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Autore: superpoltix    10/04/2014    2 recensioni
Andrea Libero sogna di fare la scrittrice. Anche Federico Allegri lo sogna. E cosa c'è di meglio di superare un blocco dello scrittore insieme?
"-Ehi Fede! Guarda qui!- chiamai, tirando il mio amico per un braccio.
Lui scattò su come una molla e guardò il computer. -Uh? Cos'è?- strizzò gli occhi per leggere meglio. Quella testa di carciofo non si era di nuovo messa gli occhiali.
-”Vuoi scrivere un libro ma non hai ispirazione? Clicca qui per scoprire come vincere il blocco dello scrittore!”- lessi. Poi guardai Federico. -Secondo te è un virus?-
Non rispose subito. -Ce l'hai un antivirus?-
-Sì.-
-E allora clicca.-
[...]
-Ora qualcuno mi spiega cosa sta succedendo.-
-Non lo so...- si guardò intorno sconcertato. Poi mi si avvicinò e mi sfiorò il braccio con la mano. -Dì, sei sicura che non fosse un virus?-"
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alzai un piede dal disgustoso marciume che mi sommergeva fino alle caviglie e la fanghiglia produsse un vomitevole risucchio. Feci una smorfia disgustata. Sì, lo ammetto, non sono mai stata un'amante della pulizia, ma quello schifo era davvero... bleah. Federico mosse qualche passo davanti a sé, cercando di non lasciarci le scarpe. Era piuttosto buffo vederlo camminare facendo ampi gesti con le braccia come se volesse volare e alzando i le gambe così in alto da rischiare di piantarsi un ginocchio in bocca. I suoi indomabili capelli ondeggiavano sulla sua testa sfidando ogni legge di gravità.
-Ehm- disse, voltandosi a guardarmi -che si fa adesso?-
-Ah, non lo so- risposi, alzando le mani -non sono né Dio né Bear Grills.-
-Perché “Dio”?-
-Boh, così, per sport.- lo raggiunsi strascicando i piedi. Mi sentivo le calze completamente inzuppate, e fidatevi, non è una bella sensazione. -Tu invece?-
-Beh, neanch'io.-
Risi scuotendo la testa e battendogli una pacca sulla spalla. -Questo lo sapevo. Intendevo, tu invece che pensi che dobbiamo fare?- scossi un po' la maglietta che mi si era appiccicata alla pelle.
-Boh. Magari potremo ballare la macarena.- scrollò le spalle. Il suo iniziale sbigottimento aveva lasciato spazio a una tranquilla indifferenza.
-Oh, sì certo. Ovvio che stupida!- mi battei una mano sulla fronte -perché non ci ho pensato subito?-
-Già infatti, lo sanno tutti che la prima cosa che si deve fare dopo che ci si è ritrovati in una giungla-palude-checazzoè dispersa chissà dove è ballare la macarena!- portò le braccia davanti a sé e iniziò a ballare. Io intonai con un mezzo sorriso il ritornello.
-Eeeeee macarena!- gridò Federico, saltando e schizzando fango dappertutto.
Balzai all'indietro nel vano tentativo di schivare l'ondata. -Sei un vero genio, Fede.- borbottai, guardando torvamente i pantaloni chiazzati di lerciume.
Lui fece un inchino, sorridendo soddisfatto. -Grazie, grazie.- si asciugò una finta lacrima da un occhio -Sono commosso.-
-Se se.- gli tirai un'altra pacca sulla spalla -andiamo, va'.- iniziai ad avanzare, incespicando tra la fanghiglia.
-E dove?- domandò lui, incuriosito.
-Non lo so- risposi -ma non voglio restare tutto il giorno con i piedi a mollo in 'sto schifo.-
-Giusto.- si mise velocemente al mio fianco, stando ben attento a non scivolare.
Cavolo se era scivolosa, quella roba. E quel che era peggio, era che ricopriva tutto il terreno intorno a noi, per quanto riuscissi a vedere. Gli alberi crescevano direttamente dal fango, fitti e intricati come non ne avevo mai visti. Avevano le forme, i colori e le posizioni più bizzarre, ad esempio uno era cresciuto direttamente dal tronco di un altro, in orizzontale e perfettamente parallelo al terreno, avvolgendo con le sue possenti radici l'altro albero. L'aria era umida, calda e pesante, come se ci avessero avvolti in un piumone appena lavato dentro una pentola in ebollizione in pieno luglio. Oltre ad avere le scarpe e le calze intasate di quella roba grigiastra, ero completamente ricoperta di sudore. Mi sentivo la maglietta bagnata e incollata alla schiena, ma la cosa peggiore erano le gambe: ho sempre odiato sentirmi i polpacci e le cosce umide. È una sensazione che davvero non sopporto. Per di più quando ti suda la schiena, il sudore tende sempre a colarti giù per la colonna vertebrale fino al... ehm, fondoschiena e ti si inzuppano sempre le mutande. E chi non odia avere le mutande bagnate? Perciò la combo di piedi, mutande e gambe umide, assieme al fatto di essere sperduti in chissà che buco dimenticato da Dio e al caldo da foresta amazzonica, mandò a farsi benedire anche gli ultimi neuroni reduci che erano nel mio cervello.
