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Autore: Sonomi    07/04/2014    2 recensioni
"Fissava le pareti della stanza senza vederle realmente, cercando di captare ogni piccolo rumore. L’unica cosa che sentiva era il suo flebile respiro. Le luci al neon del lampadario rendevano l’atmosfera circostante molto ospedaliera, e quel paragone non fece altro che accrescere l’ansia dentro le sue membra. Non sapeva come mai, ma la sola idea che quella camera potesse sembrare un ospedale lo terrorizzava abbastanza.
Guardò impotente la porta sbarrata davanti a lui, per poi lasciar scivolare gli occhi sulla scarsa mobilia che lo circondava: un comò di medie dimensioni, un traballante tavolino di mogano e una sedia inutilizzata, considerando che era seduto sul pavimento freddo. Ingoiò l’aria, aspettando che qualcosa accadesse. Ma non succedeva niente da almeno cinque giorni.
Uscirò mai da qui?"
(Taoris, Kaisoo, Hunhan, Baekyeol, Sulay, ChenMin)
(Titolo cambiato! Precedente: "Il college degli orrori")
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sonomi's home:
Ce l'ho fatta gente, sono resuscitata dopo quasi due mesi... chiedo scusa. Oltretutto il capitolo non è venuto lungo quanto avrei voluto, ma sono comunque felicissima di aver avuto il tempo di scrivere queste pagine. La quinta è assurda, ho anche due esami esterni da dare (?) someone help me. 
Togliendo questo, il capitolo qui presente è.. molto ricco di rivelazioni. Corto si, ma denso, mooolto denso. 
Spero che vi catturi <3 grazie per l'enorme sostegno che continuate a darmi. 


 






19.
Let out the beast (parte 2)


Camminava nel nero della notte, mentre il freddo trapassava la stoffa dei suoi vestiti. Il passo era indeciso, impaurito, e cercava a tentoni di non inciampare nel terreno: la luna non gli era d’aiuto, i rami degli alberi erano troppo alti. Ogni suono lo terrorizzava, che fosse prodotto dalle foglie secche sul terreno o dal gracchiare di qualche insetto. Eppure andava avanti. Per un attimo si pentì quasi di non aver preso una torcia, ma la sua decisione era stata talmente tanto improvvisa e poco calcolata che non aveva avuto modo di pensare ai dettagli. Chanyeol era più importante, non poteva aspettare. 
Si fermò per attimo, osservando il paesaggio intorno a lui: la luce della luna ora riusciva flebilmente a filtrare, andando a illuminare quella che sembrava una piccola radura. L’erba era comunque alta, ma la scarsa presenza di alberi in quel piccolo spazio lo rasserenò un poco; fece qualche passetto avanti. Ora doveva solo riflettere, cercare qualche traccia e capire in che direzione andare, e soprattutto doveva evitare di farsi prendere dal panico. Doveva essere lucido e non pensare di essere solo un indifeso umano nel bel mezzo di un bosco. Armandosi di coraggio cominciò a guardare attentamente il terreno, sperando in una qualsiasi impronta o prova del passaggio di Chanyeol, ma l’unica cosa che riusciva a vedere era un grande ammasso di terra, erba e rametti spezzati. Se voleva trovare il suo fidanzato doveva spostarsi. Stringendosi le braccia al petto si allontanò rapidamente da quel piccolo angolo di sicurezza, ritornando nel fitto del bosco. Il lato positivo stava nella continua presenza della luna, che sembrava quasi essersi impietosita di lui: continuava ad illuminargli il cammino. 
Andò avanti così per altri venti minuti buoni, tanto che cominciava a chiedersi se prima o poi sarebbe sbucato da qualche parte. Di certo non sarebbe stato in grado di tornare indietro, quindi tanto valeva continuare in quella direzione e sperare. Stava quasi per cominciare ad avere un attacco di panico misto a isteria quando notò qualcosa afflosciato a pochi passi da lui. Da quella distanza non sembrava essere qualcosa di vivente, ma piuttosto un abito. Una felpa, per la precisione. Si avvicinò lentamente, accucciandosi accanto al fagotto, ed ebbe la conferma delle sue supposizioni: era un indumento. Era la maglia di Chanyeol. Il cuore prese a battergli all’impazzata mentre notava quanto il tessuto fosse lacerato e sporco di quello che sembrava sangue, e il ragazzo cercava in tutti i modi di convincersi del contrario. Raccolse la maglia, stringendosela al petto, e riprese a camminare, convinto di star andando nella direzione giusta. Non doveva essere lontano, non quando ai suoi piedi continuavano a spuntare pezzi di vestiti: un calzino, una scarpa, un brandello di jeans. 
