Videogiochi > Elsword
Segui la storia  |       
Autore: Balestra    05/04/2014    0 recensioni
In un tempo ormai remoto, rimasto nelle menti degli uomini solo come antiche leggende, il potente impero Nasod allungava i suoi tentacoli robotici su una grande parte del continente di Elios; Al suo comando, seduta su un trono di freddo metallo, stava una regina, una imperatrice, l'ultima della sua stirpe, che si trovò ad affrontare la crisi più grande che la storia abbia mai conosciuto: Il declino di un impero, una guerra tra umani e Nasod, la distruzione della gemma che aveva dato vita alla terra, l'El. Il suo nome è Eve.
I Nasod non possono provare vere emozioni, sono solo mere imitazioni di quelle umane. Eppure, può un cuore di circuito, rinchiuso in un corpo d'acciaio, generare vere emozioni? Può un Nasod... Innamorarsi?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eve, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
4.


-Eve... Eve... Mi stai ascoltando?!- la voce di Ivy mi giunge appena alle orecchie, un misto tra l'irritato ed il divertito; il tocco della sua mano sul mio braccio mi scuote, facendomi voltare la testa, a guardarla fare una smorfia piccata, una guancia appena gonfiata in un angolo e la bocca storta ad assumere un'aria offesa. Effettivamente non la sto minimamente ascoltando... anzi, faccio del mio meglio per non sentire la sua voce, per non ascoltare tutte le sfumature che può assumere, per non farmi stare ancora male, come ieri. Non voglio più sentire quella gelosia, non voglio più sentirmi inferiore a lei. -No, Ivy.- riesco a sussurrare -Scusa, io non...-
-...è per lui, vero? Per Genesis.-
Sbarro gli occhi, girandomi di scatto, afferrando con forza un bracciolo dello scranno a cui sono seduta, incrociando il suo sguardo. Come fa a saperlo? A sapere che stavo proprio guardando lui? -Io... io, ecco... tu... Come...?- 
-Eve...- mi accarezza una ciocca di capelli, avvolgendola attorno all'indice con delicatezza, quasi fosse qualcosa di puro, di fragile, che potrebbe rompersi al minimo tocco. -Io ti conosco. Siamo gemelle, chi meglio di me può capirti? Chi, meglio di me, può...- lascia in sospeso la frase, tornando a guardare il suo piatto. Alzo lo sguardo, tornando a concentrarmi sulla sala e sugli invitati che, allegramente ma con compostezza, siedono lungo un enorme tavolo posto al centro della sala dei ricevimenti; Servitori Nasod, con enormi vassoi carichi di ogni tipo di pietanze che il nostro regno riesce a dare, servono incessantemente i commensali umani, elfici e pongo, versando vino e porgendo grossi pezzi di carne di ogni specie; Al centro del tavolo vi è un enorme Viverna, la carne un tempo blu mare ora ha assunto il tipico colore verdognolo di quando la si cucina nel forno, ricoperta da una sala color sangue, probabilmente ricavata dalla Polvere del Respiro; accanto al suo ventre, quasi accoccolati, stanno i cuccioli, le ali ripiegate sui piccoli corpicini, ancora fumanti. Lo stupore generale è palpabile: non è comune vedere una Viverna adulta ed una intera nidata, sono un cibo molto raro quanto prelibato, forse uno dei più ambiti. O almeno, così si dice. Io e gli altri Nasod non abbiamo bisogno di mangiare, ci limitiamo a stuzzicare il cibo nei piatti, così che gli altri non si sentano a disagio. Eppure, anche questo mi manca: sentire il sapore dei cibi, della frutta matura, della carne speziata, del vino... la purezza dell'acqua, l'asprezza del succo di erbe. Tutte cose di cui non potrò mai godere. Torno a guardarlo, dall'altro lato del tavolo, che si guarda attorno, rispondendo alle domande che gli vengono poste, muovendo animatamente le braccia a mimare fendenti e parate; Boros, lì vicino, sospira, cercando di tenerlo a bada, evitando che i movimenti convulsi del suo superiore facciano rovesciare i bicchieri o mandare all'aria pezzi di carne. Amanda, invece, legge placidamente un voluminoso tomo color della pece, ricoperto di strane iscrizioni e lettere arcane che si intrecciano, a formare uno strano disegno inquietante, limitandosi a portare alla bocca, ogni tanto, la propria coppa, lasciando che il vino le scorra in bocca, ingoiandolo a piccole e graziose sorsate. Anche lei ha uno fascino, misterioso ed oscuro, gelido come il ghiaccio e tagliente ma per questo affascinante... Che Genesis...? No, no. Non può essere così, in alcuna maniera. Lui è solo io suo comandante e... -Eve, ma cos'hai?- Ivy mi scuote nuovamente -Smettila per un secondo di fissarlo, oppure ti vedrà e penserà chissà cosa. Piuttosto... quell'uomo sembra voler parlare.-
