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Autore: Tsunami_99    14/04/2014    1 recensioni
tratto dal testo
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Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era una giornata normale, la pioggia batteva inesorabile sulle strade di Londra inzuppando tutti i lavoratori e studenti colti alla sprovvista senza ombrello e dava parecchio da fare ai tergicristalli delle automobili. 
Anche per Willow era un giorno come tutti gli altri e, come sempre, era in tremendo ritardo. Con una mano si teneva al palo rosso e rugginoso dell’autobus mentre con l’altra trastullava il cellulare controllando l’ora ogni due secondi, conscia che non ce l’avrebbe mai fatta ad arrivare in tempo.
Merda, dai, ma quanto ci mette questo cavolo di autobus ad arrivare?!
L’automezzo sembrò dare ascolto alle preghiere della ragazza che si fiondò giù e imboccò di corsa il sottopassaggio che portava alla metropolitana. Perse minuti indispensabili a cercare nel caos della borsa la tessera dei trasposti. 
Fece i gradini a tre a tre e s’intrufolò tra le porte della metro proprio quando quelle si stavano chiudendo.
Willow tirò un sospiro di sollievo, era diventata un’esperta a scivolare tra le porte come una sottiletta in un toast.
Controllò per l’ennesima volta il telefono; erano le 7.58, se avesse corso sarebbe riuscita ad arrivare nell’atrio circa alle 8.05 e se le fosse rimasto abbastanza fiato in gola per arrampicarsi su quattro rampe di scale sarebbe entrata in classe giusto al suono della campanella, alle 8.10.
La ragazza finì d’elaborare la sua strategia giusto il tempo d’udire il conducente avvertire tutti i passeggeri di scendere dal treno.
E secondo te esistono persone così idiote da salire in metro per poi rimanere in carrozza? Demente… pensò Willow scocciata.
Imboccò le scale e saltò il casello, tanto aveva già timbrato, a che pro farlo nuovamente?
Salutò con un cenno della mano un barbone che campeggiava sempre a quella fermata, si riportò la borsa in spalla e fece uno scatto degno di quel nome e percorse sotto la pioggia la strada che portava al cancello. Pensò di rallentare in vista della facciata della scuola ma bastò uno sguardo al cellulare per farle subito cambiare idea.
Quasi si schiantò contro le porte del liceo con la veemenza con cui era arrivata; le aprì non curante del rumore agghiacciante che fecero quanto si chiusero alle sue spalle e si concesse un secondo per recuperare il fiato.
S’impegnò a fondo nel mantenere costante il passo ma già alla seconda rampa collassò.
Scorse la professoressa di fisica prenotare l’ascensore e non poté fare a meno d’imprecare.
Era risaputo che la Rossi sceglieva la sua vittima sacrificale ogni mattina, specialmente se quelle non erano in classe per ora, per poi compiere il rituale sacro agli dei nei pressi dell’altare, comunemente denominato cattedra, davanti a tutti.
E Willow sapeva fin troppo bene cosa sarebbe accaduto se non si fosse data una mossa.
Si appoggiò al corrimano e salì le scale il più velocemente possibile; quel giorno non si sarebbe fatta fregare dalla strega. Giunse al quarto piano col fiatone notò con piacere d’essere arrivata prima della professoressa. Alexis, la sua migliore amica, le andò in soccorso e quasi la trascinò dentro la classe. La campanella trillò insonnolita.
Willow lanciò la borsa sul banco e si sedette sulla sedia di plastica marrone.
La Rossi entrò in classe poco dopo, appoggiò la cartelletta nera sulla cattedra, si sedette, aprì il registro con una calma innaturale e con altrettanta tranquillità passò le sue dita adunche sulla pagina del registro che riportava i nomi degli alunni. La donna sorrise maligna, accavallò le gambe fasciate da dei collant nere, reclinò la schiena sulla sedia legnosa, incrociò le braccia e annunciò << Jhonas, interrogato. >> 
L’intera classe si lasciò andare in un sospiro di sollievo, erano salvi. La vittima ebbe un attimo di sconcerto poi si alzò, con il capo chino, e strascicò i piedi fino all’altare. Willow non si disturbò a prendere i libri dalla sua borsa e si strizzò i capelli nocciola. Un fiotto d’acqua scosciò sul pavimento.
