Xoxo
Hogwarts’ owl
Capitolo I
Fare shopping le era
sempre piaciuto. Soprattutto se con lei c’era tutta la sua famiglia e quel
pomeriggio l’intera casa Waldorf aveva accompagnato
l’undicenne Blair nel suo primo viaggio a Diagon
Alley, dove, le avevano garantito, avrebbe trovato tutto ciò che le occorreva
per la sua nuova scuola speciale.
La lettera che
dichiarava che la ragazzina bruna avrebbe iniziato a frequentare l’anno
scolastico dal primo giorno di settembre, era arrivata nell’attico di famiglia
a New York, facendo quasi svenire Dorota, la
governante, che si era vista recapitare il messaggio da un gufo piumato, che
aveva, molto diligentemente, atteso nell’ascensore di essere ricevuto.
I genitori di Blair
avevano subito cercato di contattare questa “Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts” ma apparentemente nessuna istituzione a livello nazionale rispondeva
a quel bizzarro nome.
Fortunatamente poche
settimane dopo erano stati informati, da un altro gufo, un po’ più maldestro
del primo, dato che si era appollaiato sul davanzale fiorito allarmando il
faticoso lavoro di giardinaggio della povera Dorota,
che la famiglia Waldorf aveva la fortuna di possedere
tra i suoi eredi una piccola streghetta. Blair, per l’appunto.
Certo, l’idea non era
stata ben accettata, né da sua madre, che la vedeva alla vetta di una carriera
nella moda, e men che meno da suo padre, che le aveva già comprato la divisa di
Yale, per quando sarebbe entrata al college.
Il nuovo marito di sua
madre, un ometto con pochi capelli bianchi sulla testa che raggiungeva si e no
la spalla della compagna, era stato invece molto sorpreso e piacevolmente
intrigato dall’esistenza della magia. Così come il ragazzo di suo padre che si
era detto meravigliato di non aver ricevuto lui stesso una lettera del genere.
Blair si era solo preoccupata
che questa “Scuola di Magia” non fosse in realtà un modo dolce e tenero, di
quelli che usano i genitori, per rinchiuderla in una di quelle scuole per
persone speciali, con strani problemi mentali.
Stava per chiederlo
nuovamente quando le si parò davanti un viale acciottolato e tortuoso, stretto
da negozi che spuntavano da ogni lato e animato da strani personaggi, vestiti
con abiti scuri, lunghi fino ai piedi ed eccentrici cappelli a punta.
Non aveva bisogno di
domandarlo ancora.
Era sicura.
Quella era Diagon Alley.
E così i cinque avevano
cominciato a fare compere entrando in ogni negozio possibile alla ricerca di
tutto ciò che la lista, data loro insieme alla lettera di iscrizione alla
scuola, diceva di dover possedere per poter superare l’anno.
Presto però erano stati
fermati. Apparentemente nessuno voleva accettare i loro dollari e anche i
cartellini sui prodotti riportavano la parola “galeone”.
Fortunatamente una
dolcissima signora che si era presa cura di misurare con riguardo l’intera
figura di Blair per poterle confezionare le divise da lavoro, rigorosamente
nere, che richiedeva la lista, aveva indicato alla famiglia dove poteva
cambiare quelli che venivano chiamati “soldi babbani”
con delle monete che sarebbero state accettate in quegli strani negozi.
Blair non aveva capito
molto di quello che era successo alla Gringott. Apparentemente
avevano aperto un conto a suo nome dove avevano depositato diversi galeoni,
falci e zellini.
L’unica cosa di cui era
certa era che quella strana banca era gestita da goblin,
esserini bassotti e con pochi capelli
bianchi in testa, un po’ come il compagno di sua madre, tranne che per le
orecchie a punta, quelle Cyrus non le aveva.
Sapeva che non avrebbe
dovuto pensare delle cattiverie simili, o almeno trattenersi quando queste
riguardavano un qualche membro della sua strana famiglia allargata, ma proprio
non ci riusciva.
Dopo la visita alla Gringott le tasche dei Waldorf
traboccavano di galeoni e nessun mago o strega li avrebbe più fermati dal loro
shopping sfrenato.
Trascorso ormai
l’intero pomeriggio i cinque viaggiavano carichi come dei muli, tra calderoni
standard, divise nere e peli bianchi di quel gatto scontroso che la ragazzina
aveva deciso di comprare e soprannominare Minù.
Blair camminava per la
via affollata brandendo la sua nuova bacchetta che aveva appena acquistato da Olivander. Sua madre restava scettica e la definiva un
“bastone ricurvo”. In effetti poteva assomigliare ad un semplice rametto ma la
ragazzina sapeva c’era qualcosa di magico, qualcosa di potente in
quell’oggetto.
