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Autore: unicorn_inthemind    13/04/2014    0 recensioni
L’ultima occhiata la gettò sulle mura dell’accampamento, là dove gli arcieri alleati scagliavano le frecce con la precisione di chi si allena sin da bambino a scoccare i dardi.
Non vedeva altro che una lunga striscia grigiastra; ma sapeva bene che tra le file di quell'accozzaglia c’è anche lei. Chissà se la stava vedendo morire, se stava piangendo o dissimulando il dolore. Chissà se stava incoccando la freccia e prendendo la mia sul grande capo del barbaro per tentare di vendicarsi.
La sua amata Idril, le si sarebbe spaccato il cuore nel saperla morta. Ecco, se in quel momento le avessero chiesto cosa le sarebbe mancato di quella vita, avrebbe fatto il suo nome.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Souvenirs d’un guerrier mourant.
 

 
Alida sentiva il sangue pulsare frenetico all’altezza del cuore per poi defluire copioso dallo squarcio sul fianco. La lama appena divelta dalla ferita dell’avversario sfavillava vermiglia nel suo pugno e lì sarebbe rimasta sino alla fine, chiusa nella fredda morsa della morte.

Fendette debolmente l’aria alla ricerca del corpo nemico, ma la vista era annebbiata e vedeva solo ombre urlanti muoversi - e alcune di loro erano solo allucinazioni -. Maledetta lama avvelenata, maledetti nemici codardi che colpivano alle spalle e lasciavano morire i loro avversari non solo doloranti ma anche in preda alla follia. Non c’era proprio onore tra i Barbari delle montagne; ma lei non si sarebbe lasciata morire come la bastarda votata alla guerra che tutti osservavano con ribrezzo e paura, lei sarebbe morta da guerriera trovando la gloria nel riposo eterno.
Un nuovo colpo, un nuovo squarcio dolorante che le portava via dalle membra altra linfa vitale; il Barbaro che l’aveva infilzata ghignava, i denti marci e il volto imbrattato di sangue e sterco. Cane bastardo, credeva di avere vinto, di avere ucciso il Demone Nero.

Così l’avevano soprannominata: Demone per la sua furia cieca, Demone per il suo carattere aggressivo e repulsivo; Nero poi, Nero come i capelli tagliati corti e gli occhi opachi che s’illuminavano solo nel vedere il sangue, e Nero, infine, come gli abiti da cupa mietitrice che indossava in battaglia, per proclamarsi giustiziera sul campo di battaglia.

Morire non le sarebbe dispiaciuto, dicevano che dall’altra parte vi fosse una grande arena in cui dimostrare il proprio valore in un’eterna lotta tra uomini e Dèi.
Forse.

Oramai, non le faceva alcun effetto sapere di lasciare la terra che aveva calcato e assaggiato migliaia di volte, non le provocava rabbia e vomito il sapere che il suo corpo non sarebbe mai tornato indietro all’accampamento. Nel sapere che quel bastardo l’avrebbe trascinata, ormai cadavere, sino al suo campo per scuoiarla o appendere il suo capo sulla picca più alta delle mura, magari anche violentato il suo corpo vuoto.

Bruciavano solo le ferite e la sconfitta, a lei che si era creduta invincibile.

L’ultima occhiata la gettò sulle mura dell’accampamento, là dove gli arcieri alleati scagliavano le frecce con la precisione di chi si allena sin da bambino a scoccare i dardi.
Non vedeva altro che una lunga striscia grigiastra; ma sapeva bene che tra le file di quell’accozzaglia c’è anche lei. Chissà se la stava vedendo morire, se stava piangendo o dissimulando il dolore. Chissà se stava incoccando la freccia e prendendo la mia sul grande capo del barbaro per tentare di vendicarsi.
La sua amata Idril, le si sarebbe spaccato il cuore nel saperla morta. Ecco, se in quel momento le avessero chiesto cosa le sarebbe mancato di quella vita, avrebbe fatto il suo nome.

Idril era stata per lei il centro del mondo, la salvezza per la follia che la uccideva ogni giorno. Adesso, tra il mescolarsi di ombre e forme nei suoi occhi, solo il viso della compagna era certezza, anche se tra tutte era la più vana delle illusioni.
Idril non era con lei, Idril non era lì.
Idril avrebbe saputo che se n’era andata solo a fine battaglia, avrebbe urlato a gran voce e si sarebbe rinchiusa nella loro stanza. Sentiva già i suoi singhiozzi sul giaciglio di paglia e pelli che tante volte avevano scaldato i loro corpi.
 

