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Autore: KikiCS    06/04/2014    1 recensioni
Una favola distopica ispirata ai meccanismi dei mercati finanziari, nel magico mondo dei bambini che rendono possibili tutte le metafore.
Genere: Satirico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matteo aveva ricevuto una splendida riga per il compleanno, così iniziò a misurare.
Cominciò dalla sua scrivania, da tutte le cose che ci stavano sopra: penne, matite, fogli, quaderni. Poi passò alla camera: letto, comodino, cuscino, scaffali, libri, finestra. La riga non bastava, andò in cucina e trovò il metro da sarta della mamma: gambe del tavolo, fornello, frigorifero. Scese per le scale e misurò ogni piano e poi l’altezza di casa sua nel condominio. Un giorno suo babbo tornando da lavoro gli portò un metro molto più lungo, di quelli che si arrotolano da soli quando premi il pulsante. Matteo misurava: ogni cosa si poteva misurare in metri, centimetri, anche millimetri, ma l’importante era misurare.
I compagni di scuola, affascinati dalla sua manualità e destrezza nello srotolare e ritirare il metro, cominciarono a imitarlo e ben presto tutti i bambini della città misuravano le lunghezze. Qualcuno misurava anche le estensioni, ma non erano abbastanza forti con le tabelline e ben presto risolsero di evitarsi questa fatica. Le mamme non ne potevano più: al parco, in palestra, al campo di calcio, a casa, a scuola, dal dottore, tutti i bambini avevano in testa il chiodo fisso della misura.
Non si capì la diffusione del fenomeno finché non cominciarono a comparire alcuni timidi servizi in TV: come intrattenimento senza pretese, cronaca quotidiana. Nel giro di pochi mesi era una fissa internazionale e i telegiornali riportavano senza vergogna la curiosa notizia. Ogni bambino del pianeta aveva un’affinità per i metri e le misure e pareva che ogni oggetto inerte o essere vivente potesse essere stato misurato da qualche bambino.

Nei parchi giochi si potevano osservare curiosi rituali: i bambini si radunavano intorno agli alberi e cominciavano a scannarsi per chi avesse la precedenza sulla misura. Ogni capannello di bambini attirava l’attenzione di altri bambini ed era un continuo vociare, con le manine che si allungavano verso la corteccia. In alcuni casi i meno turbolenti riuscivano a giungere a un accordo e si dividevano equamente l’albero: ciascuno misurava un certo numero di rami, rametti, foglie o aghi e pigne. I misuratori si susseguivano e inevitabilmente gli stessi rami risultavano avere misure diverse, ma a fine giornata si raccoglievano le opinioni di maggioranza e la stima era fatta.

Finché un giorno Matteo se ne accorse: l’avevano usato tanto che il metro si era svalutato. Non bastava più: il metro, la misura che dava un valore a tutte le lunghezze non era più lo stesso. Si era accorciato per surplus di utilizzo e probabilmente non sarebbe tornato uguale per un bel po’. Forse bisognava darsi una calmata e attendere che ritornasse ai valori standard.
I genitori dapprima non ci credettero, poi quando la supposta autonomia della macchina non fu rispettata entrarono nel panico: doveva fare 400 km con un pieno, e invece si fermò diverse decine di kilometri prima. Ma erano veramente migliaia di metri? Cosa potevano dire di una distanza se ciò che le dava un valore aveva cambiato valore?

I telegiornali tentarono di comunicare quest’ultima notizia ma c’erano difficoltà a mettere a fuoco la ripresa, a stampare il gobbo, a regolare lo scollo della presentatrice, talvolta persino per concordare l’orario di messa in onda.
Non c’era più religione: gli adulti si tenevano stretti i loro appartamenti pregando che non mutassero in lunghezza o larghezza o magari in altezza. I bambini misuravano ossessivamente i loro vecchi giocattoli, che però cambiavano sempre lunghezza; ciononostante non potevano separarsi dai loro metri: se li tenevano sempre accanto e ci andavano anche a dormire.

Erano passati anni e Matteo si era fatto grande: il metro continuava a fluttuare ma una mattina il ragazzo si svegliò e sapeva come intervenire.
Uscì in piazza con la sua riga, la prima, accese un falò e ce la bruciò, poi incitò i suoi coetanei a fare lo stesso, a voce e sui social network. Il rogo fu un evento di massa come non se ne vedevano da anni e l’ultimo passo fu sbarazzarsi del metro di platino-iridio conservato a Sèvres.

“Finita questa follia possiamo ricominciare!” Annunciò al mondo Matteo, attraverso Internet: “D’ora in poi ci atterremo a pollici, piedi, yarde e braccia” concluse con uno sguardo sorridente, fiero e colmo di speranza.
  
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