Fu allora che sentì un ringhio. Un suono gutturale, terrificante, che gli fece rizzare i peli sulle braccia. Trattenne il fiato, bloccando ogni muscolo, e tese le orecchie. Di nuovo un ringhio, questa volta più vicino. Un rametto si spezzò a pochi passi da lui. Poi un altro, e un altro ancora. Qualcosa si stava avvicinando. Si ordinò di stare calmo, di non avere scatti, altrimenti sarebbe stata la fine. Ma la calma fu proprio l’ultima cosa che riuscì a mantenere nel momento in cui gli si presentò quello spettacolo sotto gli occhi: davanti a lui spuntò quello che sembrava un lupo, solo tre volte più grande. Stava a quattro zampe sul terreno, il pelo nero ritto sulla schiena, i denti aguzzi scoperti nell’atto di ringhiare. Il muso era sporco di rosso. E capì immediatamente che quello non era Chanyeol. Non sapeva dire con certezza che cosa lo spingesse a quell’affermazione, ma guardando gli occhi di quella bestia non riusciva a riconoscerci quelli del fidanzato. E una volta accertatosi di ciò, l’unica cosa che volle fare fu scappare, e lo fece. Prese a correre nella direzione opposta al lupo, virando verso sinistra e imboccando un sentiero abbastanza libero. Sapeva di essere veloce, ma era anche altrettanto sicuro di poter fare ben poco contro un animale del genere. Ma doveva tentare, nonostante il panico lo stesse quasi uccidendo. La bestia alle sue spalle gli teneva il passo senza sforzo ed era sempre più vicina, sempre di più…
Qualcosa lo colpì sulla schiena, mandandolo a terra sotto un lancinante dolore. La vista gli si annebbiò di colpo, mentre il bruciore lungo la colonna vertebrale si faceva sempre più intenso. Nonostante questo rotolò su un fianco, cercando di spostarsi, ma ebbe il solo risultato di trovarsi ancora più vicino a lupo. L’ultima cosa che vide furono quei mostruosi denti sorprendentemente bianchi.


Baekhyun si svegliò di soprassalto, sudato, in quella che sembrava una stanza d’ospedale. Il respiro accelerato faceva muovere velocemente il suo petto, provocandogli un dolore lancinante alla schiena. Si lasciò scappare un gemito, mentre lentamente si spostava con una mano bendata un ciuffo di capelli dal volto. Era stato un sogno.. Non stava succedendo di nuovo. Riportare alla mente ciò che era successo la notte precedente era stato devastante.. E avrebbe veramente voluto dimenticarlo. Tenere solamente la felicità nel sapere che Chanyeol era sano e salvo. L’orologio sulla parete segnava le 23:08, e il ragazzo sospirò pesantemente. Guardando quella stanza triste e spoglia aveva solamente voglia di andarsene, scappare via in qualche posto lontano da tutti, da suo padre soprattutto. Come avrebbe reagito sapendo quello che gli era successo? Lo stava cercando? Tremò al pensiero. Non voleva rivederlo. 
Dalla porta giunse un piccolo colpo, non troppo forte ma nemmeno tanto delicato da non essere sentito. Baekhyun socchiuse le palpebre nel buio della camera, lasciandosi scappare un piccolo colpo di tosse. Forse era l’infermiera di fuori che per sbaglio aveva scontrato l’uscio. Probabile. Ma il colpo si ripeté, questa volta con più potenza. Il ragazzo trattene per un attimo il respiro, mentre un’altra spinta faceva vibrare la porta.
Qualcuno stava cercando di entrare.
Qualcuno che, probabilmente, non aveva il permesso. 


