A Eleonora, alias Tya,
che ho conosciuto da poco
ma di cui ho grande rispetto. Sia come persona che come scrittrice.
Hai talento, si capisce
appena si legge le tue fic; hai un’intelligenza
vivida, lo si comprende quando si parla con te. E in questo caso si può parlare
davvero di tutto, dalla scuola ai manga.
Perché sei una specie di
Sibilla nel leggere i pensieri di Kishimoto a kilometri di distanza, perché sei
gentile e una buonissima ascoltatrice.
Un piccolo pensiero.
Perché te lo meriti, e
basta. <3
Leti
Postilla: sono proprio
una frana nello scrivere dediche. Ma, ecco, spero che almeno la fic ti piaccia. Tutto qui.
Un regalo, per te, insieme allo ShikaIno
Day. XD
Falling in pieces, forever
If I tell you
Will you listen?
Will you stay?
Will you be here forever?
Never
go away?
Sei
un medico, e come tale hai spiegato almeno una trentina di volte come adoperare
quella piccola asta – simile ad un termometro – alle tue pazienti, molte volte
kunoichi appena maggiorenni, impaurite da una responsabilità troppo grande per
loro.
Ricordi
la prima volta che lo spiegasti, ad Ino.
Eravate
nei vostri diciotto anni ed era una giornata di luglio, di cui conservi ancora
un ricordo appannato, come l’aria che respiravi, così calda da parere quella del
deserto, offuscante. Il paragone col deserto lo avevi coniato dopo l’ennesima
missione fallita per il recupero di Sasuke, che si trovava a Suna allora.
Ino
era entrata con passo deciso nel tuo ufficio, mento alto e labbra strette con
severità. Tu seguivi i suoi movimenti di nascosto, attendendo che lei ti
chiedesse – o supplicasse, ancor
meglio, data la vostro ancora esistente e insensata rivalità – ciò di cui aveva
bisogno.
Avendo
lasciato gli studi da medic-nin, Ino aveva a malapena
imparato i fondamentali, preferendo una carriera nella squadra interrogatoria
sotto l’apprendistato severo di Ibiki Morino.
«
Fronte spaziosa » ti salutò, senza una particolare inflessione nella voce.
Inarcasti
le sopracciglia e abbassasti il capo sulle carte.
«
Ino-pig » non aggiungesti «hai bisogno di qualcosa?», sarebbe stato come dargliela vinta. Volevi
vederla cedere.
Ma
non l’hai ancora vista crollare, Sakura. Non lo farà mai di fronte a te, e lo
sai ora come lo sapevi vent’anni orsono.
Ino
si sedette davanti a te, accavallando le gambe con lentezza misurata e
studiata, mordendosi appena le piccole labbra brillanti. « Questo » disse solo,
e ti lanciò sul tavolino una piccola scatolina bianca e azzurra.
Ricordi
di averla guardata a lungo di sottecchi, dopo aver visto la scritta sulla confezione,
e di aver esitato a darle il tuo aiuto. Sempre per orgoglio, sempre per sfida.
Ma
qualcosa nelle iridi tremanti di Ino ti fece cambiare idea, e decidesti di spiegarle
come funzionava un test di gravidanza senza nulla in cambio.
Ripensandoci
adesso, forse all’epoca lo facesti anche perché ti sentivi rassicurata dal
fatto che Ino potesse essere incinta.
Forse,
la sua perduta innocenza era un motivo di vittoria per te, che la conservavi
ancora gelosamente per Sasuke-kun, vergine anche di labbra.
Dopo
aver terminato la spiegazione, Ino riprese bruscamente la scatola, e saettò
fuori dalla porta borbottando un «grazie» che era una pura forma di cortesia.
Ora,
mentre urini sopra la barra bianca, ti chiedi cosa abbia provato Ino in
quell’occasione, a casa da sola.
Se
le dita le tremavano quanto le tue, se si fosse chiesta se nel suo corpo c’era
l’ormone hCG, quello che circola solo se sei incinta,
come ti stai domandando febbricitante in questo momento.
Scuoti
la testa con rammarico, certa che questa ondata di ricordi non ti aiuterà a
gestire la situazione.
Tutta
la tua vita – un matrimonio felice o infelice – dipende dalla presenza o meno
di una piccola riga azzurrina.
