Questa è la prima
GaaraxSakura che scrivo e nonostante il risultato non mi entusiasmi, ho deciso
di proporvela.
La parte scritta in corsivo sulla sinistra so che non segue un
filo logico nella maggior parte dei casi, ma è così perchè si tratta dei ricordi
di Gaara causati dalle situazioni del presente.
Non mi resta che augurarvi
buona lettura...!
Welcome home, my desert rose...
Il granello di sabbia rotolò
lento sulla superficie liscia. Avanti e indietro, per l’ennesima volta.
A lui
se ne aggiunsero alcuni altri, fino a formare una pallina compatta che riprese
il ripetitivo percorso. Avanti e indietro, per l’ennesima volta.
Il gioco
proseguì, mentre le palline si moltiplicavano, seguendosi l’un l’altra in quella
vana e forsennata corsa senza meta. [Un po’ come la sua vita, ormai.
]
Lo sguardo smeraldino non le abbandonava un istante, accompagnandole nel
loro sempre più veloce vorticare.
Un lento bussare alle sue spalle distolse
la sua attenzione, così che la sua opera di sabbia andò sgretolandosi
rapidamente sulla scrivania in pesante legno scuro.
Scricchiolando appena un
po’ la porta venne accompagnata nell’aprirsi dalla mano di una giovane donna,
che fece capolino oltre l’uscio giusto quello che bastava per posare lo sguardo
sulla schiena del ragazzo. Ancora una volta lo trovò abbandonato sulla sua
grossa poltrona, curvo quasi come se la gravità fosse per lui insostenibile, gli
occhi – oh, quanto avrebbe voluto, almeno una volta, capire quegli occhi – fissi
da qualche parte nell’orizzonte fuori dalla grossa finestra che illuminava
interamente l’ufficio del Kazekage.
- Gaara?
- Temari.
- Gaara?
- Temari.
- Non c’è
niente di cui vorresti parlarmi?
Aggrottò appena un po’ le sopracciglia
rossicce, scoccando un’occhiata interrogativa alla ragazza ferma sulla soglia
del suo ufficio. Sorrideva, senza un motivo apparente, non di cui il ragazzo
fosse a conoscenza.
- No.
La vide farsi più seria, mentre il blu scuro dei
suoi occhi cercava di indagarlo nel profondo.
Cambiò posizione, incrociando
le braccia al petto e incatenando lo sguardo a quello di Gaara con aria di
sfida.
- Si che c’è.
L’appena eletto Kazekage squadrò la sorella sempre
più confuso, ma non disse nulla, sapendo che, comunque, avrebbe ripreso lei a
parlare.
- Vorresti tenere la tua sorellina fuori dalla tua vita?
Gaara si
passò stancamente una mano tra i ciuffi corvini, accigliandosi all’espressione
‘sorellina’ che la ragazza usava sfoggiare solo quando precedeva un qualche tipo
di richiesta.
- Di che diavolo parli?
Temari si lasciò andare in un
sorrisino furbesco, sciogliendo le braccia dal petto e spostandosi con studiata
lentezza fino a raggiungere il fratello, ordinatamente seduto dietro la sua
scrivania.
Poggiò le mani sulla superficie che la separava dal ragazzo,
posando il peso sulle braccia distese ed avvicinando il volto a quello
dell’altro, con una luce negli occhi che Gaara avrebbe definito inquietantemente
diabolica in seguito.
- Della simpatica ragazza che ti ronza sempre intorno
ultimamente, quella con i capelli dal colore stupido.
Il ragazzo non rispose,
allungò una mano fino a raggiungere il grosso cappello da Kazekage appoggiato
poco distante e lo infilò con malagrazia, coprendo i ribelli ciuffi rosso acceso
e lo sguardo smeraldino fattosi improvvisamente severo.
- Temari, torna
quando avrai qualcosa di più serio da dirmi.
La ragazza allargò il suo
sorriso, prima di voltarsi e defilarsi velocemente.
- Hai bisogno di
qualcosa?
Provò, la voce che tentennava appena un po’ insicura.
Nessuna
risposta la raggiunse. Era chiaro che Gaara volesse farle intendere che no, non
aveva bisogno di nulla. [Dannato bugiardo.]
Fissò per qualche istante
ancora la sua schiena, coperta dalla lunga tunica del Kazekage, prima di
sospirare e ritirarsi, ormai rassegnata ad allontanarsi da quella stanza per
l’ennesima volta in quell’ultimo periodo senza aver concluso niente.
Si
voltò, quando una scossa di curiosità improvvisa non la portò a girarsi
nuovamente. Gaara se ne accorse.
- Cosa vuoi?
Temari ebbe la forte
tentazione di demordere, intimidita dal tono freddo rivoltole dal fratello.
Freddo, come prima di tutta quella storia, prima che diventasse il Gaara che
adorava, come sempre burbero, schivo e silenzioso ma, finalmente, umano. Freddo,
come quando ancora la sua presenza la faceva tremare; come quando l’idea di lui
nella stanza accanto non la lasciava dormire tranquilla.
[Così
terribilmente, inquietantemente, dolorosamente freddo.]
- Le... le hai
parlato?
- Allora? Le hai parlato?
- Non hai
niente di meglio da fare?
- Al momento no, in effetti.
Rispose la ragazza,
effervescente. Lo sguardo di Gaara si assottigliò, infastidito.
- Da quando
ti interessa tanto della mia vita, "sorellina"?
Calcò l’accento ironico
sull’appellativo, mostrandole un’espressione superiore che normalmente l’avrebbe
irritata, ottenendo il comodo risultato di un suo sbuffante
allontanamento.
Non questa volta.
Temari scimmiottò un’aria sconvolta ed
offesa, spalancando gli occhi indignata.
