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Autore: Alzheimer    10/04/2014    5 recensioni
"Si avvicinò a me e toccò con il dito indice il mio naso, come se fossi un gatto e volesse farmi un dispetto. Ridemmo. Tom sapeva farmi ridere, anche David lo sapeva fare,ma con Tom era tutto diverso."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18.

 
“Adesso che sei forte, che se piangi ti si arrugginiscono le guance.”


Ringrazio  Marta la mia  beta.
 
 





Appoggio il viso nell' incavo del collo di David; gli sfioro una mano e stringo il suo braccio.
Sta dormendo; ha il viso rilassato; sta sorridendo. E' bellissimo.
In questi giorni è peggiorato, tanto, che per aiutarlo a respirare, gli danno l'ossigeno.
Sospiro e lo stringo di più a me; chiudo gli occhi, non voglio minimamente pensare alla mia vita senza di lui. No, non ci riesco, non voglio, non posso.

- E ... len. - alzo la testa verso lui. 
- Dimmi. - gli chiedo preoccupata. 
- Ho sete. - mi fa un piccolo sorriso.

Mi alzo; sento un leggero brivido, impadronirsi del braccio che poco fa era sul materasso.
Mi avvicino alla scrivania in legno, dipinta di rosso; ricordo, che a dipingerla siamo stati io e lui quando eravamo piccoli.
Prendo la bottiglia d'acqua e il bicchiere; verso un po' d'acqua e torno da David.
Mi siedo accanto a lui; vedo che si alza piano; cerca di prendere il bicchiere e la mano gli trema.
E' debole, ma ha tanta forza di combattere; perché no! Non sarà la leucemia a vincere!
Mi ringrazia con lo sguardo e poi torna sdraiato; chiude gli occhi in una smorfia di dolore.
Ho voglia di piangere, ma non posso; non davanti a lui. 
Ora David, ha bisogno di avere delle persone forti accanto a lui; non gente che piange, gente che non sorride. 

- Hai bisogno di altro? Hai fame? Se vuoi, vado a comprare le ciambelle.- faccio un piccolo sorriso. 

David si gira verso di me e mi fa cenno di no con la testa.
Non ha nemmeno più la forza di parlare. Sospiro e mi alzo.
Mi avvicino alla finestra; sposto un po' la tenda e guardo fuori. Londra oggi è calma, tranquilla. Il sole entra nella stanza, andando a illuminare le fotografie che occupano il muro sopra il letto di David.
Fotografie che per la maggior parte ci ritraggono.
In una siamo in Italia, a Venezia, con un mega gelato fra le mani; piazza San Marco nello sfondo, e due enormi sorrisi a incorniciare i nostri visi.
Chissà se torneremo là, a mangiare di nuovo il gelato e a sorridere ancora. Io ci spero, cerco di vedere uno spiraglio di luce in tutto questo.
Prendo le chiavi, il casco, e mi avvicino a David. 

- Io vado, torno domani. - gli do un bacio sulla fronte; lui rantola qualcosa e mi fa un sorriso.

Scendo le scale; trovo Josephine appoggiata al lavandino; sta male. Lo si nota dai capelli, da come è vestita e dalle sue mani.
In genere, anche quando sta in casa, è sempre vestita bene; i capelli ben curati sempre puliti, così come le mani.
Ora non sembra nemmeno più lei e la capisco. Nessuna madre si aspetta, che il figlio di diciotto anni, che ha sempre avuto una buona salute, possa avere la leucemia.
Sospiro e picchietto sulla porta 

-Avanti.- 
Faccio un piccolo sorriso - Io ... - alzo la mano per indicare la porta. 

Vedo Josephine, asciugarsi con il dorso della mano le lacrime. 
Mi fa subito un enorme sorriso - Vai a casa?-

Mi soffermo a guardarla; la vedo prendere una spugnetta e pulire il tavolo che è già pulito; faccio un piccolo passo verso di lei, e cerco di buttare fuori qualche parola, ma si fermano in gola.

