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Autore: DulceVoz    07/04/2014    6 recensioni
Un’ ex truffatrice che vuole cambiare totalmente vita, una ragazza ambiziosa ma dall'animo troppo fragile per realizzare le sue aspirazioni, un uomo che vive in un doloroso passato non riuscendo a superarlo e suo figlio, erede viziato e sicuro di sé che fugge dalle sue sofferenze con una vita fin troppo sregolata. Quattro cuori, quattro menti, quattro destini molto diversi… cosa accadrebbe se le vite di questi quattro personaggi si incrociassero? Cosa celerà villa Galindo? E se, una nota di sovrannaturale sconvolgesse ancor di più il tutto, proponendosi sotto forma di sogni più o meno inquietanti? Misteri, amore, inganni, passioni e segreti. E una donna che, in fondo, c’è sempre stata.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il cantiere della “Parodi&co” era bloccato come al solito e gli operai erano fermi a braccia incrociate, aspettando l’ennesimo salario che non arrivava da più di due settimane.
“- Papà!” una vocina melodiosa si fece largo tra i borbottii indignati dei lavoratori, esclusivamente uomini, e Matias la riconobbe al volo, facendosi spazio tra la folla di colleghi per correre incontro alla sua bambina. “- Tesoro mio!” esclamò il biondo, con tono allegro in contrasto con quel cupo ambiente, sollevandola da terra e facendo girare a mezz’aria la sua Violetta. “- Aveva voglia di vederti… so che non è il luogo adatto ma ha insistito tanto…” Angie, immobile a fissare i due, salutò con un cenno della mano l’uomo che ricambiò con un sorriso. “- Avete fatto benone, invece! Come va alla villa?” esclamò, schioccando un bacio sulla guancia alla ragazza e mettendola finalmente giù. “- Benissimo!” disse lei, euforica, ricordando improvvisamente quei bei momenti passati in quella casa… e anche quelli meno entusiasmanti che però, sembravano già un ricordo lontano. “- A te come prosegue?” domandò la Saramego, avvicinandosi di qualche passo ai due, sentendo i tacchi affondare in quel terreno quasi sabbioso e tentando a fatica di mantenere l’equilibrio, venendo sorretta per un braccio da La Fontaine. “- Male, purtroppo. La Parodi fa del suo meglio ma è troppo testarda! Spera ancora di risollevare l’impresa da sola quando invece dovrebbe lasciarsi aiutare! Capisco che non si fidi di quel Casal ma almeno chiedere al loro ex socio, a Galindo per l’appunto, potrebbe essere una soluzione… So che con Sebastian vi sono stati alcuni screzi dopo che lui ha voluto proseguire da solo, ma sono rimasti in buoni rapporti, quindi…!” commentò il biondo, evidentemente preoccupato per quella situazione sempre più insostenibile. “- Dai, papà, vedrai che cederà a collaborare con lui e si sistemerà tutto!” lo rincuorò, saggiamente la figlia, stringendogli la mano affettuosamente e facendogli abbozzare un mezzo sorriso tirato e teso. “- Lo spero. Ma finché non si smuove qualcosa qui nessuno vuole lavorare, e non posso dargli torto!” esclamò La Fontaine, sedendosi su una cassetta di legno capovolta con aria sconsolata, mentre la Saramego e la più piccola, gli si avvicinarono e cominciarono a tirargli su il morale, chiacchierando amabilmente con lui.
