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Autore: Lys3    15/04/2014    1 recensioni
Tutti a Capitol City amano gli Hunger Games. Tutti tranne Leo.
Lui è diverso, lo è sempre stato fin da piccolo, ma nessuno comprende le sue ragioni. E in un mondo così grande, così forte, lotterà nel suo piccolo per far valere le sue idee in una società travagliata da questi Giochi mortali.
Martia era una ragazza come tante altre. Questo prima di vincere gli Hunger Games. Ora lotta per non perdersi nei suoi incubi, per mantenere la sua famiglia che sta cadendo verso l'oblio e per dare a sé stessa una speranza di una vita migliore.
Dal testo:
“Siamo diversi. Apparteniamo a due mondi diversi. E questa cosa non cambierà mai. [...] Vuoi un ragazzo che ti salvi dagli Hunger Games, non uno il cui padre ha progettato la tua morte.” [...]
“Ti sbagli. Tu mi salvi dagli Hunger Games. Mi salvi dagli Hunger Games ogni volta che mi guardi, ogni volta che mi stringi la mano, ogni volta che mi sorridi. Ogni singola volta in cui tu sei con me, mi sento libera di nuovo, come se nulla fosse mai accaduto. [...]”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Nuovo personaggio, Strateghi, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26 – Tempo al tempo
 
Leo osservava attentamente il mare, le sue onde blu che bagnavano la sabbia o che si infrangevano sugli scogli, i gabbiani in volo, le nuvole nere all’orizzonte e inspirava a pieni polmoni l’aria piena di salsedine.
“Non devi preoccuparti per lei” disse a Martia che se ne stava seduta accanto a lui sulla sabbia.
“Facile per te. Quella ragazza ha davvero qualcosa di inquietante: prima è antipatica, poi gentile, poi simpatica e infine si rivela essere il genio del male!” commentò lei.
“Dai, smettila. Verin non è così… Non proprio.”
Avevano trascorso tutta la mattina insieme, avevano pranzato con la famiglia di Martia e girovagato per tutto il pomeriggio. Ora era sera e l’ultimo giorno insieme stava per concludersi.
“Sei soddisfatto?” domandò d’un tratto la ragazza. “Hai visto finalmente l’oceano.”
Leo sorrise. “E’ qualcosa di meraviglioso. E’ terribile e disarmante. Ma comunque meraviglioso.”
Martia stava tentando con tutte le sue forze di non pensare all’indomani mattina, ma era più forte di lei. “Cosa faremo? Cosa faremo per il resto della nostra vita? Continueremo a vederci qualche volta all’anno? Sai che io non posso lasciare i miei fratelli, e tu non puoi venire qui. Quindi cosa si farà?”
“Io…” Leo le strinse forte la mano. “Vorrei poterti dire che conosco la soluzione al problema, ma mentirei. Non ho la minima idea di come faremo, di cosa accadrà… So solo che voglio stare con te e che fino a quando tu lo vorrai io non ti lascerò mai.”
Nonostante tutto, Martia tentò di accontentarsi di quelle parole, nella speranza che il problema giungesse da solo a una soluzione.
Per lei, adesso, l’unica cosa importante era godersi gli ultimi istanti con il suo ragazzo che, dopo l’ennesima notte insieme, la dovette salutare il mattino dopo.
Entrambi si sforzarono di non essere troppo tristi, di sorridere e di pensare positivamente. “Ci rivedremo presto” le disse Leo, fermo sulla soglia. “Te lo prometto. Farò di tutto per tornare.” Era tardi e lui avrebbe dovuto andare via, subito, ma non ci riusciva. “Devo dirti una cosa. Non ho avuto il coraggio di dirtelo l’ultima volta che ci siamo visti ma ora devo farlo, per forza.”
Martia si accigliò. “Cosa mi stai nascondendo?”
Leo aveva un nodo alla gola e una strana sensazione allo stomaco.
Non avrebbe commesso lo stesso errore, non sarebbe andato via senza averle prima detto tutta la verità. In fin dei conti non era una cosa brutta, forse un po’ sconvolgente, ma nulla di più. “Ti amo” sussurrò a bassa voce, tanto che ebbe paura che la ragazza non lo sentisse. “Ci conosciamo da molti mesi, ormai, e volevo dirtelo già da molto tempo, ma non ho mai avuto il coraggio.”
Quelle parole suonavano così strane mentre uscivano dalla sua bocca. Era stata una vera e proprio fatica pronunciarle ad alta voce e ora avvertiva un intenso rossore su tutto il viso.
D’altra parte l’espressione di Martia era indecifrabile. Lo guardava come imbambolata e cercava di dire qualcosa senza riuscirci. Alla fine, rassegnatasi, gli cinse il collo con le braccia e lo baciò con foga. “Ti amo anch’io…” bisbigliò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Ma purtroppo era ora di andare via. Si salutarono, un ultimo abbraccio, un ultimo bacio e poi il ragazzo si allontanò, sparendo tra le vie della città.
 
