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Autore: Letterenascoste    15/04/2014    3 recensioni
«Dove andiamo?» chiese Faith, seduta sul sedile centrale posteriore, avvicinandosi ai posti anteriori.
«A casa mia» le rispose Hannibal, guardandola dallo specchietto retrovisore.
Faith deglutì e un piccolo brivido di orrore la percosse, mentre le mani cominciarono a sudarle.
Non ci pensare, andrà tutto bene.
La casa era imponente, proprio come il dottore.
Per lo meno non è isolata, pensò lei varcandone la soglia.
«Va tutto bene?» le chiese Hannibal chiedendole, con un gesto della mano destra, il giubbotto.
Faith, lentamente e scrutando le intenzioni dell'uomo, si tolse il giubbotto «Tutto bene» rispose lei.
«Mi sembrava un po'... terrorizzata, a dire il vero» asserì lui sorridendole.
Lo sono.
Attenzione: riprende esplicitamente alcune scene degli episodi.
Genere: Commedia, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannibal Lecter, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Faith.

Prologo.

 

Si sentiva un rumore di tacchi lungo i corridoi del dipartimento di Scienze comportamentali dell'FBI.
Due donne camminavano l'una di fianco all'altra.
«Ti ringrazio per essere venuta» disse Alana Bloom alla donna che l'affiancava «So della tua titubanza a causa di vecchi scontri con Jack.»
«Si» le rispose con un sorriso tirato l'altra «Per questo mi sono oltremodo meravigliata per la chiamata»
«E sono contenta che alla fine tu abbia accettato» disse Alana riprendendo il filo del discorso «Credo sia un'ottima via precauzionale per salvaguardare la salute psicofisica di Will. Sono pochi gli elementi che hanno dimostrato di possedere quella che viene definita 'empatia'... e sono ancora meno coloro i quali hanno acconsentito ad utilizzare questa loro dote e successivamente non abbiano accusato di disturbi della personalità»
L'altra donna annuiva, quasi annoiata. Non proferì ulteriore parola fin quando non arrivarono di fronte alla porta chiusa dell'ufficio di Jack Crawford.
«In bocca al lupo, allora»
La donna, in silenzio, mise mano alla maniglia.
«Grazie» disse ad Alana «Per il tuo interessamento nei confronti di Will. Inoltre tutto ciò andrà anche a mio favore, quindi credo di doverti dei doppi ringraziamenti»
Questa volta le riservò un sorriso sincero al quale Alana ricambiò di rimando per poi allontanarsi.

Inspirò profondamente prima di abbassare la maniglia e aprire la porta.
Inspirò profondamente come se, da lì a poco, avesse dovuto intraprendere un incontro di pugilato. L'ultima, e prima, volta che era stata nell'ufficio di Crawford risaliva a tre anni prima: aveva chiesto di prendere parte, in maniera discreta, a qualche indagine così da poterne trarre spunto. La risposta dell'agente fu sbatterla letteralmente fuori dall'ufficio, urlando. Quel giorno maledisse Jack Crawford così tante volte che, se ora l'avesse trovato con qualche strana deformazione, certo non si sarebbe meravigliata.
Inspirò e poi si decise ad aprire quella porta.

