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Autore: Simonne Lightwood    06/04/2014    3 recensioni
PRESUNTA PRIMA PARTE DI COHF, incentrata sul ritorno dei Malec. Una riappacificazione che però avverrà nel più inatteso dei modi.
Un pericolo incombe sui figli di Lilith, minacciando la vita di Magnus. E se neanche i suoi poteri gli fossero d'aiuto questa volta? E se Alec , il suo ormai ex fidanzato, fosse l'unico in grado di salvarlo dalla crudeltà di Sebastian?
Genere: Azione, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Simon, smettila di insistere. Non mi farai cambiare idea. - Clary era seduta sul suo letto, con un album da disegno appoggiato sulle ginocchia. Non aveva niente da fare, quella sera, e aveva deciso di chiamare al telefono il suo migliore amico, per fare quattro chiacchiere con lui. 
-Perchè no? Ho già combattuto diverse volte insieme a voi, perchè non posso farlo di nuovo? - Clary sentiva una voce maschile di sottofondo: quella di Jordan, che stava conversando con qualcuno. Probabilmente si trattava di Maia, pensò la ragazza.
-Perchè no? Davvero non ci arrivi da solo? - chiese Clary, esasperata. -Perchè non hai più il marchio di Caino a proteggerti! Hai detto che Raziel te l'ha tolto in cambio della spada dell'Arcangelo Michele. -
-E quindi? Solo perchè non ho più la protezione assicurata non significa che devo starmene rintanato in casa tutto il giorno, mentre tu ti esponi a tutti i pericoli possibili e immaginabili. - 
Clary fece un sospiro. Ogni volta che lei e Simon avevano una discussione, nessuno dei due voleva mai arrendersi. Era lei la più testarda tra i due, ma anche il suo amico non scherzava. 
-Sono stanca di essere protetta, non lo capisci? Jace darebbe la vita per me. Mia madre e Luke darebbero la vita per me. E so che anche tu lo faresti, me lo hai già dimostrato. - disse Clary, scarabocchiando la runa del potere angelico sull'album.  -Non voglio che la gente che amo si sacrifichi per me. -
-E io non voglio che la mia migliore amica parta per un'altra missione suicida senza di me. Clary, io sono un vampiro. Forse non sono più invulnerabile, ma ho dei nuovi poteri ora. Sono veloce, forte e ho due zanne da far paura. Lascia che ti aiuti, permettimi di..-
-Simon, ti prego. Complichi solo le cose in questo modo. - disse Clary, spostando il telefono nell'altra mano. -Voglio che tu stia a casa tua al sicuro. Hai già fatto abbastanza per me. Vivo nella paura di perdere Jace in battaglia, non voglio perdere anche te.-
Ci fu una pausa. -Non c'è verso di farti cambiare idea? - 
-No, toglitelo dalla testa. - disse la ragazza, con decisione.
-Ma.. - 
-Niente ma, Simon. La questione è chiusa. Ora devo lasciarti, mamma mi ha chiamata per dirmi che è pronta la cena. - mentì Clary. -
-Cosa? Sono le nove meno un quarto, tu mangi alle sette e mezza! - Ma la ragazza aveva già attaccato.
-Clary?! Dannazione. -

Robert si era fermato allo stipite della porta e non riusciva a credere ai suoi occhi. Cosa diavolo ci faceva Taylor lì?
Sua moglie e i suoi figli erano seduti a tavola e lo stavano fissando, in attesa di una reazione.
-Cosa c'è, papà? Non vuoi salutare la mamma e i tuoi cinque figli? - Chiese Isabelle, sottolineando la parola cinque. 
-I-io non.. io.. - Robert cercò di formulare una frase di senso compiuto, ma fallì miseramente.
-Che c'è? Ti sei mangiato la lingua? - Il tono di Alec era acido.
-Alexander, non parlare così a tuo padre. - Intervenne Maryse, che ci teneva alle buone maniere.
-Ciao papà, non sei nemmeno un po' contento di vedermi? - L'espressione di Taylor mentre parlava era seria, distaccata. I suoi occhi viola erano freddi.
-Taylor - riuscì finalmente a dire Robert -per l'angelo, cosa ci fai tu qui? -
-Sono venuta a far visita ai miei fratelli per un certo periodo. Ti dispiace? - 
-M-ma tu dovresti essere a Idris. Come..- l'uomo era pallido come un lenzuolo.
-Come sono arrivata fin qui? È una lunga storia. - disse la bionda, i cui occhi viola erano piantati su quelli del padre come dei chiodi.