- Da sempre! Per chi mi hai preso? E
lo dici proprio a me, che sono tua sorella, che non ti ho mai fatto mancare
nulla, che ti ho sempre consolato, che ti sono stata vicina, che...
-
SI.
La ragazza interruppe bruscamente la parlantina studiatamente
fastidiosa.
- Si nel senso che l’hai fatto?
Gaara si accigliò, lasciandole
intendere che non si sarebbe ripetuto.
- E...?
Le sopracciglia rossicce si
tesero un altro po’, increspando la fronte dalla pelle chiara.
Gli occhi
smeraldini si fecero di ghiaccio, assottigliandosi a due fessure
impenetrabili.
Le mani, piccole ma forti, strinsero i braccioli della
poltrona rossa su cui il ragazzo sedeva.
Chiunque, di fronte a quella vista,
quello sguardo, quell’espressione, sarebbe arretrato impallidendo.
Il
messaggio era chiaro: ‘sparire o morire’.
Ma a Temari quell’aria burbera e
brutale non impressionava più di tanto, ormai.
- Oh...
Iniziò questa, la
voce flebile.
Gli lasciò credere che il suo gioco stesse
funzionando.
Sapeva che la sola idea di essere compreso appieno da qualcuno
lo infastidisse a morte.
Poi cedette alla tentazione.
- ...E’ andata bene
allora!
Esclamò, accompagnando la voce squillante a un paio di saltelli di
giubilo, che ebbero il potere di innervosire Gaara ancora di più.
Quella
fastidiosa, inopportuna sorella.
Quella irritante ragazza che, per qualche
strana ignota ragione, mostrava solo in rare occasioni quell’aria tanto gioviale
ed allegra. Maledizione.
Quella fastidiosa, inopportuna sorella che, alla
fine, lo riusciva a capire.
Capire, lui? Dio, come lo irritava.
- Lo
sapevo, lo sapevo! Che ti avevo detto? Segui i consigli della vecchia Temari e
andrai lontano!
Ridacchiando si avvicinò al fratello, inscenando un’esagerata
reazione di gioia e saltandogli sulle ginocchia, prima di gettargli le braccia
al collo.
- Che carino, il mio fratellino innamorato!
- Temari.
-
Si?
- Ho ucciso per molto meno.
Cominciò a chiedersi cosa diavolo la spingesse ad
insistere. Perché mai avrebbe dovuto darsi pena in quel modo per un fratello che
non voleva essere aiutato? Perché, ancora, stava lì, in piedi, sulla soglia,
attendendo l’ennesima risposta che non sarebbe arrivata?
Spalancò gli occhi
sorpresa quando in quelli seri dell’altro vide passare un lampo di dolore.
[Non vuole essere aiutato?]
- Gaara...
Allungò un braccio verso di
lui, tendendo lentamente una mano, come a volerlo afferrare, come a voler
prendere tra le dita il suo malessere e portarlo via, una volta per tutte.
Via, lontano da quel ragazzo che ne aveva avuto decisamente abbastanza.
- Basta così. Ho da fare.
Sibilò Gaara, allontanando di più lo sguardo
dalla sorella.
Il bracciò crollò al fianco della ragazza, inerte, prima che
questa si voltasse per l’ultima volta e abbandonasse la stanza.
Gaara fissò
la sua schiena allontanarsi, la porta seguirla piano, cigolando appena un
po’.
- Mi scusi se mi permetto, nobile
Kazekage, ma non dovrebbe forse essere un minimo più gentile con sua
sorella?
Gaara alzò un sopracciglio verso la ragazza indaffarata.
Questa
gli rivolse una veloce occhiata di mal celato disappunto prima di voltarsi e
tornare a concentrarsi sullo scaffale dei medicinali.
Le sue mani si
muovevano esperte tra i flaconi e le bende, seguite dallo sguardo attento del
Kazekage.
- Certo, io non ho mai avuto una sorella, ma come minimo si deve
più rispetto ad una persona che si preoccupa per noi...
Riprese la giovane
ninja medico, imperterrita, ignorando di proposito le occhiatacce irritate
dell’altro, mentre con passo svelto raggiungeva l’ennesimo ferito di quella
giornata.
Gaara fissò sconcertato la schiena coperta dal camice
bianco.
Chi diavolo era quella ragazzina petulante per permettersi di
rivolgersi in quel modo a lui?
Qualcosa gli ricordava, l’esame per diventare
chuunin, forse. Ma contava tanto poco che non ne conosceva neppure il
nome.
Ucciderla seduta stante, però, sarebbe stato un problema.
Un’intera
spedizione di ninja della sabbia era tornata gravemente ferita da una missione
decisamente più pericolosa di quanto non si fossero aspettati.
Anche lui si
trovava tra di loro ma, ovviamente, non aveva riportato danni di alcun
tipo.
I loro ninja medici scarseggiavano e in quel momento la maggior parte
era lontano da Suna ad accompagnare i team in missione.
Eliminare la
fastidiosa ragazzina con i capelli rosa era da escludersi.
Per quanto
fastidiosa, tornava utile.
Allontanarsi da lì al più presto avrebbe
facilitato l’intento di non farle del male, decise, mentre si voltava con
decisione e, facendo frusciare la lunga tunica da Kazekage, lasciava la stanza,
una falcata nervosa dopo l’altra.
- Arrivederci, nobile
Kazekage...
Salutò, allegra, quasi arrogante, quando lui era già quasi
lontano.
Quando un lieve bussare alla porta lo distrasse dai
suoi pensieri pregò con tutto se stesso che non fosse Temari, tornata
all’attacco.