Quanto odio la pioggia e quanto odio Londra. Alexis le passò da sotto il banco una spazzola ed un codino per raccogliersi i capelli; lei era sempre pronta per ogni evenienza. Willow si pettinò il nido d’uccelli che si ritrovava al posto della chioma e si riprese i ciuffi ribelli in uno chignon tutt’altro che ordinato.
La quindicenne sfilò dalla shopper di camoscio il suo blocco di fogli e l’astuccio dove teneva le matite colorate e incominciò a scarabocchiare un viso di donna. Ogni volta che impugnava un qualsiasi oggetto in grado d’imbrattare e colorare si sentiva libera.
Ogni qualvolta che dava spazio a quel suo talento innato, il disegno, rimpiangeva di aver dato ascolto a suo padre decidendo di frequentare un liceo scientifico invece d’un artistico.
“Con l’arte non si porta il pane a casa ” le ripeteva sempre e alla fine Willow si era lasciata convincere. Non aveva però rinunciato completamente all’idea di diventare un artista: l’anno precedente si era iscritta a Deviantart dove riceveva numerosi complimenti dagli altri utenti.
<< Vediamo se qualcun altro riesce a rispondere alla domanda… >> incominciò la professoressa << Shine può illuminarci. >> 
Willow alzò la testa e fissò la professoressa << Chi? Io? >> 
<< Lei si chiama Shine Willow, non è così? >> 
La ragazza annuì, sapeva perfettamente dove voleva arrivare la professoressa ma tentava ugualmente di tergiversare.
<< Allora non faccia la finta tonta e risponda alla questione! Non mi frega con questi trucchetti, non sono mica nata ieri! >> 
Willow trattenne le risate a stento << Lo sappiamo fin troppo bene… >> sussurrò ma era risaputo che la Rossi aveva dei superpoteri quali udito da pipistrello e sonar di delfino.
<< Può ripetere in modo che tutti possano sentire? >> 
La quindicenne si alzò in piedi, deglutì più volte e disse ad alta voce << Lo sappiamo fin troppo bene. >> 
La classe scoppiò in una sonora risata. Willow non si poteva definire una burlona, né tanto meno le piaceva ricevere delle note, ma certe battute acide riusciva a formularle anche lei. Le guance della Rossi si tinsero di carminio << Prenda il suo libretto, signorina. >> 
Perfetto, oggi è incominciata proprio bene la giornata. La ragazza frugò nelle tasche della borsa, prese il libretto verdognolo, afferrò la borsa e raggiunse la cattedra. Scoccò un’occhiataccia a Jhonas che impallidì, anche per lui si prospettava una brutta giornata. La Rossi sfogliò il libretto e trovò una pagina immacolata su cui scrivere il proprio dissenso.
La quindicenne osservò la mano della donna comporre i propri pensieri…Questa mattina, l’alunna Shine Willow… 
Willow sbuffò, non le piaceva il suo nome, mancava d’originalità, dopotutto l’aveva scelto suo padre e per lui la parola fantasia era un arcano mistero. Per questo preferiva farsi chiamare col suo nome d’arte, Selphin.
<< Vada in vicepresidenza a farsi firmare la nota. >> 
Willow non rispose e le voltò le spalle.
Oltrepassò la porta e incominciò a scendere i gradini, lentamente. Giunta al terzo piano un’idea folle le balenò nella mente: perché non scappare?
Sorrise maliziosa, non era la prima volta che lo faceva e non era mai stata scoperta. Sfilò il cellulare dalla tasca e inviò un messaggio ad Alexis che recitava “Lexi, io me la squaglio, ti aspetto a casa mia alla solita ora ;) tua Selphin”. 
Chiuse la schermata e ripose il telefono nella shopper.
