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Autore: Sognolicantropi    10/04/2014    2 recensioni
È una scisaac (con molti accenni Sciles e Sterek) un po' diversa, il soprannaturale non c'entra, quindi non ci saranno lupi mannari, kanima ecc.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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Stiles prese tra le mani la salvietta che Allison aveva tirato fuori della tasca dei suoi jeans, guardandola con attenzione. Sorrise, da una parte felice per ciò che c’era scritto, ma ovviamente non poteva che provare un senso di gelosia.
Scott, incuriosito dalla sua espressione, gli strappò il foglio dalle mani, cominciando a leggere con un sorriso che si allargava nel suo volto.
«Scott con tutti i problemi che ti fai, mi ero completamente dimenticata di dartelo!» Allison si scusò non appena si rese conto di che cosa avesse di tanto speciale quel pezzetto di carta.
«Scott, scrivimi per favore, “I”» lesse ad alta voce Lydia, «Tesoro ti rendi conto? Oggi è il tuo giorno fortunato! Ti ha scritto il numero» esclamò la ragazza elettrizzata. «E “per favore” l’ha sottolineato! Altro che interessato, questo ti vuole sposare».
«Sempre la solita esagerata…» borbottò Stiles, facendogli ridere.
Scott nel frattempo aveva ancora il foglietto tra le mani, leggendo per l’ennesima volta le poche parole che Isaac aveva scritto, senza smettere di sorridere.
Forse aveva bisogno davvero di fidarsi di più delle persone e aveva solamente bisogno che qualcuno gli insegnasse come fare.
Dopo tanto tempo, qualcuno si era davvero interessato di lui ed il moro non poteva ancora crederci.
Passata l’euforia iniziale, non era ben sicuro di come reagire di fronte a quella situazione.
Gli aveva chiesto di scrivergli, ma cosa? Non voleva che fosse una cosa troppo banale, ma d’altra parte non ci sarebbe stato un senso nel scrivergli grandi parole.
«Scott, Scott mi stai ascoltando?» chiese Lydia, spingendolo appena.
«Ehm, scusa Lyds. Dicevi?» disse il moro, dopo essersi ridestato dai suoi pensieri.
«Senti, prenditi la giornata libera. Non sei molto d’aiuto in questo stato» constatò tranquillamente.
«Vedi di scrivergli, qualsiasi cosa, ma fallo. E quando sta sera torneremo dovrai farci leggere tutti i messaggi» aggiunse Allison, sorridendo minacciosa. Poi le due si alzarono e uscirono dalla camera salutando Scott.
Scott intanto era ancora tra le braccia dell'amico, fermo.
«Stiles...?» chiese, girandosi in quell'abbraccio per guardarlo negli occhi. Aveva bisogno di sapere che cosa ne pensasse il suo migliore amico. Era sempre così, Allison e Lydia potevano dargli tutti i più giusti consigli e lui li accettava sempre di buon grado. Il parere di Stiles, però, era per lui quello più importante. Non faceva mai niente, sapendo che a Stiles non sarebbe sembrato giusto.
Stiles non era una persona egoista, né voleva sempre essere informato, ma Scott sapeva che seguendo i suoi consigli nessuno lo avrebbe potuto ferire.
«Piccolo, tu scrivigli e basta. Sono sicuro che ti risponderà» disse semplicemente Stiles, con uno sguardo sincero. Poi si chinò per sfiorare le sue labbra con quelle di Scott.
Non c’era mai niente di malizioso nei gesti che spesso accompagnavano le loro discussioni. Semplicemente per i due ragazzi era naturale confortarsi anche in quel modo.
Stiles, per Scott, era una sorta di tranquillante, nelle situazioni di insicurezza un bacio come quello era esattamente ciò che desiderava. Era dolce, gli trasmetteva tranquillità ed era un contatto semplice e quotidiano.
Le prime settimane a Brooklyn, Allison e Lydia, li avevano scambiati per una coppia, sopratutto per i comportamenti esagerati di Stiles.
Il ragazzo si era sempre preoccupato per Scott e pensare che erano da soli in una città completamente nuova lo metteva in agitazione. Tutto questo portava ad essere super protettivo nei confronti di Scott e molte volte scene come quella erano capitate davanti agli occhi delle due amiche.
Dopo un imbarazzo iniziale, avevano subito chiarito i ruoli e Allison e Lydia scherzosamente li prendevano ancora in giro per la loro strana relazione.