Al posto della sorella, però, dalla porta fece capolino un suo
sottoposto, con sguardo visibilmente preoccupato. Tutte le persone con cui aveva
a che fare in quel periodo preferivano tenersi alla larga e l’idea di
infastidire l’irascibile Kage di Suna non piaceva a nessuno.
- Mi perdoni,
nobile Kazekage, ci sono visite. Da Konoha...
- Nobile Kazekage, ci sono visite per
lei. Da Konoha.
Gaara mosse leggermente il capo, facendo segno al sottoposto
di lasciar entrare gli ospiti.
L’uomo si fece da parte, spingendo la pesante
porta in legno e lasciando libere alla vista due figure sulla soglia.
-
L’assistente della nobile Hokage e la sua apprendista.
Annunciò il ninja,
prima di salutare con un veloce inchino e defilarsi in fretta.
Una donna ed
una ragazza si fecero avanti, salutando con un profondo inchino.
-
Gaara-sama, io sono Shizune, assistente della signorina Tsunade.
Iniziò la
donna, sorridendo timidamente ed inchinandosi di nuovo.
- Sakura.
L’apprendista della signorina.
Gaara spostò lo sguardo sulla giovane. Sakura,
eh?
Quei capelli erano decisamente difficili da dimenticare. La saputella
infermiera.
Quella che aveva tentato quasi efficacemente la sua vena
omicida.
Alzò un sopracciglio nella sua direzione e la ragazza, notandolo,
spostò lo sguardo.
Il Kazekage sorrise tra sé e sé. Si permetteva tutta
quella spavalderia solo quand’era sola, quindi.
Tornò a prestare la sua
attenzione a Shizune, che lo guardava in attesa.
- Ringraziate la nobile
Hokage per l’aiuto che ci ha concesso.
Disse, spiccio, muovendo lo sguardo
oltre le due figure già conosciute alla ricerca di qualcos’altro.
-
Dov’è?
Shizune parve per un attimo perplessa.
- Mi scusi, chi?
- Il
ninja medico esperto che ci avete mandato.
La donna sorrise cordialmente,
accennando chiaramente alla ragazza al suo fianco.
- Lei?
L’incredulità
nella voce del Kazekage irritò Sakura non poco, ma non si mosse.
Shizune
annuì, sempre sorridendo debolmente.
- E’ una delle ninja medico più
promettenti, conosce molto bene la maggior parte delle tecniche, che ha imparato
direttamente dalla signorina Tsunade, che crede molto in lei.
Le sue parole
non lo convinsero, ma considerando la mancanza di scelta, annuì.
- Molto
bene, allora.
Disse serio, indagando, con lo sguardo smeraldino accigliato,
Sakura.
La ragazza non si era ancora mossa, né aveva detto una parola fino a
quel momento.
Shizune riprese, secondo le indicazioni datele.
- Resterà
qua per sei mesi, poi dovrà tornare a Konoha.
L’oggetto delle loro
discussioni sussultò alla realizzazione.
Due lunghi mesi lontana da casa, in
quel Paese pieno di sabbia, sabbia e ancora sabbia.
Oh, certo. Sabbia ed uno
scorbutico Kazekage.
Dopo qualche svogliato convenevole di rito Shizune
lasciò lo studio, mentre Sakura si decise ad alzare lo sguardo, in attesa di
ordini.
Tutto quello che ottenne fu uno sguardo pienamente disinteressato e
qualche scocciata indicazione su dove recarsi: praticamente ovunque fuorché
lì.
Un’allegra permanenza, davvero.
Spalancò gli occhi. Le mani pallide stritolavano i
braccioli della poltrona.
- Falli entrare.
Sibilò, tenendo lo sguardo
puntato sulla scrivania, cercando di sembrare occupato.
Anche quella volta,
per l’ennesima in quella estenuante giornata, la porta cigolò, muovendosi sui
cardini. Gaara non alzò gli occhi.
- Sarutobi Asuma ed il suo team.
La
voce del sottoposto cominciava ad irritarlo; portatrice di notizie funeste aveva
deciso di tormentarlo in ogni modo. Più tardi avrebbe pensato se cambiare
[uccidere?] quel ninja dalla costante e fastidiosa presenza fuori dal suo
ufficio.
Finse un distratto interesse per i visitatori, concedendo loro una
veloce occhiata. [interesse più che finto. Non erano Lei.]
Un uomo
piuttosto alto, sigaretta spenta tra le labbra ed un lieve sorriso ebete di
cortesia fece ingresso, seguito da tre figure più basse alle sue spalle.
Li
vide disporsi intimiditi di fronte a lui, un ragazzo grassoccio e privo d’alcun
interesse, un tipo chiaramente annoiato – qualcosa gli ricordava, un qualche
affare con sua sorella, forse... – ed una ragazza, lunghi capelli biondissimi e
un paio di vispi occhi azzurri che si muovevano veloci per la stanza. Lei si,
gli ricordava qualcosa...
- Nobile Kazekage, questi sono i miei allievi,
Shikamaru Nara, Chouji Akimichi e Ino Yamanaka.
- Ti ricordi di Ino?
Chiese, bevendo rumorosamente anche
l’ultima sorsata della sua bibita ed iniziando a giocherellare con la cannuccia
ed il ghiaccio, che le sfuggiva impertinente lungo la superficie liscia.
Si
arrese, poggiando il bicchiere freddo sul marmo del davanzale dell’enorme
finestra.
Doveva avere una particolare propensione per le cose congelate,
pensò, mentre allungava una mano ed afferrava quella del ragazzo al suo
fianco.
- Credo che tu l’abbia incontrata all’esame per diventare chuunin,
abbiamo combattuto io e lei ed il risultato... beh, è stato quello che è stato,
insomma.
