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Autore: Patty F_Radke    12/04/2014    0 recensioni
Evelyn Talbot è la definizione di 'senza paura'. Salterebbe dagli aerei, terrebbe in mano ragni, leccherebbe qualsiasi bagno pubblico e farebbe ogni altra cosa. Farebbe qualsiasi cosa che fa provare alle altre persone quell'emozione che lei non prova ormai da lungo tempo. La paura. Il suo passato è annebbiato dai segreti rendendola difficile da capire ma Drew è determinato a cambiare tutto questo.
Drew rifiuta di credere che Evelyn non abbia paura di niente, è sicuro che c'è sempre qualcosa di cui tutti hanno paura. Non importa quanto grande o piccola essa sia. E lui è intenzionato a scoprire di cosa ha paura Evelyn.
Anche se significherebbe affrontare la sua stessa paura.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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'Quindi questa è la parte dove dovrei dirti che non fa paura. Beh, lo è. Ma la paura è naturale, la paura è buona - significa che stai crescendo'
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Drew aprì piano la porta d'ingresso, cercando di sgattaiolare dentro senza svegliare il padre. Si voltò chiudendo la porta e quasi senza far rumore salì le scale, i gradini scricchiolavano sotto i suoi piedi. L'odore familiare di casa gli rinfrescò i sensi calmando la sua mente da tutti i pensieri che lo tormentavano da quando aveva tirato su Evelyn dal ponte.
Drew era cresciuto in questa casa e la amava quasi quanto la sua famiglia. Adorava i ricordi vissuti qui, anche se c'erano innumerevoli brutti momenti quelli belli erano di più. Il suo sguardo si appoggiò sulla porta della camera della sua sorellina mentre saliva lentamente le scale. Non sarebbe stata sveglia per un altro paio d'ore ma non c'era dubbio che quando lo sarebbe stata si sarebbe messa a correre nella sua stanza e a saltare sul suo letto finchè non si fosse svegliato e le avesse promesso di farle i pancakes come ogni sabato mattina.
"Beh devo dire Drew Russell che sono sorpreso!" parlò una voce rompendo il silenzio che riempiva la casa. Drew abbassò leggermente la testa verso il corrimano delle scale e guardò verso il corridoio dove c'era suo padre con un sorriso sulle labbra e una tazza di caffè in mano.
"Come mai?" chiese Drew un pò infastidito di essere stato beccato.
"Sei stato fuori tutta la notte senza avvertire il tuo caro papino che non saresti tornato a casa! Sono orgoglioso, finalmente ho un normale ragazzo come figlio! A meno che non sei qualche specie di rimpiazzamento alieno e il mio vero figlio è stato rapito" scherzò suo padre ancora sorridendo. Drew rise chiedendosi come faceva ogni tanto ad essere più maturo di suo padre.
"Si papà sono un rimpiazzo alieno! Anzi, no, sono un terminator inviato dal futuro per uccidere John Connor, ho solo qualche problema a trovarlo..." rispose Drew.
"Beh vive proprio in fondo alla strada e sentiti libero di stare quanto vuoi affinchè tu non lasci scie del suo sangue in giro per casa".
"Figo" rispose Drew alzando gli occhi al padre mentre si voltava per tornare  a salire le scale.
"Hai incontrato una ragazza?" chiese suo padre alzando le sopracciglia e sogghignando al figlio che si fermò mentre i suoi occhi azzurri si illuminavano. Ricordi di Evelyn gli invasero la mente. Non era ciò che suo padre intendeva ma era abbastanza da far riemergere ricordi di lei nella sua mente. "Oooooh avevo ragione! Dai, dì tutto al tuo caro papino!". Drew scosse la testa desiderando poter nascondere meglio le proprie emozioni.
"La smetti di riferirti a te stesso come caro papino? Alla prossima mi chiamerai la tua principessina!" disse Drew evitando la domanda.