 
 
“- Pablo ti ho già detto che non c’è nulla che tu possa fare per convincermi a cambiare idea! E poi dovrei consultare comunque prima mio padre…” Nel suo enorme ufficio della sede principale della sua impresa, la Parodi era seduta alla sua scrivania e Galindo andava nervosamente avanti e indietro per la stanza con aria preoccupata. “- Ma che male c’è? Ti voglio aiutare! E se sono qui è anche per metterti in guardia da Casal!” sbottò l’uomo, per poi andare ad accomodarsi, nervosamente, di fronte a lei. “- So già di Gregorio Casal e non sono una sprovveduta, ho rifiutato ogni sua offerta, per quanto siano state allettanti, e credimi, lo erano sul serio.” sentenziò, con aria glaciale, la mora, cominciando a scribacchiare nervosamente su dei fogli sparsi di fronte a sé, continuando a tenere lo sguardo basso su essi. “- Benissimo! Che tu non abbia ceduto alle sue offerte è un bene! Ma come pensi di pagare gli operai, di affrontare le spese della Parodi&co e tutto il resto? Non puoi continuare così! Ti sto offrendo una soluzione alternativa alla chiusura e anche ad un’alleanza con quel tizio imbroglione! Sebastian ed io siamo stati soci per anni e sono certo che anche lui piuttosto preferirebbe tornare mio socio!” spiegò con stizza Pablo, portandosi poi una mano alla fronte con aria molto stanca. “- Perché diamine sei orgogliosa quanto tuo padre?” esclamò poi ancor più nervoso, ripensando a quella faccenda: Sebastian, ad un certo punto della sua carriera, aveva deciso di continuare da solo, senza alleato alcuno e per questo aveva preso le distanze da Galindo, convinto di poter contare esclusivamente sue forze ma si sbagliava… ed ora, in crisi, aveva lasciato tutto in mano alla figlia, fuggendo all’estero con la scusa di voler mostrare alla donna quale fosse la vita di imprenditrice che lei tanto agognava. “- D’accordo. In effetti io preferisco centomila volte te a quel tipo!” sentenziò, anche alquanto irata la mora, ruotando gli occhi al cielo e buttando la penna davanti a sé con aria tesa. “- Sia ringraziato il cielo! Hai capito!” esclamò, esasperato ma soddisfatto, l’uomo, sfilando un modulo dalla sua valigetta nera. La donna, però, scattò in piedi e aggirò la scrivania per arrivare a leggere quei documenti ancor prima che lui glieli passasse. “- Tu sei sicuro di quello che stai facendo?” domandò titubante a Galindo che annuì con decisione. “- Assolutamente sì. Casal vuole farmi terra bruciata intorno per una sciocca ripicca di una questione accaduta anni fa! Almeno tu non mettere tutto il lavoro che ha fatto tuo padre nelle sue mani, o per meglio dire, nelle sue grinfie!” le consigliò il bruno con aria serissima ma meno severa. “- Sì, su questo non posso che essere d’accordo… aspettami che lo contatto e poi concludiamo con la firma e ti porto a vedere il cantiere principale.”. A quelle parole, l’uomo decise di lasciarla da sola e, facendo un silenzioso cenno a Roberto che fino a quel momento era restato in silenzio, si allontanò fuori dall’ufficio.
“- Sapevo che l’avresti salvata!” commentò Lisandro, nell’enorme corridoio appena fuori dalla porta dello studio della donna. “- Non l’ho salvata, ho solo fatto del mio meglio per aiutarla! E’ colpa mia se Casal vuole approfittare della sua crisi interna!” si colpevolizzò il moro, appoggiandosi con la schiena alla parete e fissando un punto indefinito di fronte a sé. “- Smettila di incolparti di qualcosa di cui non hai colpa! Se quell’uomo è matto non è di certo a causa tua!” sbottò il suo fido collaboratore, dandogli una pacca sulla spalla così forte da farlo quasi barcollare sul lato. “- Se Antonio fosse vivo se la prenderebbe anche con lui!” commentò ancora Roberto amaramente, facendo incupire ancor di più Galindo. “- Già. Lui si che era un onesto uomo d’affari!” fu la timida risposta malinconica del moro. “- Eccomi. Mio padre è favorevole al ritornare soci… ed io voglio mostrarti subito il cantiere principale, quindi seguitemi.” Marcela, nel suo elegante tailleur grigio, aprì la porta e, con quelle parole, fece sorridere i due uomini: poteva Sebastian per quanto fosse testardo come un mulo, aveva accettato? Incredibile ma vero e Pablo si sentì decisamente sollevato per quella decisione del suo ex socio, ora divenuto di nuovo tale. “- Marcela, ascolta…” “- No, Pablo. Non aggiungere niente. Lo facciamo solo perché la situazione è davvero grave, ed ora potrai costatarlo con i tuoi stessi occhi.” la bruna, nel tragitto verso il parcheggio del palazzone, se ne era restata in silenzio e aveva anche un’aria alquanto nervosa ma, allo stesso tempo, amareggiata. Era chiaro che dipendesse ancora troppo da suo padre, era evidente che, senza di lui, avrebbe sicuramente ceduto molto prima all’ottima proposta di Galindo. “- Volevo solo dirti che sono contento di ricominciare a collaborare con voi, e vedrai che con il mio aiuto…” iniziò il bruno venendo prontamente interrotto. “- Non terminare la frase…” “- Con il mio aiuto, le cose si sistemeranno presto.” Pablo, ignorandola, aveva proseguito rendendola ancor più nervosa: ecco cosa dava fastidio ai Parodi, essere aiutati… ma lui lo avrebbe fatto, non tanto per il padre quanto per la giovane donna e tutti gli operai che erano dipendenti nei loro, ora anche suoi, cantieri.
