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Autore: happinvss    05/04/2014    0 recensioni
A Preston, cittadina tranquilla dell'Idaho, tutto scorreva tranquillamente, finchè il giovane Louis Tomlinson non vi si trasferisce e risveglia delle leggende ormai perdute. Harry, licantropo, farà di tutto per evitare l'inevitabile: l'imprinting. Ma quando l'amore scoppia, la ferita di guerra tra vampiri e lupi si riapre, pronta a trascinare nel baratro tutto, a travolgere con la forza di un uragano i due amanti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Moonshine.
(prologue)

Preston era una ridente cittadina dell’Idaho, Louis era contento di essersi trasferito lì. La comunità era adorabile, lo avevano accolto in modo gentile e affettuoso. Louis aveva scelto con cura il posto in cui andare a vivere durante il periodo di permanenza all’Università di Burrows, dato che non voleva vivere nel campus. Si sarebbe pagato gli studi lavorando ad una locanda, a Preston, il Clark’s.
Il bello del posto in cui avrebbe abitato più o meno cinque anni era che si trovava incastonato tra le Rocky Mountains, e il tramonto laggiù colorava di mille tonalità le vette innevate.
Il ragazzo fumava placido, seduto alla veranda, respirando l’aria fresca della sera e preparandosi psicologicamente all’inizio del semestre di matricolato. Louis detestava essere una matricola, un novellino, sarebbe stato seguita da un tutor ventiquattr’ore su ventiquattro e a lui piaceva cavarsela da solo. Alla terza sigaretta di fila si sentiva i muscoli tesi e indolenziti come dopo una lunga corsa, l’aria si era fatta più fredda e la felpa non bastava a tenerlo caldo. Rientrò in casa con il mozzicone tra due dita e lo lanciò nel lavandino, l’indomani lo avrebbe buttato via.
Crollò sul letto e si addormentò ancora prima di toccare il cuscino.
 
