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Autore: ourlifesavers    16/04/2014    3 recensioni
Fuoco, fiamme scoppiettanti e fumo avvolgevano ormai completamente quella casa.
Il luogo appariva deserto, se non fosse stato per i quattro ragazzi che ammiravano soddisfatti il tetro spettacolo davanti ai loro occhi.
Erano certi che nessuno, eccetto loro, avesse assistito a quella scena, ma due occhi spaventati avevano visto tutto.
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Jiley fanfiction.
Scritta a quattro mani da: jileyheart e Neverlethimgo
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Miley Cyrus
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 16

 

Killian
 

Quel pomeriggio ci eravamo fermati in un piccolo locale alla periferia della città. Era quasi deserto, fatta eccezione per un paio di persone, ma non le calcolai. Simon ed io ci eravamo recati lì con l’intenzione di poter parlare liberamente di ciò che il padre di Scott ci aveva richiesto di fare.
«Lo hai sentito anche tu.» mormorai, stringendo tra le dita il bicchiere di birra che avevo davanti, «non vuole che si ripeta ciò che è successo con Justin. Dobbiamo solo farlo spaventare.»
Simon annuì, rimanendo comunque perplesso. «Non credo ci sia molto che possiamo fare. Gli abbiamo già incendiato la macchina, su cosa dovremo puntare ora?»
Mi strinsi nelle spalle. Onestamente, non lo sapevo, ma ero determinato – come gli altri del resto – a metterlo fuori gioco.
«Un’idea ce l’avrei.» mormorò Simon e colsi un guizzo nel suo sguardo. Non risposi, aspettai che continuasse. Conoscevo quell’espressione da bastardo e sapevo che, riguardo a certe cose, non riusciva ad avere mezzi termini.
«Potremmo occuparci di qualcuno molto vicino a lui.»
«Se ti riferisci ad Alexis, scordatelo. Justin ti ucciderebbe.»
Immaginavo si riferisse a lei, non gli era mai andata molto a genio quella ragazza.
Lo vidi sbuffare e bevve un lungo sorso di birra.
«Hai un’idea migliore?» ribatté con tono di sfida.
Ci pensai su, effettivamente non c’era molto che potessimo fare, ma eravamo tutti intenzionati ad aiutare Scott, per cui un modo l’avremmo trovato.
«Ricordi anche tu quanto rimase sconvolto quando vide la sua casa in fiamme, vero?» domandai e sollevò immediatamente lo sguardo, assumendo un’espressione confusa, ma annuì comunque.
«Non intendo di voler fare lo stesso anche all’abitazione in cui vive ora, ma se facessimo in modo che ritornasse in quella vecchia casa e-»
«Una sottospecie di rapimento?» domandò interrompendomi,al che sorrisi.
«Più o meno. Se ricreassimo quanto successo tre anni fa, potremmo giocare sul lato psicologico e lo avremmo in pugno.»
Non mi sembrava molto convinto, ma, dal momento in cui non avevamo alternative, disse: «Si può provare.»
Scostai lo sguardo dalla figura del mio amico, posandolo su un paio di persone sedute ad un tavolo non lontano dal nostro. Incrociai lo sguardo di uno di loro e non mi fu nuovo. Il locale non era molto illuminato, per tanto impiegai alcuni secondi prima di ricordare dove l’avessi già visto.
Lui, contrariamente, sembrò sapere esattamente chi fossi. Con la coda dell’occhio vidi Simon voltarsi di scatto, per poi riportare nuovamente lo sguardo su di me.
«Merda!» sbottò Simon, «erano con Logan alla festa di Andie.»
Cercai di guardarli più attentamente, ma si alzarono con velocità fulminea e, prima che lasciassero il locale, vidi uno dei due intento a parlare al telefono.
 
 
 