 
 
“- Dunque è qui che dovrebbe sorgere il nuovo centro commerciale…” i tre, entrando con l’auto di Lisandro sin dentro il cantiere, parcheggiarono proprio di fronte al piccolo ufficio della donna che si erigeva in quel luogo e si incamminarono al suo interno. Durante il percorso, però, Pablo, pur ascoltando Marcela, aveva notato qualcosa di strano o meglio qualcuno che, in quel posto, era alquanto fuori luogo… poteva essere vero o stava impazzendo da immaginare quelle due lì a parlottare tranquillamente con un operaio biondo?
“- Scusatemi… io… torno tra un attimo. Voglio fare un giro da solo e parlare con i lavoratori.” Balbettò l’uomo, dopo un discorso di circa mezz’ora da parte della Parodi che non sembrava ancora aver terminato, lasciando dunque un po’ sconvolti sia di lei che di Roberto. “- Pablo, sei sicuro di star bene…?” si preoccupò Lisandro, mentre il suo capo si affrettava ad uscire verso l’esterno della piccola casetta in legno. “- Sì, concludi tu gli ultimi dettagli con lei, per favore. Ho bisogno di capire una cosa…” sentenziò lui, sbattendo la porta e ritrovandosi in quell’enorme spiazzato in cui i lavori sembravano essere cominciati per poi subito venire sospesi. Fece slalom tra carriole zeppe di mattoni, ruspe e altre attrezzature più o meno ingombranti e si incamminò a passo svelto verso quella zona in cui gli era sembrato di vedere due volti familiari.
“- Galindo, che piacere vederla! Vi siete accordati? E per favore diteci che quella strega ha accettato!” Juan, uno dei manovali, gli si parò contro e l’uomo, accennando un breve cenno del capo, annuì, continuando a fissare oltre le spalle di quel bruno. “- Sì, ha accettato ma con voi parlerà dopo la Parodi, ora devo cercare due persone, anzi forse lei puo’ aiutarmi… sto cercando una donna, Angie e Violetta una ragazzina magra, capelli castani… erano con un uomo alto, biondo… le ha viste? Le conosce?” domandò Pablo, approfittando della situazione, non vedendo all’orizzonte nessuna delle due. “- Ah, certo! Sono dietro quei blocchi di cemento, lì vede?” indicò l’operaio, facendo annuire Galindo. “- Che dolce la figlia di Matias La Fontaine! E quella bionda… come si fa a non notarla!” spiegò ancora Juan con tono malizioso, mentre Pablo, finalmente, riconcentrò la sua attenzione su quella frase… la figlia? Allora quel biondo era il padre di Violetta, l’ex marito o in qualche modo, compagno di Angie? “- La bionda che si lascia notare…” ripeté ironicamente, Pablo, stizzito per poi continuare: “- … la donna, insomma, come ha detto lei, è la madre della giovane e a quest’ora dovrebbe essere a casa mia, a lavorare!” commentò, seccato, Galindo, facendo assumere una buffa espressione all’altro che scoppiò a ridere sguaiatamente, facendo sgranare gli occhi all’imprenditore che prese a fissarlo con stupore per quella reazione. “- No!!! Ma quale madre di Violetta! Lei è un’amica di Mati! Figuriamoci se lui fosse mai riuscito anche solo ad uscire con quella bomba del genere che non se lo sarebbe filato né ora, né in passato, né mai! Neppure in un’altra vita!” commentò il lavoratore ironicamente e afferrando poi una zappa accanto a sé salutò Pablo, allontanandosi in direzione opposta. Come non era la madre? Che significavano le parole di quell’uomo? Non aveva la certezza di quello che quel tizio gli aveva detto così prese a correre per raggiungere i tre che aveva già visto in precedenza, nel luogo indicato da quell’operaio. Aveva una marea di domande in testa a cui solo quelle due bugiarde potevano dar risposta… era sicuro che doveva esserci un motivo per una menzogna così importante… ma quale?