Martia, quel giorno, era intrattabile.
Dopo la partenza di Leo passò circa mezz’ora a girovagare dentro casa, guardandosi attorno come disorientata. All’arrivo dei più piccoli, che iniziarono a chiederle dove fosse andato quel ragazzo, lei scoppiò in lacrime e si chiuse in camera.
Vani furono i tentativi di Sam, Liz e Issa di farla sorridere. La sua amica, in particolare, rimase con lei tutto il tempo saltando un prezioso giorno di lavoro.
Era sera quando Sam piombò nella sua stanza con il volto cinereo: “Martia, alzati subito. E’ un’emergenza. Prendi il telefono.”
La ragazza non ebbe il coraggio di fare domande: nessuno delle persone che lei conosceva nel Distretto usava il telefono. La telefonata poteva solo arrivare da Capitol City. Ma chi poteva telefonarla da lì con urgenza se non Leo?
Scese in cucina, prese la cornetta con mani tremanti e disse: “Pronto?”
Ci fu qualche istante di silenzio, poi una voce melliflua disse: “E’ un onore parlare con lei, signorina. Ormai è tanto che non ci snetivamo, non le pare? E’ stata così impegnata e io anche. Potremmo rimediare subito, se desidera.”
Martia sentì l’aria mancarle. Le gambe presero a tremarle e dovette reggersi al bancone della cucina per non cadere. “Signor Presidente, buonasera. Che piacere risentirla” rispose lei.
“Saltiamo i convenevoli. Sappiamo entrambi che lei non mi stima più dei genitori dei ragazzi morti negli Hunger Games. L’ho telefonata per parlare di affari.” La voce era d’un tratto diventata dura e spietata.
“La ascolto, signore.”
“Be’ in realtà il mio non è altro che un invito a recarsi a Capitol City, nuovamente. Entro l’inizio del prossimo anno, se possibile. Ci sono delle questioni che devono essere discusse faccia a faccia, signorina. Altrimenti qualcosa potrebbe andare storto” aggiunse con un piccola risata.
“Cosa vuole da me?” chiese trattenendo le lacrime.
“Diamo tempo al tempo, signorina. Lei venga qui e io le dirò quello che lei desidera così tanto sapere. Inutile dire che, nonostante questo sia un invito cordiale, lei non deve rischiare di non presentarsi. Sa, sono a conoscenza dei nomi dei suoi fratelli e delle sue sorelle e sarebbe un peccato se qualcuno di loro si ritrovasse per puro caso nell’Arena, non trova?”
Martia faticava a respirare. “Verrò. Appena possibile.”
 
La notizia della sua imminente partenza, non venne accolta benevolmente da Sam e da Liz.
“Questo è il tuo posto! Non puoi continuare a fare avanti e indietro anche quando non ci sono gli Hunger Games!” protestò Sam.
“E poi il Presidente non può influenzare la Mietitura, giusto? Sarebbe contro le regole!” intervenne Liz.
“Le regole le fa lui e se non è giusto questo non lo era nemmeno andare agli Hunger Games. Ma così come non potevo oppormi allora non posso farlo nemmeno ora. E poi non ho fatto nulla di male, sarà una scemenza da Capitol City!” disse Martia.
Ma nemmeno Leo era entusiasta. Divenne subito molto sospettoso, sostenendo che il fatto che non vi fosse un vero motivo era ancora più strano. Ma come poteva opporsi?
Quindi fu costretta a partire, a Gennaio, con una grande paura che non faceva che aumentare con la consapevolezza che Leo le aveva detto che preferiva non vederla se questo significava incontrare il Presidente in circostanze così ambigue.
Rivedere la capitale fu qualcosa di devastante.
Si recò subito dal Presidente, credendo che la questione si potesse risolvere in pochi minuti.
Quando arrivò al suo cospetto, dopo essere stata perquisita da un numero infinito di guardie, lui le sorrise malignamente: “L’ho fatta venire qui perché c’è una persona che desidera ardentemente incontrarla e parlare con lei.”
“Chi?”
“E’ una sorpresa. La aspetta nella sua vecchia camera all’hotel. Una volta che quella persona avrà finito di parlarle, lei è libera di tornare a casa” commentò l’uomo.
Leo aveva ragione: c’era sotto qualcosa.
Tutto questo mistero, questi sotterfugi… Ma voleva andare fino in fondo alla storia, così si recò alla sua vecchia camera dove incontrò una persona del tutto inaspettata.
Ivon Hampfit se ne stava con il suo completo perfetto accanto alla finestra, vicino a lui tre guardie.
“Buonasera” disse Martia chiudendosi la porta alle spalle. “Mi avevano detto di venire qui ma forse ho sbagliato a capire…”
“No, nessun errore” rispose l’uomo con un sorriso gelido. Si voltò poi verso i Pacificatori e disse: “Prendetela.”
La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di fare un passo che gli uomini le furono addosso, iniziando a colpirla con calci e pugni e legandole i polsi.




Ehi, eccomi finalmente! La storia inizia a procedere verso la fine e quindi tutto è un po' più veloce. Ho scelto di aumentare il ritmo e saltare molti eventi che altrimenti sarebbero stati solamente inutili e noiosi. Secondo voi come mai il signor Hampfit ha convocato con tanta urgenza Martia? Spero la storia vi stia piacendo. A presto ^^
  
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