Appena entrata nella
bottega polverosa aveva adocchiato un’elegantissima bacchetta bianca e dritta
dall’impugnatura intagliata, ma proprio mentre Balir si stava avvicinando,
pronta ad afferrarla, un uomo dai capelli bianchi e dritti sulla testa, il
signor Olivander, per l’appunto, l’aveva bloccata. Le
aveva poi gentilmente spiegato che il mago non può scegliere la bacchetta, ma è
lei che sceglie il proprio possessore.
Blair si aspettava che
tutte le bacchette avrebbero voluto una padroncina vivace come lei, e in più
era sicura che sarebbe diventata una grandissima strega. Infondo aveva sempre
eccelso in qualunque ambito si fosse mai applicata.
Sembrava, però, che
nessuna volesse entrare in suo possesso.
Dopo averne provate una
ventina, fra i volti sempre più atterriti dei suoi parenti, ecco che un sorriso
si era acceso sul viso del signor Olivander non
appena la bruna aveva impugnato quella che ora era diventata la SUA bacchetta.
11 pollici, leggermente
flessibile, un nucleo di piuma di fenice e il legno di Salice.
-Chi più lontano deve
andare, con il Salice più in fretta ci potrà arrivare. Sei destinata a grandi
cose ragazzina, è chiaro!- Le aveva sussurrato l’uomo in modo che solo lei
potesse sentire le sue parole.
Mancava solo una cosa
da fare: dirlo a Serena.
Non sarebbe stato facile,
erano sempre state molto legate, quasi sorelle e avevano già pianificato la
loro vita insieme. Avrebbero sottomesso l’Upper East
Side al loro controllo, sconvolgendo quel mondo con intrighi segreti e feste
grandiose.
Ma Serena avrebbe
dovuto dominare da sola.
Blair era sicura che la
bionda l’avrebbe presa inizialmente per pazza ma poi avrebbe capito che la
magia era il suo destino e che non poteva restare bloccata in quel mondo con
lei. L’avrebbe lasciata andare con un sorriso.
Non era stato così.
Nulla era andato come pianificato.
Serena non l’aveva
creduta matta nemmeno per un secondo. La conosceva troppo bene; le bastava uno
sguardo per capire se stava mentendo, e non lo stava facendo.
Semplicemente non
voleva rimanere sola in quella grande città.
Così come suo padre e
sua madre, anche la sua migliora amica era rimasta delusa da quella che,
apparentemente solo agli occhi di Blair, era una grande dote. Insomma aveva
appena scoperto dell’esistenza della magia, di poterla controllare a suo
piacimento, usarla come arma, ma anche come difesa. Eppure tutto ciò che
continuava a fare la bionda era scuotere il capo da destra a sinistra, facendo
volteggiare i lunghi capelli dorati.
-Non possiamo
dividerci! Noi siamo Blair e Serena, Serena e Blair, dovremmo restare unite.
Dovremmo…- Continuava a ripete.
-Tu non puoi venire con
me, non so nemmeno se potevo raccontarti di tutta questa storia.-
-Allora rimani tu con
me, qui a Manhattan!- Era un’affermazione ovvia, quello che chiunque in quella
situazione avrebbe detto, quello che chiunque, nei panni di Blair, avrebbe
valutato, ma non lei. Non una piccola testarda come la ragazzina che ora si
trovava a sorridere a suo malgrado.
-Io non posso rimanere
qui, quello è il mio posto.- Continuava a sorridere, perché nonostante tutto
quello che stava lasciando, la famiglia, gli amici, il futuro che tutti gli
avevano sempre costruito attorno, sapeva benissimo, come se avesse un
presentimento, che là, ad Hogwarts ne avrebbe avuto uno più splendente e
luminoso, proprio come le aveva rivelato Olivander.
Che non sarebbe stato
facile lo sapeva, ma non si aspettava che Serena gli avrebbe riversato contro tutto
il suo odio e la sua invidia, non così almeno.
-Sai cosa? Tu…– Serena
indicò l’amica con l’indice della mano.
-Tu non sarai mai
nessuno. Puoi andare ad una scuola per strambi, e allora? Tutto ciò che avresti
avuto qui, con me, tutta la grandezza che avresti potuto raggiungere, se ne è
andata non appena hai deciso di far entrare quel gufo in casa tua!- Così aveva
sorriso alzando un sopracciglio in quello che voleva sembrare un segno
intimidatorio e si era allontanata.