Alexis

 
Rimasi a fissarlo, senza ribattere e, soprattutto, senza riuscire a nascondere la delusione che quelle parole mi avevano provocato.
Se n’era andato per un tempo che mi era parso indefinito e ora la cosa si stava per ripetere.
Come avrei dovuto prenderla?
«Mi dispiace davvero tanto, piccola.» mormorò, scostandomi una ciocca di capelli dal viso e sfiorandomi la gota con l’indice.
Dischiusi le labbra, intenta a dire qualcosa, ma uno strano ‘bip’ mi costrinse a tenere la bocca chiusa. Mi guardai attorno, cercando di capire da dove provenisse, ma poi lo vidi infilarsi la mano in tasca ed afferrare il cellulare. «Scusa un attimo.» mormorò prima di alzarsi ed allontanarsi di poco da me.
Sospirai sonoramente ed attirai le ginocchia al petto, poggiandovi sopra il mento e soffermando la mia attenzione verso le immagini che passavano in televisione.
«I- io devo andare adesso.» Nell’esatto istante in cui la sua voce giunse alle mie orecchie, chiusi gli occhi per un paio di secondi, con l’intenzione di far sbollire qualsiasi sentimento negativo che iniziavo a provare.
Annuii quasi impercettibilmente ed abbandonai il divano, muovendo qualche passo verso di lui – che ora era già accanto alla porta d’ingresso – ma mantenni comunque una certa distanza.
«D’accordo.» mormorai, aprendo la porta ed incrociando poi le braccia al petto. Lo vidi abbassarsi di poco, quanto bastava per raggiungere la mia altezza, e rimasi immobile, mentre le sue labbra sfiorarono le mie. Fu un bacio semplice, tanto che non mi permise nemmeno di sentire il sapore delle sue labbra.
Sarebbe sparito per un'altra settimana, o forse più, e quello fu tutto ciò che mi diede prima di salutarmi.
«Ti chiamo domani sera.» mi disse e, dopo aver biascicato un semplice ‘okay’, mi diede le spalle ed uscì. Lo guardai andar via, chiudendo la porta solo quando lo vidi salire in macchina.
Mi appoggiai con la schiena al dorso di essa e, probabilmente, rimasi in quella posizione per troppo tempo, perché tutto d’un tratto sentii il rumore di una chiave inserirsi nella serratura.
Mamma era tornata.
 
 

Scott

 
Sentii improvvisamente la porta d’ingresso chiudersi, con a seguito un suono di passi frettolosi ed irregolari. Sollevai lo sguardo non appena le figure di Simon e Killian fecero  capolino all’interno della sala, spensi la televisione e mi voltai completamente verso di loro.
Entrambi erano arrossati in viso e dagli sguardi che avevano intuii che fossero arrabbiati. Nell’istante in cui dischiusi le labbra per domandare spiegazioni, Killian mi precedette, zittendomi.
«Dannazione!» sbottò irato, facendo cadere il cellulare sulla superficie del tavolo, e mancandolo di poco quando – per quello che mi sembrò un attacco di rabbia – sbatté fortemente un pugno accanto ad esso.
«Qual è il problema?» non riuscii a tenere la bocca chiusa.
«Temo che Logan sospetti qualcosa.» disse semplicemente. Feci per alzarmi in piedi, ma un’occhiata da parte di Simon m’intimò di restare fermo.
«Simon ed io eravamo in un locale poco fa, stavamo discutendo su come mettere fuori combattimento Logan, ma…»
«Ma?»
«Ma non ci siamo accorti che i suoi amici sfigati hanno sentito tutto, o quasi.» continuò Simon al posto suo.
Sospirai sonoramente e scossi il capo. «Merda, questa non ci voleva.»
«Direi di no. Anche perché, quando ce ne siamo accorti, sono scappati fuori dal locale e uno di loro aveva il telefono in mano. Quindi avrà di sicuro riferito a Logan ciò che ci siamo detti.»
«Considerando il fatto che sia un cagasotto, scommetto tutto quello che vuoi che non si farà vedere per un po’.» commentò Simon, lasciandosi cadere a peso morto sul divano.
«A questo punto non ci resta altro da fare che aspettare che si faccia vivo di nuovo e agire.» dissi, stringendo le labbra.
«Credo non basti aspettare, ormai sanno che tramiamo qualcosa. Dobbiamo pensare a qualcos’altro.»
 
 