Seduta
sul water, osservi il risultato.
La
tua bocca si stringe, e scuoti un po’ la piccola barra, come se si potesse
cancellare il risultato sbattendolo via.
Ma
non funziona così, Sakura.
Il
responso è davanti ai tuoi occhi, duro come l’espressione granitica di Sasuke quando
lo incontrasti, quindicenne, al covo di Orochimaru.
Abbassi
il capo, prendi un respiro profondo, appoggi la barra sul bidè e ti alzi,
trascinando i piedi con indolenza verso il lavabo.
Fai
scorrere l’acqua e ti sciacqui il viso e le mani, che odorano di urina.
Aggrappi
il detergente alla pesca che adori e lo frizioni con forza, forse troppa, sulle
dita magre, fino a quando la saponetta non si incaglia sull’anello che porti
all’anulare destro.
Ti
fermi mentre l’acqua ancora scorre, guardi quel semplice piccolo cerchio d’oro,
lo sfili, lo riguardi alla luce, lo rindossi, continui a sfregare il detergente
sulla pelle.
Odi
quando gli occhi cominciano a pizzicarti.
Never thought things would change
Hold me tight
Please don't say again
That you have to go
«
Ino-pig »
«
Fronte spaziosa »
Mentre
entri nel negozio di fiori, hai una specie di dejà-vu e non puoi evitare di
sentirti partecipe di una storia già scritta, che non puoi cambiare. E nel
complesso, forse, non hai il coraggio di provare
a cambiare.
Nel
negozio Yamanaka ci sei stata mille volte: prima per giocare, chiuse nella
serra, alle fioraie o alle fatine della natura, inventando ali invisibili che
anni fa, nella vostra innocenza di bambine, possedevate; ora solo per visite di
routine, chiamate dell’Hokage, per prendere piantine di gerani per la nuova
casa, ancora tutta da arredare.
«
Voglio le sementi di genziana » ordini dopo un attimo di titubanza, atto a
riflette sulle parole giuste da usare perché la tua non sia una richiesta.
Sempre
orgoglio, sempre sfida, tra te e Ino.
Lei
annuisce, gira su se stessa e si allontana, ricomparendo dopo poco, tra le
braccia la piantina di genziana già potata. La appoggia sul bancone con un rumore
secco, scaricando il peso con un sospiro, e si asciuga il sudore sulla fronte
con il polso della mano.
Inarchi
le sopracciglia chiare con chiara disapprovazione.
«
Avevo detto sementi » le ripeti con
calma, tentando di apparire indifferente al ventilatore alla sua destra,
davanti al quale si è seduta Ino, i gomiti sul bancone e il naso rivolto al
vento che ne esce fuori.
La
bionda alza le spalle, sventolandosi una mano davanti al viso umidiccio di
sudore.
Sakura
è un po’ spiazzata, nel vedere i perfetti capelli di Ino appena arricciati
dall’umidità impossibile di agosto.
«
Non ne abbiamo, non è stagione: già tanto se ho trovato questo! » sbotta con la
solita irruenza.
«
Questo è solo perché sei incompetente! » le dici, con cattiveria gratuita.
Hai
voglia di litigare con qualcuno oggi, ed Ino è la migliore candidata: è l’unica
con la quale puoi urlare quanto vuoi e non sentirti in colpa per gli insulti,
né per aver mostrato che qualcosa in te non va.
Che
qualcosa in voi, non funziona.
Perché
Sakura – tu lo sai – siete voi due che
non procedete bene, insieme.
Siete
sposati, condividete il letto e i vostri corpi, e ancora non riuscite a confidarvi
nulla che vada al di là di un riepilogo sulle missioni o degli ultimi fatti di
cronaca.
Siete
la perfezione agli occhi di tutti.
Lui
il redento ingannato, tu l’eterna innamorata che l’ha aspettato fino a quando è
necessario. Eppure tutto questo non basta, non ti basta.
Ti
piacerebbe anche solo se ti chiedesse che libro stai leggendo; invece combatti
una lotta impossibile contro il suo ostinato mutismo, la sua estraneità dal
mondo, i suoi ricordi.