«Faith?»
Will pronunziò il suo nome con un tono che possedeva un vago velo di stupore e incredulità.
«Buongiorno a tutti» salutò lei, dopo aver preso un'ulteriore boccata di coraggio. Rimase però all'entrata. Diede un'occhiata veloce a Will: era seduto su una poltrona al di là della scrivania, accanto a lui un altro uomo.
Rimase all'entrata per qualche secondo. Scrutò lo sguardo di Jack, il suo volto, la sua espressione: forse questa mattina non si era svegliato con il piede sbagliato. Non poteva sempre avere la luna storta, dopotutto.
«Che ci fai qui?!» chiese ancora sorpreso Will, il quale si levò e rimise gli occhiali due volte per assicurarsi di vedere bene. «Che ci fa lei qui?» chiese poi a Jack Crawford.
«Entri pure signorina Williams» disse Jack, ignorando la domanda di Will e indicando, con lo sguardo, una sedia.
Faith allora chiuse la porta e se la lasciò alle spalle quando, con piccoli e rumorosi passi, si andò a sedere accanto al suo amico, accanto a Will.
«Che ci fai qui?» le chiese nuovamente Will, sottovoce.
«La signorina Williams» disse l'agente dell'FBI prendendo parola «E' qui per una sorta di supporto... o, almeno, così è come l'ha definito la dottoressa Bloom»
«Sono la tua àncora» sussurrò Faith all'amico.
«La mia cosa?» chiese Will, ora più incredulo di prima.
«La già citata dottoressa Bloom» riprese Jack «Mi ha fortemente e calorosamente sconsigliato di avvalermi dei tuo servigi» disse diretto a Will «Lei pensa che potresti... lacerarti. Dice che è già successo, in passato, ad altri soggetti che presentavo la tua stessa dote: si perdevano in altre realtà o cose del genere» concluse poi in fretta l'agente.
«Non è il mio caso» disse Will scandendo ogni singola parola.
Jack lo guardò un secondo prima di rispondere «Lo penso anche io. Purtroppo ho promesso alla dottoressa Bloom che non ti avrei fatto avvicinare troppo... non troppo da farti bruciare; così siamo giunti a un compromesso: la qui presente signorina ti affiancherà nelle indagini e, in caso di bisogno, ti riporterà alla realtà»
«Non so come, ma lo farò» aggiunse Faith, sorridente.
«No» rispose seccato Will scuotendo ripetutamente la testa.
«Oh si» disse Faith sorridendo e poggiando una mano sulla spalla dell'amico.
«Non desidero un'altra Freddie Lounds tra i piedi, quindi mi aspetto la massima discrezione, Williams» le disse Jack puntandole contro il suo grosso dito indice.
«E la avrà» gli confermò lei.
Faith guardò alla sua destra e vide una grande lavagna con su degli schemi e delle foto di diverse ragazze; tutte semplici, carine, quasi anonime.
«Cosa abbiamo qui?» chiese Faith tirando fuori dalla grande borsa un piccolo taccuino e una penna biro, poi si perse un momento nel seguire le linee rosse che segnavano i punti in comune nei singoli crimini «Stupri? Rapimenti? Riti satanici? ... O cos'altro?»
Jack la guardò già spazientito e dovette stringere un pugno per evitare di urlarle contro.
«Un cannibale» tagliò corto Will, la cui voce risentiva ancora di una nota di risentimento
«Cannibalismo» disse piano lei esprimendosi in una smorfia disgustata «Quindi le mangia e basta?»
«Le onora» precisò Will «Onora ogni parte di loro»
«Disgustoso» commentò mentre prendeva appunti.
«Il cannibalismo era una pratica molto comune nell'antichità o, addirittura, ancora oggi in piccole tribù» disse, prendendo parola, il terzo uomo presente «Designava una condizione di dominio e di forza sull'avversario. Secondo alcuni sciamani  si poteva avere un transfert di forza e coraggio nell'atto di mangiare il cuore del nemico.»
Faith ascoltò le parole dell'uomo e non abbassò lo sguardo quando si ritrovò il suo sguardo contro.
Alzò le spalle e poi ritornò al suo taccuino «Rimane comunque una cosa abbastanza disgustosa»
«Non siamo qui per ascoltare lei, Williasm» Faith si irrigidì dopo le parole dell'agente e si morse un labbro per evitare di rispondere e quindi di farsi poi cacciare.

L'argomento si spostò di nuovo al caso preso in esame.
Faith si limitò ad ascoltare e prendere appunti, cosa che fu fortemente gradita a Jack.

«Immagino» disse l'altro uomo, quando l'argomento si spostò dal caso alla dote di Will «Che ciò che vede e scopre tocchi tutta la sua mente. I suoi valori e il suo senso morale sono scioccati dalle sue associazioni, inorriditi dai suoi sogni. Nessuna fortezza, nel suo cranio, protegge le cose che ama»
«A quale profilo sta lavorando?» chiese, dopo un attimo di esitazione, Will con tono rabbioso, spostando il suo sguardo da Jack all'uomo che gli sedeva al fianco.
«Sembra al tuo» si insinuò Faith, tra un sorso e l'altro del lungo e disgustoso caffè che le era stato offerto.
Fu zittita da un'occhiataccia di Jack.
«Mi dispiace Will, il nostro lavoro è osservare. Non posso evitarlo, così come non può evitarlo lei»
«Non cerchi di psicanalizzarmi. Non le piacerei quando sono psicanalizzato» disse Will prima di alzarsi «Ora, se volete scusarmi devo tenere una lezione... sulla psicoanalisi!»
Faith restò in silenzio e guardò il suo amico andare via, rabbioso e infastidito come da molto tempo ormai non lo vedeva.
«Forse non dovremmo punzecchiarlo così, dottore. E' meglio un approccio un po' meno diretto» disse Jack a quello che, evidentemente, era uno psichiatra. Poi lo sguardo dell'agente si spostò sulla donna, chiedendosi come e quando avrebbe potuto rispedirla a casa con una scusa banale.