Justin

 
«Papà, sto andando.» mormorai, chiudendo il piccolo bagaglio che avevo  portato da casa.
Sentii i suoi passi percorrere il corridoio, poco prima di trovarmelo di fronte, «pensavo ti saresti fermato di più.» ribatté, sedendosi sul piccolo divano.
Mi strinsi debolmente nelle spalle, alzando poi lo sguardo verso di lui, «devo tornare a casa e poi tu partirai nel giro di qualche giorno.»
Mio padre sorrise appena, ma non era felice, tutt'altro, «puoi sempre venire con noi.» propose.
Mi inumidii le labbra, ma scossi la testa, senza esitare, «la risposta è sempre la stessa papà, lo sai.» mormorai, dando un leggero calcio al bagaglio ai miei piedi.
Sospirò, alzandosi dal divano e venendo venendo verso di me, solo per abbracciarmi velocemente e aprirmi la porta, permettendomi di uscire. Feci scattare l'apertura automatica della macchina e caricai il bagaglio sul sedile posteriore, prima di voltarmi nuovamente verso mio padre, «ci vediamo presto.»mormorai, abbassando leggermente lo sguardo.
Lo sentii sorridere e la sua mano fu sulla mia spalla, «ma certo Justin, fai buon viaggio.» replicò.
Annuii brevemente e salii in auto, mettendo in moto solo quando mio padre si fu allontanato.
Misi a posto lo specchietto, incrociando il mio stesso sguardo. Le due settimane lontano da tutti e da tutto non erano servite poi a molto. Non con il pensiero fisso di Alexis e non con Scott, Simon e Killian che non avevano afferrato il concetto di “ho bisogno di stare solo”.
Nonostante non avessi mai risposto alle loro chiamate, non avevano mai smesso di provare. Sapevo che volevano parlare di Logan, ma Logan era collegato ad Alexis e pensare ad Alexis peggiorava solo le cose.
Non sentivo la sua voce da due settimane, non incrociavo i suoi occhi da due settimane e non la sentivo ridere o urlarmi contro da altrettanto tempo.
Non sapeva nemmeno che me ne fossi andato e probabilmente, non appena mi avrebbe visto, non avrebbe esitato ad odiarmi – sempre che già non lo stesse facendo – ma forse, per certi versi, era meglio così.
Il solo pensiero che Logan le girasse continuamente intorno, prendendosi gioco di lei, era la cosa che più mi faceva salire la rabbia in tutto il corpo. Non meritava di essere trattata in quel modo, soprattutto non da lui.
Sovrappensiero, accelerai senza volerlo, facendo sgommare le ruote posteriori, prima di immetermi sulla strada principale.
Seguii vari cartelli, prima di imboccare la via che mi avrebbe riportato in Pennsylvania. Avevo passato le ultime due settimane in completa solitudine a Philadelphia, ma sentivo che la questione Logan doveva essere risolta al più presto.
L'unica compagnia che ebbi nelle ore che passai in quell'auto, fu il suono sommesso della radio, che alternava musica scadente a discorsi senza senso dei vari speakers.
Verso sera, le luci di casa si fecero più vicine, fino a quando intravidi il cartello stradale che mi avrebbe riportato dritto in città. Lasciai l'acceleratore, essendo costretto a rispettare i limiti di velocità, lasciando che le stradine familiari si facessero largo davanti a me.
Come d'abitudine, regnava il silenzio assoluto, nonostante fossero appena le sette di sera. Raggiunsi casa mia in una decina di minuti buoni e non appena scesi dall'auto, solo per sgranchirmi le gambe e lasciare sulla soglia di casa il bagaglio, ci risalii, pensando a dove andare per primo: dritto dai ragazzi o fare un salto da Alexis?
Controllai nuovamente l'ora sul cruscotto e optai per andare da Scott. Immaginavo potessero essere là e quando, raggiunta l'abitazione, notai la macchina di Simon, ne ebbi la conferma. Parcheggiai parallelamente alla sua auto e scesi, mettendo le chiavi in tasca.
Bussai brevemente, fino a che qualcuno non fece scattare l'apertura della porta, permettendomi di entrare.
Le voci di Simon e Scott si sentivano anche dall'atrio, ma dedussi che fossero in salotto. Mi schiarii la voce solo quando inquadrai le loro figure, intente a discutere su qualcosa che riguardava un piano. Sapevo che si stavano riferendo a Logan – doveva per forza essere così – ma volevo esserne davvero sicuro, prima di dire o fare qualsiasi altra cosa.
Simon alzò lo sguardo incrociando il mio e la sua espressione passò dalla sorpresa all'indifferenza, «guarda chi è tornato.» borbottò, distogliendo lo sguardo e fissando un punto oltre il divano sul quale era seduto.
Aggrottai le sopracciglia, ma non replicai. Ero troppo stanco per intavolare una discussione con lui. Fu Scott ad intervenire, «dobbiamo parlare.»
Annuii, «è per questo che sono qui.» ribattei.
Simon si alzò all'improvviso, «hai finalmente trovato il telefono?» sbottò. Per un momento lo guardai confuso, ma capendo poi a cosa alludesse, mi strinsi svogliatamente nelle spalle.
«A differenza tua, il mio primo pensiero non è Logan. Non passo le mie giornate a pensare a come togliermelo di torno una volta per tutte e ti do un consiglio Simon: dovresti farlo anche tu.» ribattei, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Scott ci richiamò, ma lo sentii a malapena. Simon si avvicinò leggermente, «permetti che ti dia io un consiglio ora: dovresti iniziare tu a pensare un po' più a lui, se vuoi avere per te quella ragazza.»
