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Autore: Xabaras    10/07/2008    1 recensioni
Fan Fiction ambientata nel passato di FFVII, segnato dalla guerra nel Wutai, l'ascesa al potere della Shinra, l'inizio della leggenda di Sephiroth....tutto visto dalla prospettiva dei Turks del periodo
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Reno, Rude, Sephiroth, Tseng
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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THE AGE OF SHINRA

Chapter 4: Shades cast no shadows

Kvas tentava di contare mentalmente il tempo che aveva trascorso in quella cella. Più del dovuto, senza dubbio. Ai suoi tempi lo avrebbero già fatto secco. Ma ai suoi tempi c'era la guerra.
-Ma siamo sempre in guerra.....in un modo o nell'altro..-
Forse alla Shinra poteva ancora servire a qualcosa. Si domandò se Hojo avesse fatto pressioni per averlo come cavia. Ne era praticamente certo.
Probabilmente però le teste coronate temevano che diventasse troppo pericoloso rischiare di aumentare le sue potenzialità. O dare un'arma in più a Hojo.....
Tentò d'immaginare dove si trovasse Verdot in quel momento. Sperava fosse ancora vivo, e con sua figlia accanto. D'improvviso Kvas lo invidiò, forse per un istinto paterno represso.
Scoppiò a ridere.
-Già....gran bel padre sarei stato....-
Si accese una sigaretta, regalo di Tseng. Ecco, forse Tseng era quanto di più vicino ad un figlio avesse mai avuto. Qualcosa di simile a quello che lui provava per Verdot. In un certo senso era proprio vero, i Turks erano una grande famiglia.
Una grande famiglia di assasini.
Tentò di pensare cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente, come avrebbe voluto Tseng. Infondo non sarebbe stata una grande vita.
-Eh...certo, vuoi mettere con il lusso sfrenato dove sono adesso?-
Osservo la cella logora e si tastò le ferite. Erano migliorate, ma le ciccatrici sarebbero rimaste a fare compagnia alla sua vecchia carcassa, assieme alle loro sorelle maggiori. Si tastò il capo rasato, con una smorfia.
Era vecchio. Molto vecchio. Si sentiva il doppio degli anni che aveva addosso. Era sempre stato così. Non era mai stato un ragazzo, era diventato un uomo molto presto.

