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Autore: Alepotterhead    07/04/2014    1 recensioni
Mags è l'adorabile ottantenne che tutti abbiamo conosciuto, ma anche lei è una vincitrice. O meglio una sopravvissuta.
Ecco a voi i Noni Hunger Games. Gli Hunger Games di Mags.
Dal capitolo 9
“Tributi prendete posizione”
La voce mi fa sobbalzare e la pedana si solleva leggermente, le ante del tubo che la circondano si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina. Prendo posizione come mi è stato detto.
“Cinque secondi rimanenti alla partenza”
Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.
Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.
Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.
Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.
È un paesaggio incredibile."
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Mi lancio verso quella figura esanime a terra come se ne dipendesse della mia vita, anche per accertarmi che non si tratti di un’illusione. Mi accascio al suo fianco.

“Dave, Dave svegliati” inizio a scuoterlo bruscamente.

“DAVE!” tento si staccare le ventose gialle dalle sue tempie, ma senza successo.

“Dave ti prego!” le mie parole sono un piagnucolìo indistinto.

Gli passo delicatamente una mano sul viso e tra i riccioli biondi, mi rendo conto che il viso è scarno e ha una gamba ferita, non può essere l’ultima volta che lo vedo, no, non può farmi questo, non lo permetterò, le persone non possono andarsene dalla mia vita senza il mio permesso.
Voglio vedere ancora i suoi ridenti occhi verdi e il sorriso che non abbandona mai le sue labbra.

Nemmeno mi ricordo quanti giorni sono che non lo vedo, troppi, decisamente troppi.

“Dave svegliati, alzati”
Temevo che non sarebbe stato così facile, deve sconfiggere l’Arena nella sua mente… e io cosa posso fare?

Se io sono riuscita a svegliarmi, probabilmente anche altri tributi adesso sono svegli e noi qui siamo due bersagli facili, io disarmata e lui inerme. Mi rendo conto all’improvviso che non ho idea di quanti tributi siano ancora in circolazione. Un attimo di panico mi assale, l’ultima volta che ho visto il logo di Capitol e i tributi caduti è stato prima dell’attacco di Sette e Mannaia, quindi contando anche loro ci sono stati tredici caduti, ma con tutto il trambusto che ne è conseguito non saprei dire se mi sono persa qualche altro colpo di cannone, quindi al massimo in giro ci sono altri undici ragazzi, tra cui entrambi i ragazzi del Due.

Sono demoralizzata, mi sento esposta e inutile, non mi piace non avere sotto controllo la situazione.

Mi guardo attorno alla ricerca di quello che potrebbe essere lo zaino di Dave, se ha seguito le indicazioni del nostro mentore, dovrebbe essere entrato in possesso di uno zaino blu. Ma potrebbe anche essere lontano dal punto in cui è caduto vittima del veleno delle spine, io mi sono svegliata in un posto diverso.

Calma, devo stare calma. Sto brancolando alla cieca, come un tonno a cui hanno mozzato la testa.
E io non sono un tonno. E nemmeno un verme. Un brivido mi corre lungo la schiena.
Calma e nervi saldi.

Ok, non posso combattere la battaglia per Dave, ma posso metterlo al sicuro. Lo afferro per le spalle e lo trascino verso l’albero più vicino con gran fatica. Mi arrampico e strappo liane e foglie in quantità, l’operazione richiede più tempo del previsto, le foglie sono incredibilmente dure e ruvide, mai viste foglie così, tanto che mi scortico un po’ le mani, e una volta staccate dal picciolo stillano poche gocce di sangue.
Fatto ciò praticamente seppellisco il mio compagno di distretto sotto quella coltre verde, aiutandomi con dei legnetti che trovo a terra, non è il massimo, ma direi che passa piuttosto inosservato, almeno la divisa arancione non si vede più.

