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Autore: I Will Be a SMILER    07/04/2014    1 recensioni
"Mi rendo conto che la mia vita è appena iniziata: ma so compiendo un viaggio incredibile ad una velocità supersonica. Per questo ho deciso di piantare una bandierina a questo punto del mio cammino; un segnale per ricordare questo giro di boa prima che la sua immagine sbiadisca mentre io procedo per la mia strada."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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3 CAPITOLO

O U M: Operazione Umilia Miley!

 

 

 

D'accordo,forse questo vi sembrerà strano,ma dovete sapere che passo un sacco di tempo a pensare alle mie mani. Sono nata mancina,come mio padre,però lui è assolutamente convinto che io non lo sia veramente. Credo che il suo scetticismo sia dovuto al fatto che i mancini debbano “imparare il mondo al contrario”. Inoltre so che più di una volta ha dovuto faticare prima di trovare una chitarra per mancini...

Qualunque fossero le sue ragioni,si da quando iniziai a scrivere,mio padre mi spinse ad usare la destra,e alla fine l'ha avuta vinta. In tutte le altre attività sono mancina,ma scrivo con la destra ,perciò se la mia calligrafia non vi piace...........prendetevela con mio padre.

Tanto per torturare ancora di più la mia natura mancina,dopo aver sfogliato un libro che parlava di calligrafia decisi che avrei imparato a scrivere in cinese. Con la destra. In aereo. Ero a bordo di un volo charter che da Los Angeles andava a New York per fare una prova costumi per i provini di Hannah Montana: ci furono delle turbolenze,rovesciai l'inchiostro almeno un paio di volte e riuscii a imbrattare non solo su me stessa,ma anche la carta,il sedile e,quando cercai di rimediare ai danni che avevo causato,persino il bagno. Mia madre mi urlava di smetterla di pasticciare,ma quel nuovo passatempo mi coinvolgeva troppo. La parola “calligrafia” deriva dal greco e significa “ bella grafia”,ma credetemi,gente: se i greci avessero visto cosa stavo combinando avrebbero scelto un'altra parola. Nonostante le difficoltà,non avevo nessuna intenzione di arrendermi. Ripetevo i caratteri che significano “amore”,”fortuna”,”vita”,”sapienza” infinite volte ,prima in modo incerto,come una bambina che impara a scrivere,poi più velocemente e con risultati migliori. Per fortuna quell'aereo non era attrezzato per scrivere messaggi pubblicitari in cielo,altrimenti avrei probabilmente cercato di convincere il pilota a formare l'ideogramma corrispondente a “rock forever”. Ci sarà pure un carattere cinese per dirlo. No?

C'è gente convinta che la calligrafia di una persona possa svelarne ogni segreto:lettere inclinate,occhielli e punti fermi scarabocchiati su una lista di cose da fare o su un bigliettino scambiato in classe direbbero tutto del tuo carattere! È un'ipotesi interessante,ma credo che l'unica cosa che la gente potrebbe pensare vedendo il modo in cui scrivo è che dovrei farlo con l'altra mano. Come ho già detto,infatti,faccio quasi tutto il resto (pettinarmi,aprire le porte,tenere la forchetta o le redini dei cavalli) con la sinistra. Infondo poi,destra o sinistra,su una cosa mio padre aveva ragione: penso davvero che a volte il mondo vada alla rovescia,anche quando mi sforzo di fare andare tutto per il verso giusto.

Sono sempre stata iperprotettiva nei confronti delle mie mani,forse perchè sono sempre stata estremamente consapevole della loro presenza. Lo so,lo so: è stano. Il fatto è che per me le mani sono davvero fondamentali;è da loro che arriva la mia energia,ed è a loro che devo tutto quello che faccio.

La destra è la mano dell'arte: la uso per suonare la chitarra e per scrivere. La sinistra è per l'affetto: mi serve per pettinare i capelli alla mia sorellina,stringere la mano dei miei amici,fare le coccole a Sophie,il mio cucciolo,prima di addormentarci e ,di tanto in tanto....per dare uno scappellotto in testa a mio fratello Braison quando mi prende in giro. Lo so non dovrei.....ma quando esagera,esagera!

Lascio che le mie mani si muovano libere sui tasti del pianoforte alla ricerca delle note giuste. E sono sempre loro a guidare i miei pensieri quando scrivo nel mio diario o sfoglio la Bibbia per trovare risposte alle mie domande. Quando tamburello le dita su un ripiano,può nascere il ritmo di una nuova canzone. Le mani mi aiutano a trovare una via d'uscita nei momenti difficili.

Voglio che tutto quello che faccio sia frutto dell'arte e dell'affetto. Chi sono,quello che dico,qualsiasi tipo di speranza e di gioia che magari posso regalare agli altri: tutto deriva dalle mie mani.