-Ora che sei qui, abbiamo tutto il tempo del mondo, no? Siediti e parliamone tutti insieme, come una vera famiglia. - L'espressione di Jace era seria, ma nella sua voce c'era un che di sarcastico.
-Immagino di dovervi delle spiegazioni. - disse l'uomo, sedendosi a tavola.
-Immagino di sì. - Rispose Isabelle, abbassando lo sguardo sul piatto di spaghetti che la madre aveva appena servito a tutti loro.
-Cosa volete sapere per primo? - chiese il padre dei ragazzi, spostando lo sguardo dall'uno all'altro. 
-Tutto. - Rispose Maryse. -Fin dall'inizio, dalla prima volta che mi hai tradito. - 
Robert fece un sospiro profondo e iniziò il suo racconto. 
-Tutto è iniziato quando ti ho conosciuta, Maryse. All'epoca tu eri nel Circolo, io mi ero innamorato di te decisi di unirmi a voi. All'inizio tutto sembrava perfetto, Valentine ci faceva credere di essere dei paladini della giustizia, con le sue idee rivoluzionarie. Ma poi man mano le cose iniziarono a cambiare. Valentine si rivelò per quello che era, ovvero uno psicopatico con il folle obiettivo di sterminare i Nascosti. Io fui uno dei primi, se non addirittura il primo, ad accorgermi del suo cambiamento. Nonostante le numerose crudeltà che fece quell'uomo, tutti voi sembravate pendere dalle sue labbra, credendo alle sue parole incondizionatamente. Poteva massacrare un branco di fatine indifese davanti ai nostri occhi e voi lo avreste difeso con la scusa ''oh, poverino, sta solo cercando di vendicare l'assassinio di suo padre.'' 
Ho cercato di convincerti a lasciare il Circolo, ma tu non volevi darmi retta. Non volevi accettare il fatto che il vostro adorato Valentine non fosse il ragazzo per cui si era presentato all'inizio. Sono rimasto nel Circolo solo per te, perchè sapevo che se me ne fossi andato tu non mi avresti seguito. Avevamo già avuto Alec, e non volevo complicare le cose. Tutto ciò che potevo fare era sperare. Sperare che Joselyn e Lucian, le due persone più care a Valentine, potessero aiutarlo, fargli capire di essere nel torto. Ma non è stato così. Niente e nessuno lo avrebbe mai fermato. 
E poi.. poi c'è stata la rivolta. Quello è stato probabilmente il giorno più brutto della mia vita. Quasi tutti i nostri amici sono morti nella battaglia contro i Nascosti ed è stato un miracolo se noi ne siamo usciti vivi. Ma una delle persone a cui volevo più bene - il mio parabatai, il mio compagno di battaglia: Michael Wayland - è morto e, come se non bastasse, Valentine ha bruciato il suo corpo e quello di suo figlio, facendoci credere che fossero il suo e quello di Jonathan. 
Poco prima che il Conclave prendesse la decisione di punirci, mettendoci a capo dell'Istituto, io decisi che volevo dare un taglio alla corda. Ero furioso con te per quello che era successo, addossai tutta la colpa su di te. Volevo sparire per un paio di giorni, chiarirmi le idee e prendermi del tempo per perdonarti. Così decisi di uscire, quella sera. Andai in un locale a bere qualcosa, sapevo che un bicchiere di vodka non mi avrebbe fatto male, per una volta. Mentre ero seduto da solo, a tavola, una giovane donna mi avvicinò. Si chiamava Annamarie. Era minuta con i capelli biondi, a caschetto, più chiari di quelli di Taylor. Ricordo che aveva gli occhi di un colore inverosimile, un viola scuro simile al colore degli occhi di Elizabeth Taylor. Avrà avuto due o tre anni meno di te. Si sedette accanto a me e mi chiese cosa c'era che non andava, dicendo che non avevo un bell'aspetto. Non so come, nè perchè, ma le raccontai tutto ciò che era successo negli ultimi mesi. Le parlai della mia iniziale amicizia con Valentine e del successivo disprezzo nei suoi confronti. Le parlai di ciò che era successo nella rivolta, della perdita del mio parabatai, della mia rabbia verso di te. 
E lei mi ascoltò, dall'inizio alla fine, senza mai interrompermi. Mentre parlavo bevevo un bicchierino dopo l'altro e lei faceva lo stesso, per farmi compagnia. 
Dopo aver finito il mio racconto mi sono sentito meglio. Non mi ero accorto di sentire il bisogno di sfogarmi con qualcuno. 