Blair l’aveva guardata
allontanarsi cercando di imprimere nella sua memoria quell’immagine; le sarebbe
servita quando, una volta tornata da Hogwarts, l’avrebbe cercata per mostrarle
tutto ciò che aveva appreso, per darle prova del suo immenso potere, per
spiattellarle in faccia la grandezza che avrebbe raggiunto.
Perché è di quello che
stava andando ad impadronirsi, della grandiosità.
L’addio al binario 9 ¾
era stato insostenibile per la famiglia di Blair che stava ancora piangendo nei
fazzolettini di carta che sventolavano in segno di congedo come nei vecchi film
in bianco e nero.
La ragazzina era già
salita e aveva trovato una carrozza libera, nella quale però, aveva trovato ben
presto compagnia. Due ragazzini, che parevano avere la sua stessa età erano
entrati chiedendo gentilmente permesso nella carrozza.
La prima aveva dei
ribelli capelli rossi e un sorriso dolce e gentile, mentre il ragazzo moro che
le stava dietro sembrava turbato da qualcosa.
Blair non era una di
quelle ragazze aperte e socievoli, che instaurano una conversazione con
chiunque; aveva prima bisogno di studiare le persone, capire come poter meglio
interagire con loro, per poi farsi inevitabilmente adorare. Ma non ne aveva
avuto il tempo, non appena si era seduta di fronte a lei la ragazzina aveva
cominciato a parlarle mentre il moro al suo fianco continuava a guardarsi la
punta delle scarpe.
-Sei una nata babbana, non è vero?- Le aveva domandato con un sorriso
gentile che le si apriva sul volto.
-Sono…una cosa?- Blair
piegò impercettibilmente la testa di lato facendo ricadere i lunghi capelli
castani su una spalla, in segno di incomprensione.
E ora cos’era una babbana?
Più stava in quel mondo
e più pensava che la gente che lo abitava fosse svitata quanto un tappo.
-Direi che lo sei.-
Sorrise la rossa dando uno sguardo al suo compagno che però non dava alcun
segno di volersi far contagiare da quell’allegria.
La ragazza si sporse
verso Blair portandosi la mano aperta vicino alle labbra, come per volerle
confidare un segreto. –Vedrai che gli passerà non appena passeranno i dolci.
Papà mi ha detto che passeranno.- Sussurrò piano per poi lasciarsi ricadere
contro lo schienale del suo sedile.
-Comunque mi chiamo
Rose.- Si presentò con il suo solito sorriso.
-E lui è mio cugino…- Aggiunse indicando il suo compagno.
-Sono Al.- Si intromise
il ragazzetto moro con voce rauca alzando finalmente lo sguardo da terra e
mostrando dei profondi occhi verdi.
Ed ecco che, poco dopo,
la profezia della ragazzina diventava realtà.
Una signora anziana
stava passando nel corridoio del treno con un carrello stracolmo di dolciumi, e
quando raggiunse la loro carrozza i due amici comprarono un pacchetto di Cioccorane a testa. Blair evitò di comprare qualunque cosa
zuccherosa, a casa le avevano sempre insegnato il rigore per la linea.
Una volta aperta la
confezione e mangiata la strana forma di cioccolato che si trovava all’interno
(Blair era quasi sicura di aver visto quel dolcetto muoversi prima di essere
addentato dagli incisivi bianchi di Rose), i due ragazzini avevano estratto
dall’involucro quella che aveva tutta l’aria di essere una figurina.
-Ho trovato tuo padre,
di nuovo.- Sospirò Rose mentre mostrava l’immagine al cugino.
-Tuo padre è sulle
figurine?- Chiese Blair sgranando gli occhi. Ecco, quello era uno dei risultati
a cui poteva aspirare; se era lì significava che era un grande mago, proprio
ciò che voleva diventare lei.
Al non si scompose e si
limitò ad annuire, mostrando un impercettibile sorriso.
-Il Ministero della
Magia ha deciso di inserire anche coloro che hanno preso parte alla battaglia
contro Voldemort, il più grande mago oscuro di tutti
i tempi.- Gli occhi della rossa brillavano sempre di più via via che
pronunciava quelle parole. –Suo padre è Harry Potter!- Annunciò infine con gli
stessi occhi sognanti.
Blair scosse la testa.
–Non conosco nessun
Harry Potter.- Ammise notando la delusione nello sguardo della ragazza.
Forse essere ritratti
su di una figurina non bastava ad essere grandi maghi, forse avrebbe dovuto
aspirare a dei livelli maggiori. Certo, essere definita come colei che “ha
preso parte alla battaglia contro il più grande mago oscuro di tutti i tempi”
sembrava allettante come punto di partenza, ma ciò che voleva era che la sua
grandezza raggiungesse anche il luogo da dove veniva lei, che non si arrestasse
nel mondo magico come invece era successo con questo Harry Potter, ma che si
estendesse fino a raggiungere le orecchie di Serena e dei suoi genitori.
