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Autore: Nadie    08/04/2014    3 recensioni
'E tu? Hai già fatto tutto quello che volevi fare prima di morire?'
'Assolutamente no'

[Ben e Prudence]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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XI



L’aria di Dublino sapeva di strada bagnata e il cielo era grigio sporco.
Ben si fermò davanti ad un grosso edificio con i muri chiari e con grandi finestre prive di tende, che lasciavano intravedere muri tappezzati di cartine geografiche.
Davanti al cancello numerose persone parlavano animatamente tra di loro, chi rideva, chi gesticolava, chi ascoltava.
Ben si appoggiò con la spalla ad un lampione e puntò i suoi occhi bui sul cancello.
«Tua madre ti ha chiamato?» gli chiesi e lui voltò il capo verso di me, guardandomi accigliato.
«Sì.»
«Che ti ha detto?»
«Di tornare a casa.»
«E lo farai?»
«Io…» le parole, qualunque esse fossero, restarono sigillate nella sua bocca, interrotte dalle grida gioiose dei bambini appena usciti da scuola.
La gente per strada cominciò a muoversi impazzita, sembrava di vedere mosche in un barattolo che si scontravano fra di loro.
Osservai i bambini correre in braccio ai genitori e cercai con gli occhi Jude, ma non lo trovai.
Passarono una decina di minuti e la strada, a poco a poco, divenne deserta e allora vidi un bambino biondo seduto sul bordo del marciapiede, con la testa tra le mani.
«Jude!» chiamai e lui alzò il capo, aveva gli occhi rossi e lucidi di chi ha appena smesso di piangere ma sa che c’è ancora qualche lacrima da versare.
«Jude, che cosa è successo?» gli chiesi, sedendomi vicino a lui.
Ben restò in piedi, un’espressione inquieta sul volto.
«Oggi hanno chiesto di parlare dei nostri papà e quando era il mio turno ho detto che io non ho mai conosciuto il mio papà, allora hanno riso tutti.» mi morsi il labbro senza sapere bene cosa dire o cosa fare e quando non riuscivo a fare nulla per migliorare l’umore di Jude mi sentivo terribilmente inutile, perché lui, così piccolo e così fragile, non meritava nulla di tutto ciò che quella vita troppo dura gli regalava.
Jude aveva fatto parecchie assenze, non si trovava per niente bene a scuola e mia madre non aveva fatto nulla, lei non aveva alcun tipo di rapporto con lui, lo vedeva come la causa della sua rottura con Finbar e pertanto, finché poteva, lo evitava accuratamente.
Ero riuscita, con l’aiuto di Ben, a convincerlo a tornare a scuola senza troppi capricci, soprattutto per non attirare l’attenzione di qualcuno, ma dopo quella giornata probabilmente non avrebbe mai più voluto mettere piede in quel posto.
«Hanno detto che era impossibile non conoscere il papà, ma lui se n’è andato quando io non ero ancora nato e loro mi hanno chiesto perché e io non lo sapevo. Prue, perché? Tu lo sai, vero? Me lo dici? È stata colpa mia?» scossi categoricamente la testa e tentai di parlare, ma Ben si mise seduto sui talloni, proprio di fronte a Jude, e parlò prima.
«Assolutamente no, Jude. Tu non c’entri nulla, non è andato via per colpa tua!»
«E perché allora?»
«Ascolta, anche se siamo tutti fratelli e sorelle, blablabla, le solite cose, amen, al mondo ci sono un bel po’ di persone, tutte diverse, tutte uniche a modo loro, ma alcuni con delle caratteristiche in comune. Tuo padre, ad esempio, è una delle persone comode.»
«Comode?»