"Mi piace riferirmi a me stesso come caro papino, mi fa sembrare la figura di padre amoroso che sono!" sorrise suo padre. "Adesso principessa, dimmi di lei! Hai usato la protezione, sai sono troppo bello e giovane per essere nonno!".
"Non era... non è ciò che pensi..." rispose Drew passandosi le dita tra i capelli neri. Stava sperando che suo padre lasciasse stare l'argomento ma niente da fare.
"Ti prego! Drew so come funzionano queste feste! Fammi indovinare, eri completamente andato e lei ti ha attaccato in bagno approfittando della tua ubriachezza?" sorrise suo padre pensando di aver indovinato. Drew scosse lentamente la testa ancora cercando di decidere se voleva dirlo al padre, poi capì che non l'avrebbe lasciato in pace finchè non l'avesse saputo.
"L'ho tirata su dal ponte. Stava saltando quando l'ho afferrata" disse Drew. Il sorriso sul volto del padre scomparve mentre ascoltava le parole del figlio cercando di capire cosa doveva dire.
"Era quello dove..." suo padre cercò di parlare ma dovette fermarsi a metà, il suo cervello rifiutava di pronunciare le prossime parole. Drew annuì conoscendo la domanda del padre.
"Lo stesso identico posto". Il silenzio riempì nuovamente la casa mentre entrambi pensavano a cosa dire.
"Sta bene?" chiese suo padre rompendo il silenzio e senza spostare lo sguardo dal figlio. Non riusciva ad immaginare come si sentisse suo figlio, anche se ci avesse provato non avrebbe sentito lo stesso dolore.
"Si, credo di sì. L'ho portata a casa e ha detto che non lo stava facendo sul serio ma non lo so... ho visto qualcosa" rispose Drew ricordando le emozioni che le aveva visto negli occhi. "Le persone non saltano giù dai ponti" aggiunse Drew sentendo la pugnalata delle sue stesse parole.
"Tienila d'occhio Drew. Non puoi mai saperlo, magari ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare" rispose suo padre, i suoi occhi azzurri colmi di tristezza, identici a quelli di Drew. Drew annuì in risposta e si voltò per salire gli ultimi gradini. Si fece strada verso la sua stanza, la mente ancora sommersa dagli eventi della mattina.
La sua stanza era sorprendentemente pulita per un ragazzo. C'erano solo un paio di piatti sulla sua scrivania e vestiti ammucchiati sulla sedia che facevano sembrare la stanza più in disordine di quanto era attualmente. Si avvicinò alla finestra e chiuse la persiana prima di cadere sul materasso chiudendo gli occhi per un pò di sonno decente. Non riusciva a togliersi la faccia di Evelyn dalla testa, le emozioni nei suoi occhi. Era distrutta, forse più di lui. Qualsiasi cosa non andasse in lei Drew sapeva che doveva scoprirlo.
Non poteva lasciarla morire, non come l'ultima volta.
"Okay allora una fetta di torta cioccolato e caramello e due tazze di macchiato, fanno $5.20" disse Evelyn sorridendo al cliente mentre le dava i soldi. Gli disse che gli avrebbe portato l'ordine appena pronto. Mentre il cliente si allontanava lei iniziò a fare i caffè. La cameriera che avrebbe dovuto lavorare qui era malata così Evelyn si era offerta di coprirla siccome Cole aveva un incontro con quell'artista interessato alla mostra. Cole non aveva mai smesso di parlare di lui per tutta la settimana ed Evelyn sapeva che era importante per lui incontrarlo. In più Evelyn aveva bisogno di qualcosa che la tenesse distratta dal caos che aveva in mente.
Preparò velocemente i macchiato e prese un piatto appoggiandoci sopra una fetta di torta. Evelyn mise il tutto su un vassoio e si avviò verso i tavoli localizzando i clienti e portando loro il loro ordine.