Con in volto una palese
delusione, Rose si rivolse al cugino che stava ammirando ancora la sua
figurina.
-Tu chi hai trovato?-
Gli chiese semplicemente.
Quello alzò le spalle,
probabilmente anche quella era una carta che faceva già parte della loro collezione,
e gliela mostrò.
-Merlino.- Si limitò a
sospirare Al.
Questa volta furono gli
occhi di Blair ad illuminarsi nel sentire un nome che riconosceva in quel pazzo
mondo.
–Lui lo conosco!-
Annunciò fiera di se stessa, gonfiando il petto, tronfia.
Diventare importante e
conosciuta come Merlino non era per niente male.
-Ecco, è così che
diventerò io!- Dichiarò dando voce ai suoi pensieri.
Rose scossò il capo
vigorosa. –Non penso che accadrà.-
Blair corrugò le
sopracciglia, non capiva per quale motivo il suo modello non potesse essere un
mago rinomato come quello rappresentato nella figurina.
-Lui era un Serpeverde,
e tu, essendo una nata babbana, non verrai mai
ospitata in quella casa.- Spiegò la rossa notando l’interrogativo dipinto sul
volto della compagna.
La questione “Case” era
stata affrontata dai tre, o per meglio dire, da Rose, poco prima dell’arrivo
del carrello pieno zeppo di dolciumi.
Ne esistevano quattro:
Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde.
Gli adepti di ogni Casa
dovevano avere determinate qualità per essere scelti da quello che, alla bruna,
era stato descritto come un Cappello Parlante.
-E se invece volessi
essere io il Serpeverde?- Domandò con voce tremante Al, stupendo Blair, che
ormai aveva compreso, che non era un tipo di molte parole.
-Io ti vorrò bene lo
stesso.- Rose sollevò le spalle e sorrise al cugino mentre si sporgeva verso di
lui per abbracciarlo.
Blair, a quella scena,
non poté fare a meno che farsi impossessare da un moto di spensieratezza.
La sala era esattamente
come era stata a lei descritta dai due ragazzini che ne avevano sentito parlare
dai cugini maggiori.
Quattro tavoloni
apparecchiati con piatti e calici dorati, intorno ai quali erano seduti gli
studenti, si allungavano a dismisura. L’intera stanza era illuminata da candele
fluttuanti nell’aria e il soffitto risplendeva di mille stelle.
In fondo alla Sala
Grande, così veniva chiamato quello stanzone, un tavolo si protraeva
orizzontalmente per tutta la lunghezza del muro. Proprio davanti a questo si
trovava, poggiato sopra ad uno sgabello di legno, un cappello nero e logoro.
Il Cappello Parlante!
I ragazzi furono
accompagnati fino a proprio davanti al tavolo degli insegnanti, da un
professore dai capelli corvini che i due cugini avevano salutato animatamente
chiamandolo “Neville”; lui aveva risposto con un timido sorriso mentre le sue
guance si tingevano di un color rosso vivo.
Aveva ripetuto ciò che
era stato spiegato a Balir da Rose: le Case, le qualità necessarie per
accedervi.
Tutti i ragazzi del primo anno ascoltavano assorti dalle parole
dell’insegnante, mentre quelli ai tavoli bisbigliavano e sussurravano tra loro,
stanchi di quella procedura che si ripeteva di anno in anno. Ogni tanto
qualcuno chiamava il nome di Al o quello di Rose; sembrava conoscessero già
mezza scuola.
Il giovane insegnate
aveva cominciato a chiamare, uno ad uno, ogni studente del primo anno, che
terrorizzato dalla paura sedeva sullo sgabello e si lasciava far calcare il
Cappello fino agli occhi. Qualche secondo dopo quello urlava il nome di una
delle quattro Case e il tavolo di appartenenza scoppiava in un’ovazione tra
applausi e grida di gioia.
Per ogni studente il
Cappello impiegava qualche minuto e Blair si disse che era normale; non doveva
essere un lavoro semplice, quello di scrutare nelle menti dei ragazzini alla
ricerca delle loro vere doti.
Solo al nome di Malfoy Scorpius il copricapo non
ebbe bisogno di nessuna pausa di riflessione, non aveva ancora sfiorato i
capelli del biondo che aveva gridato “SERPEVERDE!”