Pochi minuti dopo sia Faith che il dottore uscirono dall'ufficio di Jack.
«Ho riscontrato astio» disse lui «Tra lei e l'agente Crawford»
«Si» rispose lei mentre si incamminavano verso l'uscita «Da parte mia ci sono vecchi rancori, mentre da parte sua c'è solo un'elevata percentuale d'odio per chi, come me, si guadagna da vivere scrivendo»
«Giornalista?» le chiese aprendole una porta e facendole gesto di uscire per prima.
«Lo ero, sette anni fa» confermò Faith «Poi, dopo un lungo processo giudiziario, ho deciso che non era la professione che faceva al caso mio. Ho scritto un romanzo che ha avuto un discreto successo. Poi mi sono arenata e ora mi ritrovo a scrivere noiose autobiografie di persone troppo pigre, svogliate e incapaci per scrivere le loro memorie di proprio pugno... non che siano di interesse alcuno. E' da qualche anno che vorrei cimentarmi in un nuovo romanzo, ma non vorrei addentrarmi troppo nei meandri della mia fantasia scostandomi poi eccessivamente dalla realtà, così colgo quest'occasione per prendere spunto dai casi seguiti da Will»
«Qualcuno potrebbe definirla opportunista» le puntualizzò il dottore, con una punta di rimprovero nella voce.
Erano ormai al di fuori del grande edificio.
Faith si coprì gli occhi con il palmo di una mano per smorzare la luce troppo intensa dell'ora pomeridiana.
In quell'attimo l'uomo la scrutò: Faith Williams era una donna sulla trentina, lunghi capelli mossi e scuri le ricadevano fino a metà schiena. Bassa statura, forse un metro e sessantacinque, camuffata con tacchi alti che ne slanciavano la minuta figura. Indossava semplici jeans e una camicia bianca che contrastava col nero della giacca.
«Siamo tutti opportunisti» disse Faith riprendendo la conversazione «Non lo è anche lei, nel suo piccolo?» gli chiese incrociando il suo sguardo. Fu allora che il dottore notò la profondità dei suoi occhi neri. «Mi dica» continuò lei «Non è forse per curiosità nei confronti del meccanismo della mente di Will che lei si è prestato a tutto ciò?»
«La cosa sembra non suonarle nuova» constatò lui.
«No» affermò Faith «Molti si avvicinano a lui solo per curiosità. Ma le dico una cosa: Will non è un topo da laboratorio, non può essere 'testato' e poi gettato via, come immondizia.»
«Sembra avere davvero a cuore il destino del signor Graham»
«Ed è così»
Lo psichiatra annuì, poi estrasse dalla tasca un biglietto da visita.
«Qui trova i miei recapiti» le disse «Se l'agente Crawford mi ha chiamato è per fungere da supporto a Will, proprio come lei. Purtroppo registro ostilità da parte del signor Graham e sarei felice se mi aiutasse ad arginare questo divario.»
Faith scostò la mano che proteggeva i suoi occhi, ora costretti a socchiudersi per colpa del sole, e afferrò il biglietto da visita che l'uomo le stava offrendo.
«Va bene» disse in maniera sbrigativa, e poco convinta, lei.
Lui le sorrise, poi con un lieve gesto della testa accompagnò il suo saluto «Arrivederci, signorina Williams»
«Arrivederci» rispose lei di rimando.

Si girò e si incamminò poi verso la sua auto. Una volta dentro, prima di mettere in moto la macchina, sistemò il biglietto nel portafogli, insieme ad altri biglietti, scontrini e appunti. Accese la radio e la musica dei Muse la salutò con una delle sue canzoni preferite, Madness. Batté le dita, seguendo il suono della musica, sullo sterzo. Chiuse gli occhi e realizzò che l'uomo non si era presentato, o forse era lei che non aveva sentito il suo nome persa, com'era, nell'agitazione di quella mattina. Così li riaprì in un attimo. Frugò tra le mille cose inutili della borsa, afferrò il portafogli, poi il biglietto da visita
«Hannibal Lecter» sussurrò a se stessa continuando a battere le dita sullo sterzo.

   
 
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