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Autore: SilviAngel    06/04/2014    9 recensioni
Dal primo capitolo: “Lo so, mi manca solo il gilet, la giacca e le scarpe e sono pronto” borbottò Stiles guardando per la prima volta il compagno vestito di tutto punto e fasciato perfettamente da un completo grigio scuro che lo rendeva ancora più bello e affascinante del solito e sospirando continuò “Ora spiegami perché tu devi andare alla cerimonia vestito da figo e io devo sembrare un pinguino”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oggi Sposi'
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Cap. 5
 
Derek non appena riagganciata la cornetta, era uscito sul retro della casa e aveva esordito con voce allegra “Forza Oliver, corri a prepararti per la cena. Questa sera ci sarà una sorpresa”
Mentre preparavano la tavola, il bambino cercò in tutti i modi di farsi dire cosa sarebbe accaduto, ma Derek era impassibile come una roccia, insensibile alle moine quanto ai capricci e ai bronci e, cercando di far sparire proprio uno di questi ultimi dal viso del piccolo, iniziò a fargli il solletico.
Fu tra le risate del cucciolo che il cellulare di Derek suonò.
Prendendolo in mano, l’uomo si chiese cosa mai potesse volere lo sceriffo a quell’ora “Pronto”
“Derek è successa una cosa” disse tra i singhiozzi.
“James ti prego parla. Che diavolo è successo?” chiese con preoccupazione crescente.
“Stiles ha avuto un incidente con l’auto. Stava guidando e un balordo non ha rispettato il rosso e lo ha preso in pieno. Mi hanno chiamato e sono corso in ospedale. Derek, ti prego, vieni qui”
Il mannaro non rispose e, infilandosi il telefono in tasca, si abbassò prendendo il figlio in braccio e uscì di casa il più velocemente possibile.
“Papà, dove stiamo andando?”
“Dobbiamo fare in fretta Oliver” iniziò, non sicuro di quanto avrebbe potuto o dovuto dire al piccolo, era Stiles quello bravo in quel genere di cose, pensò con dolore “Dobbiamo andare da papà”
Guidò come un pazzo, potendo fare affidamento sui suoi sensi e sulla sua velocità di reazione e in pochi minuti raggiunse l’ospedale.
Dopo aver girato nel labirinto di corridoi che parevano tutti uguali, vide in lontananza lo sceriffo seduto su una seggiola.
“James” Derek ne richiamò l’attenzione vedendo immediatamente rivolto a lui un viso stravolto e distrutto.
“Lo stanno operando. Ha perso molto sangue e quando sono arrivati qui non aveva ancora ripreso conoscenza. Derek” e, scuotendo il capo, quasi lasciandosi andare al pianto mormorò “io ho solo lui. Solo lui. Cosa potrei fare se”
“Non dirlo neanche per scherzo. Lo salveranno e starà bene. Anzi, dovremmo sopportare lui e le sue lamentele infinite durante la convalescenza e andrà tutto bene” cercò di rincuorare entrambi e, prendendo posto accanto all’uomo, attese.
Dopo circa una mezz’ora di silenziosa compagnia, rotta solo di tanto in tanto dai borbottii di Oliver, Derek pose la domanda che gli girava in mente da un po’.
“Perché hanno chiamato te, cioè, perché non hanno chiamato me?”
“Derek” sospirò James, evidentemente dispiaciuto per ciò che stava per dire “non hanno chiamato te, per lo stesso motivo per cui non saresti stato informato se fosse stato ricoverato Oliver. Nulla vi lega per la legge e l’ospedale non può che applicare queste regole e informare solo i famigliari” 
Derek assorbì la notizia in modo apparentemente indifferente e non rispose.
Il silenzio avvolse nuovamente il corridoio, fino a quando dalla porta a vetri uscì finalmente un medico.
Il licantropo fu il più veloce ad alzarsi e ad avvicinarsi “Ci dica come sta, la prego”
“Lei è?” chiese.
“Sono il compagno di Stiles Stilinski” spiegò trovando il tutto solo un’inutile spreco di tempo.
“Mi spiace, ma posso dare informazioni cliniche sui pazienti solo ai famigliari. Sceriffo, se vuole seguirmi”
“Cosa?” urlò Derek, spaventando Oliver e guadagnandosi gli sguardi infastiditi di tutti coloro che transitavano nel corridoio.
Anticipando ogni possibile reazione del chirurgo, James si fece avanti “La seguirò, ma voglio che mi dica qui e adesso se mio figlio è fuori pericolo”
Capendo che l’intenzione dell’uomo era quella di fargli ottenere almeno quel brandello di informazione, il lupo di arrese.
“L’operazione è andata bene. Ora è in post-operatorio. Non dovrebbero esserci complicazioni, ma la prognosi non è ancora stata sciolta” e senza lasciarsi scappare più neppure una sillaba, il dottore fece strada allo sceriffo ed entrambi sparirono oltre la porta.
“Papà” chiamò Oliver tirandogli i jeans all’altezza del ginocchio “io non ho capito niente”
Sospirando si risedette, prendendo in braccio il figlio e cercando le parole giuste iniziò “Papi si è fatto male mentre tornava a casa da noi e i dottori lo stanno guarendo, ma non possiamo andare a disturbare. Così noi aspettiamo qui”
“Va bene” Oliver si appoggiò al petto di Derek “ma poi papi viene a casa con noi vero?”
“Non lo so cucciolo, non lo so, forse dovrà stare un po’ qui, per guarire bene”
“Papi mi chiama sempre cucciolo. Mi manca tanto, voglio che papi torna” borbottò contro la maglietta del lupo. 
“Anche io piccolo” ammise triste Derek stringendolo forte a sé.
 