Il secondo passo del mio brillante piano è procurarsi un’arma o qualsiasi cosa possa creare un minimo di protezione. Peccato che non ho assolutamente niente. Prendo a calci un povero sasso mentre cerco di tirarmi fuori da quest’impiccio. Devo assolutamente recuperare il mio arpione e il mio zaino, ma chissà in che punto dell’Arena si trovano e chissà in quale punto mi trovo io.

Sono frustrata. E la mia mano sinistra trema convulsamente, mi chiedo se è solo un riflesso di quello che è successo o se ho perso davvero il controllo totale della mia mano.  Rimirando la mia mano mi accorgo che il viola che rende visibile la rete di vene sulla mia pelle sta lentamente dissolvendosi.

Decido di rischiare a allontanarmi un po’ da Dave, per vedere se c’è qualcuno nei paraggi o cibo o qualche arma abbandonata.

Giro in tondo per quelle che sembrano ore, non c’è niente. Né un suono né anima viva, solo vegetazione. Tutte queste ombre verdi, alte, in cui scorre sangue mi stanno facendo diventare  paranoica, mi sembra di essere seguita, ma non c’è assolutamente niente, solo ombre e l’eco degli incubi che ho in testa.
Quando tornerò a casa non voglio più vedere un albero.

Mi blocco sconvolta dal mio stesso pensiero. Quando tornerò a casa. Non ‘se mai tornerò’, quando.
Ho davvero acquisito tanta sicurezza in me stessa da potermi permettere di pensare una cosa del genere?
Ho smesso di essere un patetico verme.
Mi sono svegliata da un incubo per riuscire a uscirne da un altro.
Ho raccolto tutto quello che mi è rimasto e l’ho buttato.
Ora non ho niente da perdere.
Sono nei Giochi.
Allora giochiamo, ma secondo le mie regole.

Mags ha iniziato a morire al colpo di cannone iniziale.
È morta un altro po’ con gli occhi del ragazzo del Sette.
È morta definitivamente quando mi sono risvegliata.
E l’ho uccisa io.

Tra le mani tremanti ho un legno raccolto senza nemmeno rendermene conto, è più o meno come quelli che ho usato per nascondere Dave, ma questo ha la forma di una ipsilon.
La forma perfetta.
Mi sciolgo i capelli e li sento che mi solleticano la schiena attraverso i brandelli della giacca termica che ho ancora addosso. Guardo quello spago, il profumo di sale si sente ancora, non è particolarmente elastico, ma funzionerà lo stesso. Lo aggancio sul legno come mi è stato insegnato.
Mi tolgo la giacca a pezzi e la strappo del tutto, con una serie di nodi ne faccio delle specie di tasche che mi appendo alla cinta dei pantaloni e inizio a riempirle di sassi.

Inizio a fare qualche lancio di prova. Dopo poco i tiri iniziano a diventare precisi e forti.
La fionda funziona.

Pochi minuti e sono di nuovo da Dave.
È esattamente come l’ho lasciato, lo chiamo di nuovo. Niente.
Mi distrugge vederlo così e non poter far nulla, soprattutto pensando che tutti stanno vedendo la battaglia che infuria in lui, mentre io non so nemmeno se mai si risveglierà.

Devo fare qualcosa di produttivo per non impazzire. Devo trovare cibo.
Questo significa lasciarlo per un tempo più prolungato.

“Dave, ascolta, vado via per un po’, ma torno, tornerò e ci salveremo assieme da questa faccenda. Te lo prometto”

Gli lascio un leggero bacio sulla guancia. Le sue palpebre tremolano appena, ma non si sveglia.

Lo rinascondo e parto senza guardami indietro.

Prendo una direzione a caso e cammino dritta fino a che il cielo si oscura.
Parte l’inno e poi il logo, si vedono il ragazzo del Sei e la ragazza del Nove. Questo conferma che effettivamente non ho sentito ben due colpi di cannone.

Faccio un rapido calcolo: siamo in nove. Temperino, Keri, Aiden, il ragazzo del Tre, io, Dave, la ragazza del Cinque,  il ragazzo del Nove e la ragazza dell’Undici.

