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Autore: lilyblack23    07/04/2014    0 recensioni
La vide immobilizzarsi per la sorpresa, combattuta dall'istinto di ritrarsi, ma non si mosse di un centimetro.
-Giusto, perché lei è la santa che ha salvato il mondo magico, ed io il bastardo peccatore che lo ha corrotto.E i santi non si alleano con i peccatori, ma restano a guardarli dal loro podio di magnificenza mentre si consumano nel fuoco delle loro colpe.-
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Note dell'autrice.
Le note questa volta vi anticipano la lettura.
Innanzi tutto voglio scusarmi per il ritardo, non era previsto che passasse così tanto tempo, ma finalmente, dopodomani, sarò libera dall'ultimo esame di questa sessione (pregate per me!) e potrò dedicarmi con più regolarità alla scrittura.
Per farmi perdonare intanto, il capitolo questa volta è un tantino più lungo.
Vi preannucio che fra non molti capitoli, davvero molto presto, le cose cominceranno a farsi interessanti, e sarà forse previsto un sensile aumento del raiting. :P
Ma ogni cosa a suo tempo.
Voglio comunque ringraziare i miei lettori, e dare il benvenuto ai nuovi. I vostri pensieri e il vostro interesse è una delle ragioni fondamentali che mi spinge ad andare avanti, a volre continuare.
Per cui, grazie.
E buona lettura.

Lily.















Promises


We were the kings and queens of promise
We were the phantoms of our selves.
Maybe the children of a lesser god,
Between heaven and hell.
Heaven and hell.

30 Seconds to Mars, Queen and Kings.



Era maestosa e al contempo stesso decadente.
L’edera rampicante che s’inerpicava su metà della facciata frontale, lasciando appena intravedere una porta-finestra che con ogni probabilità spaziava su un piccolo balcone, l’intonaco avorio scrostato dei muri che la mano del tempo sembrava aver reso friabili, il cancello di ferro battuto scorticato dalla ruggine, il giardino rigoglioso di erbacce ribelli, fiere e selvagge, il silenzio rotto dallo sciabordio del mare in lontananza, le lasciavano addosso, attaccata sulla pelle, una suggestione profonda di inquietudine e malinconia.
E di potere.
L’aura di antichità di cui sembrava permeata non la rendeva vulnerabile, ma anzi pareva fortificarla, come a dire che tutti i secoli in cui era stata in piedi l’avevano sedimentata con la terra stessa, tanto che nulla e nessuno, avrebbero mai potuto distruggerla.
-    Wow-  si lasciò sfuggire, flebile.
Ma lui doveva averla sentita, perché sentì i suoi occhi addosso.
Ultimamente aveva sviluppato questo strano sesto senso, una sensazione formicolante di consapevolezza, che le suggeriva sempre quando lui la cercava, la guardava o meno.
Ringraziò Merlino di essere ben nascosta dalla sciarpa e dal cappuccio in modo che non potesse leggere il rossore sul suo viso.
Di sicuro era arrossita, visto che le guance sembravano andarle a fuoco.
Perché mai stava arrossendo? Tutto ciò non aveva senso.
Devo tenere alta la guardia piuttosto, si rimbeccò, visto che lì, in quella villa desolata ed antica, immersa nella campagna smeraldo e a pochi chilometri dal mare, nella pittoresca cittadina di Maybole, avrebbe trascorso le successive settimane insieme all’ultimo uomo al mondo con cui si sarebbe mai sognata di dividere una casa, tra l’altro dovendo ingurgitare una dose di pozione polisucco ogni qual volta il suo grazioso piedino fosse uscito all’aria aperta.
Giusto per evitare che la riconoscessero, e mandare la copertura a farsi benedire.
A quanto pare una cosuccia come salvare il mondo magico, rendeva fastidiosamente popolari.
-Mezzosangue per quanto ancora hai intenzione di restartene lì impalata?-
-Io..stavo- farfugliò Hermione, sorpresa di ritrovarselo dinanzi, a pochi passi.
- Sarebbe per te uno sforzo troppo grande non chiamarmi mezzosangue, e usare il mio nome o il mio cognome?- esclamò stizzita.
- Perché, ti dà fastidio?- lo vide sogghignare, e un lampo di sfida e divertimento brillare nello sguardo.
- Ti chiamerò Purosangue invece che Malfoy allora, ti sta bene?- rilanciò in tono di sfida
-Non me ne vergogno, è quello che sono. Così come Mezzosangue è quello che sei tu.-
- E di mangiamorte invece che mi dici?-
Aveva parlato con foga, per il solo gusto di ferirlo come lo era stata lei da quella verità che per anni, con solerzia, lui aveva usato come un coltello a doppio taglio per farle del male, ed era troppo tardi quando si rese conto di essersi spinta forse, troppo oltre.
Si aspettava una sfuriata, invece vide il grigio delle sue iridi indurirsi in uno sguardo d’acciaio, la solita maschera di indecifrabilità calargli sul volto, e gelida la sua voce le rispose: -   È quello che sono stato.-
Dopodiché si voltò, e mentre si inoltrava su per il viale acciottolato, Hermione non poté fare a meno di corrodersi tra i sensi di colpa.