- S ... si. Se hai bisogno di qualcosa, basta che mi mandi un messaggio o mi chiami.-

Josephine si avvicina a me, e mi stringe in un abbraccio; la stringo di rimando e chiudo gli occhi. 
- Grazie. Grazie.- mi sibila all'orecchio.

Stringo ancora di più la presa, come se volessi far incrinare le costole ad entrambe.
Slaccio il contatto fra noi due; Josephine mi da un bacio sulla guancia e mi lascia andare.
Mi tiro su il colletto del giubbotto di pelle, infilo la borsa nel bauletto del motorino, e poi sfreccio sulle strade di Londra.

Mi butto sul letto; cerco di afferrare la cartella per prendere i libri per studiare, ma cado e per giunta di faccia.
Mi massaggio il naso che mi fa male e raccolgo i fogli che sono cascati.
Trovo una foto; ci siamo io e Tom; la sfioro e faccio un piccolo sorriso. Lo chiamo.
Dopo tre squilli mi risponde; io cerco di sistemare la mia scrivania; dovrei mettere a posto anche la stanza, visto che è un casino assurdo. 
Ma pulire camera è l'ultimo dei miei problemi.

*- Pronto? Piccola.- metto il vivavoce e appoggio il telefono sul letto 
* - Tom.-* così nel frattempo cerco il libro per studiare.
*- Che cosa è successo ? -* corrugo la fronte guardando il telefono. 
*- Deve succedere per forza qualcosa quando ti chiamo ? -* sento che ha l'affanno. 
*- Eheheheh.-* prendo il libro e mi butto, stile delfino, nel letto. 
*- Ti volevo chiedere se venivi a casa mia, sono sola. Mamma ha delle visite e Sebastian fa il turno all'ospedale. Ma stai correndo?-*
Sento le macchine di sottofondo *- Si, sto correndo. Tesoro vado a casa, faccio una doccia e vengo.-* sospiro *- Fai presto, ho bisogno di parlare.-*faccio un piccolo sorriso 
*- David ? -* faccio cenno di si con la testa, come se lui potesse vedermi. 
*- Si.-* sento solo il suo affanno e qualche bambino di sottofondo. 
* - Faccio presto, promesso. Tu, non aprire a nessuno!-* rido 
*- Da quando sei mia madre? -* gli dico ridendo, e lui fa lo stesso; ci salutiamo e chiudiamo la chiamata.

Mi rigiro nel letto cercando una posizione comoda per studiare; sul fianco; pancia sotto; pancia in su; seduta con le gambe incrociate; ma alla fine mi siedo alla scrivania.
Sposto tutto quello che ho su di essa con il braccio; la maggior parte delle cose sono bottiglie e bicchieri di plastica.

Guardo l'ora e sono le quattro e cinque, è passata mezzora da quando ho chiamato Tom; ora starà in doccia o in accappatoio. Si starà asciugando i capelli, infilando una tuta e starà vendo da me. 
Elen! Smettila di farti tanti problemi, Tom sarà qui presto.
Mi porto le mani alle tempie; il mal di testa mi sta uccidendo; abbasso la testa sul libro e chiudo per qualche istante gli occhi; sembra che così, il dolore si allievi.
Sento suonare il campanello; alzo immediatamente la testa e corro verso il piano di sotto scalza.

- CHI E'? - urlo dalle scale, tirando fuori le chiavi di casa.
- TOOM.- sorrido e apro la porta.

Ha un enorme sorriso, uno di quelli luminosi. 
Ne avevo di bisogno… mi butto letteralmente fra le sue braccia, cercando di non farlo cascare. 

- Cos’è tutto questo affetto ? - mi stringe a lui; sento che mi da un bacio sui capelli. 

Strofino il naso contro il suo petto. Noto che ha un sacchetto fra le mani. Sciolgo l'abbraccio e timidamente gli chiedo che cos’è. 
Mi porto le mani davanti alla bocca e comincio a mangiucchiare le maniche della maglietta; sembro un criceto. 
Lo guardo con due occhi da "cerbiatto", come li definisce mamma; lui alza il sacchetto e ride. 