Idril. Idril. Idril. Idril.
La più grande e più bella delle illusioni; ma, tra quelle illusioni, la realtà e la certezza di ciò che è stato suo così intensamente da rimanere suo per sempre.
Idril e i suoi occhi grandi che avevano visto tanti orrori e in ognuno avevano saputo trovare il sole, il giusto in quella guerra. Idril che aveva abbattuto tutti i muri che si era costruita Alida negli anni, toccandola ben più a fondo che nel corpo. Idril che era nata come un gioco ed era divenuta realtà, col suo essere una ragazzina cotta d’una donna, anche se l’età che le separava era poco più che un passo.
Le sarebbero mancate le sue carezze al mattino per svegliarla, il suo respirare lenta nel sonno, distesa su un fianco; le sarebbero mancate le morbide colline di velluto che erano le sue labbra, gonfie e rosse - come le sue amate mele mature - per i troppi baci.

Idril, dal corpo esile eppure resistente come una roccia, come la canna che si piega al vento ma non si spezza.
Idril. Idril. Idril. Idril. Idril. Idril. Idril.
Era divenuta la sua ossessione, brama, passione, maledizione.

Le avevano detto che era peccato amare così tanto, ma lei aveva sempre guardato agli Dèi ghignante. Aveva sempre amato sfidare chi era superiore a lei; e forse quel lento impallidire della pelle, affievolirsi del respiro e sfuggire dell’anima erano la vendetta degli Dèi contro quella loro figlia stolta. O forse la chiamavano a loro per la sfida finale?
Poco importava.
Ovunque sarebbe migrata la sua anima, un brandello di lei sarebbe rimasto saldamente intrecciato all’anima della sua amata arciera. Come quando leghi assieme due lembi di stoffa e poi ne tiri uno di colpo: quello si strappa via, ma la parte annodata rimane lì con l’altro lembo

Le sarebbe mancato il profumo dei suoi capelli più sfavillanti del grano d’estate, dai mille ricci ribelli, che dicono siano capricci. E se così fosse lei di capricci ne avrebbe a migliaia: la sua continua voglia di baci sul collo, gli abbracci improvvisi in piena notte, la mania per le mele rosse e mature. E ancora e ancora e ancora...
Le faceva male lasciarla così, l’ultima cosa che le aveva detto era stata: “Attenta alle lance.”. L’ultimo bacio era stato così tante ore prima che non ne sentiva più il sapore sulle labbra.

Il cuore si contrasse un ultimo, doloroso spasmo all’idea che non avrebbe più incatenato i suoi occhi in quelli dell’altra. Non avrebbe mai più passato le dita tra i suoi fili dorati, i polpastrelli sulle curve morbide e quei seni piccoli e rosei, come pesche, che stavano caldi e amati nei suoi palmi. Già le mancava vederla con indosso solo una collana di morsi ad adornare il suo collo dopo notti di passione; già le mancava il suo sorriso stanco a fine battaglia, che sembrava dire: “Sono a pezzi, ma sei al mio fianco.”.
E mentre una lacrima scavava il suo solco cristallino per la guancia ormai colorita del pallore della morte, così la sua anima scivolava via dalle membra, salendo onirica verso quel Cielo di guerrieri gloriosi.

Spero solo esista un’altra vita dopo questa, così da poterla incontrare ancora una volta. Perché anche con un altro viso e un altro nome io l’amerei comunque.

Così come una rosa che con un altro nome conserva il suo profumo, Idril con un altro viso conserverebbe il suo splendore



Angolo autrice:
Lo so che dovrei dedicarmi ad "American Cafe" e "Figlio dell'Oceano", ma riordinando la mia cartella delle ff mi è capitata in mano la mia prima femslash e ho voluto condividerla.
E neppure ricordo se l'avevo già pubblicata e poi cancellata o meno.
Comunque l'ho revisionata, corretta (spero del tutto) e pubblicata. Spero vi sia piaciuta <3
Baci. Uni.
   
 
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