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Autore: anqis    06/04/2014    3 recensioni
Kuuga non è capriccioso, né si comporta così per ferire le ragazze, non ne trae alcune divertimento nel vedere la delusione – come quella di Kurumi quando fingeva di non vedere – colorare i loro occhi pieni di aspettative. Per questo motivo, tronca tutto sul nascere. Perché di venire accettato per ciò che non è altro che una illusione, ne ha abbastanza. È stanco di tutti i pregiudizi, preferisce quindi mettere le carte bene in tavola, e questo sono io con le mie rose bianche e i fiori neri.
[..]
E gli occhi di Sakura si illuminano, ma questa volta Kuuga non vede nessuna illusione, solo il suo viso un po’ pallido e smunto riflesso, con i pregi e i difetti che lei sembra accettare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuuga Sakurai, Sakura Hanazono
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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To be
 
 

20
 
«Kuuga» sospira Ko aggiustandosi gli occhiali, le palpebre abbassate per celare la delusione e le spalle lente contro lo schienale del divanetto. «Quando ti deciderai a crescere?»
Kuuga non risponde, si limita a serrare le labbra in una smorfia infantile e a dargli le spalle, rivolgendo la sua attenzione sui passanti che camminano per le strade della città. Ignora i continui rimproveri del suo migliore amico, i gemiti di Yuji – che ha da fare tanto casino? – e Sho che si sofferma con le labbra sulla tazza e insolitamente parla: «E questi qui, che vogliono?» domanda riferendosi ai tre camerieri che li fissano con aria minacciosa. Sembrano quasi voler ridurre in cenere i block notes tanta è la forza con cui li stringono tra le mani.
Si passa una mano tra i capelli biondi cenere e si alza, suggerendo con un’occhiata di farlo passare. Con le mani in tasca e la cravatta della divisa allentata, lascia il Sun-VacaCafe, il tintinnio delle campanelle appese alla porta che colmano il silenzio teso del locale.
Ko non capisce, e forse – pensa leccandosi le labbra – è meglio così. È solo che Kuuga è stanco di venire rimproverato per il suo atteggiamento nei confronti delle fan, non quando il suo migliore amico e gli altri non vedono che il capriccio di un bambino, quando sotto, dietro i sorrisi maliziosi, i numeri di telefono stracciati e le serate che diventano mattine, c’è molto di più. C’è Kuuga che a sedici anni non sa più distinguere se stesso dal Kuuga degli Uxmishi, che forse non se lo ricorda neanche più, com’era. C’è un ragazzo che sotto il peso di un successo improvviso e non aspettato, si è lasciato trascinare dalla notorietà e si è dimenticato che non tutto è come sembra.
A ricordarglielo, è stato un viso che non riesce a cancellare dalla sua mente. Due occhi nocciola e capelli color inchiostro, un sorriso gentile e un messaggio nella segreteria telefonica.
Non sei come credevo.
 
