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Autore: believeinmuffins    13/04/2014    1 recensioni
Molti lo chiamano destino, io lo chiamo "ciò che mi aspetta"!
Ed ho constato che la maggior parte delle volte, inizialmente, è esattamente l'opposto di ciò che desideravo, o forse no?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: PWP | Contesto: Contesto generale/vago
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Cinque.

 

Dylan continuava a fissarmi negli occhi aspettando una risposta, il sorriso finto che mi ero stampata sulla faccia avvicinandomi a loro era scomparso, lasciando spazio ad una linea rigida e seria.
La bionda aggrappata al suo braccio mi guardava stranita. La guardai di traverso spostare lo sguardo su Sophie che ancora accanto a me, guardava in cagnesco Dylan.
"Dylan.." lo richiamò la bionda a bassa voce alzando un sopracciglio.
"Tesoro.." mi venne la pelle d'oca e gli occhi iniziarono a bruciarmi per l' irritazione.
"Perché ha detto che sono tua cugina?" alla sua domanda spostai gli occhi su di lui inarcando leggermente le labbra in una specie di sorriso.
"Appunto, perché mi hai detto che è tua cugina?" la ragazza era sempre più stranita e io sempre più incazzata.
Continuai a guardarlo negli occhi notando tutta la sua rabbia e sospirai scuotendo leggermente il capo, abbassandolo.
"Sei gelosa Annabeth?"
Lo guardai sbalordita, non poteva aver detto veramente una cosa simile.
"Stai scherzando spero!" dissi alludendo a quello che c'era stato tra di noi, rimanendo con la bocca leggermente aperta e gli occhi spalancati che bruciavano per la rabbia.
"E meglio che te ne vai"
"Non serve che tu me lo dica."
Mi girai stizzita e incominciai a camminare stringendo a pugno la mano aggrappata sul manico della borsetta e l'altra nella tasca della giacca.
Sophie mi affiancò e senza dire nulla mi seguì fino in bar dove raccattai tutte le mie cose dall'armadietto, salutai Matt abbracciandolo e promettendogli di venire a trovarlo presto.
 
"Ragazze, la cena arriva fra poco!" urlò Bob dalla cucina.
"Arriviamo!" rispondemmo noi all'unisono.
Ci alzammo dal letto dove eravamo bellamente spaparanzate a guardare dei video sul mio laptop e andammo in cucina dove Bob, tutto contento, stava preparando la tavola.
Io e Sophie non avevamo più parlato di quello che era successo nel pomeriggio, se c'era qualcosa che però avrei voluto dirle era che volevo mandare tutto a fanculo.
Avevo perso il lavoro, Dylan e ora cosa mi restava? Sophie era l'unica persona che volevo tenermi stretta, non ce l'avrei fatta senza di lei.
 
Suonarono al campanello due volte di seguito e Bob posando l’ultima forchetta sulla tavola si precipitò ad aprire.
“Secondo piano” rispose al citofono e aprì la porta, recuperando il portafoglio dal retro dei pantaloni.
Pagò il ragazzo che gli porse la borsa con la cena e ritornò in cucina sistemando tutto sulla tavola.
“Mmh che profumino!”
Sophie raggiante si sedette accanto a me, portando le mani sul viso; seguiva ogni movimento di Bob ed io, trattenendo una risata, la guardavo incrociando le gambe sulla sedia; non l’avevo mai vista così affamata.
“Allora, qui ci sono i Nigiri” Bob passò il contenitore di carta a Sophie che intanto spezzava le bacchette sempre più felice.
“Il mio pollo alla griglia e qui i tuoi Maki”
Spezzai le bacchette e iniziai a mangiare in tranquillità guardando Bob che per la millesima volta non si arrendeva nel provare a mangiare con le bacchette.
“Abbiamo ancora un po’ di salsa di soia in frigo?” chiesi alzandomi e andando verso il frigo.
Bob annuì con la bocca piena, aprì il frigo e presi il flaconcino con la salsa scura e tornai al mio posto.
“Mamma mia, ma non sono buonissimi? Credo che potrei morire per un affarino del genere” sentenziò Sophie mettendosi in bocca il terzo Nigiri in pochi minuti.
La guardai sconvolta “Ma stai bene?”
“Mai stata meglio” rispose con la bocca piena.
Spostai il braccio facendo una faccia schifata e lei scoppiò a ridere dopo aver mandato giù il boccone.
“Ma si è fumata qualcosa?” intervenne Bob bevendo un sorso di birra giapponese.
“Sinceramente spero” ridacchiai guardandola mentre iniziò a tenermi il broncio e continuando a mangiare la sua cena.
 
