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Autore: difficileignorarti    10/04/2014    0 recensioni
Lui non c’era più da quasi un anno; se n’era andato, così, dal nulla.
Questo le aveva lacerato l’anima e distrutto il cuore.
Ma le mancava, da morire; ma aveva comunque paura, perché ora che stava cominciando a vivere di nuovo, cercando, comunque, di lasciarlo da parte, lui sarebbe ricomparso, lei lo sapeva, se lo sentiva.
Quello che lei non sapeva, era che lui era tornato, e che la stava osservando da lontano.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.




 
Lui era tornato già da qualche mese, ma era stato bravo a non farsi beccare in giro.

Nessuno sapeva che era tornato a San Francisco, tranne il suo migliore amico.

Se ne era andato esattamente undici mesi prima, nel cuore della notte, mentre Emmeline dormiva profondamente, al suo fianco, arrotolata tra le lenzuola scure, quelle che avevano scelto assieme; le aveva lasciato un bacio sulla fronte ed era uscito silenziosamente dal loro piccolo appartamento.

Non le aveva lasciato un biglietto, non l’aveva svegliata, non voleva spiegargli il motivo della sua imminente partenza, perché lei sicuramente l’avrebbe convinto a rimanere e a fermarsi, perché lei lo amava e se ne fregava di quello che la gente pensava.

Lui, invece, stava cominciando a prendere di peso quelle parole, quelle che sentiva in giro, o quelle che qualcuno gli urlava in faccia, compresi i suoi amici: non sei adatto per lei; una come lei ha bisogno di qualcuno di migliore; non potrai mai darle niente, se non dolore.

Quelle stesse parole lo ferirono talmente tanto che decise di andarsene con il suo migliore amico, in giro per il mondo, a vedere quello che poteva offrire, e soprattutto provare a dimenticare la ragazza che lo aveva stregato.

Ma non ci era riuscito; le mancava ogni giorno, sempre di più.

Era come se pian pianino qualcuno gli togliesse l’ossigeno, e lui non riusciva più a respirare, e prima di morire lentamente, si era rimesso lo zaino in spalla ed era tornato.

Ora, davanti ad una tazza di tè fumante, decise di fare un salto nel passato, riguardando tutte le foto che teneva nascoste in una scatola, compreso l’annuario scolastico, proprio quando cominciò a notarla nei corridoi della scuola.

Non aveva mai notato quella ragazza dai capelli scuri e fin troppo lunghi, dalla piccola statura, minuta, ma con le forme al posto giusto e, casualmente o, forse, accidentalmente, era rimasta coinvolta in una delle tante risse che lui e il suo gruppo di amici scatenavano all’interno del cortile scolastico.

Era comparsa dal nulla, incazzata come una iena, furiosa, e per sbaglio le aveva tirato un ceffone in pieno volto; in quel momento si sentii un vero verme: aveva picchiato una donna.

Quegli occhioni scuri s’inumidirono velocemente, non tanto per il dolore, ma solamente per rabbia e nervoso, o forse umiliazione; se avesse potuto, lo avrebbe strangolato.

Per quel che lui sapeva, nessuno, ribadisco, nessuno, le aveva mai messo le mani addosso, nemmeno suo padre quando era una bambina capricciosa; e quello schiaffo che lui le tirò le face male, nel profondo.

Davvero non l’aveva mai notata tra i corridoi, o forse era troppo stupido da prendere in considerazione solo quelle che gli sbavavano dietro e che erano disposte ad andare a letto con lui, anche solo una sveltina nei bagni; mentre lei, Emmeline, era una ragazza solitaria, che amava leggersi un libro e fumarsi una sigaretta, una Marlboro Rossa, sotto ad un albero durante la pausa pranzo, una ragazza che non aveva mai provato nessun genere di droga, che non si era mai fumata una canna, che non beveva superalcolici ma solo birra.

Era semplice lei, e a lui le cose, comprese le ragazze, semplici non erano mai piaciute.

Ma lei, maledizione, lei era diventata indispensabile nella sua vita; ogni giorno, da quello schiaffo, la cercava tra i corridoi, in mezzo agli altri ragazzi, voleva parlare con lei, chiederle scusa, cosa che non aveva praticamente mai fatto, e magari diventare suo amico.

Un giorno l’aveva trovata sotto il solito albero, mentre rileggeva l’ultima lezione, con le cuffie nelle orecchie e la sua amata sigaretta tra le dita, e lui era rimasto li, a osservarla, come un’idiota, ad ammirarla come se fosse la creatura più bella che lui avesse mai visto; ed era così, lui la vedeva così.

Era la sua Dea; sua e di nessun altro.

Erano diventati una coppia il giorno del diploma, sotto gli occhi increduli di tutta la scuola, e quelli sconvolti delle ragazze che sbavavano dietro a lui.

Ci aveva messo mesi a conquistarla, questo se lo ricordava bene; solitamente Em non gli dava nemmeno il tempo di parlare e lo liquidava con qualche occhiataccia, o semplicemente si girava dall’altra parte e se ne andava, lasciandolo li, come uno scemo.

Per lui era tutto nuovo; non aveva mai avuto una ragazza fissa, solo brevi avventure, ma per lei avrebbe fatto tutto, e impegnarsi in quella relazione era una parte di quel tutto; se avesse potuto, le avrebbe regalato un anello di brillanti, ma non poteva permetterselo; stronzate.

Lui le avrebbe regalato la Luna, con tutte le stelle.

Al contrar suo, Emmeline veniva da una famiglia benestante che, nonostante la scoperta della loro storia, l’ha sempre aiutata economicamente, e con l’Università; anche se i rapporti erano diventati un disastro, per quello era stata cacciata da casa e insieme avevano affittato quel sudicio appartamento; era quello che potevano permettersi.

Ma quello era il loro piccolo nido, ed era bellissimo.

Avevano convissuto tre anni in quel postaccio, prima che lui partisse e la abbandonasse.

Dio solo sa quanto avesse pianto, una volta su quella vecchia macchina appartenente al suo migliore amico; e piangeva un po’ tutti i giorni, sfiorando una foto che li ritraeva felici e sorridenti; era la sua foto preferita quella, la portava sempre con sé, all’interno del suo portafogli.

In quella scatola, oltre alle loro foto, all’annuario, c’erano anche quelle fedine che era riuscito a comprare facendo qualche lavoretto; si ricordava come se fosse ieri, quando gliela mise al dito, la felicità di lei, e il suo cuore colmo di gioia; era il simbolo della loro unione.

Gliel’aveva restituita, lasciandola a sua madre, e tra le lacrime quest’ultima l’aveva lasciata al figlio.

Con la manica della felpa si asciugò le lacrime, accolte dal suo viso, ormai, stanco e sciupato; lui era tornato per lei, ma chissà se lei sarebbe stata disposta a riaverlo.



 
*****
 

Qui c'è il primo capitolo.
Come potete vedere, il nome del personaggio maschile non è ancora venuto fuori; lo scoprirete nel prossimo capitolo u.u
Intanto ringrazio di cuore chi la sta leggendo e chi lascia le recensioni!
Le vostre opinioni sono molto importanti per me.


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Un abbraccio e un bacio,

Montii.

 
 
   
 
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