Nove.

Tra cui io e il mio migliore amico.

Nove.

Tra cui Keri ed Aiden.

Solo nove.

Dopo il prossimo caduto inizieranno le interviste a casa, ai parenti, agli amici. Inizieranno degli approfondimenti sulla tua vita, sul tuo carattere, ti conosceranno meglio dei tuoi stessi genitori, le scommesse si alzeranno alle stelle.

Nove.


Anche se ormai il buio è quasi totale non mi fermo.
Non mi fido e non voglio fermarmi.
Avanzo ancora e mi imbatto in una figura stesa a terra.
Mi avvicino cautamente. È immobile.
Ha delle ventose gialle alle tempie e la sostanza viola in circolo sotto la cute. A quanto pare le spine piovute dal cielo hanno narcotizzato tutti, quest’anno gli strateghi si sono proprio superati, creare un’Arena nella mente sfruttando contro di te ogni tuo segreto e paura più profonda è decisamente un colpo a effetto, audience garantita.

E per questo li odio. Ma in effetti anche per tutto il resto…

Il tributo a terra è la ragazza del Cinque, la riconosco da quando l’ho liberata dall’albero cui l’avevano legata Mannaia e Sette.
Provo a scuoterla. Niente.
Mi rendo conto che ha la fronte imperlata di sudore. Qualunque cosa le stiano facendo deve essere terribile.


Patetico verme.
Sussulto alla voce che echeggia nella mia mente.

Si, deve essere proprio terribile.

A fianco a lei trovo il suo zaino. È praticamente vuoto, senza acqua né cibo. Ma trovo un coltello dalla lama ricurva e affilata. Me lo rigiro tra le dita.

Se le tagliassi la gola cosa succederebbe?
Le sue torture finirebbero o diverrebbero una condizione perenne? Potrebbe essere un bene? Potrei aiutarla?
“Credi voglia uccidere per divertimento? Mi credi davvero capace di tanto? Lo farò perché obbligato e perché meglio morire per mano mia piuttosto che essere torturato dalle diavolerie di Capitol…”
Le parole di Aiden.
Possibile che quel ragazzo il primo giorno di allenamento avesse già capito tutto?

Continuo a rigirarmi la lama tra la mani, traccio col dito il contorno della lama.
Non sarebbe autodifesa, come quando mi sono trovata davanti al ragazzo del Sette, qui si tratta di un atto pienamente consapevole.
È omicidio.
Può essere attenuato dal fatto che penso sia in buona fede?
Se lo ritengo una speranza? Una via d’uscita?
Le appoggio gentilmente la lama sulla gola.
Ho letteralmente la sua vita nella mia mano, un solo gesto e io sarò tra i primi otto, un solo gesto e potrei liberarla dalla sofferenza, un solo gesto rapido e fluido e sarei più vicina alla vittoria, a casa, a Lexi.
Ho deciso di giocare e questa sarebbe una mossa da giocatore esperto. Ma imposta dalle loro regole.
Ma soprattutto chi sono io per decidere chi deve vivere e chi deve morire? Come faccio ad avere la certezza che quello che sta subendo non sia meglio della morte?
Compassione.
Provo compassione per quella povera ragazza, perchè in lei vedo me stessa.

“La compassione non fa vincere”, bene, dimostrerò a Aiden e agli strateghi che si sbagliano. Questa sarà la mia regola per i Giochi.
Così mi alzo e mi allontano velocemente. Sorridendo.

Sono instabile. Quasi mi sento ubriaca. Probabilmente sto impazzendo. 
Una mentecatta insicura con ampi sbalzi d’umore e perennemente sull’orlo di una crisi isterica, una quindicenne smunta e deperita che ha perso l’essenza stessa di quello che è.
Detta così sembro proprio da rinchiudere in manicomio.
Mi viene da ridere e accelero il passo.