Sei
stanca, ma tenti perseverante di stargli accanto, pur sapendo che questo ti
consumerà; provi ad accarezzargli delicatamente la gota appena ispida, a dirgli
«ti amo» con più sentimento che puoi, ad assecondare i suoi desideri, anche
quelli più inutili, come una coperta nelle notti estive. Un desiderio che
sembra irrazionale, ma tu l’hai visto come trema di notte, come se
avesse freddo. E il tuo cuore, ogni volta, si stringe.
Ino
ti punta gli occhi limpidi addosso, così chiari che puoi leggerci la sua
perplessità dentro. « Sakura tu non vuoi nessun fiore. »
Lo
dice con un tono tranquillo ma deciso, e, pur rimanendo accanto al getto
d’aria, tutto il suo corpo è come proteso verso di te, in attesa.
Ti
senti scomoda nella divisa ninja, che ti si appiccica per via del caldo
dappertutto, ti senti nuda ed esposta. O forse è Ino a farti questo effetto. In
fondo, lo sai bene, vi leggete nel pensiero voi due, per quanto dissimili
possiate essere.
«
Io… » tentenni, poi cominci a mordicchiarti un labbro
nervosamente. « Io, ecco… ero venuta solo per
salutarti. Tutto qui » menti con naturalezza, così bene che ne sei convinta
anche tu che sia la verità.
Ino
aggrotta la fronte, poi sospira. « Sakura, è per via della linea vero? »
Sussulti
e ti chiedi come faccia Ino a sapere sempre tutto, ad essere così dannatamente
perfetta. La odi, in quel momento, in maniera così viscerale che le salteresti
addosso per strozzarla.
Annuisci
con riluttanza, spostando lo sguardo su un mazzo di rose.
«
Non c’era la linea, stamattina »
«
Hai bevuto poco? »
«
Sì » le rispondi con un sospiro, riportando i tuoi occhi verdi su di lei. Ino
alza le spalle.
«
Mi dispiace » mormora, e ti sembra abbastanza sincera nonostante la mimica
menefreghista. Gli occhi di Ino non ti mentono mai, Sakura.
Deglutisci
a vuoto, sentendoti ancora fuori posto. « Anche a me…
»
Il
bambino è il legame che ti manca con Sasuke, Sakura.
A bitter thought
I had it all
But I just let it go
Hold your silence
It’s so violent
Since your gone
C’era
un periodo in cui avevi la certezza che tutto sarebbe andato a meraviglia,
nonostante il passato difficile e il futuro ancora più faticoso che ti si
prospettava davanti.
Eri
così sicura che Sasuke avrebbe
imparato, col tempo, ad amarti.
E
ti dicevi – e lo ripeti ancora adesso, ma con molta meno convinzione e con più
rancore – che il tuo amore sarebbe bastato ad entrambi.
Quel
tempo fu quando Tsunade-sama salvò Sasuke dalla
condanna a morte, nonostante fosse un traditore, un assassino, e uno del gruppo
Akatsuki che era entrato a Konoha, attaccandola.
Dopo
questo ostacolo, l’idea che Sasuke-kun fosse vivo ti aveva ridato la speranza
che il tempo aveva grattato via, lentamente.
Non
avevi badato agli occhi scuri e tempestosi di Naruto mentre lo abbracciavi, o allo
sguardo preoccupato di Kakashi alle tue spalle; ti eri così felice che Sasuke
fosse concretamente vicino a te, che non fosse solo lo scherzo crudele del tuo
cuore infelice.
Il
ragazzo che amavi era con te, tra le tue braccia, indifeso come un bambino, e
tu eri pronta a farlo rivivere. A insegnargli ancora a sorridere, imbronciarsi,
amare.
Forse
anche Sasuke si era illuso di potersi salvare grazie a te.
Per
questo, forse, ti chiese di sposarlo.
Solo
ora hai capito che il tuo Sasuke-kun non esiste più. Ti sei innamorata di una
facciata che è stata coperta da strati e strati di cemento e tinture diverse,
metri di muro che ora ti separano dal Sasuke-kun che tu desideri.*
Hai
creduto di aver trovato una soluzione, per abbattere quella barriera opprimente
che non gli permette di vivere, e di conseguenza che non fa vivere nemmeno te.
Un
figlio. Il clan Uchiha ricostruito.
Cos’altro
se non questo poteva essere la cura giusta per Sasuke?