Il bar era pieno dalla mattina, qualcosa che non infastidiva per niente Evelyn, era bello ogni tanto avere un pò di pazzia da altre parti che non fossero la sua mente ma adesso si stava avvicinando l'orario di chiusura e il bar era vuoto se non per quei due clienti. Evelyn raccolse i piatti e le tazze lasciate dalla fretta della pausa pranzo e li accatastò nel lavandino. Passò l'ultima ora pulendo e assicurandosi che tutto fosse pronto per domani. Gli ultimi clienti se ne erano andati mentre lei lavava ed Evelyn iniziò a chiudere il bar. Spense le luci della galleria lasciando trasparire soltanto la luce del sole. Lasciò il bar ed entrò nella galleria. Si sedette sulle comode poltroncine in mezzo alla stanza e ammirò i dipinti appesi alle pareti.
Evelyn sospirò mentre guardava l'arte sparpagliata sui muri, i suoi occhi seguivano le spirali di arancione e giallo di un particolare dipinto. Durante l'estate la galleria era diventato uno dei posti preferiti di Evelyn quando aveva bisogno di scappare dalla realtà. L'arte era qualcosa che sua madre amava fare e aveva passato questa passione ad Evelyn.
La sua mente riportò a galla un ricordo di quando aveva sette anni. Evelyn e sua madre erano rimaste chiuse nella loro stanza da disegno per tutto il giorno, con la musica alta mentre disegnavano qualsiasi cosa venisse loro in mente. Quando suo padre arrivò a casa dopo un incontro e le trovò chiuse nella stanza, sua madre gli lanciò addosso pittura rossa ed Evelyn ricordava perfettamente come sua madre rideva. Suo padre non era per niente contento e si vendicò attaccando sua madre con la pittura blu. L'intera cosa si trasformò in una vera e propria battaglia di colori mentre Evelyn si nascondeva guardando i genitori combattere scherzosamente, il loro amore traboccante dai loro occhi. Evelyn aveva pensato che il peggio era passato, che la famiglia era finalmente felice ma ovviamente il giorno dopo si rivelò il contrario. Era l'ultimo ricordo che Evelyn aveva di loro, l'ultimo ricordo felice.
Evelyn era sempre stata invidiosa del talento di sua madre, chiedendosi perchè i suoi disegni non erano mai come li immaginava nella sua testa. Il talento di Evelyn crebbe lentamente nel tempo e le sue tecniche si svilupparono ma sapeva per certo che non sarebbe mai stata brava quanto sua madre. Suo padre, che aveva il talento artistico di un neonato, non aveva mai capito come facesse sua madre a passare le giornate pitturando, non aveva mai capito il fascino dell'arte, ma aveva sempre riconosciuto il talento della moglie.
Improvvisamente Evelyn si ricordò che non avrebbe dormito, pensare ai suoi genitori riportava sempre i peggiori incubi, quelli che teneva rinchiusi negli angoli più remoti della sua testa. Con quel pensiero in mente Evelyn si alzò dalla poltroncina e uscì dalla galleria assicurandosi che fosse tutto spento. Accese l'allarme e aprì la porta di vetro della galleria uscendo e chiudendola. Si incamminò lungo la strada principale di Bellingham, evitando le folle di persone e tenendo la testa bassa mentre le cuffie andavano a tutto volume con la musica del cellulare.
La galleria distava circa cinque minuti dalla casa dello zio perciò non le ci volle molto per arrivare a casa. Evelyn percorse il sentiero verso l'ingresso cercando di scampare al freddo. Aprì la porta e la richiuse di fretta, l'odore della cena riempiva la casa. Si tolse la giacca appendendola all'attaccapanni accanto alla porta e si tolse le scarpe per poi entrare in cucina trovando lo zio a cucinare.
"Hey, com'è andata?" sorrise mentre entrava in cucina voltandosi per salutarla.
"Tutto okay, era un pò pieno all'ora di pranzo ma me la sono cavata, com'è andato l'incontro?" chiese Evelyn pentendosi subito di averlo fatto quando Cole iniziò a blaterare senza fine sull'artista.
