Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Sery_24    10/04/2014    3 recensioni
Katniss è una giovane donna, con un ottimo lavoro, ma pochi amici. Un passato difficile che stenta a superare. La sua vita sembra incentrata solo sulla carriera. Eppure tutto è destinato a cambiare. Modern AU.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno dopo in ufficio si respirava un’aria decisamente più leggera. Il capo era partito per seguire da vicino l’apertura di una nuova sede della società a Chicago. Ogni qual volta era in viaggio, lavorare risultava più sereno. Tutto procedeva più lento e c’era tempo di scambiare chiacchiere tra colleghi. Katniss guardò per un attimo la pila di scartoffie che invadeva la sua scrivania. Si era accumulato il lavoro di due giorni. Senza la presenza di Heavensbee avrebbe potuto recuperare tutto lentamente in quindici giorni. Sarebbe tornato a New York, infatti, solo dopo due settimane. Eppure, il suo senso del dovere, non le permetteva di ignorare quella mole di lavoro così a lungo. Quindi, di malavoglia, aprì il primo fascicolo e iniziò a valutare il caso.
Non trascorse molto tempo, prima che una ragazza mora, poco più anziana di Katniss, facesse capolino nel suo ufficio.
“Non si bussa più, Johanna?”
“Buon giorno anche a te, stupida! Non ti ho visto ieri in ufficio.”
Johanna Mason. La sua unica amica in ufficio. La sua unica amica a New York.
Bruscamente si sedette su una sedia al lato opposto della stanza e fissò i suoi occhi marroni sullo skyline visibile dalle finestre dell’ufficio. La ragazza prese in mano uno specchietto e iniziò a giocherellare con una ciocca castana dei suoi capelli, per poi pettinarsi con le dita la frangia corta.
“Il capo mi ha fatto fare da babysitter ad un nuovo arrivato.” le rispose tornando al suo lavoro davanti al computer.
“Carino?” le chiese improvvisamente interessata la collega.
“Mh. - finse di soppesare la risposta – E’ giovane, alto, biondo, occhi verdi, muscoloso, abbronzato. Tu che ne pensi?” e con un gesto veloce salvò il lavoro concluso fino a quel momento e si concentrò interamente sull’amica.
Johanna di sicuro all’apparenza sembrava un tipo molto femminile. Indossava solo completi con gonna, lasciava sempre i capelli sciolti e non usciva mai di casa senza trucco e tacchi. Era piccola di statura e molto magra. Sembrava una dolce e ingenua ragazzina. Ma quella era solo l’apparenza. Non aveva guadagnato quel posto di lavoro facendo gli occhi dolci. Sapeva essere spietata quando voleva, e sapeva giocar duro con i colleghi. Vinceva ogni sfida aziendale alla quale partecipava. Era una vincitrice. Katniss di certo non poteva che essere felice di lavorare in un settore diverso dal suo. Con Johanna come avversario avrebbe anche potuto dire addio a tutti i bonus o premi.
“Sei proprio senza cervello! – ecco che si faceva strada la famosa dolcezza della Mason – Perché non me l’hai presentato subito? O forse l’hai adocchiato prima tu?”
La prima finse un’aria tremendamente sconsolata: “Purtroppo, l’ha adocchiato già qualcun’altra.”
La castana sbuffò. “Come sempre. Non succede sempre così? Mi piacciono le sfide.” Sorrise accavallando le gambe in una posa sensuale.
“Mi dispiace, ma sei arrivata troppo tardi. E’ off-limits.”
“In che senso, scusa? Cosa vuoi dire, idiota?”
Invece di risponderle alzò la mano sinistra e le indicò l’anulare.
L’altra spalancò gli occhi indignata: “Non mi dire! Ma c’è ancora qualcuno a questo mondo che ancora si sposa?!”