Con la mano, a tentoni, Louis cercava di spegnere quella dannata sveglia che gli perforava il timpano. “Fanculo” mormorò, passandosi più volte le mani sul viso, premendo sugli occhi. Erano le sei del mattino, tra due ore il semestre sarebbe iniziato. Il ragazzo andò in bagno, trascinando i piedi, lanciando sbadigli a tutto spiano. Aveva bisogno di due o tre caffè belli forti. Quando ebbe finito di fare la doccia, ancora avvolto nell’accappatoio e con lo spazzolino da denti in bocca, tornò in camera a scegliere i vestiti da indossare. Poggiò la mano sul fianco e continuò a spazzolarsi i denti a bocca chiusa anche mentre adocchiava i capi da mettere. Filò in bagno, sputò la schiuma del dentifricio e si scombinò un po’ i capelli, lasciandoli ancora umidi, con la frangia che gli cadeva sugli occhi azzurro oceano. Si vestì in fretta  e si asciugò la chioma con il fon e la spazzola, per avere un’acconciatura a lunga durata.
Le Vans che indossava scricchiolavano sul pavimento di parquet chiaro mentre si muoveva verso la porta, con giacca, cartella e chiavi in mano. La bella Dodge Journey nera, meraviglioso regalo di suo padre e oggetto di vitale importanza per Louis, lo aspettava nel vialetto di accesso al garage. Il ragazzo aveva adorato la sua vecchia macchina, una Jeep GrandCherokee, ma la nuova era anche meglio. Diamine una Dodge! Il sogno di ogni americano con la testa a posto!
Rimase un po’ a cincischiare sul sedile del guidatore, scorrendo le conversazioni sul telefono, poi avviò l’auto e imboccò la strada principale. Non aveva fatto colazione, avrebbe preso qualcosa a Burrows, nel bar del campus. Ogni tanto, Louis sbadigliava ancora, stringendo le mani sul volante, per paura di lasciar la presa.
Burrows non era molto lontana da Preston, ci arrivò in fretta e trovò quasi subito un posto in cui parcheggiare. Quando il motore della macchina smise di rombare, Louis respirò a fondo, indossò il giacchetto di pelle, afferrò la cartella e scivolò fuori, leggermente preoccupato per ciò che lo avrebbe aspettato. Aveva il terrore dell’ignoto, lo spaventava a morte. Eppure lo eccitava il fatto che nell’oblio ci fosse anche il pericolo.
Mise un passo avanti un altro, prima di scontrarsi contro uno che, a prima vista, pareva un professore. “Guarda dove caz…Oh, scusa.” Sbraitò quello, prima di scusarsi.
Era la creatura più bella che Louis avesse mai visto in vita sua. Alto, dinoccolato, con le spalle ampie e la voce roca, aveva i capelli ricci castani trattenuti da una bandana, evidentemente troppo lunghi. Ma la cosa che lo colpì di più furono gli occhi: profondi, verdi, cangianti, avevano la foresta dentro. E anche un po’ di Luna. C’era la notte in quelle iridi che lo scrutavano. “Mh, no…n-non fa niente…” balbettò, incapace di formare una risposta sensata. Stupida insicurezza.
Accanto al ragazzo riccio, stava un altro, tanto grande e grosso che sovrastava  su tutti e altrettanto bello. I due ragazzi avevano un segno comune: un tatuaggio sul petto, che faceva capolino dalle scollature delle maglie mezze stracciate. “Be’ piacere, io sono Harry e lui è Liam. Tu devi essere il nuovo di Preston, giusto?” disse il riccio, sfoderando un sorriso mozzafiato.
Louis riuscì a malapena a sussurrare il proprio nome, senza impegolarsi di nuovo nelle parole. Aveva la lingua tutta attorcigliata e lo stomaco in subbuglio. L’amico di Harry aveva l’ombra di un sorriso in faccia e guardava fiero il compagno, come un padre guarda un figlio quando muove il primo passo.
La matricola fece per avviarsi nel viale dell’Università, sempre affiancato dai due possibili nuovi amici.
“Quindi, Louis, da dove vieni? Non sembri della zona…” biasciò Liam, riprendendo a masticare il chewing gum e a messaggiare freneticamente. “Uh…no, non lo sono, v-vengo da Seattle”.  Harry fischiò di ammirazione, con una faccia sorpresa.
“E come mai hai scelto Burrows? L’Uni di Vancouver non andava bene?”
“Non aveva il corso di Belle Arti.”
Liam sorrise al telefono, prima di ficcarselo in tasca e fare una bolla con la gomma. Harry aggrottò le sopracciglia, schifato da non so cosa, nel mentre che passavano due ragazzi pallidi come due cenci. Uno era alto, magrolino e coi capelli corvini; l’altro grande e grosso, la stazza pareva quella di un grizzly, aveva parecchia ricrescita dei capelli, metà biondi e metà castani. I quattro si guardarono in cagnesco,prima che i due pallidi se la filassero, parlottando fitto fitto tra di loro.
“Soffrono di anemia o cosa?” domandò Louis, spostando lo sguardo da Harry a Liam. “Non lo so e non lo voglio sapere.” Rispose secco il secondo, irrigidendosi un poco alla domanda.
“Tipi strani” pensò il novellino, continuando a camminare in mezzo ai due che gli illustravano i vari edifici con le varie facoltà. Arrivarono in fretta a quella di Belle Arti e, con sua grande sorpresa, Harry prese la stessa strada della matricola, con un sorriso calmo e tranquillo.
“Frequenti Belle Arti?” domandò Louis, vagamente colpito. L’altro annuì, dando una pacca sulla borsa, appesa alla sua spalla. “Che tecnica preferisci?” chiese il riccio, tirando fuori gli acquerelli, appena si furono seduti assieme a due tavoli vicini. “Carboncino, suppongo che la tua sia l’acquerello?”
Harry alzò le spalle, con un mezzo ghigno in faccia, poi andò ai rubinetti, accanto alla lavagna, per riempire tre bicchierini, che portò tranquillamente con una mano sola. Era incredibile come due mani grandi come quelle riuscissero a tenere in mano un oggetto fragile come un pennello; Louis limò i vari pezzi di carboncino, allineandoli per lunghezza sul tavolo, proprio mentre entrava il professore.
Scrisse la data sul cartoncino bianco anticato e si preparò per il primo della serie di molti disegni.
 