Praticamente mi metto a correre.
È una cosa stupida e inutile, non posso permettermi di sprecare energie.
Ma corro.
L’aria mi scompiglia i capelli sciolti e la sento sulla mia pelle martoriata come una lama fredda.
Ho sempre odiato correre, ma in questo momento mi sembra l’unico cosa che abbia senso.
Inciampo e rotolo a terra.
Rido.
Mi stendo a pancia in su e rido.
Il cielo nero punteggiato di lucine mi copre insieme alle fronde degli alberi.
Rido ancora più forte.
La caduta deve aver ucciso il mio ultimo neurone.
“Sai…” inizio rivolta a quella volta scura sopra di me “…la più grande ironia della vita è che tutto ciò che vogliamo, l’abbiamo già. Abbiamo in grande abbondanza ciò che desideriamo. Forse non credete che nel vostro caso, o per altre persone che conoscete, sia vero, ma è proprio così ed è solo la convinzione che non lo sia a farlo sembrare falso nella nostra esperienza(1). Io avevo tutto e adesso non ho più niente. Voi avete tutto e avete tolto tutto a me. Ci accorgiamo che avevamo tutto, quando è troppo tardi, quando abbiamo svoltato l’angolo e ce ne siamo andati senza la possibilità di tornare indietro…”
Il cielo è un ottimo ascoltatore. Non mi giudica.
“…ah ma non dovete pensare che io non abbia quello che voglio, si insomma, sono ancora viva, no? Cioè preferirei essere a casa, con i miei amici, sapendo che le persone a cui voglio bene sono al sicuro, però non posso lamentarmi in fondo no? Sono viva. La cosa che mi riesce insopportabile però è che non posso sfuggire da me stessa, cioè dalla me stessa che sono diventata. Non posso decidere di smettere di vedermi. O di spegnere il rumore che ho in testa. Se solo poteste sentire quello che penso, impazzireste anche voi ne sono certa…perché in fondo sono pazza no? Provo sempre profondo senso di colpa e immane sollievo, quando agisco o anche semplicemente penso ad un’azione mi sento bene e male, bene perché tento strenuamente di arrivare alla vittoria, male perché per farlo devo scavalcare tutti gli altri e per ‘scavalcare’ intendo eliminare e non è proprio una bella cosa da pensare... Anche se riflettendoci ne ucciderei comunque meno di quanti ne avete già uccisi voi. Come fate a convivere con voi stessi? Non state male? Non provate senso di colpa? Cosa mai abbiamo fatto noi tributi per meritarci questo?” il cielo nero mi fissa muto e immoto “Non si svelano i segreti del mestiere eh? Sapete mi hanno detto che la crudeltà non rende una persona disonesta(2)… quindi potreste anche rivelarmi i segreti dell’onesta crudeltà! Che vi costa? Felici voi e felice io…”
Rido tanto da farmi scendere le lacrime agli occhi. E le sento bollenti sulle mie guance.
“Perché magari voi non lo vedete, ma sto cadendo a pezzi, continuamente, mi infrango e mi ricompongo, ma sempre in modo diverso dalla volta precedente, perché qualche scheggia si perde sempre e alcune parti non combaciano più, tanto che non so se posso fidarmi di me stessa, perché in fondo non mi conosco più… sto cadendo ancora a pezzi, un’altra volta, ma rimettere insieme i pezzi richiede dieci volte il tempo che serve per crollare(3) e voi non mi avete semplicemente fatto crollare, mi avete raso al suolo.”
Ho i crampi alla pancia, non so se per la fame o per le risate isteriche, probabilmente entrambe, e mi tremano le gambe. Quindi rimango stesa a terra e cerco per lo meno di recuperare il fiato.