Ridacchiò in modo vellutato, iniziando a giocherellare con le dita
pallide intrecciate con le sue.
Non sapeva esattamente quando tutto questo
fosse iniziato.
- Una volta era la mia migliore amica, sai?
Qualcosa
nell’espressione di Gaara le lasciò intendere che la stava ascoltando e che
avrebbe potuto continuare, se avesse voluto.
Forse era stata quella volta in
infermeria, il loro primo vero ‘discorso’.
O forse quando Shizune l’aveva
portata nel suo ufficio.
O magari quando l’aveva incontrato per la città e,
sentendosi particolarmente sola, aveva deciso di avvicinarlo.
- Da piccole
eravamo molto legate, dove andava lei andavo anche io. Mi ha aiutata in
moltissime occasioni. Ogni tanto mi capita di ripensare a lei, è triste come sia
finito il nostro rapporto...
Gaara fissava un qualche punto indeterminato del
deserto, oltre il vetro freddo.
Probabilmente ‘freddo’ era l’aggettivo
migliore per descrivere qualunque cosa riguardasse il Kazekage; dallo sguardo,
all’espressione, alle parole, poche parole.
Forse era stato il giorno in cui
era andato a fare visita all’ospedale e l’aveva cercata nella biblioteca.
-
Insomma, un bel giorno abbiamo deciso di essere rivali, perché...
Spostò lo
sguardo sul viso del ragazzo, cercando un indizio della possibile reazione al
resto della sua frase.
Forse era stata la prima volta che lui aveva iniziato
una conversazione; erano state tre parole in tutto, forse quattro, ma ne era
rimasta piacevolmente colpita.
Scoprì solo dopo che l’aveva fatto sotto
ordine della sorella.
- Beh, perché...
Dio, avrebbe potuto fare una
qualsiasi espressione per facilitarle la comprensione!
- Piaceva ad entrambe
Sasuke.
Magari era stato il giorno del compleanno di lei, quando aveva smesso
di chiamarla per cognome.
O, forse, la volta in cui l’aveva visto vagare solo
per la residenza ed aveva deciso di fargli pesare almeno un po’ la sua
presenza.
Oppure il giorno seguente, quando lui le aveva ricambiato il
favore.
Gaara taceva, in quel modo tutto suo.
Le sopracciglia si erano
aggrottate in modo quasi impercettibile, per il resto nulla sfigurava la sua
algida postura.
Sakura sentì le dita di lui tendersi leggermente mentre
ancora erano intrecciate con quelle della ragazza e sorrise
lievemente.
Gaara, ancora, taceva.
Ecco, era stata quella volta. Era
iniziato tutto allora. Non riusciva a definire una data precisa, ma ne era
sicura. Tutto era riconducibile al giorno in cui quel silenzio, simile a molti
altri, aveva iniziato ad avere per lei e lei soltanto, un significato in
più.
- La nobile Hokage ci ha mandato in missione nelle
vicinanze, nel frattempo abbiamo il compito di consegnarle questi
documenti.
Spiegò Asuma, gesticolando appena un po’, facendo dondolare in un
modo che Gaara avrebbe definito fastidioso quella specie di mozzicone di
sigaretta ad ogni parola.
Il ninja della foglia fece qualche passo verso il
Kazekage, allungandogli alcuni rotoli dall’aria antica e preziosa, visibilmente
logorati dal tempo e probabilmente anche dal viaggio.
- Non so cosa
contengano, ma dev’essere qualcosa di grosso.
Commentò atono, mentre poggiava
i documenti sulla scrivania e lanciava qualche veloce occhiata al ninja più
giovane, fermo nella sua posizione sull’ampia poltrona.
- Vorremmo chiederle
se potesse concederci di restare a Suna per qualche giorno, prima di
ripartire.
Gaara gli concesse una veloce occhiata, passando da lui ai suoi
allievi in un esame spiccio.
- Ma certo.
Rispose, atono ed illeggibile,
chiudendo lapidario la conversazione, con lo sguardo di chi non ha la minima
intenzione di avere qualcuno attorno.
La ragazza che doveva essere Ino guardò
i suoi compagni ed il suo maestro apprestarsi ad uscire dopo un veloce inchino,
senza muoversi.
Gaara alzò un sopracciglio, guardandola intrecciare le dita
nervosamente e cercare di recuperare la sicurezza quasi sfacciata che non le era
mai mancata.
- Ino-chan, non vieni?
La chiamò il ragazzo grassoccio,
fermatosi sulla soglia curioso.
Ino sorrise debolmente al compagno,
facendogli segno che sarebbe arrivata tra qualche attimo, di iniziare pure ad
andare. Gaara la fissava a metà tra l’interessato ed il mortalmente infastidito,
mentre l’altro ragazzo faceva spallucce e si allontanava.
-
Kazekage-sama...
Tentò, non sapendo bene da dove cominciare, non sapendo bene
cosa dire.
Il ragazzo la scrutava torvo, in attesa, ed il suo sguardo
smeraldino la trapassava senza indugi, facendola sentire nuda ed
imbarazzata.
- Lei...
Respirò. La fama del giovane Kazekage irascibile non
aveva mancato di giungere anche alle sue orecchie e forse, con buona
probabilità, sarebbe stato meglio che la solita Ino ficcanaso non si fosse
immischiata in affari che non la riguardavano. Eppure eccola qua, con la sua
cara vecchia faccia tosta, fulminata da quello sguardo ma non abbastanza
spaventata da tirarsi indietro.
- Nobile Kazekage, Sakura sta
bene.
- Come stai, Sakura?
La ragazza posò
un paio di rotoli nella pigna corretta, in perfetto ordine alfabetico, prima di
fermarsi, un po’ stupita.