Uno tra gli invitati si alza, spalancando le braccia, a richiedere attenzione. La stanza piomba nel silenzio, mentre tutti si concentrano su di lui; le ferite sul suo volto, di un nerastro innaturale e corrotto, squarciano anche la sua barba color del ferro, rendendo il suo viso un qualcosa di informe e martoriato. Gli occhi, però, come due smeraldi, spiccano anche in mezzo a quella devastazione. -Lo conosci?- mi sussurra Ivy. Scuoto la testa. -Lui è Kureel, “Il Sopravvissuto”. Si dice che, insieme ad un manipolo di soldati, abbia impedito al Portale dell'Oscurità di spalancarsi respingendo orde su orde di demoni e che, per sigillarlo, si sia fatto rinchiudere all'interno, per evitare che l'operazione venisse bloccata. Sembra che, lì, immerso nelle tenebre più profonde, abbia lottato senza tregua, abbattendo nemici su nemici, finendo per incontrare un qualcosa di terribile... spaventoso.- si morde il labbro, nervosa -Ciò è successo due mesi fa. È giunto qui ora... Che riguardi quello che ha visto?- 
-Se mi permette, desidererei parlare a tutti coloro che sono riuniti qui, come rappresentati delle loro razze e dei loro regni.- la sua voce è roca, profonda, ma in qualche modo secca, come se facesse fatica ad emettere ogni singolo suono, un rantolo secco e continuo, quasi stesse per morire. -Prego.- riesco a dire. Annuisce e si volta.
-Voi tutti qui mi conoscete ma, a beneficio di chi ignora il mio nome, mi presento: Ser Kureel De Branden, membro della Guardia Imperiale, Comandante sul Campo delle truppe che, un tempo, proteggevano la Porta dell'Oscurità. Quello che sto per raccontarvi corrisponde alla verità, una verità orribile che ho visto con i miei occhi e che vi racconto qui ed ora, in modo che tutti si possano preparare a ciò che accadrà in futuro, in modo che si possa impedire la catastrofe. 
Eravamo schierati davanti alle porte del Portale, la cui oscurità sembra logorare chiunque gli sia attorno, dilaniando e divorando la sua anima, fino a renderlo pazzo; per questo, solo gli uomini più inflessibili e dotati di sangue freddo erano disposti a guardia di quel forte che rappresentava l'unico baluardo di difesa a frapporsi tra i demoni e il mondo civilizzato; la struttura è semplice: quattro enormi portali oscuri, sigillati, posti su quattro corridoi diversi che, procedendo a spirale, si incrociano tra di loro, formando strade, archi, avvallamenti, piazze, fino ad una profondità sorprendete, tanto che nessuno sa effettivamente quanto sia profondo quell'enorme costruzione. Il forte è posto all'ultimo piano, in cima a questo gigantesco imbuto, il cui centro è cavo; e, qui, schiere di soldati attendevano, armati e prepararti ad ogni attacco, a qualsiasi ora e qualsiasi condizione, pronti a scarificare le loro vite per impedire l'invasione di quelle immonde creature. A memoria d'uomo, quel luogo è sempre stato in piedi e i demoni non sono riusciti ad uscire da quel portale da secoli, solo pochi elementi radunati in bande male armate e disorganizzate. Gli ultimi piani, quindi, erano in stato di abbandono e poco sorvegliati e solo dal centoquarantesimo in poi iniziavano le barricate con le baliste e le guarnigioni. L'oscurità che riempe quel luogo contribuiva a renderci nervosi, ma comunque sempre all'erta, a combattere una guerra psicologica per preservare le menti. Quel giorno fu la prima volta che, però, ci colsero impreparati: si avvicinava l'investitura delle nuove truppe scelte che avrebbero preso servizio nella nostra legione, quando un boato scosse la struttura, facendola tremare da cima a fondo; una vampata di oscurità avvolse, come una nuova di gas velenoso, tutte le nostre menti e più d'uno perse la ragione, uccidendosi sul posto. Tra il panico generale, riuscii a mettere in riga un manipolo di uomini e a cominciare la discesa. Al trecentesimo piano trovammo un soldato ferito che riuscì a balbettare solo poche parole “Port... aperto... eserci...”