******


Era incantevole e lontana al contempo stesso.
O forse erano i raggi morenti del sole che le cadevano addosso di sbieco, animando i ribelli capelli castani di riflessi ramanti, dorando la pelle del polso che sporgeva dal maglioncino e la mano tesa ad afferrare un libro, che sembravano renderla così distante.
Una visione quasi.
Più fragile del cristallo, tanto che sarebbe bastato anche solo l’eco dei suoi passi che si avvicinavano e si sarebbe infranta.
Erano giorni che si trovavano in quella casa, ed erano giorni che si evitavano.
Ufficialmente perché si stavano concedendo del tempo per abituarsi alla reciproca presenza, così almeno le aveva detto, ufficiosamente perché stava ancora assaporando la sua dolceamara piccola vendetta per l’uscita del tutto inopportuna che si era lasciata sfuggire.
Perché nonostante non gli avesse offerto delle scuse, nonostante avesse continuato a trincerarsi nel suo ostinato e stupido silenzio orgoglioso, aveva rubato nel suo sguardo, non appena avevano varcato l’ingresso, una scintilla di rimorso.
 Proprio lì, dopo l’iniziale stupore ,che li aveva colti entrambi, dinanzi ad una magnifica scala d’ingresso in marmo che, diramandosi ad arco, troneggiava su quell’ampia sala dal pavimento a scacchiera e dalle parti color rubino ornate di ghirigori dorati, mentre lei aveva spostato la vista, alla sua destra, oltre una porta d’ottone ed ammirava – che altro se non una biblioteca?- la sentì sussurrare a se stessa:
-    È incredibile come dopo tutti questi anni non abbia ancora imparato. Sembrava così dismessa e desolata fuori che non mi aspettavo di certo che fosse così sfarzosa e vivace dentro-
-    Perché è quella l’impressione che deve dare fuori, se vogliamo evitare seccature. Ma non te l’aspettavi no? Eppure non mi sembravi una che si accontentasse delle prime impressioni, ma mi sbagliavo evidentemente.-
Avrebbe dovuto pronunciare l’ultima parte della frase con un tono sferzante di ironia, almeno quella era l’intenzione, e allora perché aveva finito con il sibilare furioso seppur con voce neutra?
La vide voltarsi di scatto, furente, pronta a ribattere qualcosa, poi come all’improvviso si bloccò, come se un pensiero, o un ricordo, le fosse balenato davanti, e proprio lì, proprio in quel momento aveva intravisto quella scintilla di rimorso nel suo sguardo. Non le diede comunque il tempo di ribattere, perché – Ci prenderemo qualche giorno per tolle..eh per abituarci- stava per dire tollerare?- e poi discuteremo il da farsi.- e voltandosi, salì la prima rampa di scale diretto verso la sua camera.
Continuava a guardarla  senza muovere un passo, riluttante a rompere il fragile equilibrio di quel miraggio quanto mai reale, ma non aveva più senso aspettare.
Per cui avanzò a lunghe falcate verso la poltrona di pelle vicino al tavolo cinese, sul quale erano disposti un vario assortimento di bicchieri e di liquori, e – Granger, dobbiamo parlare- esordì.
Neanche finì la frase e la vide trasalire, il libro le cadde rumorosamente tra le mani, e si girò di scatto, appiattendosi contro la parete di libri.
La studiò divertito mentre fissava, quasi sconcertata la sua mano rimasta sospesa verso il bicchiere, e tentava disperatamente di darsi un contegno.
-    Non ti ho sentito arrivare.-
-    Beh, nonostante lo ritenga anche io piuttosto ingiusto, di solito non mi precedono squilli di trombe e fanfare prima del mio ingresso, ma vedrò di rimediare la prossima volta.-
Un ironico sbuffo di impazienza. –Ti sei stancato finalmente di annoiarti e poltrire e hai deciso di fare qualcosa di utile?-
-    Ah mezzos..- intravide la sua occhiataccia mentre versava uno sconosciuto liquido rosso in due bicchieri – Volevo dire Granger, sei sempre così  rigida, impara a rilassarti una volta tanto-
-    Io NON sono rigida!-
-    Ah no? E perché te ne stai tanto rigidamente attaccata alla parete? Ho capito, quale saccente secchiona spudorata che sei che ti piacciono i libri, ma non avrei mai pensato così tanto da saltargli letteralmente addosso.-
Si staccò immediatamente dalla parete, mentre Draco sprofondava nella poltrona.
-    Non avrei mai pensato di dirlo Malfoy, ma oltre arrogante sei anche idio..-
-     Indiscutibilmente affascinante? Fiato sprecato,lo so già. Avanti vieni a sederti qui, così non mi viene il torcicollo per guardarti mentre parlo.-
Attese che si avvicinasse, e non appena sedutasi nella poltrona di fronte, le offrì il bicchiere.
-    Che cos’è?- domandò lei sospettosa.
-    Non ne ho idea-
Dinanzi all’espressione esasperata di Hermione, lui fece le spallucce.
-    L’ho trovato qui, mi piaceva il colore.-
-    E se fosse avvelenata? O scaduta? O fosse una pozione che non conosciamo?-
-    E se fosse invece solo un maledettissimo, semplice liquore?-
Quello sguardo ostinato, che voleva aver ragione a tutti costi, lo irritò tanto da sbottare
-    E va bene, lo berrò per primo così per l’ennesima volta ti chiuderò quella boccaccia dimostrandoti che hai torto.-
Stava mandando giù un generoso sorso, quando Hermione, indignata, si alzò.
-    Non resterò qui a farmi insultare da te. Se questo è il tuo modo di parlare, preferisco quando stai zitto.-
Si sarebbe di certo allontanata di un passo, se Draco, di riflesso e con la mano libera, non le avesse afferrato il polso, fino a chiuderlo nella stretta gentile ma ferma delle sue dita.
-    Aspetta.-



