Storie originali > Azione
Segui la storia  |       
Autore: lupacchiotta blu    06/04/2014    1 recensioni
Valentina è una ragazza come ce ne sono tante: i suoi genitori la amano, ha un cane fedelissimo, un migliore amico-fratello, è determinata, intelligente,pratica uno sport che ama... ma che cosa succederebbe se il suo mondo cambiasse, se venisse invaso dagli zombie? E se la sua famiglia non volesse seguirla? Cosa farebbe lei? Scapperebbe impaurita o farebbe l'eroina della situazione? Questo è un mistero, ma ha dalla sua parte un'arma formidabile: è un po' paranoica, e non si può prenderla alla sprovvista.
Genere: Avventura, Azione, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
25 gennaio 2014- Ora: boh, nessuno fa caso all’ora in questi casi. Diciamo più o meno a mezzogiorno

 
Siamo scesi e ora siamo tutti in piedi sullo stretto passaggio sulla roccia.
Gli zombie si dimenano sotto di noi, cercano di afferrarci con le loro mani, ma noi siamo troppo in alto per loro.
Sono ancora più brutti di come li ricordassi: occhi vitrei, pelle in decomposizione viscida e puzzolente, arti mancanti o a penzoloni, interiora sparpagliate, sangue marrone rappreso sui vestiti sgualciti.
Deve essere stato lo scongelamento a renderli ancora più puzzolenti, infatti, il loro nuovo odore mi ricorda quello della carne marcia e fetente nel congelatore spento di una decina di giorni fa.
Le guardie sull’altra torretta ci guardano, tra loro vedo Davide e Giuseppe. Chissà cosa staranno pensando, probabilmente che siamo dei pazzi.
< Ascoltatemi! > urlo per sovrastare il chiasso che viene da sotto di noi < dobbiamo decidere chi va al tir! Io non posso perché non so guidarlo! >.
< Vado io! > dice un ragazzo sui vent’anni.
< Ok! Come ti chiami?! >.
< Andrea! >.
< Bene Andrea, dopo che avremo buttato giù la torre, dovrai essere velocissimo, perché il baccano sarà così forte da attirare ancora più zombie dalle vicinanze, capito?! >.
< Conta su di me! >.
 
Sistemiamo tutte le armi a qualche metro da noi e appoggiamo le schiene alla parete. Con le mani ci teniamo saldamente alle protuberanze e con entrambe le gambe spingiamo il lato più vicino della torretta.
Questa ha uno scheletro interno di ferro e legno, e una copertura di assi di legno.
Spingiamo con tutte le nostre forze fino a diventare rossi in faccia dallo sforzo, e finalmente sentiamo che la base sta cedendo.
Piano piano allunghiamo le gambe, diventa sempre più facile, sta cadendo da sola! Il legno si spacca in più punti alla base,si disintegra in schegge e pulviscolo, il ferro non regge il peso e si spezza sonoramente.
La torre crolla a terra chiudendo la falla più grande, schiacciando decine di zombie e bloccandone fuori a centinaia e nonostante la caduta rovinosa, è ancora abbastanza solida da tenere a bada i merdosi per un bel po’.
< Ce l’abbiamo fatta! > urliamo felici.
< Andrea, adesso tocca a te! Francesca ti coprirà le spalle sparando agli zombie che ti attaccheranno! >.
Il ragazzo si sposta agile fino alla barricata che è due o tre metri sotto di lui, la supera e si ritrova proprio sopra il tettuccio di uno dei due tir.
Salta e atterra con un tonfo su di esso. Riesco a vedere che fa “OK” con la mano.
Quattro zombie lo hanno sentito e si stanno avvicinando al camion, ma lui è veloce: scende dal tettuccio ed entra al posto di guida, mette in moto e dopo qualche tentativo il motore parte.
La scena a cui assistiamo è degna di un film horror-splatter: il tir investe e maciulla decine e decine di non morti, facendoli a pezzi o scaraventandoli a qualche metro. Quando vengono colpiti, i loro corpi si smembrano, il loro sangue gelatinoso e marrone ricopre il muso del camion che si avvicina al secondo foro, spostando l’orda di non morti come un caterpillar sposta la terra in un cantiere edile.
La barricata adesso è a posto.
Le guardie esultano di gioia e i carpentieri sulla torre opposta pure.
Sono tutti felici, mi danno pacche sulle spalle, mi dicono che sono brava, che sono sprecata in paese.
Finalmente l’hanno capito, adesso sanno cosa posso fare! Vorrei anche io unirmi alla festa, ma purtroppo devo rovinare l’atmosfera a tutti:
< Prima di mettere la parola fine all’episodio, dobbiamo far fuori gli zombie che sono entrati! Per nostra fortuna non possono arrivare in città, perché dopo un centinaio di metri la salita è troppo ripida, ma sono comunque un pericolo! Dobbiamo farli fuori definitivamente! >.
Si alza un coro di approvazioni:
< Ben detto! >.
< Sì, facciamo vedere a quei mostri chi siamo! >.
< Adesso spacchiamo i culi! >.
Ma guarda un po’ te… un minuto prima erano dei coniglietti impauriti e adesso sembrano leoni famelici.
 