Kurumi, l’ha conosciuta al loro centoventiduesimo concerto, quando ancora i ragazzi e lui li contavano. L’aveva notata subito, in prima fila con gli occhi persi e le labbra che si muovevano insieme alle sue, unite dalle stesse parole che lui aveva scritto pensando a qualcuno che non c’era, ma che sapeva avrebbe trovato. Aveva desiderato fino alla fine della canzone, che i loro occhi si incrociassero e quando casualmente, alle ultime note, i loro sguardi si erano incontrati, Kuuga si era ripromesso di rivederla.
All’uscita, con i capelli devastati e l’odore di sudore che una boy-band di ragazzi dopo un concerto può emanare, l’aveva vista, nascosta da altre ragazze. E lui non si era lasciato intimidire dalla folla di occhi per lui, né dagli ammonimenti di Ko che proprio in quel momento cominciavano a rimbombargli nella mente – niente storie con le fan. Con passo sicuro di chi ha imparato a muoversi sul palco, l’aveva raggiunta e aveva estratto dalla tasca dei jeans stretti una delle rose bianche con cui si firmava. Il rossore che aveva dipinto le guance di Kurumi era stato l’assaggio di una vittoria certa, così come la voce tremante con cui aveva accettato quel piccolo dono.
«Kuuga» il solito sorriso strafottente, «libero e single, ancora per poco.»
Il rossore era diventato ancora più acceso. «Kurumi» aveva risposto inclinando appena il viso e sciogliendo sul collo nudo, linee di inchiostro. «Se questo è il tuo modo di approcciare, mi sa che lo rimarrai per un po’.»
Kuuga, un po’ capriccioso alla fine ammette di esserlo, oltre ad essere esuberante, ma soprattutto orgoglioso e caparbio. Tuttavia, per lei, aveva incassato quella frecciatina con un sorriso divertito e si era ripromesso, questa volta, di vederla ancora e ancora.
Cominciarono ad uscire insieme e inaspettatamente le settimane diventarono mesi, due, quattro, sei. Kurumi divenne la mascotte della band e i ragazzi la accolsero bene tra di loro. Diversamente fu la reazione delle fan: il successo cominciò ad apparire sempre più distante e le folle, che una volta riempivano le strade buie delle uscite secondarie dei locali dove si esibivano, diminuirono  vista d’occhio.
Kuuga, frustrato, più volte aveva ribadito che di quelle fan se ne fregava e non voleva assolutamente averci nulla a che fare, e che sicuramente avrebbero fatto carriera. Ma le loro richieste non parvero migliorare e loro serate sul divano di casa di Sho divennero man mano più frequenti – non ce l’avete una casa voi?
E Kuuga, testardo com’era, non si sarebbe mai smosso dalla sua idea, non se l’alternativa era perdere Kurumi. Ma le sue sicurezze avevano cominciato a vacillare insieme ai sentimenti di Kurumi per lui. I loro appuntamenti diventarono più radi, i sorrisi gioiosi in labbra alzate, e pure i loro baci, in semplici sfioramenti. Tuttavia Kuuga fingeva di non vedere nulla, fino a quando quel messaggio in segreteria.
Basta- perché stai male tu e sto male io.
Ti voglio bene, ma questa storia non altro che una menzogna, una mia fantasia.
Mi ero costruita un’immagine di te di cui mi sono innamorata, ma non sei tu, Kuga.
Non sei tu, ciò che voglio.
Scusa.
Non sei come credevo.
 
Kuuga non è capriccioso, né si comporta così per ferire le ragazze, non ne trae alcune divertimento nel vedere la delusione – come quella di Kurumi quando fingeva di non vedere – colorare i loro occhi pieni di aspettative. Per questo motivo, tronca tutto sul nascere. Perché di venire accettato per ciò che non è altro che una illusione, ne ha abbastanza. È stanco di tutti i pregiudizi, preferisce quindi mettere le carte bene in tavola, questo sono io con le mie rose bianche e i fiori neri.
Ha seguito il consiglio di Ko, niente storie con le fan, allora cosa c’è che ancora non va? Ha visto negli occhi di Sakura, le fan che ha abbordato all’ultimo concerto, disegni e fantasie rosee di una realtà falsa. È stata pure e semplice gentilezza, la sua, quella di farle capire che con lui non ha alcuna speranza. Forse, ripensando ai suoi occhi lucidi, avrebbe potuto farlo in modo diverso, evitando di provarci con la sua amica –  Misaki-chan, giusto?
Si sofferma con il pensiero su quest’ultima ed una grande rabbia gli sale dentro. Stringe i pugni. Non possono non aver notato la somiglianza tra Misaki e Kurumi. I capelli scuri e scompigliati, gli occhi nocciola – forse più chiari – e la stessa risata leggera. Quando poi era venuto fuori che fosse pure presidente del concilio degli studenti, l’immagine di Kurumi in divisa con la targhetta che più volte aveva sfoggiato, aveva riempito ogni suo pensiero.
Non ci pensava da mesi, e lì sedute di fronte a lui c’era una ragazza che le somigliava da chiudergli lo stomaco – io non prendo niente, grazie – e un’altra, Sakura, che aveva conosciuto nel medesimo modo.
Sakura era il contrario opposto di Kurumi, i capelli rosa e le guance perennemente rosse erano solo alcune delle caratteristiche diverse che le distingueva. Anche il modo in cui semplicemente era ceduta a lui quando le si era avvicinata, all’uscita del locale – lo stesso locale – con la rosa in mano e l’unico scopo di espandere il loro pubblico. Nessuna battuta piccata, solo un sorriso e un grazie balbettato. L’aveva sin da subito trovata patetica.
Eppure, mai avrebbe immaginato di vederla scattare in piedi e zittirlo con un «smettila!» e soprattutto, pronto per essere insultato per averla trattata male, di venire sgridato per il modo in cui stava parlando alla sua amica Misaki. Tra tutte le cose, quello. Divertito, non era riuscito a trattenersi dal domandarle, sorriso spietato sulle labbra, «Che succede, Sakura-chan, stai cominciando ad odiarmi?»
Un attimo che l’amica lo aveva tirato per la cravatta gridandogli ad un centimetro dal naso, lo sguardo colmo di rabbia, che non avrebbe mai permesso che Sakura si innamorasse di un lurido verme – tali parole – come lui.
Come se quella pazza e la patetica fan avessero visto il vero lui.
Sospira, Kuuga, stanco di tutto e tutti. Si sistema il colletto della camicia stropicciata mentre svolta strada, lasciandosi alle spalle un pomeriggio di ricordi dolorosi.
 