****

Aspetta.
Doveva essere stato il modo con cui gli aveva offerto quella parola, aspetta, a trattenerla.
Poteva un ordine essere velato di una preghiera? Poteva una voce ferma e imperiosa risuonare di una nota supplichevole?
Sì, poteva.
Spostò lo sguardo alla mano intrecciata sul suo polso, e lui dovette accorgersene, perché la districò subito, e tornò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona.
Le sue dita erano gelide, eppure perché adesso la pelle liberata dalla loro prigionia bruciava?
Le venne l’irresistibile impulso di cercare una qualche forma di sollievo stringendo il polso con l’altra mano, ma lui lo avrebbe notato, anche se adesso faceva finta di studiare il bicchiere, e avrebbe potuto fraintenderlo come un gesto di ripulsione, complicando ulteriormente la già di per sé complicata situazione.
Dopo qualche secondo continuò, come se nulla fosse accaduto,da dove si era interrotto.
-    So di per certo che giovedì sera i Mccallister daranno uno dei loro soliti ricevimenti. Ma quello che a noi interessa non è il ricevimento, ma il dopo.-
Hermione annuì, esortandolo ad andare avanti.
-    Dopo la mezzanotte infatti restano solo i membri della cerchia più intima dei Mcallister, di cui senza dubbio, Yaxley fa parte.-
-    Perché? –
Malfoy la guardò interrogativo, e lei per tutta risposta alzò una mano come a chiedere tempo per spiegarsi.
-    Perché continuare a correre il rischio di essere trovati e processati restando qui, invece di espatriare altrove, nascondendosi al sicuro?-
-    Perché tu sei accorta mezzonsague, ma loro non lo sono. Quello che li spinge a riunirsi non è la paura di essere scoperti, ma il fanatismo di continuare la visione del loro signore.-
-    Che cosa vorresti dire? Che aspettano il ritorno di Voldemort?-
-    No, sanno benissimo che ormai è morto, e non può più tornare. Quello che stanno cercando è un suo erede ideale, qualcuno che possa continuare il suo disegno.-
-    Cioè uccidere Harry?-
Una fitta di angoscia e paura la paralizzò tutta.
-    Potter, sempre in mezzo- sputò Malfoy con sprezzante ironia. – Per quanto la missione di Lord Voldemort sia stata quella di accoppare Sfregiato, si può certo dire che abbia avuto anche altre priorità.-
-    Che c’è?-  lo vide crucciarsi in un’aria perplessa, dinanzi alla sua evidente espressione sorpresa.
-    Beh è che..- mormorò Hermione – lo hai chiamato Lord Voldemort-
-    E come altro avrei dovuto chiamarlo? Tom?-
La meraviglia di Hermione crebbe così tanto da sfociare in singulto, che tentò prima di nascondere portandosi l’avambraccio alla bocca, infine vinta liberò in piccola risata.
-    Stai ridendo di me, mezzosangue?- L’incredulità traspariva dalle sue iridi grigie che la guardavano indignato.
-    No no- si affrettò a ribadire Hermione e colse subito l’opportunità di cambiare discorso – Quindi il nostro scopo è avvicinarci alla cerchia dei Mccallister, cercando di guadagnare se non la loro fiducia perlomeno la loro credibilità. Vediamo, cosa può servirci tanto per iniziare?-
-    Innanzi tutto, sai ballare mezzosangue?-


