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Autore: shewolf_    16/04/2014    6 recensioni
"-Sedetevi pure.- disse il professore di musica,con un sorriso accennato.
Ecco,per Kimberly,quell'uomo era la prova che la perfezione esisteva.
Non avevano mai avuto musica prima d'ora,era stata una riforma scolastica di settembre dell'inizio dell'anno. [...] Nessuno sporse lamentele,soprattutto dopo aver visto l'insegnante.
Le professoresse lo descrivevano come “un uomo piacente”,giusto per non sforare e mantenere quel decoro che viene loro richiesto in ambito lavorativo.
Tant'è che inizialmente nessuno ci credeva. Cosa potevano sapere delle donne abbastanza attempate,di cosa era ritenuto bello al giorno d'oggi?
E invece.. eccolo lì. Il professore di musica più affascinante che potesse esistere.
Si chiamava Jared Leto,e grazie a lui,musica era la materia più attesa della settimana."
Questa è la prima FF che pubblico su questo sito, spero vi attiri e vi piaccia come è piaciuto a me scriverla :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 74.

And I’d give up forever to touch you
Cos I know that you feel me somehow
You’re the closest to heaven that I’ll ever be
And I don’t wanna go home right now

 Sentii un tonfo di fronte a lei e sollevò il capo senza troppa fretta, incrociando gli occhi indispettiti di Gwen.
-Kiiiim? Ci sei?-
La ragazza scosse la testa. –Non ho sentito, scusami.- rispose con tono piattissimo, richiamando a sé tutta la concentrazione necessaria per prestare sufficiente attenzione alla compagna per almeno la prossima frase.
Questa sbuffò con un’espressione desolata. –Kim, io posso capire come ti senti e mi scoccia essere proprio io a ricordarti che tra un mese o poco più abbiamo gli esami finali.- si era allungata sul tavolo, afferrando l’avambraccio di Kimberly, con fare comprensivo. –Ma serve un po’ più di sforzo da parte tua se vogliamo ripassare tutta storia.-
La mora dal canto suo fu costretta a chiudere gli occhi e portare entrambe le mani a reggerle la testa. –Non ce la faccio, Gwen.-
L’altra si lasciò sfuggire un verso divertito. –E chi ci riesce a studiare il programma di tutto l’anno di tutte le materie? Non sentirti sola.- ribatté nel tentativo di sdrammatizzare.
Stare in compagnia di Kimberly ultimamente era come passarlo con un cadavere. O peggio, era come trascorrerlo con qualcuno reduce da un tristissimo funerale. Per quanto si sforzasse di non parlarne o di distogliere l’attenzione da quel fortissimo lutto, sembrava tutto inutile. Era una cosa che non si poteva non sentire, con l’amica in quello stato catatonico era impossibile non percepire l’urgenza di quell’incredibile tristezza e voltente o nolente, il fantasma pareva continuamente aleggiare su di loro.
Kim non si era scomposta da quella posizione chiusa. –Non è quello.- brontolò finalmente, il tono incrinato fece intendere alla bionda che si sarebbe rimessa a piangere nel giro di poco. Non faceva altro da una settimana circa. –Non riesco a concentrarmi su niente, Gwen. È una situazione stranissima, non importa quello che sto facendo o con chi sono, che stia leggendo un libro, guardando un film, parlando con mia madre.. all’improvviso mi blocco e torno in quell’aula con Jared.- spiegò togliendosi infine le mani da davanti il volto. –Ripenso a quello che ci siamo detti. A quello che avrei potuto dirgli. Al suo sguardo.
L’avessi visto Gwen..- concluse con un sospiro, poggiando la schiena contro la sedia in legno.