Il tempo sembrava non passare, o quanto meno questa era la sensazione che il mannaro avvertiva. Come se tutto attorno a lui scorresse lento – troppo lento – e, quando con un forte rumore metallico, la porta di fronte a lui si spalancò nuovamente e James apparve, Derek tirò un sospiro di sollievo.
Lo sceriffo si accomodò accanto al compagno del figlio e vedendo la testolina di Oliver ciondolare avanti e indietro per il sonno, si lasciò scappare un tenero sorriso “Ehi, perché non porti il bambino a casa a dormire? Resterò io qui e se ci saranno novità ti chiamerò”
“No, non posso andare via. Io devo restare qui anche se è inutile. Cosa ti hanno detto? Come sta?”
James appoggiò il capo contro il muro, guardando il soffitto e solo allora rispose “Ha entrambi i polsi rotti e una spalla lussata e con l’operazione all’addome hanno tamponato l’emorragia interna. Dalla tac risulta esserci anche un piccolo versamento intracranico, ma stanno aspettando per vedere se si riassorbirà naturalmente. Al momento è ancora sotto anestesia, poi valuteranno se tenerlo in coma farmacologico”
“Fammi entrare”
“Derek, non posso adesso”
“Ti prego”
“Ora non è possibile, ma ho chiamato Melissa. Ha chiesto un favore a una collega e questa notte sarà di turno, quindi chiuderà un occhio. Senti, facciamo così, lasciami Oliver, lo porto a dormire da me”
“Grazie”
“Non azzardarti a ringraziarmi. Sto solo facendo ciò che è giusto” ribadì l’uomo stringendogli la spalla e prendendo in braccio il nipote “Per qualunque cosa, chiama”
 
Melissa compì il suo dovere e, non appena fu certa di essere da sola nel settore del reparto, permise a Derek di sgattaiolare dentro la camera di Stiles, dopo averlo opportunamente riempito di raccomandazioni e avergli ordinato di non uscire fino a quando non fosse tornata a dargli il via libera.
Il licantropo annuì e, dopo aver chiuso la porta, si avvicinò al letto circondato da fili e macchinari rumorosi.
Stiles pareva così piccolo tra quelle lenzuola di un bianco abbacinante e, come se non bastasse, avvolto da numerose bende dello stesso colore.
Ripetendosi mentalmente le informazioni avute dallo sceriffo, lasciò correre gli occhi sulle ferite del suo amore, stringendo i pugni e trattenendo un ringhio.
Solo dopo alcuni minuti di immobilità, si accorse della presenza di una sedia e senza far rumore, la portò accanto al letto, crollandoci poi sopra.
Il viso di Stiles aveva solo una piccola abrasione rossastra sullo zigomo, per il resto sembrava stesse semplicemente dormendo e, con la paura che attraversava ogni sua fibra, Derek iniziò a sfiorargli le dita, non potendo fare altro al momento, avendo paura che, visto il suo stato d’animo, al momento le sue capacità curative fossero instabili e forse addirittura pericolose.
“Oddio Stiles. Io non saprei che fare, se dovesse succederti qualcosa, io non saprei che fare” e per la prima volta da anni, il grande lupo cattivo pianse.
Quando le lacrime si furono asciugate sulle sue guance, il mannaro iniziò a parlare di tutto ciò che gli passava per la mente. Raccontò al suo compagno cosa avessero fatto lui e Oliver in quei giorni e di quanto fossero stati tristi a causa della sua assenza.
Nel bel mezzo di quelle chiacchiere, Melissa entrò in camera e sorridendo informò il licantropo che il suo turno stava per finire – le ore erano volate via silenziose e leggere – che James era appena arrivato e che quindi doveva, purtroppo, uscire.
Derek si alzò e, chinandosi in avanti, poggiò delicato le labbra su quelle secche e pallide di Stiles “Tornerò presto”
 