- Ho preso delle ciambelle e dei cookies.- .

Quando si parla di ciambelle mi trasformo in Homer Simpson.
Faccio un mega sorriso e gli faccio cenno di andare in cucina, mentre io chiudo la porta.
Appena entro nella stanza; vado verso il frigorifero e tiro fuori la bottiglia del latte. 
Con i cookies e le ciambelle, il latte è la miglior bevanda.
Prendo due bicchieri; giro su me stessa e guardo Tom che non si è ancora tolto il giubbotto di pelle.

- Ti scoccia se andiamo in camera mia? Sto finendo di studiare.- faccio un piccolo sorriso; lui annuisce 
- Sicura che riuscirai a studiare in mia presenza ? - mi chiede mentre saliamo le scale. 
- Infatti tu mi aiuterai! Mi manca solo letteratura.- gli faccio un piccolo sorriso.
Entriamo in camera e appoggio tutto sulla scrivania - Non badare al casino, ma non ho voglia di mettere a posto.- 

Lui mi dice di non preoccuparmi; nel frattempo, io frugo nel sacchetto e prendo una ciambella. 
Mi sdraio nel letto; Tom si toglie il giubbotto; ha una maglietta nera aderente e un paio di pantaloni a sigaretta.
Si siede accanto a me con un cookies nella mano destra, e con la sinistra cerca di non far cascare le briciole. 
La ciambella è buonissima! Vedo Tom che si guarda in torno; poi indica il poster di Iron man che è sopra la porta. 

- Ti piace Iron man? - lo guardo e faccio cenno di si con la testa, lui sorride. 
- Esci con il cattivo per eccellenza e ti piace l'eroe?- riduco gli occhi a due fessure 
- Robert ha il suo fascino, non prendertela.- gli dico facendo la linguaccia e tornando a mangiare la ciambella.

Lui rimane a fissarmi con un’espressione ebete; c’è rimasto male; io rido e torno sul libro 

- Vorresti dire, che preferisci Robert a me ?- alzo lo sguardo e gli faccio un piccolo sorriso. 
Vedo che si alza e prende il sacchetto dei cookies e le ciambelle
- Dopo questa me ne vado! E prendo anche i cookies! - mette il broncio, ma prima che possa aprire la porta, mi lancio direttamente in braccio a lui.

Caschiamo tutti e due; lui sbatte la schiena sul pavimento e fa una smorfia di dolore. 
Rimaniamo un attimo a fissarci e poi scoppiamo a ridere entrambi; mi sdraio al suo fianco e stiamo fermi immobili.
Tom mi fa dimenticare tutto quello che ho attorno; mi fa dimenticare la malattia di David; il brutto voto che ho preso stamani a fisica; mio padre; la paura di perdere il mio migliore amico. 
Mi faccio immediatamente seria e lui lo nota. 

- Elen tutto bene? –

Rimango a fissarlo per qualche istante, fino a che non mi avvicino a lui e lo abbraccio. 
– No ! - gli dico secca; sento che mi accarezza un braccio, 
- Dimmi tutto.- dice lui; io fisso il soffitto. 
- Oggi sono stata da David.- sento che fa un profondo sospiro, 
- Non riusciva nemmeno a parlare.- sento gli occhi farsi lucidi. 
- Ho paura Tom. Troppa.- lui mi stringe più forte. 
- Non voglio perdere qualcun'altro, non voglio stare male di nuovo. Se succedesse, so che cederò; so che non rius.... – 
- Shhhhhh.- mi giro a guardarlo. Tom ha gli occhi persi nel vuoto
- Non pensare sempre negativo.- si gira verso di me e mi accarezza una guancia con un dito. 
- Vedrai che David si rimetterà; basta che gli stai accanto e gli dai tutta la tua forza.- chiudo gli occhi e lo abbraccio 
- Grazie Tom.- 