«Comode, esattamente. Sai che fanno le persone comode? Le persone comode se vedono un problema, una complicazione o qualcosa che possa farli scomodare in qualche modo, ecco loro, invece di andare dritti come dovrebbero, prendono delle scorciatoie. Tua padre non voleva scomodarsi troppo con te e tua sorella e allora ha preso anche lui una bella scorciatoia e, puff, è andato via per restare comodo. Hey, ma sai che c’è? Molto meglio così, perché tu ora puoi imparare dal suo sbaglio e quando sarai grande e avrai dei figli, chiuderai ogni scorciatoia e andrai dritto per la tua bellissima strada, e alla fine dirai, hey papà, grazie di aver preso quella scorciatoia perché ora io so che hai sbagliato e non farò assolutamente ciò che hai fatto tu, io non sono una persona comoda e sono molto, molto più coraggioso e forte di te!»
Jude accennò un sorriso e Ben gli spettinò i capelli.
«Davvero secondo te sono forte e non sono una persona comoda?»
«Certamente! Anzi, sai che fai domani? Torni in classe, ti alzi in piedi e dici a tutti che sono solo persone comode e tu sei cento volte, mille volte meglio! Non lasciare che ti facciano credere il contrario, non sminuirti mai, per niente al mondo, Jude, perché tu sei unico ed irripetibile, capito?»
Jude annuì e lo abbracciò, poi Ben si alzò in piedi e lo prese per mano.
«Casa?» mi chiese ed io annuii, sorridendogli grata.
Ben procedeva silenzioso lungo la strada, Jude vicino a lui, la gente di Dublino ed i turisti rovesciati sui marciapiedi sembravano essere invisibili per lui, che teneva il capo chino e passo dopo passo percorreva quella strada che ora, dopo mesi in questa città, era entrata a forza nella sua testa.
Pensai a come dovesse essere stare mesi lontani da casa, senza stabilità, senza certezze né nulla e mi sentii tremendamente in colpa per Ben.
Arrivati dinnanzi al solito palazzo con i muri arancioni, Ben tirò fuori le chiavi e, dopo aver aperto il portone, Jude scivolò dentro e corse fino alla porta dell’appartamento di Ben, ansioso di entrare ed ascoltare gli Stones.
Ben sorrise e lo lasciò entrare.
«Sai già come si fa, vero?» gli disse, tirando fuori dalla tasca dei jeans un iPod e porgendoglielo.
Jude annuì ed infilò gli auricolari, vidi che i suoi occhi non erano più lucidi e sorrisi.
Ben si passò una mano tra i capelli e poi andò a sedersi sul divano, io lo imitai.
«Grazie per Jude.»
«Non ho fatto niente.»
«No, sul serio, grazie.» lui sorrise stancamente.
«Devi tornare a casa, vero?»
«Prudence, sono grande e vaccinato, non devo fare nulla.»
«No, ascolta, non devi restare qui per forza.»
«Infatti, lo faccio perché ho voglia.»
«Tu… hai… voglia? Hai davvero voglia di continuare a stare nell’appartamento del tuo amico, senza lavoro, senza… senza niente di niente? Tu non resti qui perché hai voglia, Ben, lo fai per colpa mia.» lui rise sardonicamente.
«Colpa? Tu la vedi in questo modo? Colpa? Allora vuol dire che non hai capito niente di me e di quello che penso, proprio niente!»
«Allora resterai qui in eterno?»
«Vuoi che me ne vada?»
«No! Ma non voglio che tu ti senta obbligato!»
«Obbligato? Sai qual è il tuo problema, Prudence? Tu, tu mi riempi la testa di giudizi universali, smonti le certezze, cambi tutto, mi stravolgi e poi, poi dopo non capisci quello che fai, quello che mi fai. Dannazione, non ti metti mai nei panni degli altri? Nei miei?»
«Ben, io…»
«No, basta. Vado a farmi una sigaretta, non ho più voglia di discutere.»
Uscì sbattendo la porta.





Eh, lo so, ho riversato la mia acidità anche su Ben e Prudence, sono una bruttissima persona, voi non avete idea di cosa ho combinato a questi due!
Non posso spoilerare quindi mi zittisco subitissimamente.
Che dirvi? Ringrazio come sempre Clairy e Joy e tutti i lettori silenziosi.
Besos,
C.




Vi lascio Astrid/Prudence che è la meraviglia e abbellisce un sacco la paginina(non ve lo metto quel barbone di Barnes perché troppo fa male)
  
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