. Scendemmo ancora, trovando al fortino del duecentesimo piano solo distruzione, macerie e cadaveri, nient'altro; corpi impalati su picche e arti smembrati. Nessun rumore. Scendemmo ancora e, man a mano, la situazione sembrava sempre più disperata: niente sembrava aver trattenuto la furia di quell'orda di creature. Al centoquarantesimo piano, riuscimmo a scorgere qualcosa, una luce bluastra, come due occhi che ci fissassero rabbiosi da quell'abisso senza fondo. Continuammo, giù, sempre più giù, verso quel Portale che emanava una luce accecante, una luce bianca che feriva gli occhi, che circondava i portali nero pece; Da ogni portale, come vidi, venivano vomitati orde e orde di demoni, creature terrificanti, distorte e plagiate dall'oscurità. Colossi corazzati sgombravano la via a coloro che li seguivano, demoni armati di ogni sorta di lama, strani spiriti immondi avvolti, enormi occhi che si muovevano freneticamente, come alla ricerca di qualcosa. Udimmo le urla disperate dei nostri compagni, lo scintillare di proiettili balistici che si abbattevano tra le loro fila, corpi che crollavano nel buio. Stavolta, un'altra coppia di luci, rosse, si aggiunse a quelle blu, vicine, sempre più vicine. Da lì, era come se qualcosa avesse deciso di risucchiarci, di distruggerci. Senza esitare, raggiungemmo il centosettantesimo piano, trovandoci faccia a faccia con le prime linee di demoni; dall'alto, sentimmo altre grida disperate, segno che le creature stavano convergendo da altri portali, non solo quei due che, in quel momento, ci si paravano davanti, più sotto. Ci disponemmo a testuggine, le alabarde e le picche pronte, gli scudi uno a fianco all'altro. Alzai la spada, urlando, incitando i miei soldati “Per Elios!”; a quel grido, i demoni ci si scagliarono contro. Quelli più grandi, montagne corazzate con enormi spunzoni su tutto il corpo, travolsero la prima linea, che assorbì malamente l'impatto. Lo schieramento tremò, la linea minacciò di rompersi; molti morirono. Alcuni demoni si ritrovarono impalati su quella selva di lance. In poco tempo, lo schieramento si infranse, e tutto si ridusse ad uno scontro ravvicinato, spada su spada, in quegli angusti corridoi, tra obelischi con arcane incisioni e guglie aguzze. Io stesso, le due spade in mano, massacrai demoni su demoni, parando, affondando e colpendo, mozzando e ferendo. Tutt'intorno, i miei uomini crollavano; Ma il nostro sacrifico non sarebbe stato vano: i piani superiori avrebbero potuto prepararsi, bloccare quell'avanzata. Tentammo di opporci, gli scudi stridevano, sprizzavano scintille. Sapevamo che non ce l'avremmo fatta. Ma continuammo. In poco tempo, fui ricoperto di sangue. Era il mio, o il loro? Non lo so. So solo che, in poco tempo, mi ritrovai circondato. Stavo per prepararmi alla morte, quando, con un urlo, arrivarono i rinforzi: tutti i guerrieri presenti nella Porta si lanciarono come un sol uomo, travolgendo quell'ondata di creature. Continuammo a combattere, ancora e ancora. Non so quante spade ruppi, quanti corpi falcidiai. In poco tempo, i demoni iniziarono ad arretrare; li respingemmo fino a quell'immondo portale, dove i sigilli arcani erano stati spezzati. I maghi, tuttavia, non poterono avvicinarsi a causa dei demoni che continuavano a proteggere strenuamente quel portale, unica via di comunicazione con il nostro mondo. Non ebbi un attimo di incertezza: liberando la mia forza, mi gettai in quel pozzo di oscurità. Precipitai. Sentii mille e mille voci sussurrarmi parole arcane nelle orecchie, cercando di attentare alla mia sanità mentale; vidi occhi brillanti di malvagità, rossi, blu, e viola. Vidi tre enormi teste mostruose che si allargavano, ruggendo, sputando fiamme maledette. Pensai di venire annientato solo dal suo essere. Ma invece, dopo aver visto le sue bocche rosseggiare d'inferno, continuai a cadere. Infine, toccai una superficie solida; mi ritrovai come sui resti di un tempio, distrutto, locato su un'isola volante; attorno, vortici di tenebre, animati da fulmini violacei, animavano quel luogo maledetto; I demoni, un vero e proprio esercito, una marea eterogenea nera e armata, avanzavano lungo un enorme scalinata in ossidiana che, avvolgendosi su sé stessa, si perdeva nel buio, per poi spuntare nuovamente, sfociando in una enorme piazza, presso il portale che stava, in alto, come una luna su in quel cielo corrotto. E, a sovrastare quegli eserciti, stava un enorme guglia di ghiaccio, circondata da tanti enormi spunzoni glaciali, freddi ed impenetrabili; da lì, avvertivo qualcosa. Un'aura oscura, opprimente. Un qualcosa di così potente da togliermi il respiro, schiacciarmi i polmoni. Sentivo che sarei morto anche solo guardando, da lontano, quell'enorme costruzione. All'improvviso, una voce lampeggiò nell'aria, profonda, perentoria, fredda e tagliente. Due