“A quanto pare…”
“Lo devo conoscere questo genio. Portami da lui, forza!” così dicendo la prese di forza e la trascinò fuori dalla stanza. L’ufficio di Odair si trovava nella direzione opposta alla sua. Era piccolo e poco luminoso. Il tipico ufficio che viene assegnato all’ultimo arrivato. Finnick poteva anche avere più esperienza di loro, ma era appena arrivato a New York. L’ufficio piccolo era il suo. Nel giro di qualche mese, ad obiettivi raggiunti, avrebbe subito avuto una stanza decente.
Le ragazze bussarono più volte alla porta e dopo poco entrarono dentro senza aspettare risposta. Finnick era seduto dietro la scrivania sorseggiando caffè. Al loro ingresso non fece una piega. Inclinò il viso a lato e sorrise sornione: “Non potevi resistere un minuto di più senza vedermi, vero Katniss?” e le fece un occhiolino.
La giovane gli rivolse uno sguardo truce e fissò la compagna: “Eccoti il nuovo arrivato: Finnick Odair. Ma non è un grande acquisto. Per lo più dalla sua bocca escono solo stronzate.”
La replica dell’amica però non arrivò. Fissava il biondo con le labbra stretta e gli occhi socchiusi. Era la tipica espressione concentrata di Johanna. Stava pensando a qualcosa. Ad un tratto, tutto il viso si distese e un sorriso le illuminò il volto: “Finnick! Finnick Odair! Sono io: Johanna Mason. Ti ricordi di me? Abbiamo studiato entrambi alla Cypress High School! Anche tu sei di Cypress, o sbaglio?”
Il biondo la guardò per un attimo alla ricerca di qualche ricordo e poco dopo anche lui parve ricordarsi di lei: “Johanna, ma certo! Mio Dio, da quanto tempo!” e così dicendo scavalcò con grazia la scrivania a la abbracciò con forza: “Non pensavo che lavorassi anche tu a New York”
“Dopo il liceo sono stata ammessa alla University of Southern California. Ho lavorato prima qualche anno a Denver, poi sono arrivata qua a New York. E tu, invece? Che ci fai qui?”
Il ragazzo le sorrise un attimo dolcemente: “Ho sposato Annie.”
Forse Katniss non aveva mai visto Johanna più sorpresa e felice: “Ma non mi dire?! Tu ed Annie? Se al liceo qualcuno mi avesse detto che sarebbe finita così, probabilmente gli avrei dato un pugno in faccia.”
L’altro scoppiò a ridere: “Credimi, forse io ti avrei anticipato!”
Katniss iniziò a sentirsi davvero fuori luogo ed il pensiero dei fascicoli nel suo ufficio la deprimeva profondamente: “Ragazzi, io vi lascio. Torno in ufficio a lavorare.”
“Lavorare! – la bloccò Finnick con voce sconvolta – Io ho appena rincontrato un’amica del liceo e tu pensi ad andartene? Si deve festeggiare!”
Johanna scoppiò a ridere: “Mio Dio, non sei proprio cambiato! Come hai fatto a trovare un lavoro?”
“Ehi! – si finse offeso l’altro – Guarda che lavoro per la District 12 da 6 anni ormai.”
“Allora facciamo una cosa... Che ne dite di andare fuori per la pausa pranzo?”
“Sounds good!” esclamò Finnick con un occhiolino.
“Va bene, allora. Adesso torno a lavorare.” acconsentì Katniss tornando nel suo ufficio.
Una volta sola, prese in mano le cartelle. Stava per comporre il numero di un’impresa con la quale doveva fissare un appuntamento, quando venne nuovamente interrotta dalla sua amica.
Sbuffò nuovamente per poi rivolgerle uno sguardo truce.
“Ehi ehi, calma tigre! Vengo in pace. C’è una cosa importante di cui devo parlarti.” concluse la castana con tono molto più serio.
L’altra subito abbassò la cornetta e le rivolse tutta la sua attenzione: “Cosa è successo?”
“Venerdì arriva Annie.” disse solo Johanna.
