Non ci
credo, sto pubblicando la mia prima one-shot O___O.
Generalmente
la mia produzione non và mai oltre le drabble e
per me questo è un passo molto, molto importante. Sognavo di scrivere
questa storia da quasi due anni ma solo ora ho trovato la giusta ispirazione,
finora era rimasta chiusa in un piccolo cassetto delle idee, insieme a tante
altre un po’ impolverate.
Del funerale
dei Potter non ci è mai pervenuto alcun dato, però ho cercato di
scrivere una storia che potesse ricalcare il più fedelmente possibile
quella che deve essere stata la realtà. La smetto con le mie chicchere e
vi lascio alla lettura ;)
1 Novembre 1981
Dedicata alle prime due persone che hanno letto questa storia:
A Moony, la mia Gemellina.
Ad Assiolo, il mio Amico.
Remus alzò lo sguardo verso
il cielo, ma presto dovette abbassarlo, era di un bianco abbacinante.
Con le mani tirò su il
bavero del cappotto, tentando inutilmente di difendersi dal gelo pungente di
quella mattina. Avanzava lento lungo una stradina si cui si affacciavano
piccole case, su i balconi di alcune c’erano ancora delle zucche
intagliate, ma gli occhi di Remus fissavano il suolo senza vederlo veramente,
ormai conosceva la strada a memoria.
Dopo una svolta a sinistra si
trovò in una piccola piazzetta: solo in quel momento alzò lo
sguardo e vide una piccola folla di persone davanti alla chiesetta.
Nella folla riconobbe i volti di
vecchi compagni di scuola e di qualche amico, ma per lo più erano
estranei; il vuoto che riempiva Remus fu lentamente sostituito da un sordo
pulsare, da un rancore cieco e profondo.
La maggior parte di quella persone neanche li conosceva, non avrebbe mai potuto
capire che persone speciali erano, loro erano giunti lì mossi solo da
compassione mista a curiosità.
Per quello non aveva partecipato
alla funzione, per non stare insieme a quella persone
che non avrebbero capito il suo dolore, per non sentire parole grandi e
lodevoli, ma assolutamente vuote.
Senza rivolger loro più
alcuno sguardo si diresse verso il cancelletto subito attiguo alla chiesetta,
che si aprì cigolando sotto il suo tocco leggero. Il suo sguardo
vagò sopra la distesa di lapidi fin quando non vide un piccolo gruppo di
persone: senza esitare si diresse verso di loro.
C’erano tutti, o almeno tutti
coloro che erano sopravissuti. L’Ordine della
Fenice.
Solo loro erano venuti
a dare l’ultimo saluto prima che le bare fossero inghiotte per sempre
dalla terra.
Le bare di Lily e James.
Erano state già calate in un buca del terreno, e l’ombra della lapide in parte
le oscurava.
Remus distolse lentamente lo
sguardo dalle bare e si guardò attorno: Frank teneva stretta tra le
braccia Alice, che piangeva silenziosamente sulla sua spalla, vicino a loro il
piccolo Dedalus ed Emmeline, entrambi con il viso lucido di lacrime. Ancora al
loro fianco la giovane Susan, l’ultima volta che Remus l’aveva
vista era stato al funerale del fratello Edgar. Il destino sembrava prendersi
gioco di loro. Poi vide Malocchio, il vecchio Elphias vicino a Silente e
Sturgis Podmore mentre sosteneva per un braccio la vecchia Arabella, che
sembrava stremata. Un singhiozzo, simile a un ululato lo fece voltare: Hagrid
era appoggiato a una vecchia lapide, gli occhi rossi di pianto mentre si
soffiava il naso in un fazzoletto grande quanto una tovaglia.
Eccoli di nuovo insieme, loro, i
sopravvissuti a questa guerra che era appena finita.
Ma qual’era
stato il costo che avevano terribilmente pagato?
Il licantropo non riusciva che a
sentire un profondo gelo, che non aveva niente a che fare con il vento che
aveva iniziato lentamente a soffiare.
Aveva perso i suoi migliori amici,
coloro che lo avevano ospitato nella loro casa quando non aveva saputo dove
andare (*); nella sua mente iniziarono a
scorrere ricordi: vedeva James mentre in sala comune parlava a gran voce del
“suo piccolo problema peloso” nonostante le gomitate che gli tirava
per zittirlo, lo vedeva mentre entrava in infermeria a trovarlo dopo le notti
più burrascose, poi ricordò il giorno del suo matrimonio mentre
gli sorrideva raggiante di gioia abbracciato a Lily… Lily con i suoi occhi
verdi e la risata diamantina,Lily con tutta la sua
grande volontà, l’amica che trovava una parola di conforto per
tutti…
Il suo viso si contrasse in una
smorfia di dolore.