Poco più tardi eravamo sistemati tutti e tre in soggiorno, Bob sulla sua poltrona e io e Sophie raggomitolate sul divano.
“Sophie non è il film di tua mamma questo?” le chiesi selezionando il film “One way to love” dal menù di Sky.
"Sì sì, è uno dei più vecchi, è quello in cui si è innamorata di mio padre" sorrise a quelle parole accocolandosi di più sul divano.
La mia famiglia e quella di Sophie sono sempre state differenti, i suoi genitori erano spesso lontani da casa ma quando erano con lei si comportavano da vera famiglia. Io ho sempre e solo avuto -per così dire- mia mamma; fino a quando non fu sbattuta dentro per rapina due anni fa. Le ho sempre voluto bene, a modo mio però. Non sembravamo madre e figlia, io non riuscivo a confessarmi con lei, a dirle i miei problemi e lei soffriva ancora, dopo 20 anni, l'abbandono di mio padre cercando di placarlo bevendo e prendendo medicinali strani. Bob è stato una mano dal cielo -se così si può definire- è un amico d'infanzia di mia madre, è sempre stato vicino a lei e si è preso più volte lui cura di me che lei.
Bob si schiarì innervosito la voce e si sistemò meglio sulla poltrona, capii subito che c'era qualcosa che non andava e gli chiesi subito se andava tutto bene.
"Si si, a meraviglia"
"Bob non dirmi balle, cosa c'è che non va?"
"Okay, te lo devo dire" parlò tra se e se e fece un respiro profondo.
"Domani sono 26 mesi esatti da.."
"No" sussurrai "non può essere" mi misi a sedere e guardai sconcertata Bob.
"Lo so Annie, è un sacco di tempo che non la vedi e sarà difficile, ti chiedo solo di non cadere, di farti forza e non entrare più in quel giro"
"Non sono una pazza psicopatica come lei Bob, se mi fumo ogni tanto erba non vuol dire che sono una drogata!" alterata mi alzai dal divano.
"No no, Annie non hai capito. Non ho detto questo."
Ammiravo molto Bob, aveva sempre una grande pazienza con tutti, e soprattutto con quella testa calda della sottoscritta.
"So che sei arrabbiata con lei.."
"Arrabbiata? Sono furiosa! Mi ha abbandonato a me stessa e non solo da due anni. Da quando mio padre l'ha piantata sul ciglio della strada! Per quanto io possa ricordare c'eri sempre e solo tu, non lei!" mi bruciavano gli occhi e le mani mi tremavano.
Domani l'avrei rivista e cos'avrei dovuto dirle dopo due anni? "Ciao"? Sarebbe bastato? No, e lo sapevo benissimo.
Sophie mi affiancò mettendomi una mano sulla schiena e tirandomi verso il suo petto per abbracciarmi, soffocai un singhiozzo.
Ero a pezzi.
Bob la imitò e si sedette affianco a me accarezzandomi i capelli.
"So di non essere il tuo vero padre, ma tu per me sei come una figlia Annie, non ti lascerò rovinarti la vita per l'egoismo di altre persone."
Parole più adatte non c'erano e anche se non sapeva tutto ciò che mi aveva piano piano spezzato negli ultimi giorni, lo vedeva, lo sentiva, proprio come doveva fare un genitore.
"Annie," Sophie richiamò la mia attenzione "se ti può fare star meglio puoi venire da me un paio di giorni, lo sai che c'è posto e casa mia è come se fosse la tua."
"Non ho bisogno di compassione, Sophie" singhiozzai tornando di nuovo tra le sue braccia.
La sentii sospirare e continuò ad accarezzarmi la schiena finché non mi calmai.
 