Per lo meno non stava piangendo, pensò con un cenno di conforto la compagna. Se solo l’avesse ascoltata, se lo era ripetuto nella testa un miliardo di volte, se solo Kimberly l’avesse ascoltata quando avevano già discusso sul perché stesse tenendo nascosto a Jared il suo contatto con Christopher.  Se solo le avesse dato retta.
Ogni volta, sebbene il tipico “te l’avevo detto” le si era poggiato sulla punta della lingua, Gwen era sempre stata capace di ingoiarlo. Infilzare la punta di una lama in una piaga già aperta e dolorante non sarebbe stato gentile in nessun caso.
-Kim, smettila di torturarti così.-
-Come?- le chiese subito l’altra, quasi si aspettasse una formula magica in risposta.
Eh. Bella domanda. Come smettere di dannarsi dopo aver ferito una persona? L’unica risposta plausibile era essere mentalmente instabili, ma non era un’opzione attuabile.
Si strinse nelle spalle. –Devi pensarci il meno possibile e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro.-
-Non riesco a pensare ad altro!- ribadì Kimberly, lentamente e con gli occhi bene aperti, quasi a voler far arrivare a Gwen il meglio possibile quello che volesse intendere. –Non so neanche come spiegartelo. Non è come quando litighi con una persona e per tutto il giorno seguente pensi a come avresti potuto gestire meglio a tuo favore lo scontro. È come se Jared si fosse impossessato della mia anima o qualcosa del genere, e ogni volta che gli pare, sia che sia impegnata o concentrata, sia che non stia pensando a niente, torna a infierire.-
Il modo deprimente in cui parlava senza lasciare che la tristezza prendesse il sopravvento, fecero seriamente tentennare Gwen. Era tremendo consolare le persone, soprattutto quando avevi terminato la scorta di pillole di saggezza e i casi erano estremamente disperati.
Kimberly era un caso perso, aveva riconosciuto la sua colpa e probabilmente era questo a tormentarla.
Quante volte nel giro di quella settimana avrebbe voluto parlare con Jared, fermarlo per i corridoi, chiamarlo a casa solo per dirgli per l’ennesima volta che le dispiaceva! Non le interessava che lui la volesse di nuovo, avrebbe semplicemente desiderato che la perdonasse. O che smettesse di odiarla.
Il problema era molto più profondo di tutte le volte in cui si era trovata a chiedere scusa, però. Questa volta le sue parole alle sue stesse orecchie rimbombavano come grosse, enormi, stratosferiche bugie. E se era così per lei, non poteva immaginare come fosse per Jared.
Aveva tradito la sua fiducia e se c’era una sola cosa che aveva imparato da che si trovava al mondo, era che in un persona si poteva distruggere tutto senza avere più o meno ripercussione, tranne la fiducia.  Era l’unica cosa che non si sarebbe mai più ricostruita.
Le era successo più volte con altre persone, le quali le avevano fatto torti più o meno grandi e sebbene poi i rapporti si fossero riallacciati fu più forte di lei notare come le cose non fossero più le stesse e non ci fosse niente che potesse fare.
Ogni volta che queste parlavano, era come se le sentisse ma non le ascoltasse. Sentiva, percepiva e capiva quello che le veniva detto, ma era come se lo filtrasse e credesse ad 1/3 del contenuto.
E le era venuto naturale, un meccanismo che nel giro di poco tempo aveva cominciato a non notare nemmeno più; come se quella determinata persona non meritasse di essere ascoltata anche per quei 2/3 di contenuto rimanenti. Non si fidava più, punto.