“Quindi?”
“Quindi, cerca di essere gentile con lei.” le abbaiò contro.
“Sono, spesso, gentile io.”
“No idiota. Sono seria. Finnick non ha lasciato la ridente e soleggiata California senza alcun motivo.”
“Okay.” rispose Katniss cercando di concludere quella conversazione il prima possibile. La sua naturale curiosità l’avrebbe spinta ad indagare oltre, ma davvero, non aveva forse bisogno di altri drammi nella sua vita. Se Finnick ed Annie avevano dei problemi, e se persino Johanna se ne preoccupava tanto, significava solo che la questione era seria. E, quindi, decisamente non erano affari suoi.
 
La restante mattinata trascorse senza particolari novità. Non aveva più parlato con nessuno dei colleghi. Si era concentrata sul lavoro, cercando di recuperare il più possibile. Con sua somma gioia, già un quinto del suo arretrato era stato sbrigato. Guardò distrattamente il cellulare. Erano le 12.30. La pausa pranzo iniziava alle 13. Distrattamente si chiedeva se senza Heavensbee avrebbero potuto sgattaiolare via prima. La mezz’ora prima della pausa era, assieme a quella che precedeva la fine della giornata, la più lenta e straziante. Il tempo sembrava congelarsi. Prese in mano il cellulare e iniziò a scorrere i numeri della sua rubrica. Non sentiva Gale da settimane. Stava facendo carriera. Si era arruolato come militare all’età di diciotto anni. Si era laureato in ingegneria e adesso doveva vivere in qualche zona vicino il Texas. Davvero doveva chiamarlo più spesso. Era pur sempre il suo miglior amico. Lui c’era sempre stato per lei. Senza di lui, probabilmente, non ce l’avrebbe mai fatta a superare il liceo. Merito, forse, era anche del dottor Aurelius, lo psicologo che la seguì durante quegli anni.
Forse, pensò divertita, non è che avessero fatto un gran lavoro.
“Katniss, andiamo?” interruppe i suoi pensieri la voce di Johanna. Erano le 12 e 45. Un quarto d’ora in anticipo.
“Arrivo.” rispose l’altra prendendo la borsa.
“Dovresti scioglierti i capelli, ogni tanto, o almeno cambiare acconciatura. Sempre questo noioso chignon.” la punzecchiò l’amica.
“Odio i capelli sciolti. Non amo la coda e la treccia non è molto professionale.” le rispose con tono piatto. Non amava particolarmente le conversazioni femminili, né tanto meno quelle in cui Johanna la riprendeva per l’abbigliamento, il trucco o i capelli.
“Ehi, Finnick, ti muovi?”
Il giovane era intendo a chiacchierare amabilmente con una estasiata Effie.
“Oh, questo ragazzo mi farà morire!” esclamò fingendosi spaventata. La donna si rivolse poi alle due ragazze: “Portatemelo via di qui, prima che mi faccia venire un attacco.”
“Odair muoviti. Ciao Effie!” Katniss spinse il ragazzo verso gli ascensori, salutando Effie con un gesto veloce della mano.
“Che ne dici di andare a mangiare nel posto in cui siamo stati ieri, Katniss? - le chiese maliziosamente il biondo – Ho notato che è stato particolarmente di tuo gusto.”
“Ah, davvero? – si inserì Johanna nel discorso – E cos’è che ha attirato particolarmente la sua attenzione?”
La mora decise di ignorare entrambi e si voltò verso lo specchio improvvisamente interessata al suo riflesso.
“Più che cosa, chi.” continuò il biondo.
Johanna non riuscì a trattenere un verso di incredulità: “Non ci posso credere. Katniss Everdeen interessata ad un essere vivente. Ma ne sei sicuro?”
“Sicuro, no. Non è che la ragazza qui sia molto espansiva. Pensa, però, che venerdì ha accettato di andare ad una mostra d’arte di cui questo ragazzo ha parlato.”