enormi occhi rossi brillarono nel buio. “L'invasione è fallita. Ritiratevi. Il Portale è stato chiuso. Siamo stati respinti! Inetti! Inutili esseri inferiori! Vi siete fatti sconfiggere da un manipolo di luridi umani!” quelle creature ruggirono, ma non si fermarono, continuarono a camminare, a spingere per entrare nel Portale. A quel punto, un tuono si abbatté tra di loro, facendo crollare la scalinata e uccidendone una grossa porzione, che precipitò nel vuoto, ruggendo. “Che nessuno osi contraddirmi! Chiunque si metterà contro di me, chiunque mi disobbedirà, morirà! Ritiratevi! È Ran, il Conte degli Abissi, vostro unico signore e padrone che ve lo ordina!” e detto ciò, quel volto sparì nel buio dal quale era emerso. Caddi a terra, ansimando. Dove ero finito? Attraverso il Portale... avevo forse raggiunto il mondo dei demoni? “Hey, non sembri un demone.” una voce calma mi sussurrò all'orecchio. Trasalii, mi voltai. Un ragazzino mi fissava, tranquillo, con aria annoiata: i suoi occhi erano di un giallo profondo, senza iride, come quelli di un pipistrello; i denti erano, come si poteva ben vedere dal suo sorrisetto, affilati come lame di rasoi; i capelli, neri come la notte, sembravano confondersi con le tenebre stesse. “Un ragazzino... qui?” balbettai, a fatica. Respirare era un'impresa. Perfino pensare era doloroso. “Tu... chi sei?”
Il suo sorriso divenne più grande “Il mio nome, uh? Beh, perché no? Mi presento: sono Anger, il Dio dei Demoni” dicendolo, fece un inchino beffardo, quasi a volermi rendere omaggio 2E tu, invece, Kureel, cosa ci fai qui? No, aspetta, fammi indovinare... Ti sie precipitato qui, uccidendo gli ultimi demoni, per permettere che gli stregoni sigillassero nuovamente il Portale, vero? Ho indovinato? Ma certo che l'ho fatto”. Si voltò, iniziando a passeggiare, scendendo una rampa di scale “Beh, che aspetti? Seguimi, no?”. Esitando, mi trascinai faticosamente dietro di lui; gettai sguardi inquieti a quell'enorme costruzione di ghiaccio che torreggiava su tutto e tutti, ovunque ci si trovasse, quasi che non avesse una fine o una grandezza prestabilita, ma che si facesse sempre più imponente man a mano che la si guardava. Ebbi paura. Un terrore cieco, mai provato prima d'allora. Chi era questo Ran, il famigerato Conte degli Abissi? E Anger? Era un alleato o un nemico? Infine, ci ritrovammo ai piedi della scalinata distrutta. Non incontrammo alcun demone. Anger la guardò con disapprovazione, poi, con un gesto, la ricompose, senza il minimo sforzo, semplicemente muovendo la mano; mi invitò nuovamente a seguirlo. Giungemmo davanti al Portale, ormai privo di luce, chiuso. I segni arcani gettavano una luce debole e spettrale, di un colore dorato. Il Dio Demone mi guardò “Ed eccoci qui. Ora, ti propongo un patto, che sarà vantaggioso...” si leccò le labbra “...per entrambi.” Si voltò e indicò la guglia di ghiaccio “Hai sentito e visto, no? Ran, il Conte degli Abissi, sta radunando i demoni sotto la sua bandiera ed ha già progettato un invasione. Questo non era che un assaggio, una mera prova... il grosso dei suoi si sta ancora radunando, da ogni angolo di questa terra maledetta. Il mondo ha bisogno di sapere, no? Ed io sono stanco di questa dimensione. Voglio tante e belle giovani ragazze da schiavizzare e...” e qui rise in modo inquietante, leccandosi nuovamente le labbra “Il patto è questo. Io ti farò uscire se prometti di portarmi fuori incolume dai tuoi soldati e, sopratutto, dalla Barriera di El”. La Barriera di El, certo, l'unica energia in grado di tenere lontani i demoni e di trattenere la loro avanzata. L'unico modo per passarla è, come sapete, infrangere il cristallo o aprire un varco tramite i pendagli che vengono donati ad ogni soldato una volta entrato a far parte della nostra unità d'élite. Acconsentii: dopotutto, era solo un Dio un po' pervertito, nulla di male. Ed io dovevo avvisare gli abitanti di Elios. Mentre apriva il sigillo, riuscii a vederlo, non so come. Era in piedi, sopra ad una guglia, i lunghi capelli di un biancore osseo oscillavano al vento innaturale ed oscuro di quei cieli; gli occhi color cremisi risplendevano come due gemme nel buio; la sua intera figura sprizzava potenza, una potenza in grado di schiacciare chiunque. Ebbi, non ho alcun remore di dirlo, terrore. Terrore che, un giorno, quell'essere decidesse di venire sulla nostra terra; paura che decidesse di prenderla per sé; paura che ci massacrasse tutti.