Quando riaprì
gli occhi scorse qualcuno di cui, sorprendentemente si era scordato: Peter. Era
in disparte, lontano dal gruppo e fissava le bare con occhi vitrei. Remus si avvicino a lui e gli posò una mano sul braccio.
Questi si girò si soprassalto, il volto cereo e
teso.
“Non, non posso ancora
c-crederci…”
Remus sospirò lentamente e
strinse più forte il braccio dell’amico. “Neanche io
Peter”.
Peter non sembrava in grado di
dire nient’altro. Remus lo fissò accigliato e provò una
grande compassione per lui: Peter aveva sempre adorato James, era stato
l’esempio da seguire, l’amico che lo difendeva dai soprusi degli
altri compagni… doveva sentirsi perso senza di lui.
Entrambi dovevano provare un
dolore simile.
Ma prima che potesse dirgli solo
una parola Peter pronunciò un nome che fece
scattare in Remus un dolore acuto, quasi fisico.
“Sirius…” E
prima che potesse fare qualsiasi cosa Peter indietreggiò libera dosi dalla sua presa.
“Peter cosa vuoi
fare?” Ma quelle parole si persero nel vento, Peter si era
smaterializzato.
Remus rimase immobile a fissare il
punto in cui l’amico era scomparso. Il dolore che il nome di Sirius gli
aveva suscitato continuava a pulsare, e la rabbia iniziava a scorrere nel suo
sangue. Sirius era il traditore.
Se qualcuno solo il giorno prima
avesse provato ad affermare qualcosa di simile Remus
ne avrebbe riso sopra e avrebbe affermato che sarebbe stato più
facile vedere Voldemort e Silente andare a braccetto per Hogsmeade. Ma
purtroppo aveva sbagliato, tutti avevano sbagliato.
Uno a uno si avvicinarono
alle bare e lanciarono una manciata di terra sopra di loro, qualcuno aveva
evocato anche qualche fiore. L’ultimo fu Remus che stringeva tra le mani
un giglio, il cui nome gli ricordava tanto una delle persone a
cui stava dando l’ultimo addio, e lo fece cadere sopra le bare,
coperto dopo pochi istanti da un pugno di terra.
Con un colpo di bacchetta Silente
ricoprì di terra la buca, celando alla loro vista le bare per sempre.
Mentre tutti gli altri iniziarono lentamente ad allontanarsi Remus
rimase lì a fissare per la prima volta con attenzione la lapide.
James Potter, nato il 27 marzo
1960, morto il 31 ottobre 1981
Lily Potter, nata il 30 gennaio
1960, morta il il 31 ottobre 1981
Remus non avrebbe mai pensato di
dover un giorno leggere simili parole… terminata Hogwarts, nonostante la
guerra in corso, erano andati verso il futuro colmi di
speranza, convinti che il poter contare gli uni su gli altri li avrebbe aiutati
ad andare avanti a resistere.
Ma così non era stato. Di
loro due non rimanevano che una lapide e il piccolo Harry era diventato orfano,
destinato a crescere in una famiglia che non era la sua, con una zia che
probabilmente non lo avrebbe mai amato. Poi notò che quelle non erano le
uniche parole incise sulla lapide.
L’ultimo nemico che
sarà sconfitto sarà la morte.
La rabbia tornò a rimontare
in lui. Chi aveva scelto una frase così stupida? Se la morte si potesse
sconfiggere ora Lily e James non sarebbero stati sepolti sotto un cumulo di terra ma sarebbero stati insieme ad Harry, insieme a lui a
festeggiare la fine della guerra, a godere di quella gioia che gli sarebbe stata per sempre negata. Remus
strinse i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi affilate nei palmi delle
mani.
In quel momento una mano si
poggiò sulla sua spalla e con voce quieta parlò.
“Remus…”
Quando si voltò
incontrò lo gli occhi cerulei di Albus Silente.
Stringendo la presa sulla sua spalla l’anziano mago riprese a parlare. “Remus,
mi dispiace per tutto quello che stai passando…”
Remus lo fissò per alcuni
secondi, allibito, poi con un gesto brusco allontanò la mano di Silente
dalla sua spalla.