“- E la piscina era enorme, papà! Gigantesca! Angie neanche ci ha fatto il bagno!” la risata cristallina di Violetta subito giunse alle orecchie del moro che, istintivamente, si bloccò sul posto, quasi come per desistere da quelle spiegazioni, eppure non poteva lasciar correre, era troppo grave e voleva una motivazione per quella farsa. “- Angie, Violetta…” quella voce, quel tono gelido tanto da far rabbrividire… le due sobbalzarono istintivamente. “- Pablo! Che ci fa lei qui…?” la voce tremante della Saramego preoccupò prontamente Matias che scattò in piedi subito dopo di loro che si fissarono, preoccupate per quella situazione. “- No, io qui da oggi ci lavorerò! La domanda corretta sarebbe voi che ci fate qui?” la zittì Galindo, fissando poi Matias con aria confusa: lui sorrideva e, prontamente, gli strinse la mano con aria cordiale. “- Signore, è un piacere sapere che da oggi sarà dei nostri! Quindi la Parodi ha accettato?” esclamò il biondo, euforico, innervosendo abbastanza Pablo che voleva solo parlare con l’istitutrice in particolare e si limitò ad annuire, serissimo e continuando a fissare la donna. “- Angie mi sa proprio che dovete raccontarmi qualcosa!” tuonò Pablo, diventando paonazzo per la rabbia… strinse i pugni, tentando di controllarsi: come aveva potuto fare quell’enorme figura da idiota? “- Violetta non è sua figlia, vero?” domandò ancora rivolgendosi alla bionda che, scioccata, abbassò gli occhi sul terreno mentre la giovane, si portava il padre lontano da lì, spiegandogli il tutto. “- Non ci posso credere! Mi ha mentito su una cosa del genere! Ma perché lo ha fatto?” non resse più: la bionda sentì gli occhi farsi lucidi e pizzicarle sempre di più. Ecco fatto. A causa di quello stupidissimo piano di Violetta aveva perso tutto! Il nuovo lavoro, un posto dove vivere… tutto! “- Angie!” senza pensarci due volte, la donna si allontanò a passo veloce, sentendo una lacrima rigarle una guancia. In fretta prese a correre verso l’uscita da quel luogo ma l’uomo riuscì a raggiungerla e a bloccarla per un polso. “- Possiamo parlarne a casa? Per favore…” Galindo l’aveva fatta voltare verso di sé ma lei teneva ancora lo sguardo basso sulle sue scarpe ed aveva chiaramente balbettato quella frase in preda ai singhiozzi che le scuotevano già l’esile corpo. “- D’accordo.”. Galindo le sollevò il viso con una mano prima di risponderle… era disperata, c’era qualcosa sotto… e incrociare quei grandi occhi verdi e umidi gli fece sentire inspiegabilmente una fitta al cuore.
 
 
Villa Ferro era un’altra delle case più maestose e conosciute della capitale Argentina e non sarebbe potuto essere altrimenti essendo la dimora dei due avvocati più celebri di tutta Buenos Aires: Felipe Ferro e sua moglie, la sempre impeccabile Susana Martinez. “- Io comunque prenderò le difese della donna, si è rivolta a me ed è inammissibile quello che le ha fatto quel degenerato! Ci metterò tutto l’impegno per rovinare quel… quel…” la voce della donna era squillante e stizzita quasi quanto il tono usuale di sua figlia ma, prontamente, il marito afferrò delle carte dal tavolinetto basso di fronte al sofà e cominciò a studiarne il contenuto. “- Ti prego, Sue! Quest’uomo non ha fatto niente di così grave! Qualche scappatella e…” “- E TU VORRESTI DIFENDERLO E GIUSTIFICARLO?” le grida dei due, divennero talmente forti che la figlia, nell’enorme salone accanto, intenta a suonare il piano, rabbrividì a quelle urla e sbatté violentemente la custodia che proteggeva i tasti. Sempre la stessa storia! Quando beccavano qualche caso di divorzio finivano, essendo i più bravi e richiesti nel campo e i più richiesti, l’uno per difendere la moglie e l’altro il marito e  prendevano anche loro a litigare violentemente in difesa delle proprie parti.
