak.
- Fermo! - gli rispose Brell. Proprio in quel momento Tharnn irruppe sul
ponte di comando brandendo una bat'leth. Prontamente fu immobilizzato
dagli ufficiali presenti prima che potesse avvicinarsi a Brell, stupefatta
dall'improvviso, inatteso voltafaccia.
- BaQa'! Lasciatemi! - gridò Tharnn aggiungendo numerose imprecazioni
e bestemmie.
- Tharnn! Che cosa fai? - gridò Brell alzandosi dalla poltrona del
capitano brandendo il suo daqtagh.
- Capitano! Non distruggere il cargo! Guarda quella bat'leth!
Tharnn era stato immediatamente disarmato e la bat'leth che brandiva
era ora nelle mani di Rasa'k. Sul viso della klingon c'era un'espressione
estremamente soddisfatta. Quando Brell ebbe tolto l'arma dalle mani del
suo timoniere, non poté trattenere un'esclamazione.
- È leggera, vero? - disse Tharnn mantenuto immobilizzato in ginocchio
da molte mani.
- È bellissima – disse Brell estasiata dal brillare dell'acciaio che
aveva tra le mani. Era una bat'leth davvero splendida, semplice nelle
forme ma elegante e affilata. Ma soprattutto era straordinariamente
leggera.
- È anche cinque volte più resistente del nostro migliore metallo. L'ho
realizzata io stesso, usando il metallo estratto dal minerale a bordo
del cargo alieno. Non distruggerlo, capitano! Avremo armi che nessun
klingon ha mai nemmeno sognato!
- Gh'norak! - gridò Brell rivolta al suo ufficiale tattico.
- I danni sono gravi, ma il bersaglio è intero – riferì quello.
- Lasciatelo! - ordinò Brell e Tharnn fu libero. La klingon gli porse
la bat'leth e lui la prese silenziosamente.
- Fai in modo da poter usare tutto il metallo del cargo.
Brell si voltò verso lo schermo principale che mostrava le immagini del
cargo alieno. Lo scafo era stato devastato dai colpi dei disgregatori,
ma non era ancora distrutto completamente. Dopotutto, pensò Brell, un po'
di gloria in fondo a quella storia l'aveva trovata. La via del guerriero
non era mai facile, ma poteva essere davvero tortuosa.