Fu poi la volta di Al,
o per chiamarlo come aveva fatto l’insegnante, Potter Albus
Severus, che al contrario del ragazzo che lo aveva
preceduto aveva dato filo da torcere al povero e logoro Cappello, che aveva
impiegato diversi minuti per decidere quale Casa sarebbe stata la migliore per
lui, ma alla fine aveva esultato un “SERPEVERDE!” e il tavolo di quella Casa
era scoppiato in un applauso subito seguito da diverse grida di approvazione da
parte delle altre tavolate. Rose aveva accennato al numero di parenti che già
percorrevano i corridoi di Hogwarts, dovevano essere loro, felici che un altro
familiare si fosse unito, anche se in un’altra Casa.
-Waldorf
Blair.- La ragazza tremando dalla tensione si avvicinò allo sgabello e ci si
sedette sopra mentre muoveva convulsivamente una gamba per il nervosismo. Da
quella posizione riusciva a osservare l’intera sala e, di rimando, l’intera
sala guardava lei. Le sembrava di essere seduta su un trono, come una regina, e
proprio allo stesso modo anche il suo capo venne incoronato, anche se, al posto
di una tiara splendente, Blair si ritrovava, calcato fino agli occhi, un
cappello logoro.
-Mmm…interessante!-
Affermò una voce roca, quella del Cappello.
-Ho una grande mente,
non è così?- Chiese conferma la ragazza che non vedeva l’ora che qualcuno
riconoscesse le sue grandi doti.
-Direi di no.- La
derise il Cappello. –Non ancora.- Aggiunse dopo che lei aveva mostrato uno dei
suoi bronci meglio riusciti.
-Voglio seguire le orme
di Merlino!- Aveva dichiarato poi al Cappello.
-Una nata babbana… Interessante… Mi pare di capire che vuoi seguire
la strada della grandezza, non è vero?- Blair stava per rispondere, ma lui non
ne aveva alcun bisogno, leggeva nella sua mente.
-E’ ovvio, così come è
chiara la tua Casa di appartenenza. SERPEVERDE!- Urlò il Cappello mentre gli
studenti di quel tavolo si alzavano nuovamente applaudendo.
-Quanta carne fresca
quest’anno!- Furono le prime parole che gli rivolse, Marcus Zabini,
il Prefetto della sua Casa mentre le stringeva la mano.
Blair si sedette di
fianco ad Al che le mostrava un sorriso a trentadue denti e si ritrovò di
fronte il biondino che il Cappello aveva subito smistato.
-Weasley
Rose.- Chiamò il professore tra i sussurri degli insegnanti che si chiedevano
quanti altri Weasley avrebbero dovuto aspettarsi.
Era l’ultima rimasta
del gruppo di studenti del primo anno.
Al era teso come una
corda di violino, forse più della ragazza stessa.
-GRIFONDORO!- Fu il
responso del Cappello. Lei sorrise nella direzione di Al e Blair mentre il
tavolo al quale si dirigeva esplodeva in un applauso di benvenuto.
Al si rabbuiò
nuovamente e apparentemente nemmeno quello Scorpius
era così felice di vederla scappare al tavolo dei Grifondoro.
-Problemi?- Chiese
Balir guardandolo. Gli intrighi, lei, li sentiva a distanza, e lì c’era sotto
qualcosa.
Scorpius
fissò il suo sguardo di ghiaccio su di lei, fulminandola.
-Tu sei una nata babbana, vero?- Inquietante come quei due le avessero
rivolto la stessa identica domanda.
-Sembra di si, ma è una
cosa così importante qui da v…?- Ma non fece tempo a finire la frase che il
biondo la interruppe.
-Mio padre dice che i
nati babbani non dovrebbero far parte di una Casa
pura come quella dei Serpeverde.-
-Mio padre dice che i
nati babbani sono molto più bravi dei Purosangue
nella pratica della magia.- Si era intromesso Al, difendendo a spada tratta la
nuova amica.
-Io di padri ne ho
tre.- Sospirò Blair attirando l’attenzione di entrambi su di sé che poi
scoppiarono in una sonora risata.
Evidentemente il suo
mondo era molto più pazzo di quello nel quale era finita.
HollyMaster’s words
Salve
:)
Spero
che il primo capitolo vi sia piaciuto. Forse è stato un pò
veloce, sono successe molte cose, ma spero lo abbiate apprezzato lo stesso.
Come
è scritto nella descrizione, questa storia è stata scritta per un contest a
turni, ma mi sono davvero divertita ad immaginare la piccola Blair nel mondo
della magia, quindi spero vi siate divertiti quanto me nel leggerla. Inoltre è
il mio primo crossover.
Un
bacione e aspetto i vostri commenti per sapere cosa ne pensate.
HollyMaster