“Le dispiace? A lei dispiace cosa sto passando? Non credo proprio!
Lei non può neanche immaginare cosa stia passando in questo momento!”
Silente sembrò non turbarsi affatto per il tono aggressivo con cui Remus gli
aveva urlato contro. “Non voglio in alcun modo arrogarmi la presunzione
di sapere ciò che tu provi Remus. Il rapporto che
avevi con loro era davvero speciale”.
“Esatto, lei non sa un bel
niente! Niente di niente!” La tranquillità di
Silente lo faceva infuriare ancora di più “Loro erano tutto, erano
la mia famiglia!”.
“Si guardi intorno! Il mondo
oggi festeggia, tutti sono nelle loro case a brindare alla caduta di Voldemort
mentre noi siamo qui davanti alle loro tombe. Perché questo?” La
vista di Remus iniziò a essere offuscata dalle lacrime “Perché proprio loro? Lei doveva proteggerli!”
Ma quando lo sguardo di Remus
tornò sul viso del mago vide che i suoi occhi
erano diventati lucidi. “Ho provato a farlo Remus, ho provato…”.
Improvvisamente agli occhi di Remus
le rughe che solcavano il viso del mago sembrano diventare più profonde e solo in quel momento si rese davvero conto di
quanto quell’uomo fosse anziano; iniziò a pentirsi amaramente per
il modo in cui si era rivolto.
“Sirius li ha traditi, ci ha
traditi” disse abbassando gli occhi verso terra
“avrei dovuto capirlo, è colpa mia.”
Silente lo afferrò per le
spalle e con voce decisa ma tranquilla gli rispose. “No Remus, non
è colpa di nessuno, Sirius ha ingannato tutti noi. Forse l’unico
ad avere qualche colpa sono io. Avrei dovuto insistere di
più per essere il loro custode segreto”.
Remus alzò il volto rigato
dalle lacrime verso quello di Silente, era la prima volta che piangeva dopo
aver ricevuto la notizia della morte dei suoi amici. “Ma perché lo ha fatto? Perché Sirius ci ha traditi?
Noi e-eravamo amici… credevo di poter contare su di lui…”
Silente sorrise tristemente.
“Anche io pensavo di poter contare su di lui. Ma l’animo umano è soggetto a cambiamenti
così segreti e profondi che nessuno potrebbe mai indovinare. Il
perché al cambiamento di Sirius non credo ci sia dato saperlo. Ora
perdonami Remus, ma purtroppo devo andare.”
Remus accennò a un si con
il capo e Silente sparì nel nulla, ruotando su sé
stesso, accennando a un saluto con la mano.
Il giovane si voltò e si
diresse verso la lapide. Si inginocchio davanti a
questa e fece scorrere le dita sopra i nomi dei suoi amici, in una carezza
delicata. Un lieve sussurrò parve uscire dalle sue labbra:“Addio”.
In quel momento piccoli fiocchi di
neve iniziarono a scendere sul cielo, posandosi sui capelli di Remus e
confondendosi con il bianco della lapide.
La prima neve di
quell’inverno.
Quella notte, quando il cimitero
fu completamento deserto, una sagoma nera varcò il cancelletto di
metallo, lasciando profonde impronte nel fresco strato di neve. Nascosto dal buio si avvicinò con circospezione a una lapide, che
sembrava più recente rispetto alle altre: il grosso cane nero, simile a
un orso, si accuccio davanti a questa, il muso appoggiato tra le zampe.
Uggiolò debolmente
avvicinandosi maggiormente alla lapide, poi, all’improvviso, i guaiti
trattenuti fino a quel momento scoppiarono in lungo e triste ululato, un canto
di dolore, un canto di vendetta.
(*)In una sua intervista
Alla fine
non ho proprio resistito alla tentazione di far comparire tutti i Malandrini…
non posso farci niente, semplicemente li adoro *____*
I punto più difficile da scrivere è stato il dialogo
con Silente, è un personaggio così complicato che renderlo IC per
me è una impresa. Altrettanto per Remus: adoro questo
uomo, ma anche lui è una persona così contorta, a volte sembra
resistere stoicamente al dolore, in altre lo vediamo sprofondare nella
disperazione più nera… è uno dei personaggi che
Ringrazio
chi leggerà questa storia, e vi sarò ancora più grata se
lascerete un commento ^__^