********

Se le avesse fatto una proposta oscena di sicuro non avrebbe ottenuto faccia più sconvolta.
Ghignò senza ritegno dinanzi alla sua confusione.
-    Non..non vedo come questo possa esserci utile- balbettò, in tono malfermo.
-    Non ci guadagneremo mai la loro credibilità se colei che porto con me, e che presento come mia accompagnatrice, sembri che pesti l’uva invece di ballare con grazia ed eleganza.-
Si premurò di dare una sfumatura particolare alla parola  accompagnatrice,e doveva averlo notato anche la sua futura accompagnatrice, perché sbalordì, arrossì, e infine lo fulminò:
-    Io so ballare con grazia ed eleganza- gli rispose, deliberatamente ignorando tutti gli altri sottintesi
-    Davvero?  Non ti ho mai vista ballare con chiunque..Ah vero, perché tutti conosco le leggendarie prodezze ballerine di Lenticchia-
-    Malfoy!-
-    Perché non mi fai vedere Granger, cosi sarò io a giudicare?-
E alzandosi, con naturalezza, le tese la mano.
Vide che la fissava intensamente, e si chiese se a lei, come lui, era baluginato nella mente la sensazione ed il ricordo del contatto precedente.
Bugiardo”  si disse “stai solo cercando un modo per stringerla ancora. E lei lo sa, ed è per questo che tu sai anche che rifiuterà.”
Appunto perché ne era consapevole, l’unico modo di convincerla era:
-    Che c’è Granger? Hai paura o ti vergogni? Balli così male che rischi di spezzarmi le gambe?-
-    D’accordo-  gli rispose di impulso, e si alzò.
Solo nel momento successivo la consapevolezza di essere caduta nella  trappola del serpente  luccicò nello sguardo fiero del leone.
Ma non appena la sua mano calda e vellutata si posò sopra la sua tutto il resto svanì.
La condusse gentilmente al centro della stanza, le posò la mano libera dietro la schiena-  solo Merlino, Salazar e tutti gli dei possibili ed immaginabili potevano sapere  quanto avrebbe voluto stringerla più forte,sentire il calore del suo carpo aderire al suo, affondare il viso nei suoi capelli e affogare tra il suo odore-  e con un fremito impercettibile sentì quella della sua mezzosangue posarsi sulla spalla.
Cominciarono a muoversi, occhi contro occhi, mano contro mano, pelle contro pelle.
-    Perché?- sussurrò all’improvviso lei, il viso pericolosamente vicino al suo, frantumando il loro complice silenzio cristallino.
Una risata bassa e melodiosa.
Poi avvicinò le labbra al suo orecchio, ad una infinitesima distanza da esso, quasi a sfiorarlo, rispose – La tua mania di lasciare a metà le domande comincia ad irritarmi, Mezzosangue.-
La scorse chiudere gli occhi, e qualche secondo dopo:
-    Perché questo? Tu mi disprezzi, mi odi. Tu mi hai sempre e solo fatto del male.-
Silenzio.
-    È vero.- si limitò a constare lui – Anche tu mi hai disprezzato.  Eppure eccomi qui, tra le tue braccia, ad aggrapparmi alle tue promesse. Mi hai promesso,l’ultima volta, che mi avresti aiutato, ricordi?- e fermandosi, si scostò  quel poco per incatenarla al suo sguardo, la presa  ancora salda.
-    Si-
-    E prometti ancora?
-    Prometto. E tu prometti di non farmi del male?-
Per tutta risposta lasciò scivolare il braccio cingendogli il fianco, con una fermezza velata di tenerezza,  e divorò la piccola distanza tra loro.
Il suo respiro le accarezzò l’orecchio quando le mormorò: - Prometto.-







And we can make promises
Forget the way we live
I can excite your soul
I can excite your soul

The boxer rebellion, Promises.
  
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