Il suo telefono squillò risvegliandomi leggermente dai pensieri che mi annebbiavano la mente.
"Fra 10 minuti Alex passa a prendermi, non ti dispiace che me ne vado vero?" mi chiese con una voce dolce e dandomi un buffetto sulla guancia facendomi sorridere.
"Tranquilla, vai pure"
"Non me ne vado finché non mi fai un sorriso" incrociò le braccia al petto fissandomi, la guardai e mi veniva da ridere, ma cercai di trattenermi, abbassai lo sguardo e sospirai.
"E no, non ricominciare!" mi alzò il viso delicatamente.
"Eddai, fai un sorriso alla più bella migliore amica di tutti i tempi" scoppiai a ridere vedendo la sua faccia da cucciolo mentre mi pregava di renderla felice.
"Brava cocorita!"
"Cocorita?" alzai un sopracciglio guardandola divertita.
"Dai, sempre che ti lamenti, stai zitta e abbracciami!"
"Ecco, mi sembrava troppo strano che fossi dolce" ridemmo entrambe e ci abbracciammo di nuovo.
"Annie puoi accompagnare Sophie giù e porti le immondizie mentre io vado a farmi una doccia?" mi chiese Bob con aria stanchissima.
Acconsentii e prendendo il sacco bianco dall'angolo della cucina accompagnai Sophie da Alex.
"Amore mio!" si salutarono baciandosi come se non si vedessero da mesi ed io non potei che sorridere anche se quella sensazione mi lasciò un leggero amaro in bocca.
"Ehi Annie, perché sei scesa?" mi chiese Alex, salutandomi con un bacio sulla guancia.
"Ah niente di che, dovevo portare queste giù" dissi alzando il fatidico sacco.
"E non potevi darlo a lei?" mi chiese con una punta di nervosismo nella voce.
Gettai il sacco nel bidone e tornai accanto a loro.
"Perché scusa? È roba mia, non faccio portare agli ospiti la spazzatura!" mi venne da ridere per quanto fossi sconvolta dalle sue constatazioni.
"Vabbè, torna su, ci si vede!" mi salutò trascinando Sophie alla macchina nera parcheggiata dall'altra parte della strada.
"Alex che ti prende?!" urlò la rossa liberandosi bruscamente dalla sua presa.
"Non trattarla.."
"Soph lascia perdere, non fa niente."
Mi girai per tornare nell'atrio del condominio ma il rumore di una porta sbattuta alle mie spalle attirò la mia attenzione.
Non potevano averla già raggiunta se erano a due passi da me.
"Ecco perché" ringhiò tra i denti il riccio lasciando il polso di Sophie.
Dylan si avvicinò a noi instabile, dedussi che aveva bevuto, sicuramente non poco.
"Allora, la principessa è scesa?" cantilenò quest'ultimo rivolto a Sophie.
Il mio cuore iniziò a battere sempre più forte, mi immobilizzai sul posto fissando la scena scioccata.
"Fa che non si accorga di me, fa che non si accorga di me, fai che.."
"Ciao Annie" ridacchiò e mi si parò davanti.
Indietreggiai schifata dall'odore di alcool che proveniva dal suo alito.
"L'amichetto dove l'hai lasciato questa sera?" mi prese in giro.
Inizialmente non capii a cosa si stava riferendo, ma poi collegai tutto.
Matt.
"Ma sei stronzo?" gli chiesi con voce esasperata. “Tu credi veramente che..oh mio dio! Senti, prima di farmi innervosire ancora di più, sparisci da qui e mi raccomando.." mi avvicinai al suo viso "salutami la tua cara cuginetta!" e lui iniziò a ridere barcollando all'indietro.
"Dylan è ora di andare" lo richiamò Alex con voce dura, staccandosi dalla presa di Sophie.
"Ma la senti?" rise ancora "mi scarica tutte le colpe! Ma guarda te!"
Si avvicinò al mio viso imitando lo sguardo che avevo tenuto io quando mi ero avvicinata a lui.
"Tu sei la santa vero Annabeth? Quella che non sbaglia mai. Quella che fa tutte le cose giuste. Quella che non si rende conto che magari qualcuno ci può anche rimanere male!" alzò la voce alla fine della frase facedomi corrugare la fronte per il fastidio.
Lo guardai accigliata e presa dalla rabbia gli tirai una sberla.
"Che cosa vuoi da me Dylan?!" alzai la voce "Perchè non sono cretina! Prima mi scopi, poi ti fai un altra e hai pure il coraggio di venirmi a dire qualcosa?" ripresi fiato aspettando che mi urlasse ancora contro.
 "Ho bisogno di te, Annie."
L'odore dell'alcool mi stava dando la nausea, lo allontanai da me sbuffando.
"Vai a casa Dylan."
E non se lo fece ripetere due volte, girò i tacchi e barcollando tornò alla macchina, seguito da Alex che era piuttosto incazzato.
Sophie mi guardò senza sapere cosa dire e si avvicinò a me, mi accarezzò il viso e promise che l'indomani ci avrebbe parlato lei.
"Non voglio che vi mettiate in mezzo tu ed Alex, è un problema nostro."
"Non chiuderti in te stessa Annabeth."
La guardai raggiungere la macchina e salire nei posti dietro.
 