"E' stato stupendo! Verrà da Seattle per vedere la galleria in una di queste settimane ma se gli piace stiamo pensando già ad una mostra per la seconda settimana delle vacanze di ottobre! Davvero, avresti dovuto vedere i suoi lavori! Non avevo mai visto niente di così brillante da... beh, oltre a tua madre" Cole terminò il discorso dopo aver menzionato sua sorella.
Se c'era un argomento di cui Cole aveva evitato di parlare con Evelyn erano i suoi genitori. Non sapeva se le avrebbe dato fastidio parlarne con lui, o se si ricordasse abbastanza di loro, e nonostante il pensiero di parlarne gli era venuto in mente molte volte non l'aveva mai fatto. Evelyn sorrise al nominare di sua madre mentre i ricordi di prima le tornavano in testa. Di sicuro non avrebbe dormito stanotte.
"Non hai dei dipinti di mia mamma?" chiese mentre i suoi occhi verdi fissavano Cole che le sorrideva.
"Si, ce ne sono un paio in galleria. Ho ricevuto tante offerte ma non sono mai riuscito a trovare la volontà di venderli. E non so se mai ci riuscirò" ammise Cole con voce più morbida mentre abbassava lo sguardo sulla padella dove stava cucinando.
"Dovrai mostrarmeli un giorno, non ne ho mai visto uno da quando avevo sette anni" rispose Evelyn non preoccupandosi di quanto l'avrebbe disturbata questa conversazione più tardi. Aveva vissuto con i parenti del padre per così tanti anni e siccome le sue sorelle non erano molto affezionate a sua madre non aveva mai avuto il permesso di parlarne e quasi mai nemmeno del padre. Parlare dei suoi genitori non era qualcosa che le sue zie avrebbero voluto fare, Evelyn si sarebbe perfino dimenticata il loro aspetto se non fosse per i ricordi che era riuscita a mantenere e le foto che aveva collezionato durante gli anni, anche se per la maggior parte delle volte non riusciva nemmeno a guardarle.
"Ce nè uno di te".
"Huh?".
"Un dipinto, ti ha disegnato una volta, credo che avessi tre anni, con un sorrisone e i codini! E' nella galleria, devi averlo visto!" sorrise Cole a Evelyn che era ora appoggiata al bancone della cucina. Evelyn seppe subito di che dipinto stava parlando, era proprio in fondo alla galleria, nascosto dalla vista, non perchè era brutto ma perchè non si addiceva al resto. Evelyn capì perchè non si era riconosciuta nel disegno, era la felicità negli occhi della bambina, qualcosa che Evelyn non sarebbe mai riuscita ad avere. Riusciva a vedere le similitudini adesso, la forma del viso, il naso della madre, ma la felicità negli occhi Evelyn non l'aveva vista da anni ormai. "Hey, potresti prendere due tazze? Il tè è quasi pronto".
Evelyn si voltò e si allungò verso l'armadio prendendo due tazze e appoggiandole accanto a Cole. Lo zio spense i fornelli e divise la cena in due piatti. Evelyn prese le posate per entrambi e seguì Cole verso il tavolo, con il proprio piatto in mano. Dopo aver finito la cena chiacchierarono sorseggiando il tè. Cole parlò di alcuni momenti che ricordava di suo padre e sua madre, alcuni di quando lui e sua madre erano bambini, alcuni di quando i suoi genitori erano sposati. Il preferito di Evelyn era quando Cole incontrò Ted, suo padre. Cole aveva cercato di fare l'immagine del 'grande fratello protettivo' comportandosi come se fosse più forte di suo padre, avvertendolo più volte che se avesse trattato male sua sorella o lasciata incinta, l'avrebbe inseguito e gli avrebbe tagliato parti di lui che avrebbe preferito tenere. Suo padre restò terrorizzato da Cole ma sua madre lo rassicurò dicendogli che Cole era minaccioso quanto un peluche e che l'uomo più spaventoso che conosceva era l'ex insegnante di ginnastica che viveva di fronte a loro.