-Ehi Fede... guarda quell'albero. Non ti ricorda qualcosa?- domandai, indicando una grassa pianta alla nostra sinistra.
-Cosa?- sembrò improvvisamente riscuotersi dai suoi pensieri e ritornare con i piedi per terra. Pardon, nel fango...
-Massì dai... quello là!- lo tirai per la manica della maglia e glielo mostrai nuovamente.
Federico lo osservò attentamente, e io riuscii quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello mettersi in moto. -Veramente... non mi ricorda niente...- sembrò esitare, come se si stesse trattenendo ad aggiungere qualcosa.
-Guardalo bene... è luuungo...- mi fermai a guardare la sua faccia con un sorrisetto deliziato. Lui ricambiava lo sguardo con la sua tipica faccia da “WHAT A FUCK”.
-Ehr...-
Ridacchiai. -Che sexy...-
-Ti senti bene Andrea?-
Risi più forte. -No.-
Si allontanò da me il più in fretta possibile, scoccandomi varie occhiate scioccate e sospettose.
-Sembri traumatizzato. Sei traumatizzato?- inclinai la testa da una parte.
-Tu mi traumatizzi!- esclamò lui -che non sei normale okay, l'avevo già capito, ma non potresti almeno sforzarti di fingere di esserlo?-
-Nu.- saltellai fino a lui schizzando ovunque. Mi sentivo la mente incredibilmente leggera. Gli afferrai un braccio.
-Pa-pi-no!- sillabai sorridendo. Nel nostro gruppetto di amici della nostra classe avevamo stabilito tutta un'intricata parentela, e secondo l'albero genealogico che avevo riportato sul mio diario, Federico era mio padre. Non so come mi fosse venuta in testa in un momento come quello.
-Ehm... sì, sì...- scrollò il braccio tentando di liberarsi della mia presa. -Molla l'osso, figlia!-
Lo lasciai andare sogghignando. Mi era venuta un'inspiegabile voglia di tormentarlo. Iniziai a pungolarlo con un dito nei fianchi. Lui cominciò a contorcersi per evitarmi.
-Uuuhh...!- esclamò dopo una schivata da premio nobel -meglio di matrix!-
Presi lo slancio per dargli una spinta, ma scivolai nella fanghiglia e ruzzolai a terra, con somma gioia della mia maglietta bianca. Cercai di aggrapparmi alla prima cosa che vidi (i pantaloni di Fede), ma quella non resse, e finii per fare un bagno nella melma. Chi non avrebbe desiderato farlo?
-Ehi!- protestò Federico, acchiappandosi al volo i jeans prima che mettessero in bella mostra le sue mutande con le barchette (poi capirete il perché so com'erano le sue mutande). -Attenta a dove metti le mani!-
Fissai raggelata la disgustosa poltiglia che era a meno di due centimetri di distanza dal mio naso. Grazie al cielo ero caduta con le mani in avanti ed ero riuscita ad evitarmi una bella lavata di faccia con quella meravigliosa sostanza da voltastomaco. Mi rialzai e scrollai le mani cercando vanamente di pulirle, con una smorfia disgustata. -Quello che hai detto potrebbe suonare molto perverso.-
-Lo so.- vedendomi avvicinare a lui, indietreggiò.
Lo acchiappai per la maglia e cercai di ripulirmi le mani su di lui, ma mi bloccò al volo afferrandomi saldamente per i polsi.
-Non ci provare nemmeno!-
-Sì invece! Devi pagare per quello che hai fatto!-
-Ma se non ho fatto niente!-
-Appunto!- tirai le braccia verso di me il più forte possibile, e quando mi lasciò andare per poco non finii par cadere di nuovo. Lo guardai in cagnesco pronta a dirgliene quattro, ma mi accorsi che stava osservando qualcosa alle mie spalle. Incuriosita, mi voltai a nella direzione del suo sguardo. Proprio davanti a noi, a qualche metro di distanza, una donna ci fissava. Aveva la pelle dello stesso colore spento e morto della cenere, i capelli sciolti erano lunghi, neri e lisci, e le ricadevano delicatamente sulle spalle. Era molto magra, di statura normale, ed era vestita da un semplice abito bianco che le arrivava poco più in basso delle ginocchia. La cosa che mi colpì di più però, non furono i suoi occhi rossi e iniettati di sangue, ma il fatto che fosse scalza: quale razza di depravato mentale se ne andrebbe a spasso in mezzo a quello schifo grigiastro senza scarpe?!