Vedo che sorride e mi tira su il viso. Rimango per qualche istante a fissarlo negli occhi, così liberi. 
Mi bacia; è dalla sera del suo compleanno, quando prima di dormire, lui ha cercato di fare qualche approccio, che quando mi bacia, sento come se il petto stia bruciando; le gambe tremano e ho una strana sensazione al basso ventre.
Credo che anche lui, si sia accorto di quello che mi accade, perché molte volte, lo vedo sorridermi in modo malizioso e io mi vergogno.
Tipo come ora. Senza staccarmi dalle sue labbra mi metto a carponi su di lui, ci fissiamo negli occhi e approfondiamo il bacio. 
Mi sento sicura di quello che voglio fare; non mi sento legata, non ho qualcosa dentro che mi dice di fermarmi
Sento le sue mani sui miei fianchi; mi alza la maglietta e accarezza la mia pelle. Spinge il mio bacino contro il suo; io appoggio le mani sul suo viso; chiudo gli occhi e mi lascio andare.
Tom sposta le mani sul mio collo; sono fredde, amo questa sensazione caldo/freddo che si sta formando.

- ELEN SONO A CASA! -sgrano gli occhi; mamma è a casa! 

Mi alzo immediatamente, andando a sedermi sulla scrivania. 
Mi metto a posto i capelli e la maglietta; Tom si aggiusta i pantaloni e si sposta i capelli, da due colpi di tosse e si siede sul letto.
Mi guardo allo specchio; sono rossa come un peperone.

Vedo aprire la porta di camera - Ele... Oh ciao Tom.- lui fa cenno con la mano a mamma, e lei si avvicina a me. 

- Tesoro faccio del tè, ne volete ? - guardo Tom che sta sfogliando un giornale; mi fa cenno di si con la testa 
- Si mamma, grazie. - gli faccio un sorriso; lei mi da un bacio sulla fronte, prende la bottiglia del latte, frega un biscotto dal sacchetto e se ne esce facendo ciao con la mano.

Guardo il libro; non riesco a girarmi verso Tom, così continuo a scrivere; non so nemmeno che sto scrivendo. Sento che sospira. 

- Elen ... - chiudo gli occhi; prendo coraggio e mi giro 
- Dimmi!- gli chiedo timidamente, mentre mi sposto una ciocca di capelli. 
Lui fa un piccolo sorriso, - Sei rossa come un peperone.- dice lui ridendo, 

Chiudo gli occhi, e prendo la prima cosa che mi capita, lanciandogliela.
Lui si copre con entrambe le mani cercando di ripararsi, io mi giro verso il libro cercando di leggere le ultime due righe.

- Vieni qui.- mi dice Tom, ma non lo ascolto - Ho bisogno di un abbraccio. Se non lo fai tu, guarda che abbraccio il poster di Iron man! - mi giro e lo fisso con gli occhi ridotti a due fessure; ma che gli prende oggi? 

Alla fine mi alzo e mi metto di fianco a lui abbracciandolo.
Sospiro e penso a quello che mi ha detto tempo addietro Zac.