Seoul, poche ore prima.

Yifan guidava lentamente lungo le strade di Seoul, lanciando occhiate spente al paesaggio fuori dal finestrino. Nulla catturava particolarmente la sua attenzione, troppo preso a cercare di riordinare i pensieri. Se solo avesse potuto per un attimo spegnere il cervello e riposare.. Ma era chiedere troppo, era impossibile. Non dopo quello che era successo il giorno precedente.  La situazione era ancora talmente tanto assurda che ognuno di loro faticava a crederci, e con buone ragioni. Avevano portato Baekhyun di corsa all’ospedale, dove era stata accertata la sua salute: era messo male, ma non rischiava la vita. Chanyeol si era fermato con lui per tutta la mattinata, mente gli altri erano tornati al college per cercare di darsi una spiegazione. Tentativo inutile. Così Yifan li aveva lasciati lì, scappando dalla scuola per gettarsi in un posto ancora peggiore: stava andando da suo zio. Sospirò, mentre i ricordi piano piano si facevano strada nella sua memoria
Yifan aveva sempre adorato suo zio. Era un uomo serio, vigile, ma capace di donare tutto se stesso per le persone care. Spesso preferiva stare con lui che con i suoi genitori, persone troppo prese dal loro lavoro che dalla famiglia. In realtà, suo zio poteva essere considerato “adottivo”. Era stato adottato dai Wu quando aveva già otto anni, per via di un incidente che l’aveva privato dei genitori. Per quel motivo, nonostante tutto, aveva mantenuto il cognome d’origine: Ahn. Era così cresciuto con il padre di Yifan e la sua famiglia, alla quale gli Ahn erano molto legati. Prendersi cura di loro figlio, per i Wu, era un onore. Dopo la morte dei signori Ahn, i Wu avevano preferito tornare in Cina, dove erano rimasti per molto tempo, fino a diventare nonni. Il padre di Yifan crebbe assieme al figlio degli Ahn, considerandolo come un fratello, chiedendogli poi addirittura di essere il padrino del suo pargoletto. Per quel motivo Yifan passò la sua infanzia assieme a quell’uomo che sentiva vicino nonostante non vi fossero legami di sangue, che vedeva come un secondo padre, che lo aveva sostenuto nei momenti più difficili della sua vita. Gli doveva molto.. Ed era per quel motivo che non si era mai azzardato a dire niente, una volta scoperta la verità sul suo lavoro. 
Yifan ricordava ancora quel momento.. Il giorno in cui tutto era venuto a galla. Suo zio e il suo socio d’affari avevano ingaggiato lui e un altro ragazzo per aiutarli a reclutare giovani disposti a sottoporsi a quelli che venivano chiamati “test intellettivi”. A quanto pareva questi test servivano per una ricerca sulla media intelligenza delle nuove generazioni, una ricerca che, come avevano sostenuto loro, avrebbe potuto cambiare la storia. Non gli era servito molto tempo per capire che tutti i ragazzi che arrivavano all’agenzia non ne uscivano più e, se avevano la fortuna di riuscirci, si ritrovavano in condizioni pessime. Yifan prese a cercare risposte da solo, scoprendo poi cosa si nascondesse dietro al lavoro dello zio: cavie, un laboratorio e strane sostanze. La prima cosa che pensò di fare fu parlarne con il ragazzo che lavorava con lui, Baekhyun, ma non ottenne l’appoggio sperato. Il socio dello zio era il padre di Baekhyun, e per quel motivo il ragazzo non aveva la forza di opporsi. Perciò Yifan se ne andò da solo, annunciando allo zio le sue scoperte e le sue intenzioni. Il signor Ahn sembrava disperato, tanto che ottenne da Yifan il silenzio, e pochi anni dopo l’entrata al college, sempre voluta dallo zio. Il preside del college era il signor Byun.. E Ahn aveva gentilmente chiesto a Yifan di studiare lì, giusto per tenerlo d’occhio. Non potevano rischiare. E poco tempo dopo Yifan aveva anche capito che molti dei studenti che entravano in quella scuola venivano usati come carne da macello per quegli esperimenti. Proprio per quello, quando Zitao si era presentato al college, Yifan era andato in panico. 
