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Autore: Goldenslumber14    06/04/2014    3 recensioni
"-Ma questo è un fottutissimo triangolo, e da entrambi i lati!-
-In che senso?-
-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!-"
Si sono conosciuti ad Amburgo, erano ancora dei ragazzi e nessuno di loro avrebbe immaginato che, quella città sporca e violenta avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Un semplice incontro in uno strip club si rivela essere più significativo di quanto avessero pensato e l'unico ricordo di quell'incredibile storia, è una bambina: Marilyn. Non le hanno mai detto nulla su sua madre, volendo come cancellare ogni ricordo di quel periodo, ma Marilyn vuole sapere, e forse sarà proprio ricordando che John e Paul capiranno che non possono continuare a fingere.
Dal testo (Cap VIII):
"-Paul, non ho più nessuno, se adesso te ne vai anche te- Paul lo zittì. Disse che avrebbe sicuramente trovato un'altra donna e sarebbe stato felice -Si, e poi magari viviamo per sempre felici e contenti? Paul non è come una fiaba, io non sono come te! Hai trovato la donna della tua vita, la mia se n'è andata. So che in passato ho sbagliato, ma non lo rifarei, perché adesso so cosa significhi per me"
•momentaneamente sospesa•
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo IV:

 

 

-1959- Amburgo-

 

-Ecco, siamo arrivati- John alzò la mano trionfante mostrando al suo amico il luogo dove viveva la sua amata. Davanti a loro si innalzava un condominio mal messo, con tante finestre che davano sulla strada. Dall’interno si sentivano schiamazzi e risate femminili e non vi era nemmeno l’ombra di un uomo.

-Jenn!- urlò John.

Da una finestra si affacciò una ragazza bionda, che quando vide John alzò gli occhi al cielo -Ancora tu!? Quando lo capirai che non te la da?-.

John le intimò di chiamarla. La ragazza bionda sparì nella stanza e poco dopo apparve il viso sorridente di Jenn. Salutò i due ragazzi -Venite su- li invitò con un cenno della mano.

I due si affrettarono ad arrivare al suo appartamento.

Quando furono davanti alla porta, questa si aprì, rivelando la figura di Jenn, avvolta in un maglione molto più grande di lei -Mi siete venuti a trovare!- li abbracciò entrambi e li fece entrare in quella stanza, con solo una lampada.

-Non so se vi siete già conosciuti, quella è Anne e quella lì è Sabrina- le due ragazze salutarono con noncuranza gli ospiti per poi tornare a farsi gli affari loro.

Dovevano essere delle colleghe di Jenn, ma in quel momento non avevano un’aria confortante o minimamente attraente. Probabilmente nessuna delle due si sarebbe fatta scrupoli nel prenderli a colpi se le avessero infastidite. Paul decise che non era il caso di iniziare una conversazione.

-Come mai siete venuti qui?- chiese Jenn guardandoli con occhi ridenti.

-Solo per una visita, ma è meglio uscire da questa...chiamiamola stanza- gesticolò per evidenziare lo squallore del posto. Jenn si mise a ridere e prendendo sotto braccio Paul, fece un cenno col capo a John, che li seguì.

Le strade erano illuminate soltanto dalle luci provenienti dai locali. Paul era felice vi avere nuovamente la ragazza accanto a sé e avrebbe approfittato di ogni secondo con lei.

-Hey piccioncini, i ragazzi ci aspettano all'Indra, perché non vieni anche tu Jenn?- disse John guardando duramente Paul. Non voleva che l'avesse lui solamente, anche se ne era innamorato.

La ragazza acconsentì.

All'Indra infatti trovarono George, Pete e Stuart che li aspettavano sull'uscio -Era ora- disse Stu dando una pacca sulla spalla a John. George invece si interessò subito alla nuova arrivata -Ma che maleducati, non mi avete presentato questa bella ragazza- si inchinò anche troppo teatralmente baciandole la mano.