- Che succede? - mi chiede dandomi un piccolo bacio sulla fronte. 
- Nulla, stavo pensando a quello che mi ha detto Zachary il giorno del tuo compleanno.-, Tom scioglie l'abbraccio, corruga la fronte e mi guarda strano 
- Che ti ha detto? -. Ci sediamo tutti e due sul letto; io sulle gambe di Tom, allaccio le braccia al suo collo e lo fisso. 
- Il pomeriggio del tuo compleanno ho dato una mano per la festa a sorpresa.- lui fa cenno di si con la testa - A me e a Zac è toccata la sala, invece a Ben e a Chris la camera.... - chiudo gli occhi e li riapro di scatto - ..... Bene ! Prima che iniziassero, ho chiesto perché dovessero mettere a posto la camera, e loro si sono guardati fra di loro con quel " sorrisetto " che fanno tutti gli uomini prima di fare " qualcosa" – Tom rimane a fissarmi 
- Così mentre pulivo i bicchieri, e Zac li metteva a posto, ho parlato del nostro rapporto.- Tom sposta la testa - Per rapporto, intendi quel rapporto giusto ? - faccio si con la testa. 
Lo vedo guardare un punto lontano nella stanza; appoggio la testa contro la sua clavicola.
- Io sono pronta Tom, ma non voglio che tu finisca nei casini. - lo stringo a me; lui fa un piccolo; sospiro - Non ne farai, ma credo sia meglio aspettare. E, non lo dico perché non ti apprezzo, anzi, ti amo davvero tanto.- gli faccio un piccolo sorriso e lo bacio a fior di labbra; lui si stacca ma rimane ancora vicino alla mie labbra. 
- Però dovremo stare attenti tutti e due. – io aggrotto le sopracciglia e lui ride 
- Siamo tutti e due eccitati ultimamente, e non dirmi di no, perché lo noto anche in te... - mi stuzzica il naso - ... hai notato poco fa quello che stava per succedere ? Almeno tua madre avvisa quando entra in casa! - ridiamo tutti e due; io un po' imbarazzata 
- Ti amo Elen. - mi da un bacio sulle labbra. - Ti amo. Ti amo. Ti amo.- mi riempie di baci, io cerco di fermarlo dandogli un pizzicotto sul naso. - Aio ! - urla mentre si copre il naso. 
Lo tiro a me e gli do un bacio sulla fronte. - Ti amo anche io Tom.- 


Infilo il cappotto nero, gli occhiali da sole e metto dei pacchetti di fazzoletti nella borsa.
Scendo al piano di sotto come uno zombie. Guardo mamma che è sulla porta d'ingresso, fasciata in un lungo vestito nero che mette in risalto l'enorme pancia.
Mi fermo a guardarla per qualche istante, si avvicina e mi abbraccia 
- Ti voglio bene. Ma ti prego, rimani forte almeno per oggi.- esito un attimo prima di abbracciarla; conficco le mie unghie nelle sue spalle e la stringo a me; gli occhi mi cominciano a bruciare, ma caccio indietro le lacrime. 
- Non ti prometto niente.- le sibilo all'orecchio.
Quando arrivo a casa di David, trovo tutti i suoi parenti. I suoi cugini più grandi, sono seduti sui gradini delle scale che fissano un punto morto nell'asfalto; i suoi zii parlano tra di loro, e sua mamma piange ininterrottamente; appena mi vede mi corre incontro e mi abbraccia.
Sto in silenzio; in questi momenti, le parole non hanno alcuna forza e conforto. La stringo a me, per evitare che mi crolli fra le braccia, piange.
- Elen .... - la sua voce è rotta, vuota e io non riesco a trattenermi e scoppio in lacrime. 
- Non ... piangere. - la stringo più forte 
- Non posso.- faccio un enorme sospiro e chiudo gli occhi, abbandonandomi in un pianto sordo.
E chi non piangerebbe dopo aver perso un figlio di leucemia ? 
Chiudo gli occhi. Si, purtroppo David alla fine non ce l'ha fatta; la Leucemia ha vinto. 
Sembra che Dio si diverta a portarmi via le persone a me care. 
Sospiro e mi avvio verso il piano di sopra, dove David è ancora li. Quando entro in camera, trovo Emma in fondo al letto che singhiozza; appena mi vede mi fa cenno con la testa per salutarmi.
Quando vedo David, disteso nel letto con una maglia dei " Kiss", jeans strappati e anfibi mi prende una morsa allo stomaco. 
Sorride. 
Quel sorriso mi mancherà, fino a che anche io non chiuderò gli occhi per sempre. 
Mi avvicino a lui, mi siedo accanto a lui e gli prendo la mano 
- Ti ricordi quando mi prendevi la mano, e mi facevi sempre quel giochino, dove mi facevi male ? - caccio via una lacrima con il dorso della mano, - Sto sperando che tu lo stia facendo adesso.- Sospiro - Non posso credere che tu non ci sia più; che non ti vedrò più la mattina arrivare a scuola in sella al tuo scooter, che non vedrò più un concerto dei Coldplay con te. - mi guardo intorno e trovo di nuovo la foto dell'altro giorno, io e lui a Venezia; chino lo sguardo e lo fisso. - Ora, ti sveglierai e urlerai " E ' tutto uno scherzo, brutti idioti ! ". Perché sto ancora sperando che sia uno dei tuoi soliti brutti scherzi.- chiudo gli occhi, ma le lacrime ormai lavano le mie guance, i miei capelli e cadono nel pavimento - Ma so che non accadrà, perché tu non ci sei più. Perché te ne sei andato per sempre e io dovrò farmene una ragione. - 
Gli accarezzo la testa e gli sfioro la guancia ormai fredda. - Ti voglio bene David, te ne vorrò sempre; spero che almeno questo te lo ricorderai.-.

