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Autore: Dragon410    09/04/2014    1 recensioni
«Lo so Dominick, ma mettiamo in pericolo migliaia di persone là fuori.» disse Kate puntando il dito verso la finestra.
«Trentamilasettecentoquarantatre, per la precisione.» disse lei saltando giù dalla scrivania. Iniziò a camminare attraverso la stanza nervosamente, passando una mano tra i ciuffi dei capelli corti che andavano un po’ dove volevano.
«Trentamilasettecentoquarantadue, senza l’uomo o la donna che c’è dietro a questi omicidi.»
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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China sul cadavere completamente squarciato e pieno di sangue, irriconoscibile, osservava il volto ormai inesistente della ragazza.
Questa volta il serial killer si era superato; grazie alla carta d’identità della giovane, avevano potuto apprendere che aveva appena compiuto diciassette anni. Era poco più di una bambina che era stata privata di tutto.
Dominick si alzò in piedi cercando di calmare l’ansia che le aveva catturato lo stomaco: sapeva che avrebbe dovuto contattare i genitori e parlare con loro. Il giorno dopo, tutta la città sarebbe venuta a conoscenza di ciò che l’unità aveva cercato di nascondere per facilitarsi il lavoro. Tutta la popolazione avrebbe smesso di fidarsi del governo che, per una vita intera, aveva tenuto al sicuro quella formazione.
Dominick appoggiò una mano sulla spalla dei suoi uomini; era il più giovane di tutti quello era il primo caso al quale lavorava.
«Facci l’abitudine, per quanto è possibile. Contatta i suoi genitori, li voglio vedere domani mattina. Poi va a casa e cerca di dimenticare tutto almeno per stanotte, d’accordo?»
Lui annuì, visibilmente in preda all’orrore.
Lei si allontanò e oltrepassò il nastro rosso. Doveva raggiungere Kate e Lucas al più presto e trovare un modo per metterla al sicuro, almeno fino a quando lo psicologo non avrebbe inviato la descrizione del profilo psicologico dell’omicida. Ciò sarebbe accaduto il lunedì successivo.
Lungo la strada verso l’appartamento, Dominick non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che la foto di Kate fosse finita nella lista nera. Come aveva potuto permetterlo?
Troppe donne avevano perso la vita in quell’inferno, troppe donne rischiavano di perderla ancora. Dovevano continuare a combattere, senza però sapere come. Quella sera aveva più volte provato il desiderio di arrendersi, di scappare con Kate dall’altra parte del mondo per metterla al sicuro, ma non erano due vigliacche. Eppure continuava a non riuscire a concepire come quel mostro potesse permettersi di giocare con la vita di altre persone, quasi come fosse un Dio; non riusciva a immaginare il suo viso nemmeno se si concentrava, né poteva pensare a un motivo valido e logico che lo portasse a compiere determinate azioni.
Scosse il capo per allontanare quei pensieri e parcheggiò l’auto a qualche centinaia di metri dall’appartamento per percorrere la strada che vi conduceva a piedi e dare un’occhiata in giro. Probabilmente non avrebbe notato nulla di strano o diverso dal solito, ma vale la pena assicurarsene.
Camminava lentamente, nel buio della notte, con la giacca di pelle aperta che lasciava intravedere la sua maglietta bianca leggermente scollata. I suoi occhi neri si mimetizzavano nel buio; a vederla così, poteva sembrare la persona più tranquilla del mondo. In realtà, dentro stava morendo poco a poco.
Quando raggiunse le scalette che portavano alla porta d’entrata, fu abbagliata da una macchina che velocemente accese e spense le luci: i suoi uomini erano lì, le erano vicini.
Bussò alla porta e Lucas aprì di scatto con la pistola carica tesa verso di lei: «Oh, Dom. Scusami.» disse, imbarazzato molto visibilmente, abbassando la sua arma.
Lei agitò la mano in segno di non curanza ed entrò; Kate si era assopita sul divano in posizione fetale.
«Le hai detto tutto?» domandò voltandosi verso Lucas.
«Tutto quello che ho potuto, tutto quello che ho ritenuto giusto dirle, ma credo che non lascerà le indagini.»
Dominick sembrò non ascoltarlo nemmeno: si era avvicinata al divano e ora stava accarezzando i suoi capelli. Sembrava davvero una bambina persa nel suo mondo; tutto sarebbe stato quasi perfetto e dolce, se solo non si fosse dovuta svegliare a breve.
«Lucas, puoi andare se vuoi. Ora rimango io.»
Lui si appoggiò al muro e osservò Dom; erano entrambi tristi, se non arresi. Lucas, come Dom, si era affezionato molto a Kate: oltre a essere una collega perfetta, era davvero una persona degna di essere chiamata così. Si prodigava per gli altri come pochi hanno il coraggio di fare.
«Non me la sento di lasciarvi qui, Dom.» disse lui, quasi supplicandola di accettare il suo aiuto.
Lei sembrò rifletterci qualche istante; odiava mettere in pericolo la vita degli uomini che le erano stati affidati, soprattutto se quell’uomo era il suo migliore amico.
Ma non poteva impedirglielo. Inoltre, lei si sentiva più sicura grazie alla sua vicinanza, quindi decise di acconsentire: «D’accordo, ma ho una cosa da chiederti.»
Aveva deciso di rigirare la cosa a suo favore e Lucas, con un cenno, le segnalò che poteva proseguire: «Voglio che tu vada a parlare con il capo e gli spieghi la situazione per quella che è. Domani saremo su tutti i giornali e lui è incosciente di tutto.»
«Scordatelo.» disse tranquillamente, convinto che Dom stesse scherzando.
«Lucas, non te lo sto chiedendo d’amica: te lo sto chiedendo come tuo capitano.»
Lui sembrò sbiancare e barcollò, ma mantenne il controllo al meglio: «Come vuoi, capitano.» sibilò a denti stretti, rabbioso.
Lei accennò un sorrisino, convinta che quella sua reazione sarebbe passata in breve tempo: «Ora va da lui, avvertilo telefonicamente mentre sei per strada. Spiegagli ogni cosa nei minimi particolari. Solo allora potrai tornare qui.» ammiccò.
Lui digrignò i denti e la minacciò con lo sguardo che ardeva di rabbia; sapeva di non poter ribadire, non se Dominick aveva chiaramente preso la posizione di suo superiore.
Così, senza replicare, uscì di casa maledicendo quella situazione così irreale.
 