Eri
rimasta molto delusa dalla luna di miele con Sasuke.
Non
era capitato nulla. Non vi eravate toccati, solamente sfiorati mentre vi
sdraiavate nel letto matrimoniale, dandovi la buonanotte senza nemmeno un
bacio.
Nulla
se non un’atmosfera di freddezza che ti aveva mozzato il fiato e inumidito gli
occhi.
Ma
andava bene anche così, finché lui non fosse stato pronto.
Concludendo
in questo modo il tuo ragionamento, avevi lasciato stare una parte importante
di un rapporto di coppia, una basilare: il
contatto.
L’avevi
escluso, pensando che non era nella natura di Sasuke avvicinarsi agli altri.
Poi,
man mano tentavi di cucire i brandelli di un matrimonio destinato a fallire già
dal principio, ti sei accorta che Sasuke toccava
Naruto, quando si scontravano (perché sono ancora amici, nonostante Naruto non
l’abbia mai perdonato per averti portata via da lui); che Sasuke accarezzava le
foto ingrigite della sua famiglia, nascoste in un angolo solitario della villa;
che Sasuke prendeva volentieri un the con Kakashi, sfidandolo a scacchi,
stringendogli la mano ad ogni vincita o perdita.
Quanto
ha fatto male rendersi conto che ti evitava, Sakura?
(Non vado bene per lui, io non vado bene, io devo
fare qualcosa perché non va bene, non va bene per niente–
)
Allora
sei corsa hai ripari: hai rubato qualche vestito troppo piccolo per te
dall’armadio di Ino, hai iniziato a usare il trucco per nascondere le
imperfezioni della pelle, hai accentuato la morbida curva del seno usando reggiseni imbottiti, quelli che ti danno fastidio perché
pizzicano.
Ma
tutti i tuoi sforzi non sono serviti un granché. Fino a quella domenica di maggio.
Hai
un ricordo appannato di quella sera. Il che è piuttosto strano, visto che hai
sempre ricordato con una precisione matematica ogni singolo istante insieme a
Sasuke.
Eppure,
di quella notte, ricordi solo l’odore dell’alcol nelle narici, due dolori al
ventre indistinti ma inequivocabilmente diversi, il calore del corpo di Sasuke
e i suoi occhi rossi, così febbricitanti che, quando ci ripensi, ti chiedi
ancora se fosse lui il primo uomo ad averti violata.
Chissà
cosa aveva fatto scaturire in Sasuke il bisogno di te. Forse era per via della
annunciata gravidanza di Tenten o per la partenza di Naruto. O, semplicemente, perché
Sasuke si è sentito solo, anche lui è umano dopotutto.
Insomma,
un po’ ci credi ancora, eh Sakura?
Ci
caschi sempre, con lui, a questo gioco crudele tra favola e realtà.
In
effetti scegliere Naruto sarebbe stato più semplice, più favolistico. E invece
tu, da vera idiota, hai scelto di prenderti cura di Sasuke, perché lui da solo
non ce la fa a tornare indietro.
(Ma si possono rimettere insieme i cocci di
vetro, Sakura?)
Da
allora, ogni sera la stessa storia, le stesse speranze deluse, gli stessi gesti.
Sasuke
arriva a casa, ti bacia, fate l’amore (oh, che parola amara), e una mattina a settimana, quando lui non c’è, ti ritrovi a
fissare un maledetto test di gravidanza, chiusa in bagno, sperando che il
risultato sia positivo. E non lo è mai.
La
tua esistenza ora si basa su quella maledetta linea.
Sogni
sempre, raggomitolata su te stessa nelle grandi lenzuola sudate, tu col
pancione, e ti trovi incredibilmente carina in quello stato. Grassa, ma c’è
qualcosa di appagante nell’essere un
contenitore di qualcosa.
Forse
è perché sei vuota, ormai, Sakura.
Sasuke
ha risucchiato tutto il tuo essere dentro di lui, tanto che ti dimentichi di te
stessa la maggior parte della volte.
Dimentichi
che hai bisogno d’affetto, di dormire, di mangiare e di ridere, per lui.
Sasuke
ti annienta, e non è una morte dolce quella che ti dà.