Mi alzo, scappando fuori dalla stanza e dalla casa. 
Mi rifugio in macchina, crollando nelle mie lacrime.
Accendo la radio, ma passano tutte canzoni tristi, la spengo. Mi raggomitolo su me stessa e piango. Piango fino a che non sento gli occhi farmi male, e le guance andarmi a fuoco.
Ho il trucco tutto colato e sbavato, ma in questo momento non mi importa, di essere impresentabile. 
Sento picchiettare sul vetro del finestrino, mi giro e trovo Tom. 
E' venuto anche lui al funerale. Scendo dalla macchina, asciugandomi le lacrime. Lui mi guarda con una faccia affranta, mi infilo gli occhiali da sole e mi butto fra le sue braccia 
Premo il viso contro il suo petto; così forte, che gli occhiali mi fanno male, beh! Almeno evito di sporcargli la camicia bianca. Nessuno dei due parla; sospiro, e slaccio l'abbraccio.
- Mi dispiace Elen ... - appoggia una mano sulla mia spalla; mi giro verso di lui e sibilo un flebile - Anche a me…- sospiro e prendo la sua mano.
Camminiamo fino alla chiesa; non ho mai visto così tanto nero intorno a me, così tante persone, così tanti visi affranti.
Sono stata rare volte ai funerali; non sono nemmeno andata a quello di mia nonna. Mamma mi ha lasciata a casa con Sebastian quel giorno, semplicemente perché sapeva che non avrei retto. 
Infatti, non so come riesco a stare in piedi in questo momento. Appoggio la testa contro il braccio di Tom, lui passa una mano intorno al mio collo e mi stringe.
Sto per scoppiare di nuovo a piangere; non posso farci niente, sono una persona debole, schifosamente debole.
" Non piangere " facile a dirlo per mia mamma; lei non ha perso una persona che può definirsi un fratello.
Una persona che conosceva ogni paura, ogni felicità, ogni debolezza. Io e David conoscevamo tutto di noi, non c'erano segreti e mai ce ne saranno.
Sospiro e alzo il viso in direzione della bara. Ora David è li dentro, solo con tutti i suoi sogni infranti.
Mi sale un senso di rabbia dentro; potevo fare qualcosa, ma non l'ho fatto; potevo salvarlo, ma non ci ho pensato. 
Che stupida, che emerita stupida sono stata. 
- Non crollare.- mi sussura Tom all'orecchio; mi giro verso di lui e faccio un flebile sorriso, 
- Non ti prometto nulla.- abbasso lo sguardo e fisso le mie scarpe nere.
La cerimonia è durata un' ora e mezza; ora stiamo andando verso il cimitero.
In macchina c'è silenzio; Tom è intento a guidare, mentre io guardo fuori dal finestrino.
Niente radio, niente parole, in questi momenti il silenzio è la migliore cosa. 
Le persone sfrecciano accanto a noi, come le case e le strade. 
Oggi il tempo a Londra è nuvoloso e fa freddo.
Sospiro e appoggio la testa sul seggiolino della macchina. Non chiudo occhio da tre giorni, dalla morte di David; da quando quella notizia, mi è stata sbattuta davanti come se fosse niente. 
Tom parcheggia la macchina vicino a quella di Emma e scendiamo.
Tutto è finito, ora David è sotto tre metri di terra. Rimango a fissare la terra sotto di me. 
Era forte; stava combattendo, ed era a un passo dalla vittoria, ma molte volte, quando una persona è convinta di vincere, all'ultimo rimane fregata. 
Lascio una rosa rossa sulla tomba; mi giro verso Tom, che per tutto il tempo, è stato in silenzio accanto a me, con le mani in tasca al suo completo nero.