Tornai in casa chiudendomi la porta alle spalle e appoggiando la testa al legno freddo con ancora la mano sulla maniglia. Feci un respiro profondo e mi allontanai da li, dirigendomi in camera.
Aprii il secondo cassetto del comodino e tirai fuori una scatola di metallo, l'appoggiai sulla scrivania e la aprii.
L'occorrente c'era e mi misi a rollare una canna, quando finii me la misi in bocca sistemando tutto il resto al suo posto.
Sedendomi sulla sedia di fronte alla scrivania recuperai l'accendino, ma non l'accesi subito. La tolsi dalla bocca e la esaminai percorrendo con due dita da estremità a estremità.
"Ti chiedo solo di non cadere" aveva detto Bob, e io glielo dovevo.
La gettai sulla scrivania e mi alzai dalla sedia sbuffando, indossai il pigiama e raccogliendo i capelli in una treccia mi misi a letto e iniziai a fissare il soffitto.
"Chissà se contare le pecore mi farà addormentare" pensai e iniziai "1..2..3..".
Niente da dire, aiutò a non farmi pensare a tutto quello che mi era capitato ma prima di addormentarmi arrivai oltre le 200 pecore.
 
L'indomani mi svegliai con il suono insistente del campanello e con Bob che dal bagno mi urlava di alzarmi ed andare ad aprire.
Scocciata mi alzai dal letto e strascicando i piedi a terra raggiunsi la porta pronta ad imprecare a chiunque stesse facendo tutto quel casino.
Aprii la porta e mi affacciai sulle scale per vedere chi saliva. Sentii una voce fin troppo familiare che indicava il piano, rientrai ed aspettai sul ciglio della porta per essere sicura di aver sentito bene. Un carabiniere mi si presentò davanti dopo pochi minuti e io rimasi impietrita ripensando alla canna rimasta sulla mia scrivania. Pensai a tutte le cose peggiori per cui l'uomo davanti a me si trovava li, ma fino a quando lei non apparse al suo fianco con un altro poliziotto alle sue spalle mi ricordai la cosa più importante.
Era tornata.
Indietreggiai nell'appartamento e senza dire nulla chiusi di scatto la porta in faccia ai tre e mi precipitai in camera.
Correndo quasi mi schiantai contro Bob che era appena uscito dal bagno e preoccupato mi guardava.
Recuperai il borsone da sotto il letto e lo gettai di sopra, mi girai e frugando nell'armadio recuperai più cose possibili e le feci stare tutte dentro al borsone.
Mi cambiai con le prime cose che mi passarono di mano e uscii di fretta dalla stanza.
Trafelata giunsi in soggiorno dove Bob teneva la mano a mia madre che cercava di sorridergli anche se il suo sguardo emanava solo tristezza. Gli passai davanti e con mia grande sorpresa colsi solamente i loro sguardi, ma nessun commento. Bob sembrava triste, ma comprensivo mia mamma..beh, era meglio se non la guardavo troppo in faccia, avrei rischiato un attacco isterico.
Uscii di casa e recuperai la bici legata accanto al portone, percorsi il vialetto e iniziai a pedalare senza meta.
 