Adesso sono in una fase in cui posso dimostrare quello che sono! In una fase in cui non mostro solamente la ragazza che potrebbe apparire in televisione ma la semplice ragazza nata a Nashville in una famiglia numerosa,che ama Marilyn Monroe,odia la verdura e ha sempre avuto delle idee strane riguardo alle sue mani. Non c'è niente di male ad essere giovani! I giovani sono pieni di energia! Abbiamo molto da dire. Non mi è mai capitato di essere a corto di pensieri,idee,opinioni. Mi rendo conto che la mia vita è appena iniziata ma sto compiendo un viaggio incredibile a una velocità supersonica. È per questo che ho deciso di piantare una bandierina a questo punto del mio cammino; un segnale per ricordare questo giro di boa prima che la sua immagine sbiadisca mentre io procedo per la mia via.

C'è stato un periodo in cui avevo due pesciolini rossi che adoravo. Si chiamavano Lyric e Melody,testo e musica. A volte,invece di comporre una canzone,me ne stavo seduta a fissarli mentre nuotavano in cerchio nella loro boccia. Fuori,in mezzo ai campi,i nostri cavalli erano liberi di correre,ma io preferivo guardare quei due pesciolini che nuotavano nel loro mondo di vetro. Erano cosi belli! Potevo mettere le mani attorno alla boccia e sapere che dentro c'era qualcosa di meraviglioso: la vita in un barattolo.

Era un miracolo,ma anche una trappola,perchè Lyric e Melody in realtà erano imprigionati,destinati a percorrere di continuo sempre la stessa traiettoria circolare. I loro mondi non avevano la possibilità di crescere; quei pesciolini non potevano vivere le avventure di Nemo né scoprire chi erano veramente. Mentre mi ispiravo al loro modo di vivere per scrivere una canzone,mi dissi:”Miley esci con la mente da quella boccia,allarga i tuoi orizzonti!”

Non volevo essere come quei pesci,obbligata a vedere solo il mondo che mi stava di fronte,costretta a nuotare in cerchio.

Però quando avevo undici anni e frequentavo la prima media,era difficile immaginare un mondo che non fosse quello in cui ero intrappolata.

In realtà non mi sentivo sempre cosi,e alla fine riuscii a evadere: tutte le storie hanno un inizio,uno sviluppo e una fine,e anche la mia non fa eccezione. Ma avevo solo 11 anni,per me tutto era ancora agli inizi.

Ma tornando alla scuola,esiste un manuale su come torturare le ragazzine di 11 anni? Se la risposta è no,allora quelle ragazze che iniziai a frequentare a scuola potrebbero scriverne uno ( ma cosa sto dicendo? È una pessima idea)! Ogni giorni di quell'anno scolastico aggiungevano un tassello al mosaico dell'Operazione Umilia Miley: mi inviavano bigliettini cattivi,mi rubavano i libri per farmi arrivare in ritardo alle lezioni,prendevano in giro i miei vestiti e i miei capelli. Poi dissero a Rachel,la ragazza che si era avvicinata a loro nello stesso periodo in cui ci avevo provato io,che se a pranzo si fosse seduta accanto a me avrebbero iniziato a prendersela anche con lei. Il risultato fu che in mensa mi ritrovai seduta da sola,giorno dopo giorno, a guardare gli studenti dark e chiedermi come sarei stata coi capelli neri e le catene. Non troppo bene,decisi da quel momento.

La lista delle angherie si allungava col tempo: Rachel smise di rivolgermi la parola. Poi,quando decisi di provare a entrare nelle cheerleader,le mie cosiddette “amiche” dissero al direttore della scuola che avrei barato perchè già conoscevo i passi del provino.

Ovviamente si trattava di una bugia grossa come una casa,ma lui ci cascò e cosi non venni ammessa alle selezioni. Per non parlare di quando una delle ragazze finse di essere carina con me per qualche giorno. Non lo dimenticherò mai! Mi disse che voleva che quella “guerra” finisse, e mi convinse a dire esattamente quello che pensavo riguardo alle “nostre amiche”: io confessai di non capire perchè non mi accettavano e dissi che trovavo il loro comportamento scorretto.

Cosa fece quella,secondo voi? Corse dalle sue alleate a dire che ero una snob! Aveva fatto la commedia! A pensarci ora,credo che forse era lei che avrebbe dovuto fare l'attrice,non io.

So che sembra la classica storia da film adolescenziale in cui una povera studentessa viene perseguitata da compagne spietate,ma era proprio cosi! Ero consapevole della fame nel mondo e delle epidemie,e sapevo che i miei problemi erano relativamente trascurabili,ma erano comunque i miei. E mi sentivo come se il mondo intero passasse sulle mie spalle.