 

 
(20 – 32)
 
«Kuuga, sei un’idiota.»
Yuji ride seduto tra le lenzuola del letto ospedaliero dove è costretto a rimanere per un po’ di tempo. Kuuga sbuffa alzando gli occhi al cielo con le braccia conserte e una domanda a cui ancora non si è dato una risposta: perché tra tutti, è amico di questi?
«Non quanto il tuo soprannome, William Adam Yuji» replica a sua volta lasciandosi andare contro il cuscini morbidi alle sue spalle.
Yuji fa una smorfia. «La prossima volta che devi farti figo ad una partita di basket, assicurati che il tuo avversario sia lento come sembra: così eviti di venire ribaltato quando tenti uno dei tuoi soliti inutili dribbling.»
Kuuga alza il mento inclinando il viso in un movimento che sa di arroganza. «Senti, pelo canuto» comincia riferendosi alla tinta troppo chiara di Yuji, «perché non prendi una di quelle bacchette che usi per la batteria e te la infili su per il-»
«Voi due» è Ko, tornato da una chiacchierata con il dottore, «smettetela immediatamente di dare spettacolo» li ammonisce appoggiandosi alla testata del letto dove riposa una mano di Sho, addormentato. È incredibile come riesca a dormire quando e ovunque vuole.
Kuuga inarca le labbra in un sorriso strafottente. «Se ci fosse stato qualcuno, avrei messo direttamente in pratica il consiglio che stavo dando a Yuji» fa notare suscitando due lunghi sospiri da parte dei due.
«Piuttosto» continua Ko, ignorandolo. «Il dottore ha detto che dovrai stare qui per altri due giorni, e poi sarai libero» gli spiega.
«Finalmente, non potete neanche immaginare quanto sia noioso qui» si lamenta passandosi una mano tra le ciocche di capelli biondi sparati in ogni direzione.
Ko sveglia Sho, mentre Yuji si avvia verso la porta. «Certo» dice quello intingendo la voce di sarcasmo. «Non possiamo neanche immaginare.»
E Kuuga capisce il motivo di quella frecciatina solo quando sono usciti tutti e tre e sullo stipite della porta c’è Sakura con la frangia più lunga sugli occhi e un cestello tra le mani.
Non dice nulla, si limita a guardarla mentre si chiude la porta alle spalle, come succede da quando si trova rinchiuso lì dentro. Dal primo giorno ad oggi, Sakura viene trovarlo ogni pomeriggio.
Poggia il cestello, che sa contenere dei dolcetti fatti in casa, alla fine del letto e poi si accomoda sulla sedia vicino al comodino, proprio di fronte a lui. Solleva lo sguardo e gli sorride, senza la timidezza che vi ha visto il primo giorno che ha varcato quella porta.
«Ciao, Kuuga» e lo saluta come se lui non l’avesse mai trattata male, come se dalle sua bocca non fosse mai uscito un «lasciami perdere, Sakura» sibilato. Come se non l’avesse fatta piangere più di una volta, come se non l’avesse mai ignorata.
Kuuga la osserva di sottecchi con le ciglia lunghe che si chiudono e si aprono ad ogni battito, ma lei è sempre lì che gli sorride con le guance rosse e sembra dirgli “non me ne vado”, ma lui ancora non ci crede. Tuttavia, un sorriso nasce sulle sue labbra sempre corrucciate in sua assenza o storte in una smorfia, con un sospiro un po’ stanco di chi forse non ha più voglia di combattere e forse vuole arrendersi.
«Ciao Sakura-chan» non me ne vado, «è bello vederti.»
E gli occhi di Sakura si illuminano, ma questa volta Kuuga non vede nessuna illusione, solo il suo viso un po’ pallido e smunto riflesso, con i pregi e i difetti che lei sembra accettare.
 