Nel frattempo ci eravamo ubriacati e, tra uno sguardo, un sorriso, un bicchiere di vodka.. abbiamo finito per fare quello che non avremmo mai dovuto.
Il mattino seguente mi svegliai, nella stanza di un Motel, e mi ricordai con orrore ciò che era successo la notte precedente. Spostai lo sguardo sulla donna che dormiva tranquilla accanto a me e mi sentii subito in colpa. Mi chiesi come avevo potuto fare una cosa del genere a mia moglie e a mio figlio, quindi scrissi un biglietto di scuse ad Annamarie e tornai a casa. 
Quando tu mi vedesti, iniziasti ad urlarmi contro. Mi incolpasti di averti abbandonata, mi dicesti che non mi importava di te. Iniziai ad alzare la voce anch'io e finimmo per litigare per un'ora. 
Il giorno dopo non ci rivolgemmo la parola. Quel pomeriggio ricevetti un messaggio col fuoco da parte di Annamarie, che chiedeva di vedermi. All'inizio decisi di ignorarla, sentendomi in colpa per quello che avevo fatto, ma poi pensai al nostro litigio, il giorno prima, e accettai di rivederla.
Ci incontrammo di nuovo, quella sera, e per la seconda volta mi sentii rilassato, tranquillo, in sua presenza. Era come se i miei problemi non esistessero più, quand'ero insieme a lei. Ricordo di averle chiesto se era sposata o fidanzata, e lei mi rispose che non aveva un compagno. 
Ci vedemmo una terza volta, dato che le cose con te non miglioravano. Tuttavia, non sono mai stato innamorato di Annamarie e, in ogni caso, non ti avrei lasciata per lei. Non avrei mai potuto abbandonare mio figlio e, nonostante quello che stavamo passando, io non avevo smesso di amarti.
E poi tu mi dicesti di essere incinta. Dopo quella rivelazione, le cose tra di noi iniziarono a sistemarsi. 
Il giorno prima della nostra partenza per New York, vidi una coppia, che si teneva per mano, passeggiare in riva al fiume. Poi la donna si fermò, abbracciò l'uomo con un gesto affettuoso e lo baciò. Riconobbi subito quella donna: era Annamarie. Rimasi spiazzato nel vederla con un altro, mi aveva detto di non avere un compagno, pochi giorni prima. Ma ormai non mi importava più. Volevo solo che le cose tra me e te tornassero come prima, non solo per il nostro bene, ma anche per quello di Alec, che all'epoca aveva due anni, e di Isabelle che era ancora nel tuo ventre.
Lasciammo Idris e ci trasferimmo a New York. All'inizio tutto sembrava andare per il verso giusto, ma il periodo di pace e serenità non durò a lungo.  
Due mesi dopo, ricevetti da parte di Annamarie un messaggio col fuoco, nel quale diceva di essere incinta di una bambina. Io non le credetti, ovviamente. Quella donna mi aveva mentito dicendomi di essere single quando invece non lo era, perchè avrei dovuto crederle? E comunque, tutti sanno che dire a un uomo di essere incinta è solo una grossa bugia per convincerlo a rimanere con lei. Annamarie non cercò di contattarmi mai più.
Ma poi, tre mesi fa, la nuda e cruda verità si presentò davanti ai miei occhi, senza alcun preavviso. 
La mattina seguente alla battaglia nella pianura di Brocelind, a Idris, tutti i corpi degli Shadowhunters morti vennero disposti in fila, per essere identificati e contati. Vidi una ragazzina dai capelli biondo cenere che piangeva sul cadavere di sua madre e, quando mi avvicinai per vedere di chi si trattasse, rimasi sconvolto. Quel cadavere era di Annamarie. Nonostante fossero passati sedici anni dall'ultima volta che l'avevo vista, lei era rimasta quasi uguale, se non fosse stato per le rughe che le erano comparse sul volto. 
Il mio cuore iniziò a battere furiosamente, mentre mi avvicinavo all'uomo che nel frattempo aveva appoggiato una mano sulla spalla della ragazza, come per cercare di consolarla. Quando gli chiesi chi fosse la ragazzina, lui mi disse che era la sua figlia adottiva e l'unica figlia di Annamarie. 