Andrea esce faticosamente dal finestrino, sale sul tettuccio e si fa lanciare una fune dagli altri. Viene issato e da lontano vedo che gesticola e spiega tutto alle altre guardie.
Adesso arriva la parte più difficile del piano: far fuori i cinquecento zombie che sono entrati.
Sono così tanti che si sono spinti fino al primo pezzo della salita, ma non riescono ad avanzare perché la strada è troppo pendente.
Questo significa che loro non possono arrivare al paese e noi neppure.
Dobbiamo per forza farli fuori.
Abbiamo ancora ottanta proiettili e una cinquantina di cartucce, più picconi, zappe e martelli. Gli altri non sparano da un po’, penso abbiano finito quasi tutto. Speriamo di resistere abbastanza a lungo perché i concittadini si allarmino non vedendomi tornare. Potrebbero mandare qualcuno a controllare e poi altri rinforzi.
Mi ricordo come ho fatto a uccidere alcuni zombie la prima notte di fuga dal bunker. Con le braccia a penzoloni e il piede di porco arrivavo giusto giusto alle loro teste, riuscendo a spaccarle.
Adesso la faccenda è un po’ diversa, a dire il vero: a separarci dai cadaveri ambulanti ci sono circa un paio di metri, a volte di più a volte di meno, ma siamo comunque troppo in alto.
< Valentina, ho un’idea! > urla Francesca < Potremmo prendere una macchina e salire in fretta fino in paese! >.
Non è una brutta idea. Visto che la benzina non cresce sugli alberi come le mele, o nel sottobosco come i funghi, e non si deposita nemmeno su mobili come la polvere, le macchine sono state parcheggiare quasi tutte qui vicino e non le usa mai nessuno.  C’è solo un piccolo particolare: sono precedute da un muro di zombie.
< Dovremmo riuscire a farci strada tra i non morti, è pericolosissimo! >.
È anche vero che il mio mulo mi ha lasciata qui e poi se l’è data a gambe, perciò il mezzo più vicino è proprio un’auto.
< Senti > dice Francesca < facciamo così: andiamo in tre, io tu e un altro. Procediamo su questa parete più che possiamo, poi ci apriamo un varco fino alle macchine, che essendo in salita, non sono ancora state raggiunte dagli zombie >.
Mi guarda speranzosa: se abbiamo attuato un piano pazzo come il mio, raggiungere le automobili sarà una passeggiata.
< Ok, ci sto! > rispondo. Poi, rivolgendomi agli altri:
< Chi viene con noi?! Ci basta un volontario! >.
< Sticazzi > grugnisce Simone. Ci faccio caso a malapena.
< Vengo io! >. Il vecchio si offre volontario. Dice di chiamarsi Mosè, e anche se ha barba e capelli bianchi, non ha nemmeno cinquant’anni, si è solo “imbiancato” precocemente.
 