Perciò se volete sapere se in quel periodo la scuola mi piaceva,la risposta è un secco NO!

Per fortuna fuori dalla scuola vivevo in un mondo totalmente diverso. A quei tempi recitare occupava solo una piccola parte della mia vita. Partecipavo a competizioni per cheerleader da quando avevo sei anni e per molto tempo fu quella l'attività che per me significava davvero tutto.

Fu mia madre a propormela; vivevamo in una grande fattoria,ed era stupendo,ma non c'erano vicini di casa e,quindi,nemmeno bambini con cui giocare.

Per me non era un grosso problema: mi divertivo con gli animali e mi piaceva un mondo passare il tempo insieme al mio super fratellone Trace (che io chiamo Trazz),la mia incredibile sorella maggiore Brandi,il mio fratellino Braison (detto Brazz) e,quando arrivò anche lei,la piccola Noah. Mia madre però desiderava che avessi altri amici oltre a cavalli,galline,fratelli e sorelle. Non in quest'ordine però! Anzi si,a dire il vero! E cosi,visto che a mia mamma,quando era bambina,piaceva molto fare la cheerleader,mi chiese di provare a considerare questa disciplina.

Quando arrivò il mio primo giorno di allenamento,ero tutt'altro che entusiasta. Supplicavo:”Per favore,mamma! Non ci voglio andare! Che male c'è ad avere amici cavalli,galline,fratelli e sorelle?”

Loro non mi deluderanno mai,pensavo,e non mi prenderanno mai in giro. D'accordo,puzzano un po' (scusa Brazz),ma non importa,non sono cosi superficiale da farne un problema...

Può sembrare strano,visto il tipo di vita che faccio oggi,ma devo confessare che avere attorno gente nuova è una situazione che mi procura una certa ansia e la sola idea di entrare in una stanza piena di sconosciuti non mi fa dormire. Comunque,anche mio padre non era d'accordo con la faccenda delle cheerleader: viaggiava cosi tanto che quando aveva la possibilità di passare un po' di tempo a casa voleva che noi ragazzi fossimo li con lui.

Mia madre,tuttavia,non gettò la spugna,e cosi andai all'allenamento. E dato che le mamme il più delle volte hanno ragione,mi innamorai all'istante di quello sport.

Fare la cheerleader era molto,molto impegnativo. Andavo in palestra tutti i giorni: ci allenavamo,facevamo acrobazie,ripetevamo coreografie di due minuti e mezzo per centinaia di volte. Strinsi amicizia con tutte le ragazze della squadra,in particolare con una ragazza di nome Lesley,e mia madre fece lo stesso con le altre madri. Andavamo insieme alle gare,dormivamo nei motel,nuotavamo,oziavamo,ci facevamo pettinare e truccare dalle mamme e affrontavamo esibizioni incredibilmente intense e cariche d'energia. Ero troppo coinvolta da quel mondo. A volte persino troppo...

Un giorno,prima di una gara a Gatlinburg,nel Tennessee,mi sentii veramente male: non riuscivo a smettere di vomitare. Avete presente uno di quei simpatici virus grazie ai quali il vostro stomaco non sopporta nemmeno un sorso d'acqua? Ecco,fu terribile. Quanto mai sarebbe potuta durare quella situazione? Ero certa che mi sarei ripresa in tempo per la gara,cosi convinsi mia madre a portarmi a Gatlinburg,trascorrendo le quattro ore e mezzo di viaggio a dormire sdraiata sui sedili posteriori con accanto un cestino della spazzatura. Dormivo,vomitavo,dormivo di nuovo. Quando arrivammo in albergo non mi sentivo per niente bene,ma ero comunque determinata a esibirmi. La mia allenatrice non voleva saperne e cercò di dissuadermi,ma non mi arresi: ero convinta che,se mi fossi impegnata davvero,ce l'avrei potuta fare.

Mezz'ora prima dello spettacolo mi trascinai fuori dal letto,feci una doccia e la mamma mi portò alla gara. Riuscii a completare l'esibizione,poi scesi dal palco e vomitai in un cestino dell'immondizia. Ma ce l'avevo fatta,e per me era l'unica cosa che contava.

Quando salivo in macchina,dopo ogni gara,che avessimo vinto o perso,mia madre diceva sempre.” Ecco il tuo trofeo!” e mi consegnava una coppa splendente con il mio nome sopra. Con il passare degli anni la mia camera si è riempita di quei premi,consegnati dalla più grande fan che io potessi avere. Forse non me li sarò meritati proprio tutti,ma quello di Gatlinburg....sapevo di essermelo davvero sudato!

  
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