Inizialmente non volevo crederci, mi rifiutavo di accettare il fatto che per sedici anni non ho mai saputo di avere un'altra bambina. Mi maledissi per non aver creduto ad Annamarie, quando mi rivelò di essere incinta. Prima ancora che avessi il tempo di decidere cosa fare, l'uomo mi riconobbe. ''Io ti conosco. Tu sei Robert Lightwood, uno dei pochi componenti sopravvissuti del Circolo,  nonchè il padre di una bambina di cui non ti sei mai interessato. '' mi disse.  
Non potendo negare la realtà dei fatti, lo presi da parte e gli raccontai tutta la storia. Lui mi disse di essere Derek Whitelaw, il marito di Annamarie, e di essersi preso cura di mia figlia al posto mio, per tutto questo tempo. Mi disse che, due anni prima, lui e la moglie avevano rivelato a Taylor di essere figlia di un altro uomo, che forse non avrebbe mai conosciuto. 
Quel giorno fui obbligato a presentarmi a mia figlia, capendo che non potevo semplicemente dimenticarmi dell'accaduto e lavarmene le mani. 
Lei era furiosa, e aveva ragione. Mi disse di lasciarla in pace e di non cercarla mai più. Ma io non le diedi ascolto. Decisi che dovevo assolutamente fare qualcosa: passare del tempo insieme a lei, spiegarle il perchè della scelta che avevo fatto sedici anni prima, farle capire che non era mia intenzione stare lontano da lei per tutto questo tempo. 
Così, quanto tu e i ragazzi tornaste a New York, alla fine dell'estate, io rimasi con lei, con la scusa di avere degli impegni importanti ad Alicante.
Derek Whitelaw fu chiamato con urgenza all'Istituto di Praga e lei rimase a casa di sua zia Coraline, l'unica persona a lei cara sopravvissuta alla battaglia Mortale. Casa sua era stata distrutta e lei non aveva un altro posto dove andare. Avrei tanto desiderato avere una casa ad Alicante, in modo che potesse stare da me. Trascorremmo del tempo insieme, come ogni padre e figlia.
Un mese dopo, capendo che ero davvero pentito di ciò che avevo fatto, lei smise di essere acida con me e decise di darmi una possibilità. 
Ad un certo punto, però, capii che non potevo andare avanti in quel modo. Tu e i ragazzi stavate aspettando il mio ritorno a New York, mentre Taylor sperava che io rimanessi ad Alicante insieme a lei. 
Ero molto stressato in quel periodo, non sapevo cosa fare. Non potevo semplicemente mandarti un messaggio per dirti che avevo scoperto di avere una figlia dell'età di Isabelle e chiederti se per te fosse un problema che io rimanga con lei, per un po' di tempo. 
Poi mi venne un'idea. Aldertree era stato ucciso e il Conclave cercava un sostituto. La sede dell'Inquisitore è a Idris, ma lui può spostarsi quando vuole. Quindi decisi di candidarmi per diventare il nuovo Inquisitore. In questo modo avrei avuto un valido motivo per rimanere ad Alicante, ma sarei venuto a trovarvi spesso. Ero davvero soddisfatto di aver trovato una soluzione.
Ma poi venni a sapere che Jonathan Morgenstern era miracolosamente rinato, che girava a ruota libera e che Jace era diventato suo complice. 
Quando fui informato del piano malefico del figlio di Valentine e della battaglia in Irlanda, decisi che non potevo restare a Idris. 
La mia famiglia aveva bisogno di me. Taylor era al sicuro da sua zia, e non avevo un motivo di preoccuparmi, al momento. 
Le dissi che dovevo tornare a New York, spiegandole il perchè. Lei mi chiese di portarla con se, ma non potevo farlo. Come avrei potuto tornare da te portando la figlia di Annamarie insieme a me? Mi avresti buttato fuori di casa.
Dissi a Taylor che sarei tornato, tra qualche mese, ma lei non la prese bene. Mi accusò di abbandonarla per la seconda volta. Ma cos'altro potevo fare? Feci le valigie ed ora eccomi a casa. Non avrei mai pensato di trovare Taylor qui. -
Robert si sentiva la gola secca, dopo ave finito di parlare. Aveva un disperato bisogno di bere un bicchiere d'acqua. 
Prese la caraffa, al centro del tavolo, e si riempì il bicchiere. Nella stanza regnava un silenzio di tomba. Tutti avevano ancora lo sguardo puntato su di lui. La bocca di Alec e Isabelle era aperta per la sorpresa, il volto di Taylor era impassibile. Maryse era immobile, Jace era l'unico che stava mangiando. 
-Beh? - chiese infine Robert, quasi compiaciuto. -Ora siete voi che vi siete mangiati la lingua? -

Quello non era nè ferro, nè acciaio, nè bronzo, nè tantomeno adamas. 