Ritrovandomi davanti a casa di Sophie, suonai il campanello.
Mi venne ad aprire Lauren, sua mamma, e mi fece entrare abbracciandomi felice.
"Come stai Annabeth? Fatti guardare, sei sempre più bella!" si fermò a guardarmi dopo avermi abbracciato, con un leggero sorriso sul volto. "C'è qualcosa che non va?"
"Annie!" Sophie comparve dalla cucina con un grembiule azzurrino legato in vita.
Feci un respiro profondo guardandola e lei capii.
"Oddio" sussurrò.
"Qualcuno mi vuole spiegare cos'è successo?" chiese Lauren spostando lo sguardo da me a sua figlia.
"Mia mamma è tornata a casa" le risposi con voce ferma; non ci credevo ancora fino a quando non lo dissi.
Sophie mi raggiunse e prendendomi per il polso mi accompagnò in soggiorno dove ci sedemmo sul divano. Lauren senza dire nulla, prese il mio borsone e sparì al piano di sopra.
"Come stai?"
"Non credo di volerne parlare, appena l'ho vista ho provato un senso di rabbia dentro di me e le ho sbattuto la porta in faccia, poi sono venuta qui..sto bene, almeno credo" mi passai la mano sulla fronte sospirando.
"C'è qualcosa che dovrei dirti, ma forse è meglio parlarne più tardi"
"Tanto non potrebbe andare peggio Sophie, dimmi"
“Quando siamo saliti in macchina, Alex ha iniziato ad insultare Dylan perché era sceso dalla macchina dopo che l’aveva avvisato di non farlo, lui continuava a dire che se non l'avesse fatto tu ti saresti arrabbiata perché sei la sua migliore amica e poi, preso da un attacco di nervosismo si è messo a piangere come un bambino ripetendo che ha bisogno di te e che aveva rovinato tutto.”
"Ci sto capendo sempre meno" sospirai.
"Annie, te l'ho già detto, gli piaci"
"Sono la sua migliore amica, l'ha detto anche lui"
"Avete fatto sesso, non puoi essere solo la sua migliore amica" constatò incrociando le braccia al petto e sbuffando.
"Avevamo bevuto e fumato Sophie" spazientita mi alzai dal divano.
"Non centra, ma.."
"Nessun ma, quello che è stato è stato, ne parlerò con lui perché ora non capisco proprio cosa vuole da me."
Sospirando Sophie si alzò dal divano e circondandomi le spalle con un braccio mi abbracciò.
"Vieni a finire la torta con me?" mi chiese cambiando discorso, annuii e la seguii in cucina.
 
Mi infilai il grembiule di Lauren che, dopo essere tornata in cucina e avermi detto che aveva lasciato le mie cose in camera di Sophie, ci lasciò da sole.
“Imburro la teglia?”
"Si si, il burro è ancora in frigo e prendi anche lo yogurt"
Presi il tutto e imburrai la teglia per poi iniziare a preparare una crema con lo yogurt mentre lei sistemava il pan di spagna nella teglia.
"Oddio, assaggia che buona!" esultai felice, porgendole il cucchiaino pieno di crema.
"È perfetta!" disse prendendosene ancora un pò.
"Ehi, non mangiarla tutta, ci serve!" risi togliendole dalla portata la ciotola e avvicinandomi alla teglia.
Versai tutto contenuto aiutandomi con un cucchiaio che poi diedi, assieme alla ciotola, a Sophie che tutta contenta ripulì mangiandosi ciò che era rimasto nei bordi.
"Se non fossi arrivata io non l'avresti neanche finita di fare che avevi già mangiato tutto!" constatai ridendo e lei mi fece la linguaccia.
Presi le fragole che poco prima aveva tagliato a metà e le misi sopra ricoprendo tutta la superficie.
"È bellissima" commentò Sophie con la bocca tutta sporca di crema, risi e la sistemai in frigo.
"E ora puliamo tutto sto casino che hai fatto!"
"Ehi! Io non ho fatto nessun casino!"
Mi girai a guardarla male indicando con un dito il bancone sporco di granella e fragole.
Nello stesso momento suonò il campanello e Sophie sussultò sulla sedia su cui si era sistemata a mangiare.
"Uh, questo dev'essere Alex!" saltò in piedi e si avviò all'entrata mentre iniziai a lavare la ciotola e le posate.
"Amo...Dylan?!" la sentii esclamare con il solito tono con cui solitamente salutava Alex che però si trasformò in un gridolino appena cambiò nome.
Mi cadde di mano la ciotola, che finì nel lavandino.
"Oh cazzo"


Buonasera gente!
E insomma, tralasciando il fatto che ci ho messo come sempre troppo tempo per pubblicare, voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto i primi 4 capitoli!
Enniente, dovrei smettere di finire i capitoli in questo modo vero? ahaha 
Spero vi sia piaciuto, alla prossima!
Em.

  
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