 
< E adesso che si fa? > chiede il vecchio.
Siamo arrivati al punto più vicino al parcheggio, ora dobbiamo scendere in mezzo ai non morti e farci strada per circa 100 m.
Il terreno è già leggermente in pendenza e gli zombie qui sono di meno, ma sul nostro percorso ideale ne posso contare almeno una cinquantina.
< Passiamo al piano B > avverto io.
< Quale piano B? Ne esiste uno? >. Francesca è spaesata.
< Sì, l’ho pensato ora. Tu sei una brava tiratrice, giusto? Sei stata messa qui apposta. Non puoi essere tu a guidare la macchina, tu devi coprire le spalle a me a e lui > dico indicando il vecchio < ci saranno molti zombie che si avvicineranno e tu dovrai farli fuori con il fucile, perché da soli non possiamo riuscirci noi due, visto che abbiamo solo questi catorci >.
Già, abbiamo dei veri e propri oggetti sconquassati per armi: io ho un’ascia lunga come il mio braccio, così arrugginita che non so dove finisce il manico e dove inizia la lama, mentre babbo natale è equipaggiato solo di una pistola a cinque colpi e un piccone.
Altro che terminator, in questo stato cappuccetto rosso farebbe più paura di noi. Cappuccetto rosso farebbe paura a noi.
< Capisco. Io ho trenta proiettili e dieci cartucce. Farò il possibile, ma state sempre attenti > dice preoccupata.
< Tranquilla, ci penso io alla piccola >.
< Grazie Mosè >. Pare sollevata.
< Hey! Non sono piccola! > mi lamento scherzosamente.
< Ahahah! Pulce! >. Il vecchio se la ride di gusto < Certo che sei piccola! Mi arrivi appena alle spalle! >.
E per la prima volta noto la sua stazza. Il gigante buono.
 
Per scendere dobbiamo almeno attirare lontano qualche zombie, quindi Mosè lancia dei pezzi di pietra irregolari addosso a un cumulo di lamiere e materiali da costruzione. Il frastuono supera il lamento collettivo dei non morti, che si lanciano all’assalto.
Sembrano tante formiche che si avventano su un povero e malcapitato insetto.
Silenziosamente scendiamo, ma quando sono a un metro da terra il mio piede destro perde l’appoggio e cado per terra.
Sento il panico salire: mi rialzo in fretta, ho paura che loro si accaniscano su di me, ma mi rendo conto che sono troppo occupati con travi di legno e ferro vecchio.
< Forza, andiamo > sussurra l’uomo < prendiamo quella fiesta nera, le chiavi sono dentro >.
Camminiamo velocemente nella speranza di non essere visti né sentiti, ma a metà strada un paio di zombie si accorgono dello scricchiolio dei nostri scarponi sull’asfalto sporco di ghiaia e sabbia.
Si girano e sembra quasi che ci fissino con i loro occhi bianchi e vuoti. Gorgogliano, e schizzi di liquido brunastro escono dalle loro gole.
Uno non ha più il naso e metà della pelle del viso, mentre l’altro è completamente senza scalpo e il braccio sinistro è attaccato al resto del corpo solo tramite una striscia di pelle.
Sento due spari vicinissimi, l’uno all’altro e i due cadono a terra. Francesca ci fa il segno “Ok” con il pollice.
Purtroppo, l’attenzione che prima ci mostravano solo i due gentiluomini, adesso vogliono riservarcela anche altri quindici zombie.
Si frappongono nuovamente tra noi e il parcheggio e ci si lanciano addosso, marci come non mai: pelle a brandelli, arti mozzati, mascelle cadenti, sangue gelatinoso… non esattamente dei fusti, insomma.
< Ok, la furtività è andata a quel paese, dobbiamo combatterli, prima che anche quelli più a valle ci circondino! >.
< Ricevuto capa! >.
Gli spari di Francesca colpiscono con precisione i bersagli, ma non quelli troppo vicini a noi: rischierebbe di ferirci.
Davanti ho una donna piuttosto vecchia che apre e chiude le mascelle sbattendo i denti: la lingua mozzata pende a un angolo della bocca, è davvero disgustosa e la decapito subito.
Sfondo il petto a un altro e fracasso il cranio a quello dietro di lui. Il vecchio pensa a quelli che colpisco ma non uccido.
Con un calcio stacco la testa a quello che doveva essere un cinese e con un salto atterro un dodicenne, spezzandogli la schiena in più punti con un sonoro “Crac!”.
< Sono tantissimi, stai attenta! >.
< Tranquillo, so tenerli a bada! >.
Sì, so tenerli a bada… peccato che siano troppi, e che quelli più a valle stiano salendo lentamente. Se ci circondassero sarebbe la fine… quanto vorrei che Davide fosse a combattere qui con me!
Uccido zombie su zombie, ma per ognuno di loro che cade un altro prende il suo posto.
Sia io che il gigante buono sentiamo la fatica, ma non possiamo mollare, sono in troppi a contare su di noi!
Ci facciamo strada per alcuni metri verso le macchine, ma siamo troppo lenti e altri non morti si avvicinano.
Ormai sono quasi irriconoscibili, si capisce a malapena il sesso, l’età e l’origine di provenienza,sono un’onda assassina che vuole solo mangiarti. È strano come in queste condizioni si possa comunque riconoscere qualcuno. Qualcuno che non vorresti fosse lì.
 