Le pareti, alte e senza soffitto, di quella specie di gabbia in cui era rinchiuso Magnus erano fatti di un materiale -se così si può definire - che lo Stregone non sapeva identificare. Aveva letto il Libro Grigio e conosceva la struttura di gran parte delle trappole degli Shadowhunters.
Ma non aveva idea di cosa fosse quella prigione di luce. Inizialmente aveva pensato che si trattasse di una delle gabbie utilizzate dal Conclave per rinchiudevi i Nephilim fuorilegge e i Nascosti criminali, ma quella.. cosa non era opera del Conclave, in questo caso, bensì del malvagio fratello di Clary. 
Le pareti emanavano un bagliore bianco che inizialmente aveva infastidito la vista sensibile di Magnus, ma il figlio di Lilith aveva passato così tanto tempo ad osservarle, nel tentativo di capire come abbatterle, che ormai i suoi occhi felini si erano abituati a quella luce. 
Un'ora prima, il figlio di Valentine era tornato da lui per cercare di fargli rivelare dove teneva nascosto il Libro Bianco. 
Magnus si era aspettato che tornasse da un momento all'altro per dissanguarlo, ma poi aveva capito il motivo per cui non lo aveva fatto. 
Jonathan aveva paura del potere che il sangue di Magnus gli avrebbe conferito. Essere uno Stregone non è facile come può sembrare. Alcuni dei figli di Lilith muoiono giovani, incapaci di controllare i loro poteri. Sebastian aveva bisogno di quel libro per imparare a compiere gli incantesimi, perchè altrimenti il suo potere non gli sarebbe servito a molto. 
Magnus non era riuscito a credere alle parole del ragazzo, quando gli aveva detto che il motivo principale per cui voleva il Libro Bianco era far innamorare Clary di se. Poteva avere tutte le ragazze che voleva - perchè infondo, bisogna ammetterlo: è un tipo affascinante con i suoi capelli quasi bianchi, le ciglia smisurate e gli occhi neri - perchè voleva proprio sua sorella? Questo lo Stregone non era riuscito a spiegarselo. 
In ogni caso, non gli avrebbe mai rivelato dove teneva nascosto il prezioso libro, anche a costo di rinunciare alla propria vita. Una vita che ormai non gli dava più alcuna soddisfazione. Da quando era stato costretto a rinunciare ad Alec, era come se non gli importasse più di niente. 
Prima di essere rapito, nel bel mezzo della notte, passava le giornate a cercare di recuperare il sonno che di notte non ne voleva sapere di arrivare. Non usciva, mangiava poco, a volte si metteva addirittura a riordinare la casa, per cercare di distrarsi. 
Magnus era del tutto convinto che sarebbe morto, in quella prigione luccicante. Forse sarebbe stato ucciso da Jonathan, forse sarebbe morto di tristezza e solitudine. Alec gli aveva salvato la vita due volte, ma questa volta era diverso: loro due non stavano più insieme e probabilmente Alec lo odiava per averlo lasciato. Perchè mai avrebbe dovuto cercare di salvarlo? 
I pensieri di Magnus vennero interrotti dalla sensazione di un liquido saldo che scendeva dai suoi polsi e macchiava il pavimento. L'oggetto che gli teneva i le mani legate dietro la schiena gli aveva lacerato la carne e ora stava sanguinando.
Magnus chiuse gli occhi. Forse non poteva abbattere le pareti della gabbia, ma avrebbe potuto almeno liberarsi i polsi. 
Si ricordò di quando era piccolo e il suo patrigno aveva cercato di affogarlo, pur di sbarazzarsi di quel figlio del diavolo. Magnus, con la sola forza del pensiero, lo aveva carbonizzato sul posto. 
Era o non era il Sommo Stregone di Brooklyn, infondo? Si concentrò e dopo qualche istante avvertì il calore delle scintille che si formavano intorno ai suoi polsi. Ce l'aveva quasi fatta. Sentì la stretta dell'anello di fuoco allentarsi e poi sparire definitivamente, liberandolo.

ANGOLINO DELL'AUTRICE
Raga, sono sopravvissuta a questo capitolo (?) Il racconto di Robert è stato impegnativo da scrivere, ma spero che lo abbiate apprezzato almeno un pochino. In questo periodo sto scrivendo come una pazza perchè non ho altro da fare lol
come al solito, le recensioni sono benvenute. Ditemi che ne pensate, accetto le critiche costruttive :)
  
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