Ricordava ancora benissimo il giorno in cui aveva visto Zitao per la prima volta. Viveva ancora in Cina e aveva all’incirca otto anni; a quei tempi era un ragazzino vispo, curioso, tanto che quando erano arrivati i nuovi vicini, gli Huang, non aveva resistito ad andare a bussare subito alla loro porta. Si era ritrovato davanti un giovane poco più piccolo di lui: aveva i capelli neri come la notte e gli occhi di un taglio molto particolare, felino, occhi che in quel momento lo guardavano come se il bambino si stesse aspettando che Yifan gli dicesse qualcosa. Da quel giorno divennero amici. Giocavano spesso assieme nel cortile dietro le loro case, passando la maggior parte del tempo in compagnia, sostenendosi a vicenda. Anche Zitao passava parecchio tempo in solitudine, tanto che Yifan aveva cominciato a vedersi come una sorta di fratello maggiore, disposto a proteggerlo in qualunque situazione. Dopo circa un anno gli Huang fecero le valige per trasferirsi in Corea, e lui  rimase irrimediabilmente solo. 
Yifan si riscosse da quei pensieri con un mezzo sorriso, fermandosi al semaforo rosso. Ancora adesso si chiedeva come fosse stato in grado di riconoscere Zitao al suo arrivo al college, ma effettivamente il suo aspetto era rimasto abbastanza lo stesso. Quando scattò il verde, la macchina ripartì lentamente, svoltando in una viuzza abbastanza abbandonata. L’agenzia dello zio apparve nel campo visivo di Yifan, e il ragazzo trattenne una piccola smorfia. Entrare in quell’edificio lo faceva sentir male, soprattutto con il ricordo di Zitao attaccato a quel bancone di metallo. Parcheggiò l’automobile sul ciglio della strada e si diresse a passo abbastanza veloce verso l’entrata, spalancando la porta sul retro. Il corridoio semi-deserto si presentò sotto i suoi occhi e il ragazzo lo percorse a grandi falcate, sbucando nella “hall”. La segretaria dietro al bancone gli regalò un sorriso.
-Signor Wu, buonasera. Se cerca suo zio attualmente è impegnato con una riunione urgente. Può attenderlo qui se desidera- disse gentilmente indicandogli con le mani perfettamente curate i piccoli divanetti lì attorno. Yifan sospirò. Aspettare? Non se ne parlava proprio, ma per un attimo decise di assecondare la segretaria, sedendo sul bordo di una poltrona. Dovette aspettare dieci minuti buoni prima che gli si presentasse l’occasione giusta: la signorina sparì dietro all’ennesima porta che conduceva chissà dove, e Yifan scattò come una molla nel corridoio che portava all’ufficio dello zio. Controllando che in giro non ci fosse nessuno, si fermò davanti ad essa, poggiando l’orecchio al legno levigato. Di certo non era preparato a sentire ciò che stava udendo. 
-L’esperimento è andato finalmente in porto.. E subito sorgono problemi!-
Riconobbe immediatamente la voce di suo zio, parecchio adirata. 
-Non crucciarti, fratello. Troveremo una soluzione a tutto questo- 
Yifan spalancò gli occhi, e quasi cadde in terra dalla sorpresa. Quello..era suo padre? Cosa ci faceva lì?
-Parlate come se il problema riguardasse voi! Mio figlio è stato aggredito da questo branco di belve senza controllo!- 
Questo era Byun. Sapeva cosa fosse successo a Baekhyun allora.. Ma perché parlare in questo modo di creature che lui stesso aveva creato?
-Se il vostro scopo era avere un gruppo di cani da guardia, avete pensato male- disse all’improvviso una voce che Yifan non riconobbe. Sembrava quella di un ragazzo abbastanza giovane. -Mi dispiace che sia andata a finire così, ma avreste dovuto mantenere un controllo maggiore, o sbaglio?-
-Non fare l’arrogante, ragazzino! Tu sei un mio esperimento!- 
-Lo so benissimo.. Ma non intento perdere la mia libertà. Per questo sono qui. Vi voglio proporre un accordo-
Qualche secondo di silenzio.