-Qualche giorno prima…
< Mamma, vorrei sapere una cosa… >. Sono titubante, vorrei sapere già tutto e non doverle chiedere nulla.
< Dimmi >. Lo sospetta già. È mia madre, non posso tenerle nascosto nulla…
< Come è morto papà? >. Boom! Ecco che ho sganciato la bomba.
< Valentina… >.
< Devi dirmelo, ho il diritto di saperlo >. Tento di fare la dura, ma mi sa che non funziona tanto bene.
< Beh… hai ragione, è giusto che tu lo sappia >.
Fa una pausa, si siede sul materasso improvvisato nella sua aula-casa e comincia a raccontare.
< Vuoi sapere tutto dall’inizio? >.
Annuisco con la testa.
< Bene >. Sospira: sa che se voglio qualcosa sono più testarda di un mulo e più rompicoglioni di un vecchio in pensione.
< Pochi minuti dopo che hai chiamato, quella sera, ho apparecchiato. Mentre sistemavo i piatti, tuo papà è uscito a buttare la spazzatura e poi entrato in casa molto spaventato: stava indietreggiando davanti a qualcosa, o meglio, qualcuno. Era uno zombie. Lo ha colpito alla gola, ma lui non ha sentito dolore, continuava ad avanzare… ho avuto una paura terribile… >. Fa un’altra pausa.
Mi alzo dalla sedia e mi siedo accanto a lei.
< Vai avanti, mamma >.
< Tuo papà lo ha atterrato in salotto. Abbiamo afferrato le giacche al volo, siamo usciti di casa e dei militari ci hanno presi di peso e caricati su dei camion. Avevo il cellulare, ho provato a chiamarti ma non rispondevi… >. Le si inumidiscono gli occhi al solo pensiero, la voce si fa sottile.
< Così.. > tira su con il naso < ho riprovato altre volte, quando i militari ci hanno ordinato assoluto silenzio. Sì, come no… avresti dovuto sentire le altre donne come piangevano: molte di loro non avevano i figli con loro… >. Singhiozza ma trattiene le lacrime. Le cingo le spalle con un braccio e la stringo forte.
< I soldati erano stati mandati da non so chi per raccattare tutte le persone che trovavano, ma non volevano sentir ragioni riguardo a figli dispersi o mancanti. Dovevamo fuggire in fretta e furia, dove non so.
I militari sono morti tutti nel giro di poche ore per proteggerci, allora io e tuo padre siamo fuggiti: per qualche giorno abbiamo dormito nella case vuote, divorati dalla paura, dall’ansia e dalla tua mancanza… poi ci siamo uniti ad altri fuggitivi. Sapevo che eri con Davide, ne ero certa. Non mollavo la speranza di poterti rivedere. Io e tuo padre sapevamo che ti saresti rifugiata nel bunker e poi saresti scappata sulle montagne: ci sembrava strano che volessi risistemarlo proprio allora >. Sorride debolmente e mi dà un buffetto sulla guancia.
< Come facevi a sapere che eventualmente sarei andata sui monti? >.
< Sono o non sono tua madre? Conosco le fissazioni “strategiche” di mia figlia. Paranoica come sei, tendi sempre a predisporre tutto nei minimi particolari in caso di pericolo. La montagna è sicura, quindi saresti certamente venuta qui. Ovviamente, non sapevo esattamente dove, averti trovata qui è stata una fortuna >.
Sorrido: la mamma conosce i suoi polli, e io pure: si dilunga cercando di cambiare discorso.
< Vai avanti > la esorto. Sospira debolmente.
< Due giorni prima di arrivare qui, tuo padre… > la voce si fa più bassa < è morto per salvarmi da un incidente: stavano cadendo delle macerie e lui mi ha spinta via appena in tempo… >. Scoppia a piangere. Adesso mi sento in colpa per aver chiesto. Non volevo farla star male.
< Quindi papà non è morto per gli zombie? > sussurro.
< No >.
E non chiedo altro.
 
