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Autore: Sara_Lau21    09/04/2014    0 recensioni
Una piccola OS sulla bomba atomica di Hiroshima. Una storia drammatica e introspettiva incentrata sui ricordi di una donna ormai oltre la mezza età che ricorda quel giorno che purtroppo non potrà mai più dimenticare.
Spero che questo mio breve racconto di una pagina e due righe (su Open sono esattamente una pagina e due righe) possa piacervi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Oramai è tutto cambiato.

Gli anni sono passati per tutti e la città è stata ricostruita.

Quanto tempo è passato da quel giorno?

Mezzo secolo. Eppure mi sembra solo ieri quando tutto è accaduto.

Il sei agosto del millenovecentoquarantacinque, una data che non potrò mai dimenticare.

Detto così sembra quasi una cosa positiva... tsk. Non credo di aver mai avuto tanta paura in tutta la mia vita come quel giorno. Piango al solo pensiero. Tremo.

Seduta su questi scalini osservo il porto, il mare.

Ormai l'acqua è tornata normale, o almeno l'apparenza è quella. Certo, le macchine sono ovunque, la tecnologia ormai regna sovrana, grandi navi solcano il mare, ma quel giorno ricordo ancora molto bene com'era ridotta male l'acqua.

Ricordo bene i pesci morti a galla e qui, lungo le strade del porto i cadaveri, i pochi sopravvissuti, le macerie.

 

Corro.

Gli edifici sono crollati troppo in fretta ed io ho paura.

In sedici anni non ho mai avuto così tanta paura e così tanta voglia di correre.

Rifletto mentre il vento e la cenere mi passano tra i lunghi capelli neri, ho freddo, mi chieco come mai, perché proprio a noi? Perché deve esistere la guerra?

Che cos'è successo? Da dov'è partita l'esplosione che ha ridotto tutto quanto in questo modo atroce?

Le case crollate, le macerie ovunque, i cadaveri delle persone intorno a me, i sopravvissuti che non sanno che cosa fare, le nubi che coprono il Sole. Il mio amatissimo Sole...

La morte è ovunque, me la sento addosso e mentre corro tento di liberarmene, di scacciarla via.

Di colpo mi fermo e lo vedo lì per terra, accovacciato su sé stesso.

Mi avvicino e mi chino.

-Kaito-chan, mi senti?- parlo a voce bassa, in un sussurro, ma lui mi sente e alza lo sguardo.

Ha gli occhi gonfi di lacrime e il corpo martoriato, pieno di ustioni lungo tutto il corpo, i vestiti sono in gran parte distrutti, ma è vivo. L'importante è questo, solo questo.

-Nee-san?- la sua voce è distrutta, lui è distrutto.

Ha solo sei anni, non dovrebbe subire certe cose. Non dovrebbe essere costretto a vedere la guerra, a vedere morti ovunque.

Gli accarezzo la nuca e poi lo prendo in braccio con delicatezza, sono molto debole, ma lui ha comunque dieci anni in meno di me, ci riesco abbastanza bene.

E' mio fratello minore, devo aiutarlo, devo rimanergli accanto.

Siamo senza genitori da ormai tre mesi, questa guerra non ci separerà, soprattutto non adesso che siamo rimasti da soli.

-Andrà tutto bene, fratellino. Andrà tutto bene- gli sussurro, per rassicurarlo.

Deve farcela, dobbiamo farcela.

 

-Nee-san, stavi riflettendo?- la voce di mio fratello minore mi riporta alla realtà dei fatti, facendomi riaprire gli occhi che stranamente avevo chiuso.

Usa ancora lo stesso appellativo per chiamarmi, abbiamo dieci anni di differenza, credo che sia normale.

Mi giro verso di lui e gli sorrido appena, distrutta.

-Stavo solo ricordando. Quel giorno ti ho trovato proprio qui, dove adesso ci sono questi scalini- gli dico, senza sapere se lui si ricorda o meno dell'accaduto. Non parliamo molto spesso della guerra, viviamo in due case attaccate, siamo sempre in stretto contatto e parliamo spesso, ma questo è un argomento tabù, soprattutto per lui, si è visto portar via l'infanzia per colpa della guerra.

-Torniamo verso la macchina, credo che sia meglio rincasare- a quelle parole mi alzo e vado verso mio fratello.

Ha ragione, restare in questa città ancora un po' ci farà solo del male.

Io cammino appena dietro di lui in modo tale da spingere la sedia a rotello su cui è costretto da quel giorno, impossibilitato com'è a riutilizzare le gambe come prima.

 

Angolo autrice:

Ho scritto questa storia dopo una settimana di riflessione. Ho provato a scriverla e riscriverla moltissime volte e solo dopo l'ennesimo tentativo -questo- ho deciso di pubblicarla. Non so come mi sia uscita, è partita più che altro come un tentativo -o almeno credo- di uscire dal blocco dello scrittore in cui mi sono ritrovata e in cui sono tutt'ora, infatti non riesco a continuare la mia long, ma questa OS non so come, ma mi è uscita.

Ho trattato questo argomento perché volevo provare a trattarlo da tanto, ma non sapevo mai come fare, da che parte iniziare, quindi alla fine mi sono ritrovata a scrivere queste poche righe, questa paginetta o poco più.

So che è un argomento delicato e con questa storia non voglio risultare filo-giapponese, non prendo posizioni, semplicemente ho provato a descrivere ciò che penso avesse potuto provare una civile qualsiasi che all'epoca della bomba atomica era sì e no una ragazza, visto che quella bomba ha ucciso soprattutti i civili.

Detto questo, lascio la parola a voi.

  
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