Arrivato in corridoio, il moro si meravigliò di non essere travolto dal figlio “Derek, buongiorno. Come sta?”
“Tutto come lo hai lasciato. Dov’è Oliver?”
“Non ho avuto il cuore di svegliarlo così presto e, dopo aver informato Scott dell’incidente, gli ho chiesto se poteva passare da casa mia e stare lì fino al tuo arrivo”
“Hai fatto bene, grazie” disse il lupo completamente stravolto.
“Ragazzo mio, dobbiamo essere forti. Lo sai quanto me che farà di tutto per tornare da te e dal vostro bambino” cercò di alleggerire la tensione e l’angoscia.
“James, io non so se, se dovesse succedergli qualcosa io”
“Non azzardarti neanche a pensarlo e ora vai da tuo figlio, resto io qui”
“Chiamami se, beh, chiamami” concluse sospirando il moro, prima di lasciare la terapia intensiva e seguire il consiglio dello sceriffo.
 
Giunto a casa Stilinski, la voce del piccolo Oliver si fece sentire già dal vialetto d’ingresso e varcata la soglia, uno stravolto Scott gli diede il benvenuto.
“Ciao, questo demonietto non ne vuole sapere di fare colazione” scherzo il lupo, cercando di far sorridere entrambi, ma con scarso successo.
“Oliver, perché stai facendo arrabbiare zio Scott?”
“Perché voglio papi che mi da la colazione” si imbronciò il bambino rintanandosi in un angolo della cucina.
Distogliendo per un attimo l’attenzione dai suoi capricci, il più giovane, preso un profondo sospiro, domandò come stesse l’amico e avuto come risposta un semplice “Niente di nuovo” gli strinse con affetto una spalla e recuperò al volo la giacca.
“Mi spiace, ma devo andare al lavoro, purtroppo non sono riuscito a sganciarmi in tempo, passerò da Stiles verso sera e se ti servisse aiuto con Oliver o per qualunque cosa, non esitare, basta una telefonata”
“Ok, grazie” lo salutò Derek, cercando poi di avvicinarsi al figlio e, piegandosi sulle ginocchia, arrivare così alla sua altezza.
“Voglio papi. Diceva che tornava, ma poi non è vero. Papi dice le bugie”
“Non è vero, non dice bugie. Stava davvero tornando a casa per stare con noi, ma ha avuto un incidente, te l’ho detto in ospedale” allo sguardo strano del bambino, il mannaro cercò di spiegarsi meglio “vedi, papà si è fatto tanto male e ora deve stare per un po’ in ospedale”
“Papi allora è con la zia Issa?”
“Sì, proprio così, Melissa lo aiuterà a guarire in fretta” gli diede ragione per poi continuare “quindi ora devi fare il bravo e ascoltare perché fino a quando papi dovrà stare lì, saremo tutti tristi, ma dobbiamo aiutarci”
“Va bene. Allora mangio, ma Scott mi ha fatto l’avena. A me mi fa schifo”
“Ok, che ne dici se controlliamo se il nonno ha ancora un po’ dei tuoi cereali colorati?”
Oliver sorrise e, circondando il collo del moro con le braccia, si fece sollevare.
 