Dato che non c’era mai disagio tra i due giovani, Scott approfittava sempre delle labbra dell’amico quando era in difficoltà. Molto spesso accadeva quando i suoi amici lo trascinavano tra locali e locali. Quando qualche ragazzo poco raccomandabile si avvicinava a lui con intenzioni squallide, Scott cercava Stiles e indipendentemente da quello che stava facendo incollava le labbra alle sue.
Molte volte questo comportava delle figure che Stiles si sarebbe risparmiato molto  volentieri.
Una volta Scott gli era arrivato addosso senza che se ne accorgesse, facendogli rovesciare dappertutto il contenuto del bicchiere che teneva in mano, facendo ridere molte persone che avevano assistito alla scena.
Qualche tempo dopo, invece, mentre stava parlando con un ragazzo proprio niente male, Scott aveva cominciato a baciarlo come se ne andasse della sua vita. La conseguenza fu che Stiles si arrabbiò con Scott per avergli fatto sfuggire l’uomo dei suoi sogni e gli tenne il muso per tutta la serata.
«Ora vado» disse Stiles, sciogliendo quel caldo abbraccio e lasciando il moro solo nella camera.
Scott, non appena  il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, si distese nel letto, sospirando. Il problema era sempre e solo uno: cosa gli avrebbe scritto?
Tutto ciò a cui pensava sembrava essere troppo banale da poter scrivere ad Isaac. Non voleva fare brutte figure solo a causa di un messaggio. La cosa che odiava più al mondo era quando un ragazzo, e in passato ragazze, gli davano il proprio numero aspettando che fosse lui a “fare il primo passo”.
Lo metteva sempre in difficoltà avere il numero di qualcuno a cui doveva scrivere e il fatto che quel qualcuno gli avesse detto che era maledettamente bello e lo avesse pregato di uscire con lui non aiutava.
 
Dall’altra parte del ponte, a Manhattan, un ragazzo dagli occhi azzurri passeggiava avanti e indietro nel salotto del suo appartamento, Aveva la fronte corrugata, in un’espressione concentrata e teneva il suo cellulare tra le mani, aspettando.
«Isaac, credo che anche da seduto possa arrivarti un messaggio» suggerì un ragazzo, disteso nel divano con un il suo inseparabile blocco da disegno in mano.
«Derek, non infierire, non parlare e non pensare: ti fa male» rispose allora il ragazzo infastidito che, però, si beccò un cuscino in testa.
Quella scena andava avanti da almeno un’ora e Derek davvero non poteva più vedere il suo amico in movimento.
Isaac, d’altra parte, era molto nervoso, in due giorni aveva incontrato un ragazzo spettacolare, Scott, e gli aveva chiesto di uscire, più che altro lo aveva implorato di uscire, ma il moro gli aveva risposto di no con riluttanza. Tutto gli interessava di quel ragazzino, dal sapere perché avesse quasi paura delle persone allo scoprire le cose più banali, ma, trattandosi di Scott, al ragazzo dagli occhi color del cielo avrebbero fatto più piacere.
Derek, il suo migliore amico, l’aveva visto davvero depresso quando rientrò nel bar, quella mattina, così gli consigliò di lasciare il suo numero a Scott. Isaac, però, davvero non ce l’avrebbe fatta a parlare nuovamente al ragazzo ed ovviò decidendo di scrivergli un biglietto che sicuramente lui o i suoi amici avrebbero trovato.
Aveva bisogno di uscire con qualcuno e il fatto che Scott l’avesse rapito con un sol sguardo non era semplicemente un caso.
Isaac era un ragazzo riservato, mai si sarebbe sognato di baciare un ragazzo senza nemmeno conoscerlo.
Quando tornò a casa, era abbastanza sconvolto per ciò che aveva fatto e Derek quasi non gli credette quando gli raccontò l’accaduto. Il giorno dopo al bar, però il moro doveva ammettere che non vedeva Isaac così vivo da diversi anni.
Forse il destino si era accorto di quanto Isaac avesse bisogno di una relazione.
Il cellulare di Isaac vibrò e l’interessato, leggendo “numero sconosciuto” lanciò un urlo molto acuto, decisamente non adatto alla sua voce. Ancora prima di potergli chiedere qualcosa, Isaac si era rifugiato in camera sbattendo la porta, elettrizzato.
Stava tenendo il suo blackberry contro il petto, nascondendolo senza una ragione precisa. Aveva gli occhi chiusi e sperava con tutto il cuore che quel messaggio contenesse un motivo per tornare da Derek, euforico.
-Sì.