15 anni prima, Corridoi della Dirigenza Shinra

-Non voglio mentirti. Siamo nella merda.-
Verdot era freddo e non lasciava trasparire neanche un briciolo di nervosismo. Un attimo di debolezza era l'ultima cosa che ci si poteva aspettare da quell'uomo, colui che Kvas riteneva una specie di padre. Insieme scesero dall'ascensore.
-Grazie per la franchezza. Lo immaginavo, comunque. Non è una di quelle cose che si può risolvere inviando una delle ragazze di Don Corneo a qualche politico o che una valigetta piena di guil possa smuovere-
Kvas si sentiva stanco. Non capiva perchè, ma da quando aveva visto il corpo di Ifalna steso senza vita continuava a pensare a suo padre....il suo vero padre.
Icabot Kvasir era nato nella zona di Junon, di sua madre non aveva ricordo visto che era morta qualche tempo dopo averlo partorito. Suo padre era un artigiano. Un artigiano di quelli che anche adesso Kvas non mancava di frequentare. Un fabbricante d'armi.
La ShinRa, al tempo, era nel suo periodo d'oro. Midgar si stava completando, per consolidare il potere di una società su un intero paese....che poi si sarebbe esteso su di un intero continente, e forse in futuro in tutto il mondo. Un futuro creato con le armi, prodotte in quantità industriali, che non lasciavano spazio agli artigiani.
Suo padre si era sparato in testa il giorno dopo aver dichiarato fallimento, con una delle sue stesse creazioni.
Kvas aveva 7 anni.
Il resto era storia. Aveva alcuni parenti in giro, a quanto sembrava, ma non erano in buoni rapporti con i suoi e lui non gli aveva mai neppure conosciuti, così la scelta obbligata fu un orfanotrofio non lontano da Junon. Kvas fuggì dopo due mesi, nascondendosi ad un camion diretto a Midgar. Ironia della sorte, era un camion della Shinra.
Non ricordava granchè dei due anni che aveva vissuto negli slums vivendo di espedienti e furtarelli per la malavita locale. Non era l'unico, ma di sicuro era il migliore. Il più abile. Tanto abile da attirare l'attenzione di Verdot, che a quel tempo aveva da poco creato i Turks per ordine del Presidente Shinra.
La carriera di Kvas fu rapida: per la sua età era un vero fenomeno, e a tredici anni prese parte alla sua prima missione.....l'assedio di Kalm Town. A tredici anni uccise per la prima volta. Qualche istante dopo per la seconda. Non c'era tempo per i moralismi, laggiù. O tu, o gli altri. Semplice ragionamento che lo aveva tenuto in piedi fino ad adesso e che non lo aveva mai abbandonato.
Kvas non aveva sensi di colpa, sempre ammesso che avesse chiaro il concetto di "senso di colpa". Non trovava nemmeno ignobile lavorare per quella che era la causa della morte di suo padre, non aveva neppure vagamente nostalgia della sua vecchia vita d'infanzia. Infin dei conti, entrare nei Turks era stata la cosa migliore che potesse capitargli. Aveva un grande amico come Vincent, il migliore Turk che avesse mai conosciuto, e un uomo severo ma coerente come Verdot, uno che non vorresti contraddire ma da cui sai di poter dipendere. In un certo senso, era felice così.
Per lui uccidere era ogni volta più semplice. Abitudine, rutine. C'è chi uccide lentamente, indirettamente, subdolamente. Erano gli altri che decidevano come e chi, ma era lui che premeva il grilletto. E gli andava benissimo così.
Fino a quando, nei suoi quindici anni, non accadde l'incidente di Vincent. Per la prima volta in vita sua Kvas odiò qualcuno, e per la prima volta voleva ardentemente uccidere qualcuno. Hojo. Ma come Verdot gli disse, con una pacca sulla spalla, non ne valeva la pena. Come non valeva la pena fare questioni per il trattamento riservato a quella povera donna uccisa alla stazione, colpevole solo di essere unica al mondo. Lo stesso mondo in cui non valeva la pena rischiare la carriera per la vita di qualcuno.
Dentro di se Kvas sorrise. Stava facendo dei moralismi per la prima volta in vita sua.
Verdot sembrò fiutarlo.
-Sei strano Icabot. Non è da te farti prendere dai ricordi-
-.......il tuo fiuto non fallisce mai, e Big V?-
Verdot digrignò i denti. Odiava quel nomignolo.
-Ti conosco da....21 anni, oramai. In questi anni sei sempre stato all'altezza delle mie aspettative. E le mie aspettative sono alte, come sai. Cosa ti succede adesso?-
-Vorrei saperlo.....ultimamente mi ritrovo spesso a rivivere brutti momenti. Sarà la vicinanza di Hojo.-
Verdot capiva. Capiva meglio di quello che Kvas immaginava. Non erano molto differenti, loro due, ed entrambi avrebbero visto volentieri Hojo morto. Semplicemente, Verdot era abbastanza vecchio da sapere quanto questo sarebbe stato pericoloso, specie per Icabot.
-Verdot, dobbiamo occuparci noi delle ricerche per la bambina?-
-Non so. Devo ancora decidere. Sicuramente Hojo vorrebbe voi, ma di quello che dice lui non me ne può fregar di meno ora come ora. Però preferirei togliervi da qui, lo hai detto tu: la vicinanza di Hojo non ti fa bene. E neanche a Tseng.-
Kvas annuì. Tseng sembrava sempre il solito, ma il suo sguardo era molto diverso dopo la "soffiata" riguardante la posizione di Ifalna e Aeris. Normalmente, un'informazione simile sarebbe dovuta essere riferita prima ad un superiore, ma Verdot aveva lasciato perdere. Tseng ora come ora si sentiva il peso del mondo addosso. Probabilmente per metà percepiva che la morte di Ifalna era colpa sua.
-Verdot, perchè hai scelto di prendere Tseng tra i turks?-
Verdot fu piuttosto colpito da quella domanda.
-Mmm. Non mi hai mai chiesto niente del genere. Comunque non credo tu abbia bisogno di un paio di occhiali per vedere l'età che ha, e la sua abilità è superiore alla nostra media di un paio di spanne. In un certo senso mi ricorda un pò te.-
-Ti sbagli. Siamo molto diversi, Tseng è un tipo orgoglioso. Uno che tende a fare la cosa giusta, ha un forte senso di giustizia. Io non ero e non sono così. Ed è per questo che sono un Turk. Certe cose non le puoi imparare....le puoi subire, forse, ma non è come esserci nati.-
-Sarà, ma un talento simile o era un Turk o finiva tra i Soldier. Da parte mia non vorrei mai vedere Hojo fare esperimenti su quel ragazzo.-
Kvas sapeva a cosa si riferiva. Nel dettaglio anche loro erano in gran parte all'oscuro, ma gli esperimenti con il Mako e i Soldier non erano precisamente un segreto per le alte sfere. Kvas stesso aveva selezionato alcuni individui per il progetto Soldier, e poteva notare la totale differenza tra quei ragazzi di belle speranze e quelle macchine da guerra che uscivano dai laboratori.
I Soldier erano il vanto, l'elite e gli eroi, ma anche dei mostri creati geneticamente. I Turks erano spie, assasini e sabotatori, ma erano pur sempre uomini.
-Non servono gli aghi e il mako per creare dei mostri, Verdot.-

Slums di Midgar.