-Lei deve essere il signor Harrison-

Lui la guardò stupito -Come fa a conoscere il mio nome?-

-La fama la precede- rispose Jenn entrando nel locale -Comunque io sono Jenn-

Era buio lì dentro e solo le luci sul palco illuminavano il piccolo ambiente. C'erano molte persone ma i Beatles non si sarebbero esibiti, quel giorno era uno dei loro pochi momenti di libertà.

John circondò le spalle di Jenn con un braccio, sussurrandole qualcosa all'orecchio, che Paul non riuscì a sentire a causa della musica.

Vide che John gli stava facendo cenno di seguirli. Si ritrovò poco dopo a bere insieme ai ragazzi e a Jenn. Inebriati dall’alcol, non riuscivano a smettere di ridere per qualsiasi cosa. Se non fosse stato per il braccio che riduceva lo spazio tra i corpi di John e Jenn, Paul sarebbe stato anche felice di averla portata all'Indra. Ma poteva benissimo vedere con che occhi John guardasse la ragazza.

Si stupì di se stesso, era davvero geloso?

John sorseggiò la sua birra, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza che teneva a fianco. Trovava che fosse bellissima, ma non era solo il suo aspetto ad attrarlo e affascinarlo, ma anche il suo atteggiamento così disinvolto e magnetico. Solo ragazze con una certa esperienza potevano possedere quel fascino e a Liverpool, John Lennon ne aveva conosciute ben poche.

-John, leva la mano da lì- disse minacciosa Jenn guardandolo malissimo. John sorrise di sbieco allontanando la mano dal suo seno -Guastafeste- commentò il ragazzo. Lei gli diede un colpo spintonandolo -Secondo te mi faccio palpare dal primo che passa? Idiota-

John notò il sorrisetto divertito di Paul, che aveva visto da prima il movimento lento ma deciso e premeditato dell’amico.

-Comunque un giorno te le toccherò- promise lui alzando il pugno al cielo.

Lei allora si alzò dicendo che doveva tornare all' Anglikanische Kirche -Beh, ci vediamo ragazzi- diede un bacio veloce a John e a Paul per poi andare fuori dal locale.

 

*

 

-Los Angeles- 18:37-

 

Marilyn prese la sua valigia tristemente, avviandosi insieme a Paul verso la sua macchina. John arrivò poco dopo, con lo sguardo basso e triste. Non voleva lasciarli andare, non di nuovo.

La ragazza si rinchiuse in macchina, rifiutandosi di parlare. Paul ricordava che anche John tendeva a diventare silenzioso quando c’era qualcosa che non andava. Sospirò, era proprio figlia di suo padre.

I due uomini si guardarono. Neanche Paul voleva andarsene, sapeva quanto John avesse bisogno di lui in quel momento.

-Mi prometti che tornerai?- chiese John.

Paul sentì gli occhi inumidirsi, voleva rispondere, ma la sua voce era come bloccata. Decise semplicemente di abbracciarlo. John si sentì come quella volta ad Amburgo, quando si erano abbracciati nel cuore della notte. Strinse Paul, facendo aderire completamente i loro corpi.

-Neanche io vorrei andare, ma devo- gli sussurrò Paul all'orecchio.

Marilyn intanto osservava la scena con curiosità, non li aveva mai visti comportarsi così, o almeno non lo ricordava. Vide con stupore che Paul, prima andare, diede un leggero bacio alla guancia di John. Probabilmente non significava nulla, ma quel gesto la colpì comunque.

Paul si sistemò nervosamente sul sedile davanti. Sapeva che ciò che aveva fatto poco fa era stato un gesto sconsiderato e che se qualcuno li avesse visti avrebbe sospettato qualcosa. Non voleva rovinare tutto proprio in quel momento. Marilyn si sporse vicino al padre -Papà, ma chi è veramente mio padre?-.

La macchina sbandò. Colpa di Paul, che era rimasto colpito da quella domanda.

