«Choose your last words 
This is the last time 
Cause you and I, we were born to die.»

 

 

Alle prime luci del mattino, da un po' di giorni ormai, Harry era lì che camminava attraverso la nebbia mattutina, scalcciando, di tanto in tanto, qualche sassolino che ricopriva le viottole del cimitero.

Arrivò innanzi alla candida lapide in marmo, su cui c'era scritto il nome della ragazza che era entrata nella sua vita come un uragano, pur essendo debole come una foglia in autunno, e aveva fatto breccia nel suo cuore.

Lei era Madeline Grace Baker una ragazza che, essendo malata di leucemia, cercava di cogliere ogni attimo che la vita le regalava.

Ed Harry amava la sua forza.

Amava il suo coraggio.

Harry l'amava.

Ma era stato così distratto da non capirlo al momento giusto.
E quando lo capì fu così codardo da non dirlo a lei, che ricambiava i suoi sentimenti.
Ormai era troppo tardi.

Lui non poteva vivere senza lei.
Lei non poteva vivere senza lui.
Eppure il fato li separò.

«Fall in love.»
«Cadere in amore.»

Si inginocchiò davanti alla tomba, recitò, quasi sussurrando, una preghiera e iniziò a parlare.


«Cara Madeline, sono due giorni che quella merda di malattia ti ha portata via da me, lasciandomi solo in questo schifo di mondo, che senza di te è ancora più grigio.

Spero che almeno tu sia contenta lassù.

Perchè io qui sto un vero schifo: per come mi sento potrei guardare il sole in faccia e urlargli che c'è chi fa più male.»


Le lacrime iniziarono a scorrere libere sulle sue guance, poi continuò.


«Eri il mio tutto lo capisci?

Eri il mio veleno e il mio antidoto.

Eri la droga più potente.

Eri la luce nel bel mezzo del buio.

Eri il risultato di un'equazione impossibile, e sai, non sono un asso in matematica.

Eri una di quelle sbronze così forti da avere la nausea per due giorni.

Eri l'unica volta su mille in cui i nodi dei miei capelli si sarebbero spettinati.

Da quando non ci sei più mi sento così..vuoto.

Oh Maddy, sono stato così cieco a non capire subito di essermi innamorato di te, sono stato anche un codardo a non confessartelo, un idiota come avresti detto tu.

Non sai quanto vorrei premere quel “rewind”, riavvolgere il nastro e riavere accanto il tuo calore, abbracciarti, viziarti, coccolarti e magari anche sentire i tuoi “cretino” o “imbecille” quando faccio qualcosa di stupido.

Non sai quanto mi manchi.

Ti ricordi di Charles Bukowski, quello scrittore che tanto amavi?
Bene, ho qui un suo scritto che potrebbe farti capire la mia situazione.»

Estrasse un foglietto dalla tasca dei jeans neri e iniziò a leggere.








Iniziò a piovere.


Mentre il vento gli scompigliava i riccioli, estrasse dalla tasca posteriore un coltello e lo puntò all'altezza del suo cuore, piangendo.


«E' stupido continuare a vivere trattenendo qualcosa che ti fa male, ma è altrettanto stupido lasciare che quello che hai sempre voluto ti scivoli via dalle mani, come se quest'ultime fossero piene d'olio.

Ho deciso.
Ti raggiungo, così staremo insieme per sempre e nessuno potrà mai separarci.

Ti amo mia piccola Maddy.»

E si accasciò sull'erbetta, con la camicia bianca sporca di sangue scarlatto, gli occhi chiusi e la pelle impallidita.

 

 

Writer's corner.

Vorrei iniziare col dirvi che è forse la prima one-shot abbastanza triste che scrivo.

 Da dove è uscito sto “capolavoro”?
Boh, non lo so neanche io.

Ho solo notato, girovagando su tumblr, quella citazione di Bukowski e la mia mente malata ha elaborato il resto.

Ora scappo, domani ho un'interrogazione.

Recensite in tanti!

#Ila.