“Louis, hai intenzione di alzarti da quella sedia o...?” domandò Harry, di scatto.
Il ragazzo alzò di colpo gli occhi dal cartoncino, guardandosi intorno, spaesato. “Che ore sono?” chiese, poggiando il carboncino nella scatoletta metallica. “L’una. Sono tutti usciti da minimo due ore, il professore ha detto di lasciarti continuare perché gli sembravi davvero concentrato.” spiegò il riccio, sistemandosi una ciocca di capelli sfuggita alla fascia.
Louis notò con piacere che aveva sulla camicia vari schizzi di colore e i capelli di varie tonalità di verde, probabilmente perché si era passato la mano imbrattata in mezzo alla chioma. Dal canto suo però, la matricola aveva le dita impiastricciate di carbone, per non parlare poi delle guance, piene di segni neri.
I problemi di frequentare Belle Arti.
“Andiamo a mangiare qualcosa? Sembri affamato.” Disse Louis, non appena sentì lo stomaco di Harry borbottare rumorosamente. Quello annuì energico, alzandosi e prendendo la borsa, subito seguito dall’altro, che gli trotterellò accanto mentre si affannava a sistemare il cartoncino dentro la cartella. La mensa non era lontana dall’edificio di Belle Arti, Louis non avrebbe dimenticato la strada. Appena entrarono furono investiti dal profumo del cibo e dal chiacchiericcio rumoroso che invadeva la sala, Liam si sbracciò dal suo tavolo per farsi vedere.
La matricola fu sorpresa dalla quantità enorme di pezzi di pizza che Harry prese da mangiare. Si avviarono al tavolo sotto gli sguardi di tutti i presenti, che parlottavano guardandoli. “Che hanno da dirsi su di noi?” domandò Louis, scocciato. “E’ perché sono gay, credono tu sia la mia nuova conquista.” rise il riccio, sedendosi.
“Be’, novellino, lei è Gemma, la sorella di Harry.” dichiarò Liam, sbracciando di nuovo per aria, facendosi notare da una ragazza.
E che ragazza.
Se avesse avuto gusti diversi,  si sarebbe preso una cotta stratosferica, madornale, incredibile per lei. I capelli castani le ricadevano sulle spalle, lisci; aveva la pelle della stessa tonalità del fratello. “Il nuovo? Piacere, Gemma Styles” dichiarò lei, con la voce profonda e melodica di una cantante di blues.  “Louis Tomlinson, piacere mio” rispose di colpo, miracolosamente senza impegolarsi nelle parole.
La ragazza si allungò per schioccare un bacio sulla guancia del fratello, poi si accomodò a capotavola, iniziando a snocciolare la sua pallosissima giornata scolastica. Aveva la chiacchiera facile, Liam ed Harry parevano esserci abituati, ma Louis dopo un po’ sentì l’orecchio fischiare. “Dannazione” borbottò il fratello, storcendo il naso e facendo un cenno a Liam. Avevano tutti e due la stessa espressione schifata ed ostile di quella mattina; Louis si girò e vide i due ragazzi pallidi attraversare le mensa a passo innaturalmente svelto. Quello coi capelli scuri si girò e gli sorrise, prima di uscire dalla sala, seguito dal bestione biondo. Al novellino parse di aver sentito Harry ringhiare ostile, ma poi si disse che era impossibile e che la gente non ringhia all’altra gente. Giusto?
Liam squadrò stranamente l’amico e gli tirò un buffetto in testa, Gemma fece lo stesso, entrambi con uno sguardo di rimprovero in faccia.
Finirono il pranzo in silenzio, mentre l’accaduto premeva come una cappa su di loro. Quando la pausa pranzo finì, Louis sgusciò via, mimetizzandosi ben presto nella folla che intasava le porte della mensa.
Era di ritorno nel vialetto di Belle Arti quando qualcuno che si schiariva la voce lo richiamò. “Mh?” borbottò il ragazzo prima di bloccarsi. Il ragazzo con i capelli neri. Lo guardava, sorridendo, gli occhi castani che brillavano vivaci.
“Oh, c-ciao.”
“Ciao, ti chiami…?”
“Louis Tomlinson, tu?”
“Zayn. Zayn Malik.”
Nascosto, dietro gli alberi, Harry fumava di rabbia mentre guardava la scena.

 

N.D.A:
Con molto amore, ho iniziato una nuova fanfiction, in quanto un blocco dello scrittore mi impedisce di scrivere l'altra (perdono).
Ho poco da dire tranne che ho il pc a disposizione per una sola ora al giorno e quindi ho poco tempo per scrivere.
MI PROSTRO, CHIEDO UMILMENTE VENIA.
Ok, ora vado, vi rompo le scatole sennò.
NEWS: quando avrò due secondi di tempo posterò una Larry!AU e probabilmente una Ziam!AU, entrambe OneShots.
xoxo,
Annie.
  
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