Contrassi la mascella, sapendo che si stava riferendo ad Alexis, «sono venuto per sapere che diavolo avete in mente, non per parlare di lei.» ribattei.
Simon fece per ribattere, ma Scott intervenne, «Logan è fuori città.» disse, facendomi cenno di sedermi sul divano di fronte a loro. Non me lo feci ripetere due volte, ero talmente stanco che non avrei retto molto altro tempo in piedi, «poco dopo la tua partenza, un suo amico ha chiamato Logan, dicendogli probabilmente di sparire per un po' dalla città. Sanno che mio padre non ha mai dimenticato e che vuole i suoi soldi e hanno sentito Simon e Killian parlare. Logan non se l'è fatto ripetere due volte e ha alzato i tacchi.» spiegò, scandendo le parole, come solo lui era in grado di fare, «cosa di cui, per la cronaca, la sua suddetta ragazza, non è alquanto contenta. L'ho sentita parlare con Andie e non so se ce l'ha più con lui o con te per essere sparito per due settimane.»
Contrassi nuovamente la mascella, ma non dissi nulla, «comunque, stavamo solo decidendo il da farsi, ma non credo che tu sia in forma per poterne discutere.» concluse, inarcando un sopracciglio. Sentivo lo sguardo di Simon addosso, ma cercai di ignorarlo.
Mi alzai, stringendomi nelle tasche, «allora posso anche andarmene, che dici?»
Fu Simon a rispondere, «nessuno ti costringe a stare qui.» borbottò. Incrociai il suo sguardo e annuii, prima di voltare loro le spalle e uscire di casa.
Misi velocemente in moto e in meno di dieci minuti, ero davanti a casa di Alexis.
Parcheggiai a pochi passi dalla sua auto e scesi, fissando l'abitazione per qualche secondo, prima di avvicinarmi alla porta: l'unica luce proveniva al piano superiore e sembrava essere sola.
Suonai alla porta e aspettai che venisse ad aprirmi, ma non successe nulla, così ripetei il gesto fino a che non sentii la sua voce, soffocata per via della porta, «arrivo!»
Feci un passo indietro e aspettai di trovarmela davanti. Il sorriso che aveva sul volto si spense nell'esatto momento in cui incrociò il mio sguardo. Deglutii e mi limitai a fissarla: indossava un paio di pantaloncini di jeans a vita alta, che le mettevano in risalto le gambe e una semplicissima canottiera bianca che lasciava scoperta una piccola parte di stomaco. Quando si accorse che la stavo fissando, arrossì, «J-Justin.» mormorò, facendo quasi un passo indietro. Annuii, quasi a confermare quella che sembrava essere una domanda.
«Ciao.» mormorai in risposta.
Aggrottò le sopracciglia, «cosa ci fai qui?» domandò. Era piuttosto calma, ma sapevo che al momento opportuno sarebbe scoppiata.
«Sono appena tornato.» risposi semplicemente.
Alexis incrociò le braccia al petto e si guardò intorno, prima di spostarsi di lato per potermi permettere di entrare. Sfiorai senza accorgermene la sua spalla con la mia e lasciai che chiudesse la porta.
«Non sapevo che fossi partito.»mormorò, prima di alzare gli occhi al cielo, «voglio dire, ci sono arrivata dopo quasi una settimana che non ti vedevo, ma-»
«Non l'ho detto a nessuno.» la interruppi, passandomi velocemente una mano tra i capelli.
Si strinse nelle spalle, «sì, me n'ero accorta.» borbottò, andando a sedersi sul divano. La seguii, ma non mi sedetti.
«Avevo bisogno di stare un po' da solo.»ammisi, nonostante non mi avesse fatto alcuna domanda che implicasse quella risposta.
Alexis annuì, «dove sei stato?» chiese nuovamente, ma evitai di darle una risposta ben precisa, così sviai un po' il discorso, «che fai domani?» ribattei.
A quelle parole aggrottò le sopracciglia, confusa, «cosa vuoi dire?»
Sorrisi appena, «sei impegnata?» riprovai.
Alexis scosse la testa e notai l'ombra di un sorriso, «non lo so, ma perché me lo chiedi?» ribatté.
Questa volta sorrisi apertamente e quasi non mi resi conto di ciò che stavo per dire, «perché domani è la giornata perfetta per andare a pesca.»

 



 



Ci sono anche io :)


Ci scusiamo veramente tanto per il ritardo, ci dispiace di aver fatto passare così tanto tempo.
Siamo state entrambe impegnate e abbiamo avuto ben poco tempo per seguire anche questa storia - come molte di voi sapranno, ne abbiamo anche altre in corso e star dietro a tutte si è rivelato un po' difficile.
Comunque sia, nonostante questo speriamo che non smettiate di seguire la storia, perché - come già avevamo detto - abbiamo le idee per portarla avanti e faremo del nostro meglio per non tardare più così tanto.

Speriamo davvero che vi sia piaciuto il capitolo ed aspettiamo di leggere i vostri pareri su tutto :)

Ringraziamo chi ha recensito e chi segue questa storia ♥

Un bacione,
Giulia e Federica.

Per sapere quando aggiorniamo, seguiteci su twitter: Giulia (@Belieber4Choice) Federica (@breathinjiley)
Vi lasciamo anche ask per qualsiasi cosa: Giulia e Federica.

 

  
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