-E poi nei litigi in generale puoi recuperare. Io ho perso tutto e non posso più rimediare.- probabilmente era il fatto di dover convivere con questo pensiero a frustrarla più di tutto. Non avrebbe mai potuto chiarire con lui, scusarsi, riappacificarsi.
Era andato tutto perso.
Gwen sentì un’estrema urgenza di tirare un profondissimo e lunghissimo sospiro.  Tutta quella tensione l’avrebbe fatta invecchiare a vista d’occhio.
In uno slancio di egoismo constatò di essere felicissima di non trovarsi al posto dell’amica, ma lo ricacciò subito indietro. Che pensiero idiota per una situzione del genere.
-Devi solo dargli tempo, Kim. Vedrai che piano, piano le cose si aggiusteranno e tu riuscirai a rimediare in un modo o nell’altro.- non era chissà che credibile come frase, ma la ragazza aveva seriamente perso le sue capacità. Kimberly le aveva esaurite.
L’amica le lanciò un’occhiata scettica. -Ma se non riesce neppure a guardarmi! L’altro giorno a lezione si stava facendo venire il torcicollo per non distogliere lo sguardo dalla sua cattedra, quando l’ho trattenuto con una stupida scusa durante l’intervallo.-
Gwen corrugò la fronte, dubbiosa. –Aspetta. Quindi ci hai parlato.- questa non la sapeva.
Kim si strinse nelle spalle. –C’ho provato.- disse sottovoce, esprimendo tutta la delusione che sentiva nel pensarci. –Qualsiasi cosa tentassi di dire non ne voleva sapere di uscirmi dalla bocca. Cosa potevo dire? Mi dispiace? Non volevo? Io ti amo, credimi?- elencò le possibili frasi con un evidente disgusto nel tono, per poi abbassare lo sguardo sulle proprie mani. –Niente aveva senso. Come se non conoscessi il significato di quelle frasi, suonavano finte e artefatte senza nemmeno che mi prendessi la briga di pronunciarle.-
-Quindi? Cosa vi siete detti?- domandò la compagna, impaziente.
-Gli ho semplicemente detto che ero consapevole del fatto che non credesse ad una parola che uscisse dalla mia bocca, ma che dei miei sentimenti non doveva dubitare. Io lo amavo e gliel’avevo dimostrato in più occasioni.-
Gwen si sentì soddisfatta per il passo avanti che aveva compiuto Kimberly. Dal piangersi addosso all’azione era un grande progresso. Avrebbe quasi esultato, sentendosi così tanto in colpa Kim pensava di non poter fare nulla per farsi perdonare, diventando quindi una vittima delle sue azioni estremamente passiva.
Ogni tanto Gwen avrebbe voluto spronarla, urlarle “fa qualcosa, maledizione!”; solo che non spettava a lei e poi era troppo depressa per ascoltarla. Il fatto che lo avesse affrontato, le diede di nuovo speranza.
–Hai visto che ce l’hai fatta? E lui?-
Kim prese un grande respiro, prendendo a mordersi le labbra. Le parole di Jared se le ricordava perfettamente e anche in quel momento le risuonavano nella mente, ripeterle ad alta voce però avrebbe sicuramente comportato un impatto emotivo che non sentiva di riuscire affrontare.
Tuttavia trovò la forza. –Ha detto..- deglutì. –Ha chiesto come poteva credermi. Ha detto che se i miei sentimenti fossero stati veri, se davvero lo avessi amato, non lo avrei mai demolito.-  fece una breve pausa per controllarsi dal piangere. -Ha detto che lui si sente rovinato, distrutto, smantellato, devastato. L’amore
non fa questo, chi ama non fa questo.-
-Accidenti.- fu tutto quello che Gwen riuscì a sussurrare. Aveva ufficialmente finito le buone parole per farla sentire meglio. Un discorso del genere non avrebbe mai trovato un rivale in grado di rincuorarla.
Kimberly annuì lentamente. –E’ meglio che vada, non ti faccio studiare così.- e prese le sue cose con una tale rapidità che portò Gwen al desistere dal chiederle di rimanere.
 