-Molto impegnata. Anche qualcosa di più, forse. Da
queste parti non si smette mai di lavorare.
Rispose, accompagnando le parole
con qualche leggero sbuffo, sempre senza smettere di armeggiare con alcuni testi
deposti su di un lungo scaffale impolverato.
Decisamente, a Suna il lavoro
non finiva mai.
Scorse veloce con l’indice le coste di alcuni volumi
dall’aria particolarmente antica e malridotta, fermandosi quando ne incontrò uno
particolarmente ingombrante.
Lo estrasse con decisione, causando lo
spostamento di una consistente quantità di polvere, che la costrinse a
sventolare la mano davanti alla bocca per evitare il soffocamento.
- Che ci
fai in questo impolverato luogo?
Chiese poi, come se si fosse ricordata della
presenza del Kazekage alle sue spalle.
Non gli dava più del ‘lei’ da qualche
tempo ormai. Nessuno aveva mai detto nulla a riguardo, semplicemente, dopo
qualche tempo trascorso insieme più o meno forzatamente la formalità di rito
aveva perso significato.
Gaara scrollò distrattamente le spalle, guardandosi
attorno con aria assorta.
- Cercavo.
Sakura si voltò verso il ragazzo,
fissandolo interrogativamente.
- Cercavi?
L’altro annuì,
semplicemente.
- Un libro? Se cerchi uno di quelli allora buona fortuna, Il
caos qua dentro regna sovrano. Ho impiegato due settimane solamente a sistemare
i volumi e i rotoli di medicina che potevano tornarmi utili... a tutto il resto
ho dovuto rinunciare.
Il ragazzo sorrise leggermente, forse un po’ divertito
dalla situazione.
- Non cercavo un libro, Sakura.
La ragazza si accigliò;
aveva un modo strano di pronunciare il suo nome, ripetitivo e ridondante, con un
tono lieve e pacato, come se nascondesse una presa in giro... ma, allo stesso
tempo, aveva un qualcosa di estremamente seducente.
Decise di far finta di
nulla e lasciarlo a fare: lei aveva ben altro di cui occuparsi.
Riabbassò lo
sguardo sulla pagina del voluminoso libro che teneva quasi in braccio, quando un
rumore la distrasse.
- Ordine alfabetico, giusto? Quindi questi vanno...
qui?
Alzò gli occhi dalle poche parole che era riuscita a leggere, trovandosi
di fronte ad uno spettacolo quantomeno singolare. Gaara reggeva un paio di
volumi, mentre vagava per gli scaffali polverosi alla ricerca della giusta
collocazione, sembrando particolarmente impegnato nella sua opera.
- Che stai
facendo?
Il Kazekage la guardò come se avesse appena fatto la domanda più
stupida del mondo.
- Riordino.
Rispose semplicemente, scrollando le spalle
per l’ennesima volta.
Sakura lo fissò per un attimo interdetta.
Dove
diavolo era finito il Gaara della sabbia terrificante ed introverso con una gran
voglia di far fuori il prossimo? Sorrise leggermente.
- Ora capisco perché
Naruto vuole tanto fare l’hokage. Evidentemente non avete mai nulla da
fare.
Ino stava già indietreggiando quando salutò con un
frettoloso inchino.
Si era immischiata il giusto, ora poteva sparire alla
velocità della luce per evitare la reazione del ragazzo dietro la
scrivania.
Si voltò verso la porta, tendendo una mano per afferrare il
pomello di ottone luccicante, quando una voce la fermò.
- Come...?
Sakura
stava bene. Gaara assimilò la notizia, senza cambiare espressione, tenendo lo
sguardo sulla schiena della ragazza quasi in fuga.
Non poteva lasciarla
andare così, doveva sapere.
Ino si voltò piano, sospirando leggermente. Un
sorriso quasi compassionevole si dipinse sul suo volto, cancellato
immediatamente dalla reazione infastidita del ragazzo a
quella
vista.
Tornando a fronteggiarlo decise di cambiare strategia, meno
indugi, più parole.
- Come lo so? Le ho parlato. Mi ha raccontato tutto...
credo.
Il cipiglio del Kazekage si indurì ulteriormente, facendo rabbrividire
la bionda.
Decisamente, non riusciva a comprendere cosa trovasse Sakura in
quel tipo tetro e spaventoso.
- Cosa ti ha detto?
Probabilmente avrebbe
voluto suonare più deciso, ma quella stupida conversazione stava seriamente
minando la sua compostezza naturale.
La ragazza sembrò pensarci per qualche
attimo, spostando gli occhi azzurro cielo dalla traiettoria di quelli di Gaara,
per poi tornarvi, con maggiore decisione.
- So di voi.
- Credi che questo possa essere
considerato un ‘noi’?
Gaara lasciò scivolare il suo sguardo dalla mano di lei
che stringeva lievemente, lungo il braccio esile ma dalla forza inaspettata,
fino alla spalla leggermente scoperta e poi ancora più su, il collo, il mento,
le labbra, il naso, gli occhi...
Sakura lo guardava di rimando, in
attesa.
- Voglio dire... ci sei tu,
Riprese, più piano, intenzionata a
fargli capire quanto tenesse a quel discorso.
- e poi ci sono io. Giusto? Fa
un Noi?
Lo guardava, lo smeraldo dei suoi occhi aveva un brillio quasi
argentino e magnetico, mentre con i denti torturava il labbro inferiore.
Il
ragazzo abbozzò un lieve sorriso, stringendo di più la mano e tirando
leggermente, avvicinando a sé la ragazza. I loro sguardi si incrociarono
intensamente e quello di Gaara diceva tutte le parole che da lui non avrebbe mai
ottenuto.
‘Si, fa un Noi.’
