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Autore: Apalapucian_HP    09/04/2014    1 recensioni
Forse il Paradiso è un posto totalmente differente. Forse il Paradiso è ricominciare. Forse il Paradiso è in qualsiasi luogo, qualsiasi momento, qualsiasi modo in cui si incontrano ancora. Jily AU di reincarnazione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Parallel







Avrebbe dovuto saperlo che qualcosa di strano sarebbe successo.

Avrebbe dovuto, ma non lo fece, perché per allora era convinta che la vita fosse solo così buffa, che poteva facilmente fare scherzi alle persone quando ne aveva voglia. Un giorno ti svegliavi sentendoti strano – niente doleva, niente mancava, niente di tutto ciò, solo... strano. Diverso. E poteva significare tutto, davvero, poteva significare che la vita si stava ricomponendo per te, ed un mucchio di altre infinite possibilità, aspetta e vedrai – ma poteva anche non voler dir nulla.

Perciò Lily Evans, a cui non piacevano né il disappunto né il cercare di superarlo, non si aspettava niente. Ignorava – visto che non c'è altra frase più appropriata in questo caso – tutti i segni.

Buffo.

Eppure. La persona davanti a lei nello specchio sembrava una sconosciuta quel giorno. Capelli rossi, occhi verdi, pelle pallida. Il profilo delle sue clavicole, la voglia sul collo... le sembravano strani. Ne era eccezionalmente conscia. La loro vista la disturbava, o forse era le sensazione di vederli; in ogni modo, si raccolse i capelli imbronciata e continuò con la sua usuale routine mattutina con le labbra strette e le sopracciglia aggrottate. Persino la casa odorava di diverso. La stessa mattina fresca, lo stesso erboso vialetto ben calpestato fino a High Street. Ma non era lo stesso. I lampioni arrugginiti lungo il marciapiede reclamavano la sua attenzione, i fiori che spuntavano dai giardini dagli alti recinti erano troppo colorati. La rugiada si affrettava lungo lame d'erba, catturando la luce. La mattina respirava. Sussurrava. Cercava di dire qualcosa.

Lei non ascoltò. Ma non importa. Quello che doveva succedere sarebbe successo, che lei si fosse fermata a tendere l'orecchio o meno.

Lo sentiva, però. Come se la sua anima sbatacchiasse ad ogni passo, le strattonasse il cuore, le fremesse lungo la spina dorsale. Ed era abbastanza.

La stazione non era molto affollata quando arrivò. Aveva l'abitudine di controllare troppe volte l'orologio in un minuto mentre aspettava il treno. Il suo percorso era un eroso mantra che le rimbalzava in testa: tre stazioni verso ovest, una passeggiata di cinque minuti fino al campus da quella stazione, un infinito anello di binari paralleli e giorni paralleli. Sospirò. Infilò le mani nelle tasche del cappotto e guardò dall'altra parte dei binari verso la piattaforma opposta. Non era una vista spettacolare, solo le stesse persone di sempre che girovagavano. Ne aveva viste un paio in precedenza, negli stessi giorni e alle stesse ore, persone con linee della vita che potevano assomigliare molto a quelle disegnate sul suo palmo. Giorni della settimana che si intersecavano, imbarazzati sguardi che si incontravano, sorrisi effimeri. Si chiese se andare ad est sarebbe stato lo stesso che andare ad ovest. O se loro riconoscevano lei come lei riconosceva loro – la coppia di qualche anno più grande di lei, lei con la gomma e lui con un protettivo braccio attorno a lei; quell'altra ragazza, bionda e di mezza età e sempre cauta; la vecchia signora con le sciarpe colorate e la borsa rosso acceso; il ragazzo dai capelli spettinati e gli occhiali che aveva l'abitudine di guardare sempre i binari, lo sguardo che saltava e scorreva lungo il sentiero arrugginito sopra la curva annebbiata della strada, impaziente o eccitato o solo costantemente incapace di stare fermo. Lo stava facendo ancora, notò lei, rimbalzando sugli avampiedi per sporgersi e sbirciare l'accecante sole nascente, gli occhiali che si riempivano di luce...

Il battito del cuore di lei accelerò, e la presa sulla borsa si strinse. Era proprio quello, pensò, ma non aveva idea di che cosa fosse. Ma era proprio quello. Il suo corpo sembrava rilassarsi, sciogliersi da una spirale dormiente, come se lei avesse trattenuto il respiro tutto quel tempo per quel momento, ed ora era il momento di respirare, o di svegliarsi, o...