Ora che avete ascoltato la mia storia, vi invito a riflettere, a portare la mia richiesta di aiuto ai vostri sovrani: se i demoni decideranno di marciare su di noi, non verremo colti impreparati.- terminato il suo discorso si siede. I commensali cadono, per qualche secondo, in un silenzio mortale. Poi, qualcuno bisbiglia, non capisco cosa; Qualcuno ridacchia, altri fanno strani gesti, indicandosi la testa più e più volte. Sinceramente, non so cosa pensare... Potrebbe essere tutto finto, come potrebbe essere la verità più assoluta; eppure, non sento alcun bisogno di intervenire per smentire o incoraggiare quanto appena detto. La verità è che a nessuno importerebbe; nessuno gli ha creduto. Il suo appello cadrà nel vuoto.

[…]

Chiudo il libro che ho sulle ginocchia appena sento il rumore dei suoi stivaletti che battono regolari sul marmo del pavimento. La porta si spalanca, lasciando entrare la maga, i cui capelli color rosa spento ondeggiano appena e gli occhi indifferenti, come coltelli, scrutano la stanza alla ricerca di qualcosa; infine, fosse soddisfatta, si siede ad un tavolino, poggiandovi sopra un paio di tomi voluminosi. Si avvicina a qualche scaffale, prendendone qualcun altro e accatastandolo vicino agli altri. Poi, presa una pergamena con una penna, inizia a scrivere, gettando ogni tanto un'occhiata a qualche libro, accigliandosi spesso, cancellando e riscrivendo. Assorta così, concentrata... Stringo l'orlo della mia gonna, quasi con quella che sembra... rabbia. E gelosia. Lei è così bella. Ed è sempre accanto a Genesis. Perché io non posso? Perché? Sono sicura che a lui, lei piaccia. Perché non dovrebbe, d'altronde: è una guerriera, una maga, fredda, calma, intelligente, bella. Ed io, invece? Cosa sono? Mi alzo in piedi di scatto. Anche lei alza lo sguardo -Oh, mi scusi, Sua Maestà.- sussurra, facendomi un rapido inchino -Non mi ero accorta che ci fosse anche lei, qui. Mi spiace se l'ho disturbata.-
-No, figurati.- riesco a dire, mantenendo la calma, sopprimendo le emozioni generate dal mio circuito -Anzi, chiedo perdono per aver interrotto il tuo lavoro.-
Scuote la testa -Oh, non è nulla.- 
-Capisco.- senza aggiungere altro, esco a passi misurati dalla biblioteca, chiudendomi la porta alle spalle. Mi appoggio al muro. Respiro pesantemente. Perché... Perché devo essere così?! Perché?! Corro, superando le guardie, gettandomi nell'atrio, salendo le scale, arrivando in camera. Mi lascio cadere sul letto, stringendo un cuscino con forza. Vi affondo il volto. Vorrei piangere... ma non posso. Non posso! Perché? Perché sono tutte così?! Tutte migliori di me?! Perché devo essere così inferiore?! Perché non sono bella, perché non posso provare vere emozioni?! Perché devo essere finta? Perché devo essere una Nasod?! Perché?! Perché?! Perché?! Rimango così, rannicchiata, impotente, tormentata, senza più forze. 
La Piccola Regina Nasod.
Non valgo nulla.
Non merito nemmeno questo nome. Vorrei solo essere vera... anche per poco... per un solo giorno... per un istante...
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Elsword / Vai alla pagina dell'autore: Balestra