Cosa ci fa lui qui?! La mamma aveva detto… perché mi ha mentito?
Alto, cammina curvo e con le braccia tese. Il mento è incrostato di sangue rappreso, i vestiti sgualciti, gli occhi vitrei. La pelle è strappata in più punti, la pancia è solcata da una ferita profonda e le costole sporgono in più punti, zoppica con una gamba.
È sicuramente lui. Davanti a me, dietro una quindicina di zombie, c’è mio padre.
 
 
Mi accorgo di essere rimasta imbambolata quando un urlo del vecchio mi desta:
< Valentina! Che succede?! >.
Gli zombie si avvicinano.
Non riesco a rispondere, non riesco a dire niente. Il gatto mi ha mangiato la lingua.
Allora, i non morti… lo hanno ucciso… sono stati loro…
La testa mi gira un po’, mi si fa un groppo alla gola.
Sento caldo, sto sudando sotto la giacca a vento. La rabbia che provavo prima verso Simone è nulla a confronto. L’astio cresce dentro di me, non ce la faccio più.
Quanto li odio! Quanto vorrei che non esistessero!
Digrigno i denti e colpisco con ferocia il primo zombie che mi si parano davanti. Le sue ossa si spezzano come gusci d’uovo.
< Bastardi! Dovete morire! >. Quasi non mi accorgo di gridare, fino a un attimo fa avrei giurato di non aver voce.
< Vi odio! Vi detesto! >. Affondo l’ascia in un cranio e arrivo quasi fino alla gola, sento le braccia assorbire l’impatto fortissimo.
Ne decapito uno, infierisco violentemente sul corpo di uno zombie strisciante. Meno fendenti a destra e a manca, guidata dall’odio più ceco.
< Assassini! Dovete morire tutti quanti! >. Non è la mia voce, è il ringhio di una bestia feroce e omicida.
Vedo rosso, ormai non uccido più per salvarmi la pelle, uccido per il piacere di farlo, per vendetta.
< Ahhh! Muori! Muori! Muori! >.
Ogni colpo è seguito da un altro, anche se non necessario. Spacco le loro teste con tutta la violenza possibile. Vorrei che potessero provare dolore, voglio vederli soffrire!
Uno zombie si tira avanti sulle braccia, io gli salto sulla schiena e pesto la sua testa fino a quando non è completamente in frantumi.
Altri zombie avanzano, quindi scendo dal malcapitato e indietreggio di qualche passo sui miei scarponi sporchi di sangue marrone e gelatinoso.
Stringo i denti e urlo di rabbia a ogni nuovo attacco. Sento il desiderio di morderli, di strappare le loro membra come un lupo affamato, vorrei sentirli soffrire e piangere di dolore!
Forse l’uomo accanto a me sta urlando qualcosa, ma non riesco a capire, sento solo il rumore delle ossa rotte e il mio cuore che batte all’impazzata. Gli zombie si avvicinano ai lati, ma ne ho anche per loro, mi sento carica di un’energia inesauribile.
Stringo con forza il manico dell’ascia e mi lancio all’attacco.
< Ne ho anche per voi, brutti stronzi! > sbraito quasi con la schiuma alla bocca.
< Sacchi di merda, vi uccido tutti! Ahh! >.
Mi fa male la testa, ma il dolore diminuisce quando sento il mio sangue colarmi dal naso. Non ero mai stata così arrabbiata, e a  forza di inveire improperi su di loro mi brucia la gola. Mi sfioro la fronte e il collo, accorgendomi di avere le vene gonfie.
Attorno a me ci sono un sacco di cadaveri smembrati, li supero, spacco altre teste con furore, urlo per sfogarmi, mi avvento sui loro corpi già esanimi. Come se questi assassini avessero un’anima.
Sto sudando, ho troppo caldo, non so quanti ne ho uccisi, ma vorrei distruggerne ancora!
Per colpa dei violenti impatti il manico dell’ascia si è un po’ incrinato e rischia di spezzarsi completamente, ma questo non mi ferma.
Questi schifosi assassini! Desidero solo distruggerli, ridurli in polvere! Non deve restare nulla di loro! Devono sparire dalla faccia della terra!
< Ahhhh! Crepa bastardo! Vi odio! >.
Non riesco neanche più a ragionare, ho solo un obbiettivo, ma… arriva il momento tanto temuto. Adesso è davanti a me, non ci sono altri zombie tra noi.
Sento che la collera lascia il posto alla disperazione.
Cosa faccio adesso?
Papà… perché è arrivata questa piaga? Perché proprio ora? Avrei voluto avere più tempo per noi… dobbiamo ancora fare un sacco di cose insieme…
 