Verdot gli aveva dato il resto della giornata libero, e Kvas era saltato in sella alla sua moto diretto a casa di Spring.
Entro domani gli sarebbero stati comunicati i nuovi ordini.
In tutti i modi non pensava che gli sarebbe stata assegnata una missione comoda. A Midgar con Hojo, o lontano in qualche posto sperduto.
Parcheggiò la motocicletta al solito posto, vicino alla casa di Spring.
La ragazza sentendo il rombo uscì di casa e gli corse incontro. Si baciarono.
-Questo per cosa?- fece Kvas
-Deve esserci un motivo per tutto?-
Kvas era diffidente. C'era qualcosa che non andava nel comportamento e nel tono di voce di Spring. Era già capitato in precedenza, ma non aveva capito a cosa si potesse attribuire quel disagio.
Entrarono in casa e si sedettero uno di fronte a l'altra. Kvas squadrava la ragazza con i freddi occhi smeraldini, e quest'ultima tentava di evitarene lo sguardo.
-Devi drimi qualcosa?-
-No, niente.-
Kvas si accese una sigaretta.
-Beh, non dici niente neanche adesso?-
-Cosa dovrei dire?-
-Di solito, mi intimi pesantemente di smettere di fumare-
-E tu, di solito, mi ricordi che probabilmente è l'ultima delle tue preoccupazioni la salute, con il lavoro che fai.-
-Spring, perchè stai con me?-
La domanda era totalmente inaspettata. La ragazza suo malgrado fissò negli occhi Kvas, quasi spaventata, come se avesse sempre temuto di dare una simile risposta
-Che razza di domanda è......-
-Una domanda. Una come un'altra.-
-Beh, non è "il tuo genere" di domande.....-
-Non è mai troppo presto per allargare il vocabolario.-
-Beh.....perchè ti amo, ecco perchè.-
Kvas era ancora meno convinto di prima. Non tanto nella risposta in se, ma per il fatto che fosse arrivata così in ritardo.
-Spring, io non sono quel che si dice una persona "facile". Ho un lavoro discutibile. Il mio lavoro è morte, che sia io a generarla o lei a cercare me. Tutto ciò che faccio è legato alla morte di qualcuno. Non sono quel che si dice un buon partito.-
-Icabot....tu....tu non uccidi perchè lo vuoi...non sei un assasino....-
-No? Invece ti sbagli. Sono un assasino in tutto e per tutto, e ti dirò di più, questo per me non ha mai rappresentato un problema. Dici che non uccido perchè lo voglio. Vero. Ma non sono nemmeno costretto a farlo. Non sono un soldato che la notte non dorme tormentato dai ricordi delle sue vittime, io non sono NIENTE. Sono solo un numero. Un numero in più nei conti della Shinra.-
-Icabot...che ti succede...non hai mai parlato così......-
-Sei tu che avresti dovuto parlare così. Sei una bella ragazza, dolce, giovane, semplice. Non è mai stato un problema per te il lavoro che faccio? Mi hai sempre incoraggiato ad aprirmi, è vero, ma non ti sei mai opposta a quello che facevo.-
-Non è una decisione che spetta a me....tu sei un Turk, io mi sono innamorata di Icabot Kvasir, un uomo che è diventato quello che è anche grazie alla Shinra, se non fosse stato per i Turks, oggi non saresti la persona che sei...e io forse non ti avrei mai incontrato....che diritto ho di pretendere un cambio così radicale nella tua vita?-
Spring era sull'orlo delle lacrime e la sua voce singhiozzava.
-Mi dispiace, Spring. Non è un buon momento per me.-
-L'ho notato. Forse è meglio che per questa sera tu te ne vada, Icabot.-
Kvas annuì e indossò i suoi occhiali da sole, quindi uscì dalla porta. Spring si alzò, e sembrò voler trattenerlo, ma alla fine si risedette piangendo silenziosamente.

Icabot Kvasir salì in sella alla moto e iniziò a vagare per Midgar senza una destinazione. Dopo qualche ora, si fermò in un locale degli slums di un qualche settore, per prendere qualcosa da bere.
Allora notò un murales dipinto sulla facciata scrostata del bar, forse da qualche gang o da qualche ragazzino. Era una frase che si addiceva perfettamente a tutta la gente che viveva negli slums, la gente come Spring, come la donna che aveva salvato Tseng, come quel bambino che anche lui era stato, vent'anni fa ....gente che viveva tormentata ed invisibile agli occhi della società.

Gli Spettri non proiettano Ombre.


  
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