“- Se continuate di questo passo ci arriverete anche voi a quelle pratiche!” Ludmilla, con il suo solito ancheggiare, fece capolino sull’uscio e i genitori subito presero a fissarla con aria confusa. “- Ah, tesoro! Puoi stare tranquilla! Spennerò tuo padre e soprattutto il suo assistito solo in tribunale, come al solito!” ridacchiò Susana, facendo segno alla giovane di accomodarsi sul sofà tra loro due, cosa che lei non tardò a fare. “- I problemi li terremo fuori di questa casa, non preoccuparti, principessa mia!” commentò Felipe con un sorriso rivolto alla giovane ed un’occhiataccia per la Martinez. “- E chi spennerà chi, sarà tutto da vedere, amore!” borbottò poi, sfogliando il fascicolo del suo protetto, Felipe. “- BASTA, SMETTETELA!” li riprese ancora la figlia, facendoli, però, scoppiare a ridere. “- Non c’è alcun rischio che io e tuo padre arriveremo a tal punto, tranquilla!” sorrise Susana, accarezzandole dolcemente il capo, e riuscendo finalmente a placare le sue ire. “- Tornando a noi, il signor Dominguez non ha scusanti, ma rispetterò la tua scelta di difenderlo, come faccio sempre.” Quel cognome… aveva capito bene? Ludmilla scattò in piedi come se avesse appena preso la scossa e rimase immobile a fissare il camino, spento, davanti a lei. Poteva essere vero? Certo il cognome era comune in tutto il paese ma era come se un sesto senso le dicesse che non fosse un caso. “- Mamma, come… come si chiama questo signor Dominguez, di nome?” domandò, continuando ad osservare un punto indefinito di fronte a sé. “- Gonzalo. Gonzalo Dominguez… e come al solito io difenderò la povera moglie, mentre tuo padre si occuperà del marito!”. Gonzalo Dominguez! Era lui, Ludmilla ne ebbe la certezza… ricordava quell’uomo, qualche volta era andato al Club con Diego e aveva sentito qualcuno chiamarlo in quel modo. “- Il padre e la madre di Diego non è così?” chiese, per averne ancor di più la conferma. “- Sì, hanno un figlio e anche lui membro del Country… lo conosci, suppongo!” sentenziò suo padre, facendola annuire silenziosamente. Ecco perché il giovane stava così male! Era quello il problema di famiglia che lo affliggeva ma di cui non voleva parlarne!
“- Sì ma cosa ha fatto di così grave quest’uomo?” esclamò la ragazza, afferrando un modulo dal tavolo ma che, la donna, prontamente le strappò dalle mani. “- Sono cose private e non volendo hai saputo anche troppo!” disse, con tono improvvisamente serissimo e professionale, la donna. “- Mamma, ti supplico, per me è troppo importante!” la pregò la bionda, ma la donna, scuotendo il capo e facendo cenno al marito di spostarsi nel loro studio, raccattò tutti i fogli e cartellette dal tavolinetto e, con una freddezza glaciale, anticipò l’uomo sino alla scalinata che portava al piano superiore della casa. Povero Diego! Ecco cosa era successo, ecco perché era così triste! Ludmilla si accasciò a peso morto sul divano e, subito, notò un documento sfuggito al controllo della donna proprio sopra al tappeto, ai piedi del sofà.
“Gonzalo Dominguez, ripetuti tradimenti verificati, padre poco attento al figlio e alla sua consorte: DIFESA FRANCISCA LOPEZ.” Tutte quelle parole mandarono inizialmente in confusione la ragazza ma, prontamente, riuscì a recuperare la sua lucidità ed un solo pensiero si impossessò della sua mente: Doveva aiutare Diego, doveva essergli vicino e giurò a sé stessa che, anche a costo di sembrare invadente e esporsi fin troppo facendogli finalmente capire di ricambiare il suo amore, lo avrebbe fatto.