 
< Papi, pecchè nonno è qui in opedale? >.
< Il nonno non sta troppo bene, piccola mia > dice papà facendomi sedere sulle sue ginocchia.
< Io non ciono piccola! Ho già tanti anni cogì! > dico fiera mostrando quattro dita.
< Già, già… ormai sei una bambina grande… >. Papà parla ma non mi guarda. Fissa solo una porta bianca.
< Tesoro > dice la mamma < Che ne dici se andiamo al bar cinque minuti? >.
< Ma io voio restare con il papi… >.
< Tranquilla, piccolina > dice lui < io aspetto qui buono buono >. Sorride debolmente.
La mamma mi porta a bere qualcosa e quando torniamo papà è tristissimo.
< Papi… cogia è succeccio? >. Prendo la sua mano abbronzata, grande e forte con la mia, candida,piccola, addirittura minuscola confronto alla sua. La stringe piano e mi dà un bacetto sulla fronte. Ha gli occhi lucidi.
La mamma lo stringe forte, lei piange. Io ci capisco poco, ma forse…
< Papi, il nonno dove è? >.
Deglutisce e si asciuga gli occhi. Inspira e sorride:
< Il nonno è andato in cielo, adesso sta bene >.
< Pecchè pangi? >. Forse il nonno sta bene, ma il papà no.
< Non è nulla, va tutto bene >.
 
Solo una decina di anni dopo venni a sapere che mio padre decise per l’eutanasia del nonno. Il suo male era incurabile, e il nonno aveva chiesto di “staccare la spina” se la situazione fosse peggiorata. Quando papà mi raccontò la storia, aggiunse scherzosamente di fare la stessa cosa se gli fosse capitata una cosa simile. Probabilmente non pensava che non sarebbe mai successo, ma si sbagliava.
Ora si avvicina con passo strascicante, muove le braccia alla ceca, respira faticosamente.
C’è solo una cosa da fare, ma ho paura...
No, non posso risparmiarlo solo perché è stato mio padre: adesso è un pericolo, deve essere eliminato, anche se io non voglio. Se potesse me lo chiederebbe lui stesso.
< Papà… ti voglio bene. Spero che proteggerai la mamma e me da lassù, se non ci sei già >.
Alzo l’ascia, prendo il respiro e con un colpo ben assestato, pongo fine all’esistenza di mio padre come lui mise fine a quella del suo.
 


Angolo dell'autrice:
Mi sa che sono stata un pò cattiva, ma questi ragazzi cominciavano a poltrire un pò troppo in montagna. 
Per Valentina quest'esperienza è devastante, ma è cruciale per la continuazione della storia: il suo odio per gli zombie crescerà in modo tale che... beh, lo scoprirete leggendo questa storia fino all'ultimo capitolo!

Lupacchiotta blu
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Azione / Vai alla pagina dell'autore: lupacchiotta blu