 

 
32
 
Kuuga quasi ringhia poggiato alla porta alle sue spalle. Con il viso rivolto verso il cielo e gli occhi celati da un paio di occhiali dalla montatura spessa, si maledice per la mossa azzardata che ha commesso. Come gli è venuto in mente di comportarsi in quel modo, di prendere per mano Sakura di fronte a tutte le fan? Soltanto a ripensarci, gli vengono i brividi e ringrazia la propria tempestività che gli ha permesso di salvarsi la faccia ed evitare anche così di mettere in una posizione scomoda Sakura. La situazione è molto simile a quelle che ha dovuto affrontare in passato, si rifiuta di coinvolgere Sakura in tutto quello.
Ciononostante, la sua mente rimembra anche il modo in cui è arrossita quando le ha stretto il polso. Istintivamente chiude le dita in un pugno, ricordando quanto fosse sottile e fragile mentre l’aiutava ad alzarsi in piedi.
È in ritardo per l’appuntamento che si è dato con i ragazzi e Sakura e la sua amica con gli occhiali, ma è troppo accaldato e su di giri a causa del dopo concerto. Ha bisogno di  un attimo di tregua che le fan, che lo hanno beccato pochi minuti fa, non gli hanno concesso.
Sospira piano, quando un rumore di passi attira la sua attenzione. Irrigidisce le spalle, sicuro di non riuscire a reggere altre moine. Ma quando riconosce quella chioma scura e la divisa consumata del Seika, è diviso da cosa sia peggio.
Sta parlando al telefono, però. Ha ancora una possibilità di andarsene senza essere visto. Si volta e «Cosa?!», beccato.
La pazza lo sta guardando con aria minacciosa mentre chiude la chiamata.
«Che c’è? Non ho fatto niente per guadagnarmi quello sguardo di disprezzo» dice infilandosi le mani nelle tasche della divisa. Decide di cogliere l’occasione di quell’incontro per chiarire che «ho perso l’interesse per te il giorno stesso in cui ti ho conosciuta. Non ci tengo a ritrovarmi davanti la tua faccia da pazz-»
«Che intenzioni hai?» lo interrompe lei.
Kuuga sorride sornione. «Semplice, girare un po’ il festival in sua compagnia. Non posso?»
Misaki compie qualche passo verso di lui, lo sguardo vigile e esaminatore. «Ti sto chiedendo» Kuuga si domanda come possa aver visto Kurumi in lei: i suoi occhi sembrano quasi bruciare dalla decisione, «se vuoi ancora usarla, sapendo che non sa dirti di no.»
Quelle parole lo feriscono. Pregiudizi, ancora pregiudizi. «Vedo che non sei cambiata» replica tentando di attaccarla personalmente. «Sei sempre una donna spaventosa.»
È inutile però, perché Misaki non sembra esser scalfita dai suoi commenti. Continua a fissarlo negli occhi invitandolo a continuare, perché questo sicuramente non è quello che vuole sentirsi dire.
Kuuga si lecca il labbro inferiore chiedendosi se magari quelle domande non sono altro che i stessi dubbi che ha Sakura quando a volte si blocca dal toccarlo e si ritrae. «Per caso Sakura si è lamentata? Ti ha detto che la sto prendendo in giro.. o qualcosa del genere?»
Misaki scuote la testa. «No, sono io che sono preoccupata per lei: Sakura è ingenua, generosa e troppo gentile, anche con chi non se lo merita» Kuuga sorride accusando la frecciatina. «Sono io che non mi fido di te.»