-Devi avere pazienza, non ho neanche finito di raccontarti la storia-

Lei appoggiò la schiena sul sedile ed incrociò le braccia -Ma perché dovete farla così misteriosa? Tutto quello che so su mia madre è che era una spogliarellista e che sei stato te il primo ad innamorarti. Ma da come me ne ha parlato John sembrava che anche lui l'amasse-

Paul si schiarì la voce. Era difficile anche per lui capire come era stato possibile tutto questo, era una storia veramente complicata quella che andava a raccontare e non sempre avrebbe potuto rispondere alle domande della figlia.

-Ma sai, anche se non lo dava a vedere anche John ne era innamorato. Faceva finta di essere un duro, insensibile, ma io capivo sempre quando si innamorava di qualcuno- Marilyn sorrise. Anche se il destino non le aveva dato una madre, in cambio aveva avuto due splendidi padri che, anche se complicati, le volevano bene.

 

John era rientrato in casa. May si era accorta subito che qualcosa non andava e infatti gli si era avvicinata -John, cosa c'è?- chiese accarezzandogli la schiena -Niente May, voglio restare un po' da solo- detto questo si avviò verso la sua camera, dove si stese sul letto contemplando il soffitto. Scosse la testa come per scacciare i pensieri che si erano insinuati nella sua mente. Non doveva riaccadere, era riuscito a dimenticarlo dopo tanto tempo e non poteva ricominciare tutto nuovamente.

Chiuse gli occhi ripensando a Jenn, a quante volte l'avesse aiutato. Lei c'era sempre stata, anche se non era presente John sentiva la sua presenza. L'aveva pure sognata qualche giorno fa “Devo proprio essere matto” si disse sorridendo.

 

*

 

-1959- Amburgo-

 

Sentì un colpo arrivargli dritto in faccia. Barcollò all'indietro per poi riavventarsi sull'uomo nettamente più grande di lui. Non ne aveva paura, era solo un dannatissimo tedesco troppo ubriaco.

Quello lo spinse al muro ed incominciò a dargli dei pugni nello stomaco, facendolo piegare in due dal dolore.

-Halt!-

John conosceva quella voce, ma non riuscì a vedere il suo volto, tanto ridotta era la sua vista.

Il tedesco lo lasciò cadere e se ne andò imprecando contro di lui. Jenn corse da John -Possibile che devi sempre fare l’idiota?- chiese mentre con uno straccio cercava di fermare il sangue.

John adesso la vedeva, vedeva il suo viso preoccupato -Non è niente dai-.

Si alzò barcollando ma Jenn prese il suo braccio su una spalla -No che non è niente, andiamo-.

John si lasciò trascinare, troppo stanco e dolorante per ribattere. Durante il tragitto non dissero nulla.

Arrivati all'appartamento di lei, John si mise a sedere sul tavolo. Pensava che ci fossero Anne e Sabrina, ma a quanto pare era il loro turno quella sera.

Vide Jenn appoggiare una scatola sul tavolo ed armeggiarvici dentro. -Che fai?-.

Lei alzò lo sguardo sul ragazzo malconcio -Voglio curarti, ecco cosa faccio- era scocciata. Non sopportava quando John si faceva così rissoso e snervante.

-Ma perché l'hai fatto?- chiese mentre tamponava la ferita sulla sua fronte.

Lui non disse niente, ma l'occhio gli cadde sul maglione maschile che la ragazza teneva indosso -Di chi è?- chiese serio.

Jenn guardò il maglione blu -Di Karl- abbassò lo sguardo sul cotone che aveva in mano.

-È quello stronzo che ho pestato prima vero?- sapeva che era così, l'aveva riconosciuto. Da un po' di giorni cercava di abbordare Jenn, e a quanto pare ci era riuscito.

-Vorrai dire quello che ti ha pestato-.

-Dettagli- rispose secco.

John odiava vedere come si buttasse via quella ragazza, odiava vederla con chiunque altro in realtà.

-Quindi adesso te la fai con lui? Vedo che non perdi tempo- commentò.