Scott. –
Tutto ciò che recitava il messaggio e Isaac si sentì morire dentro. Scott, il suo Scott, gli aveva scritto un sì. Aveva accettato di uscire con lui. Isaac era convinto che quel “sì”, si riferisse all'uscita che gli aveva proposto. Scott l'aveva rifiutato con riluttanza e sembrava quasi dispiaciuto nell'avergli detto di no. Il giovane però non si era lasciato scoraggiare del tutto, quindi era sicuro che era finalmente arrivata la risposta che avrebbe voluto sentirsi dire quella mattina.
- Grazie a Dio.
Isaac -
Rispose in fretta senza rendersene quasi conto, aspettando ardentemente l’arrivo di un nuovo messaggio da parte di Scott.
- È solo un sì.
S -
Fu la breve risposta del moro. Scott sorrise, sentendosi più leggero ora che era certo che avrebbe rivisto il ragazzo.
Ancora non poteva crederci che lavorasse proprio in quel locale, insomma Derek era un genio: quanti ragazzi mori, con degli occhi stupendi marroni, e un fisico da poter invidiare esistevano?
Una. Scott McCall. O perlomeno nell'universo di Isaac esisteva solo Scott.
- E’ il tuo sì,
S –
Scrisse, rispondendo rapidamente, sentendosi un po’ patetico solamente dopo averlo riletto. Quei tipi di messaggi non li scrivi ad un ragazzo che appena conosci, dopo avergli solamente chiesto di uscire.
«Derek!» urlò Isaac dalla camera, chiamando l’amico. Lo sentì sbuffare irritato, ma comunque il giovane si alzò dal divano raggiungendo Isaac in camera.
Entrò facendo un po’ l’offeso per le risposte che aveva ottenuto prima, tenendo tra le mani il suo prezioso blocco da disegno.
«Cosa vuoi?» chiese fingendosi disinteressato. In realtà moriva dalla voglia di sapere che cosa c’era scritto nei messaggi che Isaac aveva ricevuto. Dopotutto sarebbe stato lui a dover raccogliere le lacrime del biondo se non era andata come sperava.
«Dai vieni qui, scusami per prima ma cerca di capirmi, ero nervoso» disse Isaac facendogli segno di sedersi accanto a lui tra le coperte. Derek sbuffò sorridendo, non riusciva mai ad arrabbiarsi con il biondo, bastava che lo guardasse negli occhi e tutto diventava relativo.
«Mi ha detto di si!» esclamò Isaac raggiante, guardandolo con gli occhi luminosi, dopo alcuni secondi di solenne silenzio.
«Lo sapevo, lo sapevo!» esclamò Derek, «Sono o non sono il miglior amico del mondo?» chiese retorico, ridendo.
«Sono di sicuro il più bello»  aggiunse subito dopo, facendo scoppiare a ridere Isaac.
«Sei sempre il solito!» disse scuotendo la testa.
Poi gli prese dalle mani il suo blocco da disegno, cominciando a sfogliarlo. Guardare i suoi disegni era una delle cose che più piacevano ad Isaac. Perdeva anche ore intere a guardarli tutti, Derek era pieno di album e scatoloni dove riponeva tutti i suoi lavori una volta finiti. Era straordinariamente bravo e non a caso era un artista.
Quando era arrivato a New York, la prima cosa che Derek fece, fu quella di portare i suoi lavori a delle mostre sempre accompagnati dal suo curriculum sperando che qualcuno li notasse. Dopo qualche mese, le sue preghiere furono accolte: un uomo impressionato dalla bravura del giovane ragazzo gli aveva offerto un posto di lavoro come insegnate di Arte in un scuola superiore. Non avrebbe potuto desiderare altro, fin da piccolo aveva sempre amato dipingere e non appena finì il college, si iscrisse subito all’Università, uscendone con i massimi voti e i complimenti di tutti.
«Stai sempre a disegnarlo?» chiese gentilmente Isaac, osservando per la millesima volta, il viso di un stesso ragazzo.
«E’ bellissimo» sussurrò Derek, guardando triste il volto rappresentato nei fogli.
Era forse la sua prima cotta dopo anni diversi anni.
«Non faccio altro che disegnarlo. E penso sempre a lui. E’… è il ragazzo più bello che io abbia mai visto. Ha un viso molto dolce e, mio dio, quando sorride sembra un angelo» aggiunse, prendendo tra le mani il suo album e mostrando ad Isaac un volto sorridente.
Isaac sorrise comprendendo perfettamente i sentimenti dell'amico.
«Come hai detto che si chiama?» chiese ancora Isaac.
«Stiles» rispose Derek.
 
  
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