 
 
“- Ora penso che sia arrivato il momento di parlare, non crede?” Pablo, tesissimo, aveva convocato Angie nel suo studio e aveva chiuso la porta a chiave prima di andare a sedersi alla sua poltrona. “- Sì, ha ragione.” Commentò la bionda, ancora con gli occhi lucidi. Aveva pianto per un tempo indeterminato e, non appena furono rientrati alla villa, il primo pensiero dell’uomo fu invitarla nell’ufficio per sapere tutta la verità. Era seduta di fronte a lui, si torturava le mani che teneva in grembo e continuava a mordersi nervosamente il labbro inferiore nel panico più totale. “- Dunque Violetta non è sua figlia… mi ha mentito. Perché?” domandò subito Pablo, senza troppi giri di parole: era come riprendere quel discorso esattamente da dove l’avevano lasciato al cantiere, anche se la situazione era diversa: prima, in quell’altro luogo erano stati paurosamente vicini e all’uomo era quasi dispiaciuto infierire, vedendola in quello stato… ora tutto era diverso: erano lontani, la scrivania li divideva e Galindo non poteva fare altro che apparire freddo e cupo, confuso da quella situazione scoperta per puro caso.
“- Ha conosciuto Matias, l’operaio, giusto?” chiese Angie, ancora la voce singhiozzante e il corpo scosso da un tremito irrefrenabile. “- Sì, il biondo…” sentenziò Pablo, sempre più perplesso… quel Juan aveva detto il vero? Pendeva dalle labbra della donna e non vedeva l’ora di scoprirlo. “- Lui è il padre di Violetta, lui è Matias La Fontaine. Io sono solo una sua amica, ma le giuro che se ho finto che fosse mia figlia è stato solo per salvarla!” la Saramego sentì di nuovo le lacrime scenderle lungo entrambe le guance in quantità sempre maggiore e si affrettò a catturarle con una mano, gesto che però al moro non sfuggì. Un’altra morsa gli strette il cuore… ok, gli aveva mentito ma sembrava essere per un motivo valido… chissà perché si sentiva così alla vista di Angie in lacrime... di certo non riusciva proprio a capirlo. “- Si spieghi meglio, per favore.” Esclamò, tentando di apparire ancora distaccato l’uomo, mentre lei si decise a risollevare lo sguardo. “- Penso che lei sappia di quanto fosse stata in crisi l’impresa della Parodi e vede… Matias non è più riuscito a mantenere la ragazza. Per quanto il cuore gli si spezzasse in mille pezzi è stata la stessa Violetta a proporgli questa soluzione: qui non le sarebbe mancato nulla e lui, di malavoglia, ha accettato… e poi c’era Jade, sua zia, una vera arpia… lei viveva malissimo in quella casa, deve credermi.” A quelle parole, alla mente di Angie ritornò anche il piano folle iniziale della giovane, quello di voler conquistare Leon… ma era meglio sorvolare su quel dettaglio e poi, in fondo, quella era la verità: Matias, sperano di farle vivere giorni migliori, gliel’aveva affidata e Violetta aveva avuto l’idea di farsi passare per sua figlia… beh, in fondo quell’idea, inizialmente così pazza, era stata poi un bene visto che suo padre l’aveva mandata via di casa subito, forzato dalla terribile situazione che stava vivendo. Galindo abbassò lo sguardo su dei fascicoli aperti di fronte a sé e, dopo qualche secondo, prese un profondo sospiro che fece quasi rabbrividire la donna… cosa voleva dire? Era confuso? Arrabbiato? L’avrebbe cacciata a calci? “- Quindi è per questo.” concluse, sinteticamente, Galindo, facendo sobbalzare la donna per quel lungo silenzio calato nella stanza. La bionda non poté fare altro che annuire, silenziosamente, raccogliendo un'altra goccia sul suo viso che sfuggiva al suo controllo. “- Va bene, puo’ andare in salotto.” Sentenziò in un mormorio il moro, prendendosi la testa tra le mani e facendole sgranare i grandi occhi verdi per fissarlo con perplessità. “- Mi dia il tempo di preparare le valige almeno!” sbottò poi, convinta che il capo volesse licenziarla in tronco. “- Per andare a far lezione a mio figlio ha bisogno dei bagagli?” domandò ironicamente Pablo sogghignando e lasciandola ancor più basita. Quindi non era fuori dalla casa? Non aveva perso il lavoro? “- Davvero io posso…?” ma lui la interruppe con un cenno della mano per farla tacere, probabilmente