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Autore: lupacchiotta blu    05/04/2014    1 recensioni
Sento il suo cuore pulsare sangue caldo nelle sue vene, riesco a percepire il tepore della giugulare che le passa sotto la pelle color avorio.
Povera ragazza, cosa avrai mai fatto di male affinché l’universo mi mandasse da te? Non sei forse più dignitosa di tutti coloro che abitano questa casa? Allora perché devi essere punita in questo modo?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi muovo agilmente nella notte, così come faccio da quando esisto.
Ma da quando esisto io? Da quando qualcuno da spaventare e tormentare venne al mondo. Forse sono stato creato con la paura, con cui vado sempre a braccetto. Ci teniamo per mano, danziamo insieme nella notte, stillando gocce di prezioso terrore che ci tengono in vita e ci rafforzano, perché la paura genera altra paura, che a sua volta nutre i mostri come me.
Ma cosa sono io? Sono un mostro e ho tanti nomi, così tanti che nemmeno li ricordo tutti, ma uno solo mette chiunque d’accordo sulla mia identità: io sono il vampiro.
 
Corro silenziosamente nelle tenebre, per le umide strade lastricate di Londra. Il buio avvolge ogni cosa, squarciato solo dal fioco chiarore della luna e dalle luci guizzanti dei lampioni a olio.
Che strani gli umani: che siano asiatici, europei o americani, hanno tutti paura del buio; sentono l’impellente bisogno di rischiarare l’oscurità, sminuendo la bellezza di quelle piccole scintille che sono le stelle e di quel magnifico scudo argenteo che è la luna.
E fanno bene, hanno ragione a temere la notte, perché è quando nessuno li può vedere che i mostri vengono allo scoperto.
Corro ancora, ma i miei passi non fanno rumore, perché io sono poco più di un’ombra. Mi sposto rasentando i muri delle case londinesi, proiettando su di essi la mia sagoma scura.
Ho sete, è da giorni che non bevo neanche una goccia di sangue, ma non posso, non voglio accontentarmi dei primi che passano.
Le strade sono piene di ubriaconi e prostitute, ma non sono alla mia altezza. Che gusto c’è a tormentare quelli come loro? Sono già abbastanza disperati e miserabili.
Mi sposto nei quartieri della ricca borghesia, dove tutti hanno dei servi che sgobbano al posto loro, quartieri dove nessuno sa cosa sia la vita vera.
Che schifo questa Londra del XVIII secolo… e più si va avanti, più va male. Per gli umani, si intende, non certo per me: il mio cibo di qualità non fa che aumentare.
Mi fermo davanti a una bella villa, dove vive una famiglia benestante. Sì, qui va bene.
Il mio corpo si dissolve in una nebbia bianca e si insinua negli spiragli della porta in legno, ricomponendosi una volta all’interno.
La casa è al buio, ma per me non è certo un problema. Sento la presenza dei padroni al primo piano e quella dei servi all’ultimo. Questi ultimi li lascerò stare, ma per quanto riguarda i primi ho in mente ben altri piani.
Salgo lentamente la scalinata ricoperta da un tappeto rosso e svolto a destra, verso le camere da letto.
Passo dal buco della serratura sottoforma di nube, ritrovandomi nella stanza del padrone e della padrona. Arredi di lusso, vestiti alla moda, gioielli, una vita all’insegna dello sfarzo, passata a mostrare opulenza invece che cuore e giustizia. No, loro sono già maledettamente vicini all’inferno, non c’è bisogno di me.
Nella stanza accanto dorme la figlia diciottenne: lunghi capelli biondi, pelle candida, lineamenti morbidi, cuore puro.
Anche se la sua camera è nelle medesime condizioni di quella dei genitori, non vedo sul suo viso quell’espressione di perenne e immotivata preoccupazione che accompagna anche di notte molti nobili o ricchi borghesi, quella malsana tendenza a diventare ansiosi se non si rispettano certe etichette.