Quando apro gli occhi vedo tutto arancione. Per un folle istante di insensatezza credo di essere morta, poi mi accorgo che ho sulla faccia il telo di un paracadute. Me lo levo e mi metto a sedere,  c’è il sole sopra di me, non il cielo nero. Devo essermi addormentata, è stato estremamente irresponsabile, ma non avevo programmato di assopirmi, nessuno mi ha attaccato fortunatamente, comunque quello che ora importa è il paracadute che tengo tra le mani. Lo apro con cautela e quando scorgo il contenuto quasi mi viene da piangere.
Pane.
La cosa più semplice del mondo e la cosa che bramo di più.
Un cestino con tre pagnotte fragranti.
Il mio stomaco rumoreggia incontrollato.
Ho appena la forza per rendermi conto che il cestino è identico a quello che mi è stato porto dalla vecchina nel mio incubo.
Ne stacco un pezzo piccolissimo da una e con mano malferma me lo porto alla bocca. La sensazione che provo è indescrivibile, il pane si scioglie letteralmente nella mia bocca. Ne devo mangiare subito un altro pezzetto.
Dopo tre o quattro bocconi mi fermo, devo usare tutto il mio autocontrollo, ma riesco a pormi un freno. Rimetto il pane nel cestino, lo avvolgo nel paracadute e me lo lego alla cintura con la promessa che se riesco a tenerlo nello stomaco nessuno potrà impedirmi di mangiarmelo tutto.

Mi sono procurata un’arma e del cibo. Adesso è ora di tronare da Dave, adesso devo capire come svegliare il mio compagno di Distretto. Mi sono anche allontanata troppo, così inverto la rotta e torno indietro, faccio un altro giro per evitare la ragazza del Cinque, ancora incosciente o sveglia non importa, il mio obiettivo è Dave.

Ogni tanto sbocconcello un po’ di pane, incredibile come mi senta già molto meglio, non capisco se è un effetto placebo o se sono talmente deperita che anche solo mezzo panino riesce a farmi stare meglio. Comunque non mangio più di metà pagnotta anche perché sento i crampi allo stomaco e non voglio correre il rischio di non trattenerlo. Cammino con calma per buona parte del giorno nella pace più completa, quando ormai più o meno ritengo di essere quasi arrivata sento dei rumori alle mie spalle, mi volto di scatto impugnando la fionda.

Dalla vegetazione esce una figura.

“Mags?” la voce incerta, occhiaie scure sotto gli occhi, trema vistosamente, si piega sulle ginocchia come in posizione d’attacco, “Mags sei tu? Sei quella vera?”

Ho bocca e occhi spalancati, cosa può aver vissuto per subire un tale cambiamento? Nessuna battuta, nessun sarcasmo, i suoi occhi cerulei mi sembrano solo smarriti.

“Aiden” abbasso la fionda e mi avvicino a lui piano, perché sembra pronto a scattare “Sono io”

“Questa è l’Arena… i Noni Hunger Games”

Non è una domanda, sta facendo mente locale, sta rimettendo insieme i pezzi.

“Si, siamo ancora nell’Arena, ma siamo ancora vivi” un sussulto lo scuote a queste parole, ma inizio a vedere più lucidità nel suo sguardo.
Sono accanto a lui e quando poggio la mano sul suo avambraccio sento che si rilassa, allenta la posa e respira regolarmente.

“Io, tu e Keri stavamo cercando un riparo, ma le spine… io ho perso i sensi…e quando mi sono riscosso io ho visto… ho fatto delle cose, ma alla fine mi sono accorto che era tutto finto e allora è diventato un incubo” le parole sono uscite tutte attaccate, non ha ripreso fiato nemmeno un secondo, è ancora scosso.

“Si, è successo anche a me”

“Davvero?”

Vorrei rispondergli che sono diversa, che sono morta più di una volta e mi sto ancora ricomponendo, ma non ce la faccio “Mi sono svegliata ore fa dalla specie di limbo in cui ero caduta, lentamente si ricomincia a mettere tutto a fuoco” noto che ha ancora le ventose alle tempie quindi deve essere appena rinvenuto “tu ti sei appena svegliato vero?”