Non può non darle torto. Ha riflettuto sul suo comportamento ed ha ammesso, anche se con fatica, di aver sbagliato.
«Ma.. Sakura mi ha detto che sei cambiato e-»
Sei cambiato.
Kuuga il resto delle parole non le sente. Ha in testa solo quelle due parole, il sorriso di Sakura e il fatto che ora è certo di non riuscire ad affrontare quel giro per gli stand del festival che le ha promesso. Sorride di sottecchi, ignaro del rossore soffuso sulle guance.
Si passa una mano sulla nuca, nervoso. «Allora sarei cambiato.. secondo te?»
Lo sguardo fisso e macabro della pazza sembra piuttosto chiaro. «Smettila, sei inquietante.»
«Sto solo cercando di capire cosa ci sia di diverso in te» si giustifica quella.
«Niente» risponde Kuuga sorprendendola. «Sono lo stesso. La differenza è che Sakura mi vede per quello che sono, senza pregiudizi e sogni. Lei è l’unica.»
Si rende conto di quello che ha appena detto solo quando incrocia lo sguardo sgomento della pazza. «Ma allora ti sei proprio innamor-»
«Basta così» la zittisce immediatamente senza il coraggio di guardarla negli occhi. – lei e forse la verità dei fatti. «Perché non te ne vai e fare un giro con il tuo ragazzo invece di starle dietro come una balia? Sei fin troppo iperprotettiva, fattelo dire!» borbotta.
«Cosa?»
«In parole semplici: lasciaci in pace.»
«No, non quello» scuote la testa e sembra ancora più terrificante di prima. «Cos’è questa storia del ragazzo? Io non ho nessun ragazzo!»
«Parlo del tizio che si è presentato come stalker alla caffetteria!»
La pazza arrossisce. «S-stai andando fuori strada!» sbraita avvicinandosi con passi pesanti e che non dicono nulla di buono. «Quello è solo un maniaco stalker extraterrestre!»
Kuuga la fissa in silenzio. È imbarazzante con i capelli ritti in aria e le guance rosse come mele. Si domanda se sia così stupida e si risponde di sì nel vederla continuare a borbottare cose strane sugli alieni pervertiti. Inclina appena il viso e sistemandosi gli occhiali sul naso decide di divertirsi un po’. «Non mi dirai che lo stai costringendo a trattenersi?»
Si gode l’allarme e la confusione sul viso dell’altra e senza darle il tempo di reagire, la lascia lì.
Cammina tra la gente con il profilo basso per non farsi notare e non impiega molto per trovarla lì dove si sono dati appuntamento con gli altri. È in ritardo di un buon quarto d’ora, ma lei lo sta aspettando seduta sul muretto che delimita i fiori e i cespugli. Le si avvicina e con nonchalance le si siede accanto. Sakura sussulta e arrossisce subito non appena lo riconosce.
«Ciao, Kuuga» balbetta.
Il biondo accenna ad un movimento del capo. «Se non fossi il cantante dei Uxmishi, ti piacerei lo stesso?» chiede diretto.
Sakura avvampa – ti piacerei, lo stesso? – ma si fa coraggio e «Sì» risponde. «Ma Kuuga, tu sei cantante dei Uxmishi, questo fa parte di te. Tu sei ciò che sei e..» un sospiro, «Mi piaci.»
Kuuga sorride: «bene» e con la solita spavalderia di cui lo rimprovera spesso Ko, si volta di scatto verso di lei e la bacia, come un bambino delle materne che lo fa per dispetto.
Tu, Sakura, invece sei esattamente come credevo.
E mi piaci.