No, lei è diversa, lei non vorrebbe essere costretta a fingersi felice anche quando non lo è, lo posso sentire dalla sua aura. Lei manifesta da sveglia i suoi disagi, così di notte dorme sonni tranquilli, almeno fino ad ora.
Ho la gola riarsa dalla sete, non posso aspettare oltre. Mi inginocchio ai piedi del suo letto come un cavaliere davanti alla sua dama, ma le mie intenzioni sono poco oneste.
Sposto appena le pesanti coperte, quel tanto che basta per vederle il collo, così bianco, così morbido, così caldo.
Sento il suo cuore pulsare sangue caldo nelle sue vene, riesco a percepire il tepore della giugulare che le passa sotto la pelle color avorio.
Povera ragazza, cosa avrai mai fatto di male affinché l’universo mi mandasse da te? Non sei forse più dignitosa di tutti coloro che abitano questa casa? Allora perché devi essere punita in questo modo?
Comunque sia, non importa, il mio solo scopo è mantenermi in vita abbastanza a lungo per poter poi derubare qualcun altro della sua energia vitale. Dannare gli umani è l'unico motivo della mia esistenza.
Mi avvicino alla tua vena pulsante, sfiorandoti con il mio respiro freddo. Poso le mie labbra su di te e ti mordo con decisione.
Ti svegli di soprassalto, ma il mio morso è avvelenato: sei paralizzata, non puoi muovere un muscolo, riesci a malapena a spostare i tuoi occhi terrorizzati da una parte all’altra della stanza buia.
Il tuo sangue bagna le mie labbra, la mia bocca, la mia gola, andando poi a scaldare il mio stomaco. Attraverso questo liquore rosso e caldo, posso vedere tutto il tuo passato, tutte le tue emozioni, anche quelle che provi adesso: paura, terrore, smarrimento.
Non puoi chiamare nessuno, anche se vorresti disperatamente poterlo fare.
Oh, quanto hai paura! La sento mischiarsi al sangue, non puoi nasconderla a un essere come me! C’è un motivo se ti ho scelta… le persone immacolate come te provano un terrore speciale, diverso rispetto a chiunque altro. È più concentrato, gustoso e  inebriante, perché non siete abituati ai dolori di questo mondo.
Cominci a respirare faticosamente, hai poca energia. Sei debole, forse dovrei fermarmi, ma cosa ci posso fare? Io esisto solo per far del male.
Bevo il tuo sangue con avidità, non sono ancora sazio. Dopo tutti questi giorni, di certo non mi accontento di qualche goccia.
Mordo ancora il tuo collo, che adesso è sporco di rosso, per far uscire più nettare.
Sento che ti stai lasciando andare, smetti di lottare, i tuoi muscoli si rilassano. No, ho deciso che non morirai.
Mi stacco lentamente da te, e la tua ferita si rimargina in pochi secondi. Rimetto al loro posto le coperte. Adesso che non sei più a diretto contatto con me, l’effetto del mio veleno è sparito e dormi tranquilla come poco fa.
Esco dalla tua stanza e dalla tua casa, lasciandoti incorrotta come prima, ma solo nell’aspetto, perché chi è morso da un vampiro è maledetto per sempre.





Angolo dell'autrice:
Ok, non so cosa mi è preso, anzi, forse lo so: non dovevo guardare l'anime "Hellsing", perchè adesso mi è venuta anche la fissa dei vampiri.
Anche se è stato questo cartone animato giapponese a farmi venir voglia di scrivere questa storia, il vampiro in questione è diversissimo, non c'entra nulla con Alucard, ma mi ha dato l'ispirazione, la voglia di descrivere un vampiro come me lo immagino io: un mostro quasi evanescente, che si nutre della paura delle persone. Il vampiro originale, insomma, quello che già nell'antichità terrorizzava tantissime persone anche di civiltà diverse.
Spero il racconto sia piaciuto e che vogliate lasciare qualche recensione, positiva o negativa che sia.
Alla prossima "vampirata".
Lupacchiotta blu

 
  
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