Jenn lo guardò inarcando le sopracciglia -Senti stronzo, non ti deve importare chi frequento, capito? Karl è un bravo ragazzo, sei te che l'hai fatto imbestialire- John diede un colpo sul tavolo -Bravo ragazzo!? Secondo te sono così stupido da negare l'evidenza? L'ho visto come faceva il bravo ragazzo con le ragazze che frequentano l'Indra, e ho anche visto quel che faceva con te!-

Jenn spalancò la bocca sorpresa -Non ha mai fatto niente!-

-Ah no? Ma per favore! Ti tratta come se esistessi solo per servirlo come una puttana, e nonostante questo, ha pure la faccia tosta di prenderti a schiaffi. Non provare a negarlo, l’ho visto con questi occhi! -

Si era lasciato troppo prendere dall’ira e solo in quel momento notò che gli occhi di lei si erano inumiditi. Jenn abbassò lo sguardo senza riuscire a trattenere una lacrima.

John capì di aver esagerato, non era sua intenzione prendersela con lei in quella maniera, tanto meno farla piangere.

-Dai Jenn, non volevo scusa-

Lei scosse la testa e si girò. Sospirò profondamente asciugandosi le lacrime -Hai ragione- disse piano. John la guardò girarsi di nuovo verso di lui -Togliti la maglietta-

Il ragazzo la guardò interrogativo -Cosa?-

-Non intendo nulla di erotico, John-

-Ah, peccato- disse togliendosela.

Come pensava. Aveva dei punti dove perdeva sangue. Gli fasciò la spalla, dove la ferita sembrava più grave.

John scese dal tavolo rimettendosi la maglietta. Ancora non riusciva a spiegarsi perché Jenn uscisse con certi individui, avrebbe potuto avere qualsiasi tipo di uomo, sicuramente meglio di un tedesco perennemente ubriaco.

Quando Jenn tornò, lo trovò seduto sul divano. Le fece un cenno e lei gli si sedette accanto.

-Perchè ti fai questo?- chiese John accarezzandole una guancia.

Jenn sospirò -John, non lo so perché è difficile da spiegare...anche se ti dicessi tutto non capiresti-.

Fece per alzarsi ma John la bloccò per un braccio -Insisto-. Jenn si risedette e abbassò lo sguardo. Era uno sforzo enorme parlare di ciò che le era successo. Aveva cercato di allontanare il suo passato e non voleva riviverlo nuovamente.

Lo guardò, proprio lui doveva sapere?

Si passò una mano tra capelli -Però devi dirlo anche a Paul- John storse il naso. Voleva che quel momento appartenesse a loro due soli, non ci voleva dentro anche Paul. -Ma perché?-

-Perché anche lui ha il diritto di sapere-

John acconsentì. Dopotutto Paul ne era innamorato, per cui non avrebbe indugiato a riferirgli tutto.

-Non ho sempre abitato ad Amburgo, prima stavo in Inghilterra e fino ai tre anni ho vissuto insieme a mia madre. Poi un giorno ha deciso che era troppo difficile crescere una bambina, oppure si era semplicemente stancata di me, e mi ha lasciata a mio zio. Era un piano perfetto, l’avrei fatto anche io...lasciare un errore a qualcuno che aveva i mezzi per tenerlo- sospirò un momento per ritirare le lacrime -Ricordo che aveva una bella casa, una famiglia perfetta e avevo anche una camera tutta per me. Ma nemmeno mio zio era perfetto, e tanto meno mia zia, che mi incolpava di qualsiasi cosa succedesse alla loro figlia e così...- si bloccò.

Non riusciva a continuare, quel ricordo era troppo doloroso.

John le prese la mano vedendo che aveva ricominciato a piangere. Jenn si tappò il viso con le mani. Sentì le braccia di John che le circondavano il corpo, in un abbraccio protettivo.

La baciò sui capelli, anche se non poteva neanche lontanamente immaginare cosa Jenn gli stesse per dire -Quel bastardo...mi picchiava, oppure mi rinchiudeva nel suo studio per ore, facendomi saltare i pasti, perché solo così avrei imparato cos’era la disciplina-

John non sapeva come reagire, si era ritrovato del tutto impreparato al racconto di Jenn e ogni parola sarebbe stata superflua. Preferì rimanere in silenzio e aspettare che terminasse di parlare

-Quando la situazione si è fatta insostenibile ho deciso di andarmene. Ormai avevo passato così tanto tempo nello studio di mio zio, che sapevo dove teneva alcuni dei suoi risparmi. Così, durante una punizione li ho rubati. Sophie, una mia amica, si era trasferita in Germania, quindi sono subito andata da lei, perché sapevo che mi avrebbe ospitato e non avrebbe detto niente a mio zio. Dovevo trovarmi un lavoro e così sono finita qui -.