“Si, ho aperto gli occhi e la prima cosa che ho visto sei stata tu mentre passavi davanti a me” doveva essere mezzo svenuto a terra e nemmeno l’ho visto.

Allungo una mano per raggiungere la sua testa, lui trema, ma non si scosta, afferro il dischetto di plastica gialla e tiro leggermente, la ventosa si stacca, allo stesso modo elimino anche l’altra.

“Cosa sono?”  mi prende dalle mani i due dispositivi e li getta a terra.

“Non ne ho idea, ma credo siano telecamere o registratori o qualcosa del genere, per proiettare le immagini mentali indotte dal veleno o una cosa così…”

“Ok, ha vagamente senso…Così tutti hanno visto quello che abbiamo vissuto sotto l’effetto del veleno… ingegnoso e agghiacciante” inizia a tornare se stesso, anche il tono sembra più simile al solito. Si rimira le braccia e vedo anch’io che sono costellate da piccoli punti neri dove ci sono le spine e ben visibile la sostanza viola che circola nelle vene e colora la pelle che ho notato su me, Dave e la ragazza del Cinque. Inizia a togliersi gli aculei dalle braccia. “Quello che non comprendo come capire se questo è un luogo reale, capisci?” mi guarda con quegli occhi sconvolti dai dubbi, non l’ho mai visto così, mi dà una sensazione strana.
“Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo dei sogni dalla realtà?(4)"

Sta facendo venire i dubbi anche a me, io ho vissuto esattamente la stessa esperienza che ha sconvolto anche lui. “E allora ci sarà qualche dettaglio che ce lo farà capire, un’illusione non è mai perfetta… dobbiamo stare attenti ai particolari… per esempio potrebbe essere tutto un’illusione perché tu non hai ancora detto niente di sarcastico né di arrogante”

Sorride.

“Allora è di sicuro tutto finto, tu mi stai aiutando e stiamo parlando senza litigare o saltarci addosso… direi che è la prima volta”
Sorrido anche io. Lui sembra più rilassato e più lucido.

“Adesso devo andare da Dave” mi sento quasi in colpa per averlo scordato per così tanto tempo.

“Dave?”

“Si, quando mi sono allontanata era ancora incosciente”

“Keri…” sembra riscuotersi anche lui  “Dov’è Keri?”

“Non l’ho ancora trovata…”

“Andiamo da Dave e poi cerchiamo Keri”

Ci incamminiamo.
Secondo me gli strateghi devono averci posizionati tutti abbastanza vicini quando ci hanno applicato le ventose, nel giro di poco spazio ho trovato Dave, Aiden e la ragazza del Cinque. Anche Keri non può essere lontana. O per lo meno questa è la mia speranza.

“Ah e comunque magari ti va di avere qualcosa di più che una fionda…” e mentre camminiamo mi allunga il mio arpione.

“E questo dove l’hai preso?” nemmeno mi ero accorta che lo teneva in mano.

“L’avevo con me quando ho perso i sensi e l’avevo accanto quando mi sono svegliato assieme all’ascia e lo zaino… dove sono le tue cose?”

“Quando stavamo cercando di costruirci un riparo, ho lasciato tutto da Keri e poi mi sono allontanata per cercarti… non avevo calcolato che non sarei riuscita a tornare indietro”

“Sei venuta a cercarmi?” sembra sinceramente stupito

“Certo, non tornavi e la pioggia di spine era sempre più forte…”

“Ti sei preoccupata?”

“Macché! Da sole non riuscivamo a costruire nulla”

Ridacchia.

La situazione mi sembra più naturale però.



Ritroviamo Dave seppellito sotto le foglie proprio come lo avevo lasciato.

Lo chiamo e lo scuoto, niente.

Mi siedo, delusa.

“Aiden, come stai?”

“Molto meglio, ma non vorrai darmi l’impressione di iniziare a preoccuparti davvero per me, no?” sorride.
Non mi fa ridere, nemmeno un po’, e lui capisce subito che qualcosa mi turba.