Durante il percorso verso la casa del capo, Lucas lo aveva contattato telefonicamente per avvertirlo del suo arrivo imminente.
Ora che si trovava davanti a lui nello studio della sua villetta, si sentiva piccolo come una formica; l’uomo che aveva di fronte era il colpevole della morte della sua adorata sorella.
Il capo della società, un uomo brizzolato sulla cinquantina, l’aveva ricevuto in vestaglia da notte. Era assonnato, o così sembrava.
Lucas tentò, per Dominick, di reprimere l’odio che provava nei confronti di quell’essere che non poteva considerare uomo. Cercò di spiegargli, nei minimi particolari, tutto quello che era accaduto senza riuscire a guardarlo un secondo negli occhi.
Quando finì di riportare tutte le vicende, che avevano davvero dell’irreale, il capo si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza; non sembrava né preoccupato né colpito…solo pensieroso.
«Senti, ragazzo- iniziò a dire improvvisamente fissando gli occhi nei suoi- riferisci a Dominick che, d’ora in poi, non dovrà più far riferimento a me per questo caso. Le do in mano tutto, tutti coloro che si occupano della questione. Prenderete ordini solo da lei e da nessun altro. Comunque, aggiungi che avrà presto mie notizie.»
Lucas si trovò, nuovamente e molto negativamente, colpito da quell’uomo. Aveva preso una decisione incomprensibile e inspiegabile.
Lucas ammise, tra sé e sé, che quell’uomo poteva benissimo essere uno psicopatico.
«Come vuole, signore.» disse con insicurezza e sfiducia.
Il capo si avvicinò e gli fece cenno di uscire dallo studio.
Quando Lucas aprì la porta, si trovò davanti una donna che era in procinto di bussare; era poco più giovane del capo. Probabilmente era sua moglie. Lucas non l’aveva mai vista.
«Scusatemi- si affrettò a dire lei- George, non ti ho sentito e mi sono spaventata.»
Il capo passò oltre a Luca per potersi avvicinare a lei e posò, dolcemente e delicatamente, una mano sulla spalla: «Va tutto bene, Amanda. Questo è Lucas, uno dei miei uomini. »
Quando si strinsero la mano, Lucas non poté far a meno di analizzare con sguardo critico la mano della donna: sarebbe stata perfettamente liscia, non fosse stato per una minuscola e quasi invisibile cicatrice che, per un paio di millimetri, percorreva per il lungo il pollice della sua destra.
Eppure, quando aveva parlato al capo della questione della cicatrice, lui non aveva fatto nemmeno una smorfia.
“Probabilmente- pensò Lucas- lui non se n’è nemmeno accorto." Sono io quello troppo attento ai particolari.”
Lucas lasciò la villetta pochi minuti dopo; sulla pelle la sensazione di essere marchiato.
 
Nel frattempo, Kate si era svegliata dopo un incubo che aveva definito terribile. Dominick era lì, di fianco a lei, che continuava ad accarezzarle i capelli nel tentativo di calmarla.
Aveva sognato nient’ altro che il suo omicidio: il suo corpo martoriato che giaceva su un marciapiede, sotto la pioggia, e lei che fluttuava sopra di esso più leggero di una foglia.
Aveva paura, ma cercava inutilmente di nasconderlo. E Dom, per quanto tentasse di rassicurarla, non riusciva a togliersi dalla testa e dal corpo quell’odiosa sensazione d’impotenza.
«Mi ucciderà!» singhiozzò, incapace di resistere oltre.
«Non lo farà, ti proteggeremo, te lo prometto!»
Kate si strinse a lei lasciandosi finalmente andare in un pianto sconnesso e semi isterico. Non avevano più un equilibrio, un motivo per pensare che una via d’uscita l’avrebbero trovata. Si sentivano come in un labirinto dal quale nessuno era mai riuscito a uscire vivo.
Quando sentirono bussare, Dominick andò ad aprire convinta che dall’altra parte avrebbe trovato Lucas.
Quando vide il viso di Mark, uno degli uomini che erano stati destinati alla sorveglianza, per una strana ragione le si raggelò il sangue nelle vene.
«Mi dispiace disturbarti, ma ho ricevuto una chiamata del capo. Mi ha incaricato di riferirti una cosa.» fece poi una breve pausa e, solo allora, Dominick notò che aveva gli occhi lucidi.
«Di che cosa si tratta?» aveva il cuore in gola.
Kate la raggiunse e osservò gli occhi di Mark.
«Si tratta di Lucas.»
A Dominick non servì altro: «Non muovetevi da qui finché non sarò tornata, per nessun motivo.» ordinò secca.
Si voltò per un secondo per guardare Kate poi, con una velocità che credeva impossibile, si fiondò verso l’auto.
  
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