Mi fissa, ma non ha il suo solito sorriso a rendere migliore il mio stato d'animo.
I suoi occhi sono vuoti e tristi. Si avvicina a me e mi abbraccia; sento che mi accarezza i capelli, e io strofino la faccia sul suo petto. 
- Andiamo ? - faccio cenno di si con la testa e sciolgo l'abbraccio. Prima di andarmene mi chino
e tocco la terra. 
- Torno a trovarti domani, promesso David.- 
Sento una lacrima scendere sul mio viso; sospiro e mi rialzo prendendo la mano di Tom che è li accanto.
Emma è poco distante da noi, ha degli enormi occhiali che le nascondono gli occhi rossi.
Mi fermo davanti a lei e l'abbraccio; Emma era diventata in questi mesi, un altro palo importante per David. Sento che mi stringe a sé; è distrutta come me, come tutti.
- Elen ... - la voce di Emma è roca, spezzata. 
Mi giro a guardarla per qualche secondo. Vedo, che dalla borsa tira fuori una busta bianca.
- Tieni, l'ha scritta David, e mi ha chiesto di dartela perché tu la leggessi quando saresti tornata a casa dal funerale.- increspa le sue labbra, sporcate dal rosso del rossetto in un piccolo sorriso.
Fisso la lettera per pochi istanti, prima di prenderla in mano; la ringrazio e mi dileguo con Tom.
Mentre sto aspettando di andare a casa, aumenta la mia voglia di leggere la lettera. 
- Tom. Ferma la macchina.- con la coda dell'occhio noto che mi sta guardando. 
- Elen ... - sospiro. 
- FERMA. LA. MACCHINA.- dico ringhiando fra i denti; lui fa come gli ho detto e accosta la macchina in una piccola stradina di Londra.
Strappo l'involucro della busta e sfilo frettolosamente la lettera.
Guardo Tom, per poi aprirla.
" Cara Elen.
Lo so che al primo impatto noterai una ottima calligrafia." sorrido un pochino. Beh si! In effetti, è troppo bella per essere la calligrafia di David. 
" Infatti, le mie mani, oggi, saranno quelle di Emma; non ho la forza per scrivere.
Volevo solo ringraziarti per tutti questi anni; per essermi stata vicina, e per esserti presa cura di me. 
Ora, voglio, che da oggi in poi, tu ti prenda cura di te stessa come lo facevi con me; lo raccomando anche a Tom. Perché tanto, so che la starai leggendo insieme a lui questa lettera.

Quindi mio caro " Dio dell'inganno" trattala bene; perché se no, tornerò anche sotto forma di zombie pur di picchiarti." guardo un secondo Tom che fa una piccola risata come me. " Ti ringrazio Elen; ti ringrazio per tutto quello che abbiamo passato insieme. Di come mi hai accettato nella tua vita, e di come mi hai reso una persona forte.
Ti voglio bene, e te ne vorrò per sempre.
Sospiro evitando di piangere; stringo a me la lettera, mentre Tom accende il motore per ripartire.
Rimango a fissare le nuvole, che camminano piano, su nel cielo.
Caro David, sarai sempre la mia forza.





non  picchiatemi se ho  scelto di  far morire David, 
ma non tutte le storie sono sempre felici, ci  deve essere sempre un punto di rottura.
non so che dirvi, anzi si. 
grazie ai  lettori  silenziosi, a quelli che hanno messo  la mia storia fra 
i preferiti,  ricordate o semplicemente seguite.
a preso e un bacio enorme 
Elen.
   
 
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