L’altra scoppiò a ridere: “Lei e l’arte? Deve essere amore!”
“Non saprei, in effetti hanno parlato assieme per qualche secondo davanti ad un quadro. Magari davvero è solo interessata all’arte.”
L’ironia delle loro battute non era per nulla velata.
“Adesso basta. Sono qua e vi sento. Non sono interessata a nessuno, mi piaceva il quadro e poi volevo conoscere tua moglie. Stop.” Forse si stava giustificando un po’ troppo, ma non immaginava che la coppia Mason Odair potesse essere così fastidiosa.
“Ad ogni modo, voglio vedere questo tipo! Deve essere una specie di Dio se anche una tipa come Katniss l’ha notato.”
Maledicendosi mentalmente per aver accettato di andare a pranzo con i due, si recarono alla panetteria Mellark. Il locale era pieno. Dagli abiti indossati dai clienti, la maggior parte di loro doveva essere impiegata in qualche azienda. I completi scuri e le ventiquattrore non mentivano. Si ritrovò ad odiare quell’accozzaglia di grigio. Spegnevano qualsiasi luce proveniente dai bellissimi quadri alle pareti.
Trovarono un tavolino libero e si sedettero. Subito si avvicinò un ragazzo. Era alto e biondo. Ricordava molto il ragazzo del quadro. Erano diversi i capelli, lisci e lunghi oltre le orecchie. Era diverso lo sguardo, molto più furbo e malizioso.
“Ragazzi se volete ordinare, ditemi tutto!” disse con fare allegro rivolgendosi indistintamente al tavolo. Non riusciva a capire cosa ci fosse di strano in questo locale. Perché erano sempre tutti felici e sorridenti.
“Per me focaccine al formaggio.” ordinò per prima Katniss. Tra le cose che aveva divorato la sera prima, quello fu il suo piatto preferito.
“Mi dispiace, ma le abbiamo terminate. Quelle le prepara personalmente mio fratello e non sempre è qui in panetteria. Ma se vuoi abbiamo tanti altri manicaretti, preparati personalmente da me, e devo ammettere, modestamente, che sono tutti eccezionali.” ammiccò con fare pomposo nella sua direzione facendole un occhiolino.
La ragazza non gli risparmiò il suo sguardo truce ed ordinò la prima cosa che vide su menù. Ultimamente, davvero, la fortuna l’aveva abbandonata. Non riusciva nemmeno più a mangiare ciò che desiderava.
“Per la splendida signora qui, invece?” si rivolse a Johanna dopo che anche Finnick ebbe comunicato la sua scelta.
“Stupiscimi! Se sei bravo la metà di quanto credi, non rischio di morire avvelenata.” lo rispose acida l’amica.
L’altro si finse mortalmente offeso: “Quanta poca fiducia nelle mie qualità. Vorrà dire che mi impegnerò personalmente a far sì che una bella ragazza come te non ci abbandoni prima del tempo.” E con un altro occhiolino si diresse verso la cucina per consegnare l’ordine.
“Cos’era quello?” parlò per primo un divertito Finnick.
“Bé – si difese subito la ragazza – Non è che qui tutti gli uomini siano prenotati per questa qui” e indicò Katniss.
“Ma infatti nessuno è prenotato per nessuno.” sbuffò l’ultima presa in causa.
“Certo. Comunque è carino, lui pensa che io sia carina. Non vedo quale sia il problema.” concluse la prima con fare seccato.
“Outch, Johanna. Credo di aver colpito un tasto dolente.” continuò il biondo.
“Ma quale tasto dolente! Parla il maritino super innamorato e depresso per la lontananza!”
Il pranzo trascorse velocemente tra i battibecchi continui dei due e con una Katniss che cercava di ignorare le varie frecciatine che le venivano eventualmente rivolte.
Al momento del conto, la mora prese la parola: “Oggi il pranzo lo offro io. Non voglio sentire ragioni.”