Si fece piccola piccola per non farsi notare anche se quasi non ce n’era bisogno dal momento che le bidelle erano intente a chiacchierare e a smaltarsi le unghie di colori di dubbio gusto. Willow raggiunse l’atrio indisturbata, si appoggiò al portone e girò piano la maniglia.
La serratura scattò producendo un lieve rumore e la ragazza sgusciò via per poi darsela a gambe.
Era indispensabile allontanarsi dall’edificio il prima possibile.
Fuori pioveva ancora; Willow si strinse nelle spalle e raggiunse velocemente l’entrata della metro.
Fece per entrare in un bar per ristorarsi con qualcosa di caldo ma lo trovo vuoto. 
Che strano… Scavalcò il casello, non aveva la minima voglia di frugare ancora nella borsa per trovare la tessera.
Si accorse subito che qualcosa non andava. Dov’era il via vai di gente di metà mattinata? E gli studenti universitari? In una metropolitana c’era sempre caos ma quel giorno era deserta. Completamente deserta.
Un cigolio sinistro le fece rizzare i capelli. Willow si fermò nel bel mezzo del corridoio in cerca di ciò che aveva prodotto quel suono.
Non era una di quelle ragazze che si spaventano per nulla, al contrario reggeva bene la paura; in quel momento però le sembrava la protagonista di un film dell’orrore.
Un tonfo sordo la fece sobbalzare.
Si girò nella direzione del suono e rimase pietrificata. Una figura vestita di nero che impugnava una pistola inseguiva un ragazzo dalla cui schiena spuntavano due ali bianche.
<< Che caz…?! >> provò a dire ma il giovane gridò << Corri! >> Willow rimase immobile, gli occhi sgranati. << Ho detto corri! Sei sorda per caso!? >> continuò quello. 
La figura in nero si piazzò al casello opposto e sparò un paio di colpi contro il ragazzo.
Quest’ultimo aveva scavalcato la linea delle macchinette e stava andando verso Willow che non capiva assolutamente niente di quella situazione assurda.
Il giovane le passò accanto e la prese per un polso << Vieni, forza! >> 
La quindicenne si riscosse e incominciò una corsa sfrenata attraverso il corridoio; condusse quel giovane nella zona in cui partivano i treni nella direzione della propria casa. L’uomo in nero stava loro alle calcagna e non aveva perso tempo, nella pistola aveva già inserito un nuovo caricatore. Willow si fermò a ridosso della linea gialla, sul fondo della galleria s’intravedevano i fari abbaglianti della metro.
La figura fu subito dietro di loro, emise un ghigno lugubre e puntò la pistola contro il ragazzo.
Appena sentì lo sparo Willow chiuse gli occhi e strillò.
Quando li riaprì si ritrovò abbracciata tra due magnifiche ali arboree. La metro fischiò il suo arrivo alla fermata. La quindicenne fu catapultata dentro e le porte scorrevoli si richiusero poco dopo. La figura in nero scaricò il caricatore contro il vagone, invano. Chiara si accorse d’essere sul pavimento lurido del treno e si alzò di scatto.
A terra c’era ancora il ragazzo.
Avrà avuto all’incirca l’età di Willow, portava i capelli biondo chiaro leggermente lunghi con un ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi, il viso impreziosito da due pozzi d’acqua al posto degli occhi, così
Così azzurri che sembravano color del mare; indossava una maglietta bianca con un leggero scollo a V e dei jeans blu aderenti e scoloriti. La parte che però aveva attirato di più l’attenzione di Willow erano le sue ali: scomposte contro i sedili, le piume bianche sparse un po’ dappertutto nel vagone. La quindicenne non si lasciò impressionare, aveva appena rischiato di morire e l’unica emozione che riusciva a provare era terrore. 
<< Ma tu che diavolo sei!? >> sbraitò.
Il giovane sorrise, un sorriso incorniciato da due belle labbra rosee << Un “ciao, grazie” no, eh?  >>
 

   
 
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