Verso metà mattina, Derek non riuscì più a trattenere l’ansia e il desiderio di tornare accanto al compagno e così, dopo aver preparato il piccolo, si rimise in auto e i due si diressero all’ospedale.
Vedendolo arrivare, lo sceriffo gli andò incontro con, sul volto, un sorriso triste e ciò gli fu sufficiente a comprendere che nulla fosse cambiato, Stiles era ancora privo di conoscenza.
“Ciao campione” esordì l’uomo prendendo dalle braccia del licantropo il nipote.
“Come sta papi?”
“Fa ancora il dormiglione ma, se mi prometti di fare il bravo, provo a chiedere all’infermiera se puoi entrare con me dopo”
Il piccolo annuì.
“Allora nessuna novità?” chiese ansioso Derek, prendendo nuovamente posto su una seggiola poggiata al muro.
“È stazionario”
“Voglio andare a vedere papi” pigolò Oliver tirando la camicia del nonno per attirarne l’attenzione.
“Aspettami qui, vado a cercare qualcuno a cui chiedere e poi torno” e, facendo accomodare il bambino dove un attimo prima era seduto, sparì dietro la porta a vetri.
“Vieni anche tu?” si informò il bambino mettendosi in piedi sulla seduta.
“Non posso. I dottori non mi lasciano entrare”
“Perché?”
“Non è facile spiegare” iniziò Derek passandosi la mano sul viso stanco “Ti ricordi quando siamo andati in chiesa con Scott e Kira? E poi dopo abbiamo fatto quella bella festa?”
Oliver mosse il capo su e giù, senza parlare.
“Ecco, solo chi fa quel tipo di festa poi può andare dappertutto e”
“E perché tu non fai la festa con papà?” l’ingenuità di quella domanda colpì il licantropo come un pugno dritto nello stomaco “Zio Scott ha detto che spo-sposava zia perché le voleva tanto bene così” spiegò allargando il più possibile le braccia “Tu non vuoi bene a papi?”
“Certo che gli voglio bene”
“Allora, quando si sveglia facciamo la festa”
Derek avrebbe voluto rispondere, tentare di spiegare che non era tutto così semplice, ma lo sceriffo uscì in quell’istante dalla terapia intensiva, dicendo che gli permettevano di portare dentro il bambino anche se solo per alcuni minuti.
Il primo a muoversi fu però il moro che parlando sottovoce palesò le sue preoccupazioni “Non pensi che sia sbagliato? Non vorrei che Oliver si spaventasse”
“I medici hanno acconsentito e poi lo hai visto questa notte, non ha brutte ferite visibili e neppure troppi macchinari attorno. Sembra davvero che stia semplicemente dormendo”
Derek alla fine acconsentì, sperando che il bambino non si impaurisse nel vedere il padre in un letto di ospedale e, inspirando forte, si fece coraggio e li guardò mentre oltrepassavano la porta.
 
Come James aveva promesso, rimasero solo pochi minuti nella camera di Stiles e quando tornarono in corridoio, non erano soli. Con loro vi era anche un’infermiera che, sorridendo e tenendo per mano Oliver, informò il licantropo che loro due sarebbero andati in missione alla ricerca di un succo di frutta.
Rimaste le uniche persone nell’atrio, lo sceriffo si sedette di nuovo accanto al moro e, stanco, domandò “Hai intenzione di sposare mio figlio?”
“Cosa?”
“Prima mentre Oliver stava salutando Stiles, si è messo in punta di piedi e gli ha detto che doveva svegliarsi in fretta perché dovevate fare una festa bellissima. Gli ho chiesto cosa intendesse dire e lui mi ha spiegato che avreste fatto una festa come quella di Scott e Kira. Allora?”
“È il motivo per cui Stiles è in quel dannato letto. Abbiamo litigato e lui era in auto a quell’incrocio perché lui vuole sposarsi e io” tentò di spiegarsi il mannaro.
“Ascoltami Derek, per favore, non chiedere a mio figlio di sposarti perché ti senti in colpa, lui non se lo merita” lo interruppe forse troppo duramente James.
“Io lo amo e lo sai e anche lui mi ama. Almeno spero sia ancora così” sospirò appoggiando la testa al muro “Questo è il motivo per cui entrambi torniamo a casa l’uno dall’altro ogni giorno con o senza quella cerimonia di mezzo. Ci amiamo e siamo una famiglia, ma non posso ignorare il fatto che non mi sia concesso aprire una fottuta porta e andare a vederlo alla luce del sole”
“E quindi?”
“Quindi, quando si sveglierà, lo accompagnerò a casa e glielo chiederò. Io voglio potermi prendere cura di lui e di Oliver ed è per poterli amare completamente che lo sposerò, non per senso di colpa o altro”
“Allora, permettimi di essere il primo a farti le congratulazioni. Sarò felice di poterti chiamare genero” lo rassicurò aggiungendo una poderosa pacca sulla spalla.
I due uomini si sorrisero l’un l’altro e, proprio in quel momento, il rumore di passi veloci, li costrinse a voltarsi: una dottoressa e un paio di infermieri stavano correndo verso il reparto.
Derek sentì, distintamente, uno dei paramedici nominare il numero della camera di Stiles e il mondo gli crollò addosso.
   
 
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