- Io forse non dovrei immischiarmi, ma ormai credo
sia troppo tardi.
Borbottò imbarazzata, puntando lo sguardo ovunque tranne
che nelle iridi smeraldine del Kazekage.
Riprese a torturare le dita delle
sue mani.
Gaara restava immobile, in silenzio, forse aspettava altro.
- Mi
ha raccontato dei mesi che ha passato qua e se posso permettermi, Kazekage-sama,
l’avete resa felice.
- La sai una cosa? Sono felice.
Lo
disse con una strana luce nello sguardo, lo disse con un sorriso ampio sul viso,
lo disse tra una pigna di libri ed un’altra, lo disse abbandonandosi su una
sedia nel suo piccolo studio medico, lo disse dopo la giornata più lunga della
sua vita, lo disse dopo aver seguito le operazioni di un’intera squadra di ninja
medico trovatasi di fronte ad un’improvvisa emergenza, lo disse sospirando
allegra, lo disse guardando il ragazzo davanti a lei negli occhi.
- Stare qui
è un lavoraccio, ma è veramente appagante. Non pensavo mi sarei divertita
tanto.
Anche questo lo disse sorridendo, sorridendo a Gaara e lui soltanto,
al ragazzo che aveva detestato per il primo tempo, allo stesso ragazzo che aveva
scoperto essere così diverso da come appariva, all’amico inaspettato che aveva
trovato nell’afosa calura del deserto.
Il kazekage fece qualche passo verso
Sakura: anche lui aveva una strana luce nello sguardo ed un sorriso sul volto,
meno ampio, forse, ma un sorriso, anche lui giunse tra una pigna di libri ed
un’altra, si avvicinò alla sedia del piccolo studio medico su cui si era
abbandonata la ragazza e l’unica cosa che riuscì a fare fu abbandonare se
stesso, posando delicatamente le proprie labbra fredde su quella fonte
inesauribile di calore, sul morbido bocciolo della ragazza che all’inizio aveva
detestato, la stessa ragazza che aveva scoperto essere perfino migliore di come
appariva, di quell’amica inaspettata che aveva trovato nell’afosa calura del
deserto.
Lo vide addolcire lo sguardo, poco, pochissimo, ma
lo fece.
Non c’era neppure un abbozzo di sorriso sul suo volto chiaro, ma
quell’espressione quasi assassina era evaporata pressoché impercettibilmente,
lasciandogli sciogliere le membra, permettendogli un dolce sentore dentro, nel
profondo. [Si, l’aveva resa felice.]
- Ha ripreso gli allenamenti con
Tsunade-sama ed è tornata a fare missioni con Naruto.
Ricominciò Ino,
leggermente rincuorata, misurando le parole per evitare che l’espressione
inquietante tornasse a deformare quei lineamenti che, doveva ammettere, non
erano affatto male.
- Si stanno impegnando tanto entrambi per far tornare a
casa Sas—
- Come?
- Niente, non è
importante.
- Si che lo è.
- Stavo pensando a dove possa essere
adesso...
- Chi?
Sakura emise un lieve sospiro, raccogliendo le braccia al
petto e frizionandole con le mani per ricavarne un po’ di calore.
-
...Sasuke.
Nel deserto di notte la temperatura si abbassava improvvisamente,
sconvolgendo gli accaldati abitanti del villaggio della sabbia ed in particolare
i meno abituati visitatori di passaggio, come lei.
In quel momento però il
freddo sembrò congelarsi se possibile ancora di più.
Si poggiò sul parapetto
dell’ampia balconata, poggiando la testa sulle mani aperte, prima di voltarsi
verso il ragazzo alla sua destra.
- Gaara...
- Non c’è nessun
problema.
Ma lei non lo avrebbe mai creduto.
Si avvicinò di più a Gaara,
poggiando distrattamente una mano sulla sua, lasciando che le dita si
intrecciassero tra loro armonicamente, mentre il gelo che sentiva attorno si
faceva meno rigido e sentiva i muscoli del ragazzo sciogliersi leggermente.
Non riuscì a trattenere un sorriso, lusingata da quella mal celata
gelosia.
Gaara invece si voltò verso di lei, osservandola guardare
l’orizzonte, sentendola improvvisamente così lontana, come se avesse potuto
spiccare il volo da un momento all’altro, lungo la scia seguita da quegli occhi
di smeraldo.
Una rosa, ecco cos’era. Una rosa del deserto. Non c’è modo di
sapere come né dove compariranno, non c’è modo di sapere quale sarà il loro
aspetto, non c’è modo di controllarle, di intrappolarle, di limitarle: potrai
coglierle, potranno esserti vicino, ma mai, mai, ti apparterranno come
appartengono al deserto, alla sabbia che le ha generate, al sole che le ha
scaldate, al vento che le ha cullate, al calore che è solo ‘casa’.
Ino si morse un labbro, rivolgendosi mentalmente i
peggiori improperi, dettati dalla coscienza di aver detto un nome di
troppo.
Abbassò il capo, come in attesa dell’arrivo della sua sentenza di
morte, che però non giunse, sorprendendola.
Alzò gli occhi su quella statua
di sale oltre la scrivania, stupendosi di trovarla ancora immobile ed
inespressiva. Dio, veramente quel ragazzo aveva dei sentimenti?
Non vedendo
alcun cambiamento per un tempo che le parve infinito, decise di lasciare la
stanza per ricongiungersi, finalmente, con i compagni di squadra. Sarebbe uscita
di lì schizzando, innamorata della propria vita mantenuta, dopo essere riuscita
ad importunare il più temibile dei Kage ed esserne scampata incolume.
- Se
non le interessa sapere altro, io...
- Non vuoi sapere altro?