Dopo cena Evelyn aiutò Cole a pulire i rimasugli della cena e poi si cambiò in un paio di pantaloni della tuta e una maglietta larga preparandosi a fare la sua corsetta. Pregò mentalmente che correre l'avrebbe aiutata a mandar via gli incubi che la aspettavano e che, per la prima volta dopo settimane, avrebbe dormito serenamente, ma non fu così.
Evelyn era esausta dopo la corsa, riuscì appena a salire le scale senza addormentarsi. Si fece la doccia e dopo essere entrata in camera collassò sul letto, tenendo a fatica gli occhi aperti. Non ci volle molto prima che gli incubi trascinarono la sua mente nelle parti più oscure del suo subconscio, devastandola.
"Lyn, Lyn svegliati tesoro! Siamo quasi arrivati dai nonni!" disse una voce gentile svegliandola. I suoi occhi verdi si aprirono per vedere sua madre sorriderle. Si guardò intorno, un pò confusa quando realizzò di essere in macchina, la vecchia macchina dei suoi genitori per essere precisi. Il dolce profumo di sua madre riempiva l'aria ed Evelyn riconobbe la canzone che stava suonando dalla radio. Suo padre era seduto di fronte a lei e guidava la macchina mentre sua madre si era voltata e stava adesso sorridendo al marito, dicendogli qualcosa che Evelyn non riuscì a capire.
La paura invase Evelyn quando il suo cervello realizzò tutto. Sapeva dov'era. Sapeva cosa stava per accadere. Un grido le si blocco in gola mentre cercava di urlare ai suoi genitori, urlare a suo padre di fermarsi e spostare la macchina sull'altro lato della strada. Ma non la sentirono, continuarono la loro conversazione, gli occhi di sua madre si spostavano su Evelyn ogni tanto per controllare che fosse sveglia. Evelyn scalciò e urlò cercando disperatamente di distruggere le barriere del sogno per fermare l'inevitabile.
Vide le labbra di sua madre formare due parole a suo padre, l'intero viso illuminato mentre le diceva. 'Ti amo' disse, il suono delle parole raggiunse Evelyn che smise di agitarsi. Improvvisamente Evelyn si sentì pesante, lasciandola paralizzata. Le lacrime le scesero lungo le guance mentre la voce le si bloccò a mezz'aria.
La testa di Evelyn si voltò guardando fuori dal finestrino sulla sinistra, il suo sguardo si fermò sul camion che accelerava sulla corsia interna. Le lacrime continuarono a scendere mentre cercava di chiudere gli occhi per non guardare l'orrore che stava per scatenarsi.
"Guarda mami! Guarda il camion! Che buffo quel signore!" gridò una voce, una voce che Evelyn riconobbe come la sua, ma lei non aveva parlato. Il suo sguardo si fissò sul guidatore, il suo viso appoggiato sul volante. Sua madre lo vide subito e gridò al marito di spostare la macchina.
Ma era troppo tardi. Il corpo del guidatore si spostò sulla sinistra spingendo il camion sulla destra. La macchina sterzò verso destra mentre suo padre cercava di evitarlo, cercando di salvare la sua famiglia ma il camion colpì la macchina. Entrambi i veicoli finirono fuori strada e la macchina si fermò solo quando raggiunse la fine della collina ma fu colpita di nuovo dal camion.
L'oscurità avvolse Evelyn mentre la scena svaniva. Si svegliò, le lacrime le scendevano dolorosamente lungo le guance, la sua voce chiamava i genitori. Avvicinò le gambe al petto mentre cercava di rannicchiarsi, il dolore dell'incubo la colpiva a ondate.
Giurò a se stessa di non pensare mai più ai suoi genitori, non riusciva a sopportarlo. Non avrebbe sopravvissuto un altro sogno come questo. Non più.
  
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