Da quando era piccola odiava sentirsi in debito con qualcuno. Finnick le aveva già offerto la lauta cena di ieri. Sentiva l’obbligo di sdebitarsi in qualche modo. Non riusciva a superare questo suo imperativo morale: mai essere in debito con qualcuno. Lo aveva giurato a se stessa da ragazzina, quando la loro situazione economica non era delle migliori. Quando per sopravvivere le fu necessario prendere cibo da altri, senza poter ricambiare in alcun modo quei gesti.
Ma ora era un’adulta. Aveva un lavoro che le permetteva di vivere al di sopra delle sue aspettative. Aveva più soldi di quanti ne amasse spendere. E mai, mai più, avrebbe permesso a qualcuno di farla sentire obbligata.
Nonostante le obiezioni degli altri, si diresse comunque alla cassa, accompagnata da una sorridente Johanna.
C’era il ragazzo di prima.
“Ciao. Comunque devo ammettere che avevi ragione. Il pranzo è stato davvero di mio gradimento.” aprì il discorso la castana.
L’altro le sorrise malizioso: “Non ne avevo dubbi. Comunque piacere Rye.”
“Io sono Johanna e lei è Katniss.”
“Piacere” si presentò svogliatamente la mora porgendo la mano.
“E’ un piacere conoscervi ragazze. Spero di rivedervi presto.”
A quel punto la Mason aprì la sua borsa e ne estrasse un biglietto da visita. Era uno di quelli con l’intestazione della District 12. Ogni manager della società ne aveva uno, compresi Katniss e Finnick.
“Prendi pure questo. Se vuoi rivedermi, chiamami.” E con un occhiolino veloce lasciò sola l’amica a pagare il conto.
 
Il pomeriggio passò piuttosto velocemente. Finalmente Katniss riuscì a concentrarsi solo ed esclusivamente sul suo lavoro. Con grande orgoglio, constatò di aver dimezzato la pila di scartoffie che aveva sul tavolo.
Alle 18 passò il badge dell’ufficio, salutò distrattamente Effie e si diresse di corsa alla metro. Dopo 37 minuti era di ritorno a casa. Era un piccolo appartamento di Brooklyn all’interno di un vecchio palazzo a due livelli. L’esterno era ricoperto di mattoncini rossi. La sua abitazione si trovava al secondo piano. Erano solo 50mq. C’era un unico ambiente per cucina e soggiorno, un piccolo bagno ed una camera da letto. L’ambiente era completamente arredato con mobili di legno chiaro. Le pareti erano bianche. Gli unici elementi di decoro erano le poche foto incorniciate appoggiate distrattamente su qualsiasi piano d’appoggio. Non aveva gusto né per l’arte né per l’arredamento. Amava le cose funzionali. Le cose necessarie. La sua casa rispecchiava la sua vita: niente posto per gli elementi superficiali.
Poggiò la borsa sul pavimento all’ingresso e si diresse in camera da letto. Velocemente si sciolse i capelli e si cambiò in una tuta e una felpa della sua università: Montana State University. Prese una busta di patatine nella dispensa e si distese sul divano. Si intrecciò velocemente i capelli e compose il numero di Gale.
“Ehi Catnip! Finalmente, stavo per chiamare tua madre e chiederle che fine avessi fatto.”
L’altra sorrise alle parole dell’amico. Doveva davvero chiamarlo più spesso.
“Che mi racconti di bello, Gale?”
“Mh, le solite cose. Ufficio, casa, lavoro, riposo. Tu, invece, novità?”
“Ah, anche per me è lo stesso! E’ da poco arrivato un nuovo collega di lavoro, quindi sono uscita più spesso. E’ della California, ma è apposto!” aggiunse ridacchiando. Lei e Gale prendevano spesso in giro i tipi bellocci e abbronzati che apparivano in ogni sceneggiato televisivo.
