Per
continuare(?)
Sono tornata! In ritardo, ma ci sono :3
Grazie a tutti quelli che si sono fermati a leggere il primo prologo,
ora ecco a voi il secondo! (Sì, perché un singolo
prologo è troppo mainstream 3)
Con il prossimo capitolo - il primo, vero della storia - entreremo nel vivo della faccenda ^^ E vi anticipo l'arrivo di Lupo Mercuri, che manderà qualcuno in fuga.
Per quanto riguarda le parole in corsivo che troverete in questa parte: è tutto scritto in lingua ebraica, con l'aiuto di una carissima amica e compagna d'avventura :) La traduzione è quasi sempre presente, se non nell'ultimo caso. (Ani ohevet otcha, yeled sheli, insomma: vuol dire "ti amo, bambina mia")
A tutti un grosso bacio,
Lechatvert
Saremi morte già dolce paruta
a ferro e fuoco
http://www.youtube.com/watch?v=7KwLYJVWYA8
Cara, dimmi il tuo nome
Puoi sentirmi?
Hurts – The Road
Agosto
1471, quindici ore dopo l’elezione di Papa Sisto IV
La porta della taverna si richiuse sulla sua mano con tanta violenza
che, per un instante, Orso credette di sentire le ossa del polso
spezzarsi una a una sotto la pesante morsa del legno.
Con il viso bagnato di lacrime, si voltò verso sua madre in
cerca di aiuto ma, anziché trovarla al suo fianco, la vide
arrancare tra i tavoli vuoti in cerca di chissà cosa.
Aveva i capelli rossi sporchi di cenere e si copriva il volto, forse
per non respirare il fumo dell’incendio, forse per non
mostrarsi piangente agli occhi di suo figlio.
«Ìmma!»,
la chiamò allora Orso, avvicinandosi con la mano
insanguinata stretta sul petto. «Madre!»
La donna si voltò appena, chinandosi per accarezzargli il
capo con la sua solita dolcezza.
«Akol beseder»,
gli sussurrò, baciandogli piano la mano. «Va tutto
bene.»
La porta della taverna si aprì di nuovo, stavolta lasciando
entrare il passo scattante e rapido di un ragazzo ben piazzato avvolto
nei mantelli della guardia cittadina.
«Hanno dato fuoco a tutto il ghetto»,
dichiarò, mettendo a terra la bambina che aveva in braccio,
stretta al suo petto e nascosta appena dalla cappa. «Celia,
dobbiamo andare.»
Si voltò per bloccare l’entrata nella taverna,
mentre dalla strada delle voci cominciavano ad avvicinarsi, sempre
più forti, sempre più irate.
La donna gemette, radunando in un abbraccio entrambi i suoi figli
più piccoli.
«Starete bene», mormorò con tono sicuro,
sebbene soffocando qualche singhiozzo. «Io e vostro padre
torneremo a prendervi domani mattina, d’accordo?»
Orso rimase in silenzio.
Aveva solo undici anni, ma era abbastanza sveglio da capire che quello
non era uno dei tanti incendi che di tanto in tanto distruggevano un
ghetto fatto di legno. C’era qualcosa di più, lo
leggeva negli occhi grigi di sua madre e il solo pensarlo lo
terrorizzava.
Guardò sua sorella, anche lei sull’orlo delle
lacrime e con gli occhi sgranati dalla paura. Istintivamente le strinse
la mano.
«Staremo bene», disse, sforzandosi di apparire
coraggioso. «Gregorio ci proteggerà.»
Alle sue spalle, suo fratello maggiore sbuffò.
«Ci troveranno», lo sentì borbottare.
«Lo faranno sempre.»
Celia gli posò una mano sulla spalla.
«Gregorio», mormorò, seria come mai
prima d’ora. «Quando tutto sarà finito,
dovrai cercare una persona.» Fece una pausa. «Lupo
Mercuri, un cliente di vostro padre. Un amico.»
Gregorio sospirò.
«Un figlio di Mitra», la corresse.
Lei annuì.
«Un tempo lo era. Pregate che le promesse fatte in passato
valgano ancora qualcosa, per lui.»
Gregorio sbuffò e Orso percepì in
quell’istante tutta la sua insicurezza, mentre Celia si
chinava sul pavimento per aprire una botola rotonda.
«Quaggiù sarete al sicuro», disse,
sorridendo appena. «Non uscite prima di domattina.»
Orso annuì, quasi convinto, ma sua sorella si
liberò dalla sua presa, aggrappandosi alla veste della madre.
«Non voglio scendere là sotto»,
dichiarò, tirando su col naso. «Ci sono i
morti e …»
Non fece in tempo a finire la frase che un colpo alla porta di legno la
bloccò.
Orso si sentì afferrare per le spalle da suo fratello e un
attimo dopo venne sollevato in aria, pronto per essere nascosto.
«Madre, non c’è tempo»,
sussurrò Gregorio.
La donna gemette di nuovo, stringendo a sé Porpora. Poi si
scostò, togliendosi la croce intagliata nell’osso
di un santo che da sempre portava al collo per poi consegnarla alla
figlia.
«Dì ad Orso le preghiere che ti ha insegnato
Gregorio», le disse, sorridendo con dolcezza.
«Sarà tutto passato prima di domani
mattina.» La strinse a sé e le baciò
piano la fronte, scompigliandole appena la frangia castana che le
copriva gli occhi. «Ani
ohevet otcha, yeled sheli.»
Un altro colpo alla porta la convinse a prendere Porpora tra le braccia
e a infilarla nella botola.
Quando si sporse per baciarle di nuovo il capo, Orso notò
che al collo aveva un altro pendaglio, uno che non le aveva mai visto
addosso prima di allora: una piccola chiave di ferro legata ad un
semplice cordoncino di canapa, uno di quelli che lui e Porpora
intrecciavano insieme la sera, davanti al fuoco di casa.
Aveva un che di affascinante, quel piccolo oggetto, ma Orso non
riuscì ad osservarlo meglio poiché suo fratello
lo calò nella botola prima di seguirlo sulla piccola scala a
pioli che scendeva nell’oscurità.
L’apertura da cui erano passati venne richiusa velocemente e
l’unica fonte di luce che gli rimase fu un piccolo spiraglio
tra le assi del soffitto.
Nel buio, Orso udì sua sorella singhiozzare, mentre sopra le
loro teste passi veloci e rumori di lame si alternavano alle grida
ovattate della strada.
Poi, tutto d’un tratto, calò il silenzio.
Orso sentì il morbido mantello di Gregorio avvolgerlo per
bene, mentre le mani di suo fratello maggiore si facevano strette
attorno alle sue spalle.
La voce di Celia giunse così tenue che Orso si
stupì di poter udire un suono così flebile.
«Sono figlia della terra e del cielo stellato, di sete son
arsa, vi prego fate che io mi disseti alla fontana della
memoria.»
Il suono stridulo di una spada sfoderata coprì il suo
respiro, dopodiché qualcosa rotolò sul pavimento
marcio della taverna.
In lontananza, le campane annunciarono l’arrivo del nuovo
giorno.
Era il ventisei agosto 1971, quindici ore dopo l’elezione di
Papa Sisto IV, e Orso, assieme a sua sorella, aveva appena compiuto
dodici anni.