 
 
Ciao a tutti,
mi presento sono Anqi (si legge “anci”), nuova in questa sezione, non solo parlando di Kaichou wa Maid-sama, ma della sezione in generale manga e anime, perché non ho mai scritto nulla del genere in passato. Sono stata un otaku circa tre anni fa, ai tempi delle medie, lettrice accanita di shoujo e disegnatrice mancata – la delusione di non andare al liceo artistico è stata troppa ewe.
Comunque, credevo di aver superato in questi tre anni la fase, ma non ho mai smesso davvero di leggere manga, di comprarli e di guardare anime. Ho cominciato qualche giorno fa il recupero di tutti gli anime che ho visto in passato da scaricare e salvare in chiavetta per evitare ciò che è successo con Ouran Host Club: è ormai quasi impossibile riuscire a trovare tutti gli episodi, che sia in con sub italiano e sub inglese! Quindi prevengo questo problema salvandoli, così da poterli vedere quando voglio. Mi sono allora imbattuta in questo vecchio anime e riguardando il nono episodio con gli Uxmishi non sono riuscita a trattenermi e (sarà stato anche l’influenza degli One Direction, boy-band pure loro e la mia immedesimazione in Sakura, che prima non avevo mai sentito) .. boh, ho scritto questo. Non potete neanche immaginare cosa il mio cervello abbia creato all’episodio con Tora Igarashi della Miyabigaoka, che non so come l’ho shippato con Misaki e ho addirittura sperato che lei accettasse la richiesta di trasferimento, pur sapendo che non l’avrebbe fatto ahaha! Che poi io adoro Usui, cioè, è stata la mia cotta delle medie! Più una comparsa, lo studente riccioluto che offre le rose da parte del presidente in casa Ayuzawa, osservate come guarda Suzuna.. sei bellissimo, chiunque tu sia.
Parlando della one shot, ho cercato di rimanere un po’ fedele ai personaggi di Hiro Fujiwara, attenendomi ad alcune caratteristiche leggibili sul manga (del tipo: 20esimo capitolo, c’è una piccola presentazione dei membri della band e Yuji è “il buono a cui non ne va bene una” infatti è piuttosto sfigato e preso spesso in giro ahah) ma ho cercato anche di renderli un po’ miei. Kuuga si distacca molto, la storia di Kurumi è di mia testa, così come la vicenda dell’ospedale. Mentre la conversazione tra lui e Misaki si basa sul manga, molte frasi sono le stesse adoperate nella traduzione italiana. I numeri all’inizio dei paragrafi sono i capitoli di corrispondenza dove potete trovare le vicende, (20-23) è ciò che accade nel frattempo e che io mi immagino, Non chiedetemi poi del perché io abbia scelto di scrivere di questa coppia, è successo e basta. Inoltre credo accada di più con i personaggi secondari che con quelli principali, perché la loro storia c’è già.
Comunque, non mi aspetto niente, questa sezione è piccolina e questa one shot nulla di che. Spero solo che chi l’abbia letta, abbia apprezzato i personaggi che ho disegnato – ho una cotta assurda per Sho, il chitarrista e ancora non ho perdonato il fatto che non gli abbiano messo il piercing al labbro nell’anime – e se mi lasciaste un piccolo favore, mi farebbe molto piacere e ne varrebbe della mia decisione sul se cimentarmi o no in questa categoria haha!
Ho scritto tantissimo, scusate, alla prossima (forse)!
 
Anqi.



 
  Sakura quando, fuori dal locale, riceve la rosa da Kuuga.

 Kuuga, che dovrebbe solo smetterla.

E per chi non si ricordasse dei loro volti, ecco a voi gli..

Uxmishi
(da sinistra a destra: Ko, William Adam Yuji, Kuuga e Sho - Shooo!)

 
 
 
   
 
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