A John sembrava impossibile che la stessa ragazza di quei racconti fosse la stessa Jenn, che tutti i giorni si presentava sorridente e sempre pronta per una risata. Che fosse una maschera?

-Ma adesso stai bene?- chiese lui preoccupato. Jenn rise -Certo! Non mi vedi? Non faccio altro che ridere ed è così che voglio vivere, ridendo-.

John la prese per le spalle, guardandola dritta negli occhi -Allora lascia Karl e tutti gli altri stronzi che ti stanno dietro-

Jenn annuì.

Era proprio grata a John, confidarsi e parlare con lui l’aveva resa più leggera, come se parte del suo dolore fosse stato in qualche modo assorbito da lui. Si sentiva libera.

John diede un'occhiata all'orologio e si accorse che era l'ora di andare -Vorrei restare ancora, ma il lavoro mi attende-.

Jenn annuì seguendolo fino alla porta. Gli chiese di aspettare e lui rimase lì appoggiato allo stipite della porta -Quando stacco vi vengo a trovare-.

John sorrise -Ti aspettiamo dolcezza- le prese il mento fra le dita dandole un bacio sulla guancia.

 

*

 

-Scozia- 22:30-

 

Paul tirò un'altra boccata di fumo, osservando l'infinita distesa verde. Amava follemente quel posto, la natura incontaminata. Un leggero venticello smosse i suoi capelli corvini.

-Papà!- quella era la voce di Marilyn, infatti la ragazza era appena uscita dalla casa. Si mise accanto al padre osservandolo -Sai, ho ragionato parecchio su ciò che è successo in questi giorni, e sono arrivata alla conclusione che in questa storia si formerà un triangolo-

Paul sorrise. Aveva indovinato perfettamente, mancava solo il perché e come si sarebbe formato.

-Esattamente-

Marilyn rise. Si perse anche lei nel contemplare la natura, che si piegava al tocco del vento.

Si girò verso l'uomo più grande -Papà, mi puoi dire altre cose su di lei?-

Paul aspirò il tabacco -Allora, John mi raccontò che da piccola era stata abbandonata dalla madre, per poi finire con suo zio che la picchiava. Per questo motivo aveva deciso di fuggire in Germania, dove poi era rimasta in quegli ultimi anni-.

Mary spalancò la bocca. Non si aspettava una risposta del genere -Ma dopo tutto ciò, non eri come...spaventato da lei?

-Più che altro ero scioccato, non mi sarei mai immaginato che una persona così allegra potesse avere un passato del genere. Ma rimasi comunque innamorato di lei-

Marilyn arrossì. Non era abituata a parlare di certi argomenti con il padre, preferiva parlarne con gli amici.

Paul la riportò dentro, visto il freddo che cominciava ad aumentare.

-Quando vi siete dati il primo bacio?- guardò suo padre sedersi sul divano. Lei prese una coperta seguendo il suo esempio.

Il camino era acceso e rimasero entrambi catturati dai giochi della fiamma. -Esattamente una settimana dopo al giorno in cui seppi la sua storia. Le cose erano cambiate, eravamo famosi lì e ci avevano spostato al Kaiserkeller, sempre di Koschmider. Jenn veniva sempre più spesso da noi e quindi ormai ci conoscevamo bene. Stava soprattutto con me e John, anche se aveva dei buonissimi rapporti con gli altri . Non nego che certe volte fossi geloso di ciò che c'era tra lei e John, ma anche noi avevamo i nostri momenti.-

Marilyn appoggiò la testa sulla spalla di Paul -Ma l'hai baciata prima tu o John?-

-Eh no, prima io-

  
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