Si siede accanto a me.

“Devo chiederti una cosa…” mi mordo il labbro, insicura su come continuare.

“Come ho fatto a svegliarmi?”

Lo guardo allibita, la sua perspicacia mi inquieta, ma annuisco.

“Mi sono ucciso"

Sospiro.

“Anche tu vero?”

Annuisco.

“Non possiamo combattere questa guerra per lui, deve farcela da solo”

“Lo so, ma non mi sento comunque meglio…”

“Vuoi un po’ d’acqua?” mi allunga la sua borraccia.

Un gesto premuroso e spontaneo.

Non posso diventare sua amica… perché tutto deve essere così dannatamente difficile?

Perché non posso solo reagire normalmente senza dover calcolare ogni cosa?

Accetto la borraccia e prendo un piccolo sorso.

Poi prendo metà di uno dei miei panini e glielo caccio in mano.

E stiamo semplicemente così per un po’. In silenzio, senza guardarci, sentendo il sangue che scorre nelle vene, l’aria nei polmoni e la testa nel pallone, sentendo la vita. Chissà per quanto ancora resisteremo.
Ma la cosa che più mi inquieta è che mi sento bene con lui accanto, ed è l’ultima cosa che dovrei provare con un tributo del Due nei paraggi. Maledizione. Prima con Keri e adesso con Aiden: compassione, solidarietà, cameratismo.

Non ce la posso fare.

“Tu mi disgusti, sei un essere pietoso, degna solo di strisciare come un verme”

Ce la devo fare. Non sono debole. Non più, devo dimostrarlo a me stessa, niente più crolli e niente più lacrime. Le stoccate dolorose che provo nel petto me lo ricordano continuamente, soprattutto quando senti risuonare nella mia testa il mio incubo personale, la mia battaglia.


“Mags… sai quanti siamo? Nel senso… in quanti siamo rimasti nell’Arena?” la sua voce quasi mi fa sussultare.

“Nove” ho la voce roca.

Silenzio.

Stava facendo il mio stesso ragionamento. E per una volta sono io che anticipo il corso dei suoi pensieri e quando apre di nuovo bocca, so dove vuole andare a parare.

“Voglio andare a cercare Keri”

“Io resto con Dave”

Si alza e mi guarda dall’alto in basso.

“Quindi…”

“Si” lo blocco senza mezze misure e dallo sguardo eloquente e tristemente consapevole che ci scambiamo so che ha inteso che ho capito cosa voleva dirmi.

Silenzio.

“Quindi speriamo di non doverci rivedere” il suo tono è fermo, ma i suoi occhi non sono particolarmente convinti, è la prima volta che mi sembra di parlare con il vero Aiden e non con una facciata patinata costruita su misura per i Giochi e la Capitale. Ma non potrò mai sapere se la mia sensazione è vera.

“Già”

“Quindi ognuno per la sua strada…”

“Alleanza finita”

“Addio”

“Addio”

Si gira e si incammina.

Appena prima di sparire si ferma un secondo, si volta, mi fa un cenno e mezzo sorriso in segno di saluto, quando ricambio, sparisce.
Spero davvero che le nostre strade non si incrocino mai più.








 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1)”La più grande ironia della vita è che tutto ciò che vogliamo, l’abbiamo già. Abbiamo in grande abbondanza ciò che desideriamo. Forse non credete che nel vostro caso, o per altre persone che conoscete, sia vero, ma è proprio così ed è solo la convinzione che non lo sia a farlo sembrare falso nella nostra esperienza.”
Felici più di Dio, Neale Donald Walsch

(2) “La crudeltà non rende una persona disonesta, così come il coraggio non rende una persona gentile”
Insurgent, Veronica Roth

(3) Rimettere insieme i pezzi richiede dieci volte il tempo che serve per crollare
Il canto della rivolta, Suzanne Collins

(4) “Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo dei sogni dalla realtà?"
Dal film Matrix


 
  
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