Gaara scosse
piano la testa, guardandola dritta negli occhi.
Sakura sbuffò.
- Ne sei
sicuro?
Questa volta annuì, sapendo di star esasperando la ragazza, ma
trovando la cosa piuttosto divertente.
- Voi uomini siete davvero
insopportabili!
Sbottò Sakura, chiudendo di colpo il libro che teneva in mano
e producendo un suono ovattato che si sperse velocemente nella stanza del
Kazekage.
- Con questa storia della sabbia e tutto il resto,
Riprese,
guardandolo negli occhi con aria piuttosto infastidita.
- non credere che non
rischierai mai di farti del male! Dovresti per lo meno imparare le basi della
medicina ninja, non è poi tanto difficile!
Gaara sorrise un po’, tendendo una
mano e spostando un ciuffo rosa ribelle che svolazzava impertinente sulla fronte
della ragazza mentre si agitava per portare avanti la sua preoccupata
arringa.
- Starò bene. Ci sei tu.
Probabilmente il più lungo insieme di
parole che gli sentiva articolare, probabilmente il più dolce che avrebbe mai
pronunciato in vita sua, ma pur sempre così fastidiosamente infantile.
Tutti
bravi a dire che si fidano di lei, senza sapere che lei stessa aveva problemi
con la fiducia in sé. Che sarebbe successo se lei non fosse stata lì? Se non
fosse stata in grado?
Quel giorno dovevano essersi invertiti i ruoli, perché
Sakura, prima di allontanarsi stizzita, lo fulminò con uno sguardo di
ghiaccio.
Fece qualche passo indietro, afferrando la maniglia
per la seconda volta, facendola scricchiolare mentre ruotava su se stessa.
Si voltò un ultima volta verso Gaara: aveva abbassato lo sguardo, come se si
fosse concentrato su altro, impassibile a qualunque notizia ricevuta in quella
conversazione breve ma carica di significato. Bene, poteva andare.
Gli diede
le spalle, superando la soglia, quando ancora da dietro si sentì chiamare.
-
Dov’è adesso?
Gli rivolse un’occhiata azzurra sfuggente, mentre cercava di
capire il significato intrinseco della domanda, inutilmente. La risposta era un
po’ scontata forse, ma era l’unica possibile.
- A casa.
-
Casa, mi manca un po’.
Disse, abbassando lo sguardo di smeraldo sulle braccia
incrociate al petto.
Sedevano su una panchina di pietra finemente lavorata
nei giardini della residenza del Kage da un po’. Tra loro regnava un silenzio
inusuale, specialmente da parte di Sakura.
- Gaara,
Bisbigliò quasi,
alzando lo sguardo e piantandolo da qualche parte verso l’orizzonte.
- Ho
bisogno di parlarti...
Gaara non parve stupito: fece scorrere stancamente una
mano tra i capelli rosso acceso e si voltò completamente verso di lei, gli occhi
colmati di una strana stanchezza, i lineamenti marcati probabilmente da una
tristezza che Sakura non vedeva da qualche tempo in lui.
- Sei
libera.
Disse soltanto, atono, vedendola girarsi improvvisamente con aria
stupita.
- Come?
Lo chiese nonostante sapesse che non si sarebbe ripetuto,
allargando gli occhi verdi e cercando di trovare una spiegazione in quelli del
ragazzo, invano.
- Lo sapevi?
Sospirò piano Sakura, perdendo il contatto
con lo sguardo di Gaara, cercando di nascondere inutilmente le proprie
emozioni.
- No.
Rispose il ragazzo, riuscendo ancora perfettamente a
controllare il tono della propria voce, facendo rabbrividire la rosa.
-
Ascoltami, devo spiegarti...
Iniziò, tentennando lievemente e spostando
freneticamente lo sguardo, nel chiaro intento di non incrociare mai quello di
Gaara, che nel frattempo la osservava, in silenzio, muoversi impacciata tra la
tristezza e l’indecisione.
- Tutto quello che abbiamo avuto, tutto quello che
c’è stato era semplicemente... stupendo. Però, Gaara, non può andare avanti. Tu
sei una persona fantastica e non...
Trasse un respiro veloce, torcendo le
dita tra loro e muovendo le gambe con una cadenza ipnotica.
- Io non posso
continuare a prenderti in giro.
Tornò a calare il silenzio, mentre con lui
calava la lama amara della sentenza, accolta da un giovane ninja che non
riusciva più a guardarla in volto ed attendeva solamente, con il capo chino, che
tutto questo arrivasse ad una fine.
- Quando sono arrivata qui ero distrutta:
Sasuke se n’era appena andato, Naruto stava peggio di me probabilmente, poi è
partito anche lui. Ero rimasta sola, se non per le poche ore al giorno che
trascorrevo con Tsunade-sama. Poi sono arrivata a Suna, c’era il lavoro, c’erano
le tecniche nuove... c’eri tu. Tutto questo era meraviglioso, l’appiglio di cui
avevo bisogno, la forza che mi mancava; in te vedevo Naruto, il suo passato, il
suo bisogno di qualcuno vicino, la sua capacità di essere forte, sempre; vedevo
Sasuke nei tuoi modi freddi e distaccati, nel tuo essere così speciale, nel tuo
essere superiore. Ed era davvero tutto quello che mi mancava, la casa che non
avevo più.
Perdonami Gaara, sono così infantile. Mi sento in colpa, mi sento
un vero schifo... ti ho... usato, non ci sono scuse. Ora... Tsunade vuole che
torni a fare il mio apprendistato e Naruto sta per ritornare a Konoha. Io...
ancora una volta, ho bisogno di ‘casa’.