“Ha fatto colpo?”
“Ma no! Non è il mio tipo, e poi è sposato. Mi immagini come fame fatale? Non vorrei mai sfasciare un matrimonio!”
Entrambi scoppiarono a ridere. Era bello chiacchierare con chi ti conosceva davvero. Senza necessità di fingerti in alcun modo, senza dover filtrare tutti i tuoi pensieri.
“A te come va con Madge? Ancora assieme?”
“Sì. Tutto bene.” concluse sbrigativamente l’amico.
“C’è qualcosa che non va?” chiese subito apprensiva lei.
“Nulla, nulla. Davvero, è solo che sono un po’ stanco. E’ stata una giornata faticosa.”
“Sarà meglio attaccare allora. Ci sentiamo tra qualche mese!” ribatté ridacchiando la mora.
“Catnip, aspetta. Stavo pensando che magari potevo venirti a trovare. Alla fine del mese ho qualche giorno di ferie. Magari potrei venire a New York. Ci sono stato solo d’inverno. Vorrei testare se è vero che migliora in primavera.”
“Certo che migliora! – si finse indignata lei – Comunque mi farebbe davvero molto piacere, sai che c’è sempre un divano qui per te.” concluse ridacchiando.
“Tempo fa mi promettesti almeno una branda! Sei davvero una donna senza cuore.” borbottò l’altro cupamente.
“Zitto soldato! Fammi sapere i dettagli del tuo viaggio così mi organizzo. Non vorrei avere qualche viaggio di lavoro proprio nei pochi giorni che posso trascorrere col mio migliore amico.” concluse più dolcemente.
“Certo. Ciao Catnip.”
La ragazza poteva sentire il suo sorriso anche attraverso la cornetta.
“Ciao Gale.”
 
Il giovedì mattina una sconvolta Johanna fece irruzione nel suo ufficio.
“Mi ha chiamata.”
“Chi?” le domandò Katniss senza distogliere lo sguardo dal suo computer.
“Rye Mellark.”
“Chi?” le chiese ancora non riuscendo a capire di chi parlasse.
“Rye Mellark. Il ragazzo della panetteria.”
Katniss subito distolse gli occhi dal suo lavoro e si rivolse completamente alla collega: “Che ti ha detto?”
L’altra sbuffò: “Mi ha chiesto se anche qua pioveva.”
“Effettivamente è una giornata particolarmente piovosa, non mi stupirei se fosse provocata da una nuvola che segue solo te.” stette al gioco la nera.
“Sei proprio senza cervello. Comunque, mi ha invitata ad uscire. Questo venerdì!”
“Fantastico. Dove andrete?”
“A quanto pare alla stessa mostra d’arte alla quale andrete tu e Finnick. Dice che è obbligato ad andarci per colpa del fratello, sai, il tuo uomo. Ma ha aggiunto che con me, probabilmente, sarà come stare ad un party.”
Katniss non riusciva a credere alle frasi fatte che quel ragazzo adoperava per abbordare, e nemmeno riusciva a credere che Johanna ci abboccasse così facilmente.
“So cosa stai per dire! So che è un uomo pieno di sé, ma è carino. Gli darò una chance. Potresti provarci anche tu qualche volta. Magari ti farebbe bene.” E con  un’occhiata velenosa uscì sbattendosi la porta alle spalle.
La settimana si stava evolvendo nel migliore dei modi.
Ora alla mostra sarebbe venuto anche Johanna.
Non bastava Finnick.
 
 
 

Ragazzi, volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito. Siete fantastici. E un grazie di cuore anche a tutti quelli che hanno inserito la mia storia tra le seguite o le preferite. Vi adoro! Un ultimo grazie di cuore anche a chi ha solo letto! Sono la prima spesso a leggere storie e non commentare, vi capisco ragazzi. 
Che dire?! Spero vi piaccia anche questo capitolo.
Un bacio,
Serena
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Sery_24