voleva dirle qualcosa di importante e si mise in piedi lentamente, tenendo le braccia tese arpionate scrivania, prima di aggirarla e avvicinarsi alla donna che, a sua volta, si alzò. “- Leon si trova bene con lei, con Violetta e anche io. La sua presenza qui mi sta aiutando molto con mio figlio e… anche se mi vergogno ad ammetterlo, questo periodo che ha vissuto fino ad ora con noi è stato positivo per il rapporto tra me e lui. Spero vivamente che, anche se ora per La Fontaine le cose si sistemeranno, la giovane resti ancora con noi. Leon poi la guarda in un modo che… non so, lo vedo sereno con lei, come non l’avevo mai visto.” a quel punto il bruno prese un altro profondo respiro e lei continuava a fissarlo con aria stranita ma felice per quella frase, per poter rimanere alla villa, per quel complimento. “- Tuttavia mi ha mentito…” “- Mi dispiace, sul serio io non volevo!” lo interruppe la Saramego ma lui ruotando gli occhi al cielo esasperato, le prese istintivamente una mano, riuscendo a zittirla ancora. “- Ma ha mentito per una buona causa e… non importa. E’ fortunato quel Matias ad avere un’amica come lei!” sorrise meno glaciale del solito Galindo, avvertendo un brivido inaspettato corrergli giù per la schiena al solo sfiorare le candide dita della donna che, dal canto suo, si sentì avvampare per quel gesto così dolce… allora, in fondo, quell’uomo non era poi così gelido come voleva farsi credere! “- Beh, se vuole posso essere anche sua amica, o forse lo sono già e nessuno dei due lo ha ancora capito!” commentò l’istitutrice, facendolo ridacchiare l’altro. “- Dunque potremo esserlo anche noi a tutti gli effetti, che ne dice?” le domandò Pablo, stupendo persino sé stesso di quella domanda. La Saramego rimase alquanto sorpresa ma era allo stesso tempo al settimo cielo per quella richiesta. “- Ne sarei onorata, signor Galindo!” esclamò, sottolineando quel nome così formale e facendo una mezza riverenza alquanto goffa che per poco non le fece perdere l’equilibrio e ritrovare al suolo… a quel punto sarebbe anche potuta sprofondare per la vergogna e, se quel capitombolo non avvenne, fu grazie al moro che, notando quanto fosse in bilico, le afferrò anche l’altra mano per evitarle la caduta e riuscì ad attirarla al suo petto con un movimento repentino delle braccia. “- Certo che in figuracce non mi batte nessuno, mi perdoni!” rise nervosamente lei, incatenata a quegli occhi nerissimi, immersi nei suoi. “- Ah, non è la fine del mondo, tranquilla! Deve solo imparare a portare quei tacchi enormi e poi sarà tutto più facile!” la schernì l’uomo, indicando con lo sguardo le enormi zeppe che indossava la bionda. “- Cosa hanno che non va? Non è che la fanno sentire troppo basso?” lo provocò la bionda, per poi lasciare quelle mani, ancora intrecciate alle sue e allontanandosi verso la porta, sotto lo sguardo sorpreso dell’uomo. “- Mi ha dato del tappo!” mormorò, quando lo sbattere della porta lo riportò alla realtà. “- Ma come osa?” rise poi tra sé e sé, incrociando le braccia al petto continuando a fissare la porta con un sorriso ebete stampato in viso. Quella donna era incredibile, riusciva a rallegrargli la giornata con una semplice parola! Pensava davvero che l’avrebbe cacciata? Beh, poteva anche scordarselo! E poi gli aveva mentito per una giusta causa… e, d’altronde, da quella dolce Saramego avrebbe dovuto aspettarselo.
 
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Eccoci! Capitolo 12 in cui si svelano segreti di famiglia! Angie e Vilu vanno a trovare Mati al cantiere e… ops! Pablito scopre che la giovane non è figlia della donna! Per fortuna nel finale ha capito le motivazioni dell’istitutrice e l’ha perdonata! :3 Ludmilla, intanto, viene a sapere di Diego e della sua situazione familiare alquanto difficile! Ora cosa farà, agirà seguendo il suo cuore o per paura di star male lascerà correre? Prossimo capitolo dedicato interamente ai ragazzi: Leonetta, Diemilla e tante altre sorprese! :) Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi con affetto! :3 Alla prossima, baci! :)
  
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