Lo sguardo di lui si spostò, proprio come lei sapeva – prevedeva? Aspettava?- sarebbe successo. Lui la trovò. Si fermò – era strano, vederlo così bloccato, perché sempre, sempre si muoveva – stringendo gli occhi e individuando Lily tra la folla. Le mani di lei erano sudate nelle tasche, la bocca aperta un po' in shock e un po' spontaneamente. Tutto era fermo – o forse era solo lei, perché l'intero mondo stava ruotando sotto i suoi piedi ed affrettandosi in veloci, confusi lampi...

Il treno che andava ad est arrivò due secondi prima di quello che andava ad ovest, e mentre i finestrini nascondevano lui alla vista e passavano in fretta, un ronzante specchio di carrozze, lei lo vide.

Vide tutto. Vide se stessa, che stava là esterrefatta, cappotto e borsa e stivali e mani nelle tasche, ma anche mantelli, ed una bacchetta, e una cravatta a righe rosse e oro. Lettere portate dai gufi ed un soffitto che rispecchiava il cielo. Corridoi illuminate da torce, letti a baldacchino scarlatti, un gatto che soffiava nel mezzo della notte. Orti delle zucche, altalene baciate dall'estate, rotoli di pergamena. Dita macchiate di inchiostro che tracciavano le sue clavicole nel buio. Labbra che a volte sapevano di menta, a volte di caffè, a volte vino. Ma sempre come le quattro stagioni in una volta -

James?

Mani che vagavano, promesse fatte all'alba, gli schizzi di pioggia attorno ai suoi piedi -

James!

Risate roche, maniche arrotolate, cravatte slacciate -

James. James Potter.

Il treno si fermò, le porte si aprirono con il solito sibilo. Tutte le chiacchiere e la massa di corpi in movimento erano distraenti, ma lei non salì. Non poteva muoversi. Non poteva respirare -

Un lampo di luce verde, un bambino che piangeva, una casa che tremò nella notte autunnale, fratturata e silenziosamente in lutto -

Il treno grattò sulle rotaie, riluttante ad andarsene, cigolando ed ansimando le sue futili proteste contro la mattina entusiasta -

E poi se ne andò, gli ultimi guaiti echeggianti nell'aria, ed il momento finì.

Lily rimase lì in completa confusione. I suoi occhi pizzicavano – stava piangendo? Perché stava piangendo? Si asciugò le guance bagnate e si guardò intorno, chiedendosi perché non fosse salita sul treno. Ora era sola. Guardò l'orologio. Buffo, era stato l'intervallo più lungo che avesse mai raggiunto senza controllarlo. Doveva avere la testa da un'altra parte. Doveva davvero smetterla di stare alzata fino a tardi durante la settimana...

Guardò attraverso i binari. La piattaforma era vuota. Nessuna coppia, nessun viaggiatore ossessionato dalle sciarpe, nessuna donna tesa, nessun smilzo ragazzo occhialuto. Il treno che andava ad est stava girando l'angolo, e lei lo guardò sparire nella bocca aperta dell'alba.

Il treno successivo sarebbe arrivato tra dieci minuti. Cavolo. Avrebbe fatto tardi.

Cominciò a pensare a delle scuse per il ritardo, e filo dei suoi pensieri fu interrotto da un colpetto alla spalla.

Si voltò. Era il ragazzo spettinato. Notò quanto fosse più alto da vicino.

Sì?”

Lui sbatté le palpebre: “Ehm....”

Era confuso riguardo a qualcosa. Fece scorrere una mano tra i capelli, e il respiro di lei le si mozzò in gola.

Scusami, ci siamo già incontrati?” chiese, nello stesso momento in cui lui decise di dire: “Scusa, è che sembri molto familiare.”

L'ultima parola, “familiare”, rimase appesa alla fine delle loro frasi, sospendendoli in un limbo mentre il tempo si avvolgeva attorno ad ogni cosa, senza mancare un centimetro, accertandosi che il resto del mondo andasse avanti con i propri soliti affari.

Ci fu una pausa, e poi intorno a loro la mattina sorrise mentre entrambi infine iniziarono a ridere di cuore. Del fumo vorticò da mille tazze di caffè, la luce del Sole coprì i campi, rose fiorirono al suono smorzato di piedi indaffarati che si trascinavano attraverso un passaggio pedonale qualche isolato più in là.

Qui, nel limbo – o questa insignificante stazione, un piccolo angolo di un vasto mondo parallelo, scegliete voi – James Potter allungò una mano: “Sono James.”

Lily Evans la prese. Le dita di lui erano calde e familiari e perfette. “Lily.”

Si strinsero le mani, sorrisero, e Lily pensò che sembrava tutto (no, lo era, giuro che lo era) magia.

  
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