*

 Jared camminava assente per i corridoi della scuola, con il fare distratto caratteristico degli ultimi giorni.
Si chiese vago come si potesse pretendere il contrario da lui, quando le persone che gli stavano accanto glielo facevano notare. “Sei troppo distratto” avevano l’eccessiva e non necessaria accortezza di sottolineare tutti: colleghi, alunni, suo fratello.
Vorrei vedere voi, avrebbe voluto rispondere ogni volta. Invece si scusava sommessamente e cambiava discorso.
Fare il suo lavoro era diventato il principale motivo di distrazione. Come poteva, quando entrava nell’aula di Kimberly, condurre una lezione senza perdere pezzi?
L’umiliazione che sentiva ogni minuto della sua esistenza lo portava ad essere distratto. Distraendosi riusciva a ricomporsi ogni volta che un ricordo veniva a trovarlo nel bel mezzo del nulla, facendolo sentire ancora più stupido di quanto si era sentito ultimamente.
Era sempre stato il suo modo per affrontare il dolore: non pensarci. Cercare, ogni volta che questo imperterrito tentava di farsi spazio in lui, di glissare; di cambiare idea, pensiero, frase, discorso, casa, lavoro, vita.
Era una specie di meccanismo di difesa. Evitare il motivo di strazio era l’unico modo per lui di continuare con la sua esistenza, di sopravvivere.
O si distraeva o si uccideva. Probabilmente no, ma vedendola così almeno aveva una scusa in più per rifugiarsi ulteriormente nella sua distrazione.
Si scontrò con una persona e quasi non se ne accorse, se non fosse che questa gli rivolse uno sguardo contrariato. –Ehi, attento a dove vai amico.- borbottò il ragazzo con fare distaccato. Jared bofonchiò uno –Scusa.- e proseguì per qualche passo prima di voltarsi con espressione criptica.
E questo da dove saltava fuori?
-Posso esserti d’aiuto?- gli chiese quindi, notando che davanti a lui ci fosse o un alunno nuovo (strano, calcolando che la scuola era praticamente finita) o un ragazzo che si era perso, dal momento che non l’avesse mai visto nella sua vita.
E quella scuola era fin troppo piccola per dimenticarsi delle facce.
-No grazie, la vecchia dietro il bancone ha detto che mi raggiunge subito.- rispose questo con fare ironico, indicando la postazione in cui di solito si poteva vedere la segretaria.
Jared lanciò un’occhiata non troppo sorpresa nel vedere che la donna non fosse dove ci si aspettasse di trovarla. –Fa sempre così, specialmente quando ci sono delle urgenze. Scompare.-
Lo sconosciuto sorrise assecondandolo. –Però immagino che quando non serve ve la troviate spuntare alle spalle come un fungo!-
-Proprio così.- rise il professore. Sembrava simpatico il ragazzo. –In ogni caso, cosa ti serve?-
-E’ così evidente che non studio qui?- chiese l’altro scherzando.
Jared fece spallucce. –Ci sono talmente pochi ragazzi in questa scuola che si tende a socializzare per solidarietà. Ti avrei già visto.- sorrise di rimando allo sconosciuto, il quale alzò le mani in segno di resa. –Ok, sono stato scoperto. Anche se un po’ mi dispiace non frequentare qui.- continuò eloquentemente, indicando un paio di alunne che in quel momento gli passarono accanto tra una chiacchera e l’altra.
Il professore ghignò. –Non è così bello come si pensa, credimi. Le donne ti fanno uscire di testa.-
Il ragazzo annuì con un’espressione colpevole. –Vero.-
-Perché sei qui?-
Lui si strofinò le mani, imbarazzato. –Per una ragazza. Ho fatto un casino e vorrei parlarle per vedere se possiamo darci un’altra possibilità.-
Leto lo guardò colpito. Erano discorsi importanti per quell’età. –Wow, devi tenerci molto.-
-In effetti sì.- quel sorriso imbarazzato non voleva andarsene. –Io e Kimberly ci conosciamo da così tanto che sarebbe un grandissimo errore se non tentassi di sistemare le cose.- ma Jared non lo stava più ascoltando dalla terza parola.
Tra tutti i nomi che poteva sentirgli dire, Kimberly era proprio l’ultimo. Pensò di esserselo immaginato dal momento che quella ragazza era tutto quello che aveva per la testa da 6 mesi a questa parte. –Scu.. scusa, puoi ripetermi il nome?-
-Il suo nome Kimberly.-
L’uomo appoggiò la chitarra al suolo contro la parete, cominciando ad accarezzarsi i lati del volto dove la barba stava crescendo senza problemi da un po’. Oh cazzo, pensò. Oh, cazzo cazzo.
E adesso?
-Posso sapere chi la cerca?- gli domandò, sprecando l’ultimo centimetro di calma aveva conservato quasi in vista di un momento come quello.
Il ragazzo gli rivolse un’occhiata infastidita e curiosa. Sembrò percepire qualcosa cambiare nel professore e si mise sulla difesa. –Perché scusi? La conosce? Comunque mi chiamo Christopher.- 

Si era immaginato diverse volte di trovarselo davanti. La personificazione del tradimento di Kimberly, il ragazzo che aveva amato al punto da rinnegarsi per mesi. L’aveva vista soffrire, piangere, disperarsi, spegnersi a causa dell’omuncolo che si trovava ora di fronte a lui, a fissarlo di rimando con un’espressione criptica.
L’aveva amato così tanto da non essere mai riuscita a mettere una pietra sulla loro relazione e appena ne aveva avuto l’occasione l’aveva riassaporata.

-Porca miseria.- sussurrò l’uomo senza riuscire a togliergli gli occhi di dosso.

Se l’era aspettato diverso, ad essere sincero. Era più alto di lui di parecchi centimetri, i capelli erano tenuti corti e in mezzo al volto c’era questo paio di occhi immensi e di un colore neutro nei quali poteva scorgere la sua immagine.