È
sottile, come la cruna d’un ago, ed è velenosa, un veleno lento che lascia la
vittima in agonia, per anni anche. Agisce sul corpo, adagio. Prima colpisce i
muscoli, intorpidendoli (e il cuore, quello è un muscolo, ricordi le lezioni di
anatomia?), poi irrigidisce le ossa, rallenta il flusso sanguineo, fa
invecchiare precocemente… strappa un pezzetto alla
volta.
(Cocci, cocci, cocci rotti. Che rumore fanno?
Non li senti dentro di te?
Oh, già. Nella tua testa
c’è solo la voce di Sasuke, i suoi silenzi, i suoi sospiri notturni, le parole
taglienti.)
Ma
ormai è troppo tardi per debellare il morbo.
Sei
una malata terminale, quasi, le occhiaie sotto gli occhi, la bocca tremolante
incapace di sorridere naturalmente e il cuore infranto ne sono i sintomi.
«
Sono a casa. »
Sussulti,
ma le tue labbra si tirano in un sorriso tremolante. « Ciao Sasuke. Come è
andata la missione? »
«
Bene » commenta lui incolore, senza aggiungere particolari. Ha sempre dosato
bene le parole da dire, e tu lo sai bene. « Domani ne ho un’altra. Starò via
una settimana. »
«
Oh, » commenti piano, rimestando davanti al fornello una casseruola con uno
strano liquido gorgogliante dall’odore nauseante. « Stavo finendo un medicinale… devo cucinarti qualcosa? Hai fame? »
«
No » risponde lui, ermetico. « Ho sonno. »
Senti
i suoi passi allontanarsi verso la vostra camera, e poi fermarsi all’improvviso.
«
Sakura? »
Sospiri,
sai cosa vuole sapere. E sai come reagirà. Per questo detesti i tuoi occhi, che
già pizzicano in maniera esponenziale, mentre rivoli di acqua si preparano a
segnare le tue guance e rovinare il fondotinta chiaro, che hai continuato a
mettere credendo da qualche parte del tuo essere che lui ti guarda anche per quello, ora.
«
Mi spiace. » lo sussurri in modo impercettibile, e stringi forte il manico del
mestolo, reprimendo la voglia di stringerti le braccia come una bambina.
Lo
immagini mentre si irrigidisce – come sempre – e tira la bocca in una smorfia
di disappunto.
«
Vado a dormire. »
Tu
annuisci e, solo quando senti il pannello di carta richiudersi, ti permetti di
passarti la manica del vestito rosso sugli occhi, per frenare le lacrime, e
cadere nuovamente a pezzi quando lui non ti può sentire.
Perché
tu sai, Sakura, che nulla più che quel rumore può rendervi tremendamente vicini
e nello stesso tempo (incolmabilmente)
lontani.
E
la serata finisce come tutte le altre: tu piangi, lui va via.
(Il vuoto deve avere il sapore della pioggia:
insipido e triste.)
All my thoughts are with you forever
Until the day we'll be back together
I will be waiting for you
( Bittersweet, Within’ Temptation )
*^*^*
*La
vicinanza di un’amica che fa Geometra comincia a farsi sentire anche nelle
fanfic! XD
Sakura,
Sasuke, Ino © Kishimoto.
Uff,
un vero parto .__.
Sì,
con Sasuke e Sakura mi vengono solo cose terribilmente tristi, ma sono riuscita
anche a non cadere troppo nell’angst, nonostante l’idea iniziale fosse ancora
più terribile… è la stanchezza, che mi rende più
buona! XD
Scherzi
a parte, Tya, ci ho provato. Sul serio. Ma questi due
mi vengono solo così, perché non credo in un possibile lieto fine, né in un effettivo
avvicinamento. Deformazione professionale! XD
E
comunque, per addolcire il tutto, c’è un’altra shot
legata a questa… che pubblicherò domani.
Devo
proprio rileggerla, ed essendo tornata ieri sera dal campo, non ho fatto ancora
in tempo a sistemarla! >_< Sorry!
Grazie
a tutti quelli che leggeranno e/o commenteranno.
Grazie
a Tya, ma beh, ho scritto (quasi) tutto sopra.
Auguri, tesoro! ^^ Ora avrai anche tu l’incubo per la patente! *Kaho guarda il libro di teoria, pensa a lunedì, deglutisce*
Bye,
Kaho