Sospirò ancora, cercando di trovare
nell’ossigeno la forza che le mancava per resistere, per riuscire a trattenere
le lacrime, per impedirsi di alzarsi e scappare.
Gaara tornò a guardarla in
volto, incrociando lo sguardo supplichevole di lei in attesa.
Qualche
granello di sabbia raggiunse la sua mano pallida aperta, seguito da molti
altri.
Nel palmo minuto, grumi fini si univano, si muovevano, si
avvicinavano, mostrando una parvenza di forma per un attimo, poi spostandosi
nuovamente, cancellandola.
Sakura lo guardava incantata, cercando di seguire
ogni piccolo gesto, cercando ogni tanto una spiegazione nel volto chiaro del
ragazzo, trovandovi solo un’illeggibile tranquillità.
Dopo qualche attimo
sentì la mano di Gaara afferrare la sua ed aprirla dolcemente.
Le allungò le
dita con cura, come se le stesse carezzando, prima di posarvi con calma un
qualcosa di solido e ruvido.
Quando la mano del ragazzo si allontanò, Sakura
poté riconoscere nell’oggetto di sabbia una piccola, armoniosa, incantevole
rosa.
- Sei libera.
***
Quando qualcuno aprì la porta del suo ufficio senza
bussare non alzò lo sguardo dalle carte che lo tenevano impegnato, pensando che
probabilmente sarebbe stata Temari, o forse Kankuro, venuti a dargli qualche
notizia che molto probabilmente non lo avrebbe interessato o semplicemente a
riempire la stanza con il loro rumoroso cianciare.
- Ne, Gaara, quanto
tempo!
Una voce inconfondibile lo distrasse dal suo lavoro, seguita da una
serie rumorosa di passi nella sua direzione.
- Naruto?
- In carne ed ossa!
Ehi, ti sei sistemato bene eh?
Sorrise gioviale, ammiccando alla stanza ampia
e dall’arredamento ricercato e certamente costoso, fermandosi poi a guardare con
gli occhi azzurro limpido la tunica da Kazekage che indossava.
Gaara era
rimasto seduto, abbozzando un leggerissimo sorriso di fronte alla solita
irruenza del vecchio amico, dimenticandosi di informarsi sul perché fosse
lì.
- Uh, non sono qua da solo. Credo che la parte che ti interessi debba
ancora arrivare, se non è morta per la corsa. Wow, non l’ho mai vista andare
così veloce...
Se prima era rimasto immobile, questa volta Gaara gelò,
comprendendo il sottointeso nelle parole di Naruto e sentendo la sicurezza ed il
controllo ottenuto dopo quei mesi di distacco abbandonarlo velocemente,
lasciandolo in balìa del momento.
Tutto quello che riuscì a percepire nei
minuti a seguire fu un passo che ben conosceva riempire con il suo leggero
rumore i corridoi fino al suo ufficio, una figura sottile fiondarsi all’interno,
mentre gli occhi di lui si riempivano di un caldo rosa e da quel verde familiare
ma non suo vedeva cadere qualche stilla d’argento; riprese coscienza di sé
quando sentì una presa al petto e scorse Sakura nascondere il viso tra le pieghe
della sua veste, stringendo qualcosa in una mano e premendola contro il suo
torace.
- Gaara, Gaara, Gaara, Gaara.
E la vide, stretta tra le dita,
leggermente consumata dal tempo e da tutte quelle volte in cui la ragazza
l’aveva tenuta in mano per sentirne il lontano calore, ancora piccola, ancora
armoniosa, ancora incantevole, la rosa di sabbia.
- Io, Gaara... io... ho
sbagliato. Ho frainteso, mi sono fraintesa... quello che c’è stato, Noi, mi sei
mancato così tanto! Perdonami, ti prego...
Ma non ci furono più parole. Con
una mano Gaara alzò il volto della sua Rosa [sua, sua, sua.] e posò le
proprie labbra su quelle della ragazza.
Dietro di loro Naruto bofonchiò
qualcosa a metà tra il divertito e l’imbarazzato, iniziando ad allontanarsi
continuando a ridacchiare tre sé e ripetere a bassa voce ‘Non vedo l’ora di
vedere la faccia di Sasuke quando lo saprà!’.
Il Kazekage sentì Sakura
sorridere sulle sue labbra e aumentare la stretta delle sue mani sulla lunga
tunica.
[Una rosa, ecco cos’era. Una rosa del deserto. Non c’è modo di
sapere come né dove compariranno, non c’è modo di sapere quale sarà il loro
aspetto, non c’è modo di controllarle, di intrappolarle, di limitarle: potrai
coglierle, potranno esserti vicino, ma mai, mai, ti apparterranno come
appartengono al deserto, alla sabbia che le ha generate, al sole che le ha
scaldate, al vento che le ha cullate, al calore che è solo ‘casa’.]
E
allora lui, in quel momento e in tutti quelli a venire, finché i petali dorati
lo avessero desiderato, Lui sarebbe stato il suo Deserto.
***
- Ne, arrivederci Gaara! La prossima volta che ci vedremo sarò anch’io un Kage, puoi contarci!
- Ma certo.
- Gaara, ora devo partire, non ho scelta.
-Lo so.
- Dobbiamo tornare a... Konoha. Ma sarò di ritorno a Casa il prima possibile.
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Questa fic ha partecipato
parecchio tempo fa al contest crack pairing indetto da Miya86, ma che non ho mai
pubblicato prima perchè sinceramente non mi piace molto.
Tuttavia,
considerata la faticaccia che ho fatto e anche l'impegno che comunque ho messo
in questa creazione, non mi sembrava giusto non pubblicarla.
Lascio quindi a voi il giudizio, spero mi farete sapere che ne pensate, anche se vi fa schifo! Grazie!
Miki.^^
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