-Cosa?- chiese Christopher sconcertato dalla reazione che l’uomo stava avendo, solo dopo aver sentito il suo nome. –Cosa c’è? Chi è lei?-

Il professore si morse il labbro inferiore, distogliendo finalmente lo sguardo da lui. Era sicuro come poche cose che il ragazzo aveva saputo della sua esistenza mentre si era tenuto in contatto con Kim in quei mesi. Chissà se anche quella famosa domenica lui era a conoscenza del fatto che stavano ancora insieme? Non si era mai chiesto, tra le varie cose, e per motivi abbastanza ovvi, chi dei due avesse preso l’iniziativa.

Tornò a puntare gli occhi ghiacciati nei suoi. –Io sono Jared.-

La reazione che lesse negli occhi del ragazzo gli fece perfettamente intendere che sapesse chi fosse “Jared”; per questo fu più forte di lui sollevare il gomito e affondare un pugno secco contro lo zigomo di quello stangone che credeva di poter fare di Kimberly quello che desiderava.

Se l’avesse rivoluta avrebbe prima di tutto dovuto passare sul suo cadavere. 

And I don’t want the world to see me
Cos I know think that they’d understand
When everything’s make to be broken

I just want you to know who I am

Note finali: ce l'ho fatta.

Non avete idea della fatica che ho fatto per scrivere questo capitolo che per inciso -non doveva uscire così, ma va bene, vediamo cosa succede da questa nuova sparata
- finisco per ripetere sempre le stesse cose.
E' un periodo in cui non sono (tocchiamo ferro, corna a manetta, accendiamo un cerino) triste, e per me è fondamentale sentire il sentimento che voglio esprimere per essere ispirata. Se nella mia testa c'è solo "oh che bello, posso dormire quanto voglio perchè tanto non devo più studiare" non riesco ad espirmere niente di tragico e credo che i risultati si vedano.
Chiedo venia e spero possiate apprezzare lo stesso, a parte la mancanza di sinonimi e giri di parole sempre uguali, ho fatto del mio meglio.

Sono in estremo ritardo, qualora non ve ne siate accorte. (Sono stra divertente, eh?) E mi dispiace tantissimo, ma ringrazio la vostra impazienza che mi sprona a scrivere.
Ogni tanto ho bisogno di essere messa sotto pressione, se no finisco per rimandare...... come tutto quello che faccio.
Oh, sono un essere umano medio anch'io!

Tornando a noi, che depressione scrivere questi capitoli. Davvero, i personaggi mi fanno di una pena che non sto neanche a descrivervi. Spero di avervi prese in contropiede con l'ultima uscita (Evvai Jared, sfonda il muso a quello sfigato!!) perchè sapete quanto mi piacciono i colpi di scena.
La canzone non sono soddisfattissima, e so che nel secondo esatto in cui posterò questo capitolo me ne verranno in mente un migliaio migliori di questa per il tipo di capitolo, ma come al solito sono nata sfigata e poi è una bellissima canzone, quindi fuck la canzone del capitolo è Iris dei Goo Goo Dolls ♥

E ho rinunciato per sempre a toccarti
perchè so che tu mi senti in qualche modo
tu sei più vicino al paradiso di quel che io sia mai stato
e non voglio andare a casa ora.

Non voglio che il mondo mi veda
perché non penso che capirebbe
quando tutto è stato fatto per essere distrutto
io voglio solo che tu sappia chi sono.

Ok, ho fatto  il mio dovere. Pat pat. Fatemi sapere, fatevi vive, mortificatemi, insultatemi, fate quello che volete ma voglio risposte.
Ah, per chiunque non sia sicuro che la sua opinione sia importante o vuole rimanere nell'ombra per cacchioneso, vi svelo un segreto: più mi fate sapere che ne pensate, più mi date la voglia di continuare.
Chissà, magari la prossima se vedo richiesta non sarò così in ritardo.... ;)
Scherzi a parte, ho avuto i miei impegni  non c'entrate voi. Sappiate che una recensione in più (positiva o negativa/lunga o corta che sia) è un bell'aiuto. Anche perchè io scrivo per voi, se fosse una cosa che mi diletto a fare e basta le sognerei o le scriverei e le terrei nel mio pc ahaha.

Passo e chiudo
xoxoxoxo
  
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