Federico emise una breve esclamazione di sorpresa. Sembrava sbalordito. -Tu...- balbettò -tu...-
Lo donna lo trafisse con il suo profondo sguardo cremisi. Sbatté le palpebre, poi si voltò. Un'altra figura era emersa dalla foresta. Era più alta della donna e completamente vestita di nero. Un cappuccio le copriva il viso e nella mano sinistra stringeva un'enorme falce. Sembrò esaminarci silenziosamente e nonostante l'afa, un brivido mi percorse la spina dorsale. L'incappucciato rivolse la sua attenzione alla donna, e le tese una mano. Alla vista del suo arto mi venne la pelle d'oca. Quella mano era quella di uno scheletro. La donna diede un ultimo sguardo a Federico, poi strinse la mano dello scheletro e insieme scomparvero nella foresta.
Restammo immobili e in silenzio per qualche minuto, incapaci di elaborare qualsiasi pensiero dotato di senso compiuto. Il caldo ci aveva forse dato alla testa? O questo schifoso coso melmoso era un allucinogeno/stupefacente molto potente?
-Uh...- mi schiarii la voce. -Amici tuoi?- domandai, indicando con il pollice il punto in cui erano scomparsi l'incappucciato e la donna.
Federico sembrò risvegliarsi. Si passò una mano tra i capelli, lasciandoli in una perfetta imitazione della capigliatura di Goku. -Io... beh, diciamo che assomigliavano molto a...- sbatté le palpebre, incapace di terminare la frase.
A quel punto realizzai quello che voleva dire. L'immagine perfettamente nitida di un suo disegno mi comparve davanti agli occhi. Rappresentava un uomo incappucciato che impugnava un'imponente falce e una donna vestita di bianco. Erano i personaggi di un breve racconto horror che aveva scritto durante la lezione di matematica. Fissai Federico interdetta. -Ehm, beh...- mi passai una mano sulla nuca. -Credo di aver capito quello che intendi.- mi lanciai alcune occhiate intorno, sospettosa. E se fossero arrivati altri tizi come loro? Non morivo dalla voglia di passare il resto del mio tempo circondata da shinigami e fantasmi, e a giudicare dalla faccia di Federico, neanche lui ne era particolarmente entusiasta.
-Fede...- mi avvicinai a lui allo stesso modo di un cane che si avvicina al proprio padrone dopo essere stato bastonato -...andiamo via di qui.-
-Credo che questa sia la cosa più intelligente che tu abbia detto da quando siamo arrivati qui.- sorrise nervosamente e riprese a camminare.
Lo seguii scoccandomi intorno diverse occhiate intimorite. Quella strana foresta stava iniziando ad essere fin troppo lugubre... aprii la bocca dalla sorpresa e spalancai gli occhi. Lugubre come l'immagine di sfondo di quello stramaledettissimo sito! Adesso che ci pensavo, era proprio raffigurata una foresta! Ma ricordavo anche non c'era solo quella, c'era ance dell'altro... ma cosa?
-Lo sfondo.- Federico si fermò di colpo e mi guardò dritto negli occhi. -È questo posto vero?-
Doveva averlo pensato anche lui. -Sì.- risposi -e quei tizi di prima erano... i tuoi...loro.-
Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe. -Già.- sembrava che la cosa lo turbasse assai. Riprese a camminare.
D'altronde, come biasimarlo? Suppongo che anche io avrei avuto la sua stessa reazione sbigottita e incredula. Come poteva delle persone inesistenti, create solo dalla tua fantasia, esistere veramente? E come potevamo essere... entrati dentro quel sito? Mi lanciai altre occhiate furtive alle spalle. C'era qualcun altro qui oltre a noi? Altre persone nate dalla nostra testa o anche altri poveri cristi come noi? Mi aggrappai inconsciamente alla manica della maglia di Federico. Nonostante non lo dimostrassi, in realtà ero, e sono, una gran fifona. Lui stranamente non ci fece caso, e continuò a camminare imperterrito. Chissà dove stavamo andando. Stavamo uscendo dalla foresta o ci stavamo addentrando sempre di più dentro di essa? Come saremmo tornati a casa?
-Fede...- mormorai.
Lui mi guardò. -Che c'è?- sorrise -il mio braccio non è abbastanza comodo?-
Gli lasciai andare il braccio. -...ho paura.- fu incredibilmente difficile ammetterlo. Non mi era mai piaciuto dire agli altri come mi sentivo.
-E di cosa? Cosa ci potrebbe essere di tanto spaventoso in una foresta piena di fantasmi?- si guardò intorno come se non capisse quello che intendevo.
Sorrisi. -Hai ragione, che stupida. Al massimo potremmo morire ammazzati, niente di che.
-Eh.- Federico fece un cenno con la testa. -Qui ci sta una bella macarena.-
Feci un piccolo saltello per tirargli un coppino. Non fece nemmeno lo sforzo di spostarsi, e lasciò che lo colpissi. Adesso la foresta non mi sembrava più così terribile.
-Guarda che ti aspetto.- si posizionò con le mani dritte davanti a sé.
Lo imitai con un sorriso e le prime note della macarena si levarono allegre risuonando di albero in albero.

  
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