-Sarebbe?-
-Voi avete desiderio di avere sotto chiave la banda di lupetti che ieri sera si è svegliata, mhn? Tra cui, dalla prossima luna, ci sarà anche tuo figlio, Byun, visto che accidentalmente si è trovato sulla mia strada al momento sbagliato. I miei ragazzi hanno tenuto d’occhio la tua scuola.. Baekhyun è all’ospedale, gli altri sono tutti al college, e lo sapresti bene, Byun, se ti prendessi la briga di fare il preside di tanto in tanto. Ci metteremmo poco a portarveli qui.. Sono ancora deboli. Io vi consegno i lupetti e voi lascerete al mio branco una certa libertà-
-Sei diventato spietato. Fra quelle persone non c’è anche il tuo migliore amico, Seunghyun?- ridacchiò la voce di Ahn, mentre Yifan congelava sul posto. Ci fu ancora silenzio.
-L’amicizia tra me e Chanyeol risale a tempo fa.. Adesso non sono più la persona che ero una volta-
-Sai, non pensavo che l’esperimento avesse avuto già effetto.. Tu e il tuo branco siete una piacevole scoperta-
-Non tutti ce l’hanno fatta. Siamo rimasti in poco più di una ventina- il tono di quel Seunghyun era abbastanza freddo, tagliente. -Allora ci state?- 
-Non mi sembra male come proposta- affermò il padre di Yifan, facendo tremare il ragazzo stesso. Troppe informazioni nel giro di pochi minuti, troppe scoperte che avrebbe preferito non fare. Suo padre aveva a che fare con tutto quel giro? Seunghyun.. Era vivo? 
-Allora è sistemato. Entro due giorni avrete il vostro branco sotto chiave- 
Quelle parole fecero svegliare Yifan dal suo stato di torpore come un secchio d’acqua gelida. Non aveva tempo per pensare a cosa ci facessero suo padre e quel ragazzo lì dentro, aveva ben altro di cui occuparsi. Correre al college, fare i bagagli e portare via tutti quanti per esempio. Decise di non ascoltare altro, e a passo veloce percorse il corridoio a ritroso, sbucando nella hall ancora deserta. Corse fuori, gettandosi in strada, mentre la luce del giorno piano piano andava a scemare. Si infilò in macchina, partendo ad una velocità multabile, buttandosi nella corsia principale senza nemmeno guardare agli incroci. Doveva pensare a sangue freddo: dove sarebbero andati? Quanto tempo sarebbe servito? Come potevano portare via Baekhyun dall’ospedale prima che ci arrivasse suo padre? Intento a formulare strategie giunse al cancello del college. Lasciò la macchina all’ingresso, senza nemmeno preoccuparsi di parcheggiarla adeguatamente, e spalancò le porte della scuola, correndo al piano di sopra. Non c’era anima viva per i corridoi.. Dovevano essere tutti a cena. Quasi inciampò sulla moquette quando si fermò davanti alla camera di Zitao, entrando senza bussare. Non poteva credere nel miracolo: era tutti lì. 
-Yifan, stai bene?- la domanda di Joonmyun sembrò quasi ridicola alle orecchie del ragazzo. 
-No, affatto. E non starete bene nemmeno voi se non ci sbrighiamo- 
-Di cosa stai parlando?- bofonchiò Chanyeol, accucciato sul letto, avvolto in una coperta pensante.
-Dobbiamo andarcene.. Al più presto. Siamo in pericolo.. siete in pericolo-
-Che cosa significa?- chiese Jongdae alzandosi in piedi, mentre Yifan chiudeva per un attimo gli occhi. Era arrivato il momento.. Per aiutarli avrebbe dovuto rivelare la verità, dire loro di essere stato immischiato in tutto quello schifo. Ebbe paura. 
-So cosa sta succedendo..- cominciò a dire. -L’ho sempre saputo. Dietro alle sparizioni e agli esperimenti c’è mio zio. Seunghyun è vivo, ha un suo branco di lupi, vi vogliono portare al quartier generale e mettervi sotto chiave. Dobbiamo scappare, portare via Baekhyun dall’ospedale prima che sia troppo tardi- 

  
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