Capitolo
74.
Cos I know that you feel me somehow
You’re the closest to heaven that I’ll
ever be
And I don’t wanna go home right now
-Kiiiim? Ci sei?-
La ragazza scosse la
testa. –Non ho sentito, scusami.- rispose con tono
piattissimo, richiamando a
sé tutta la concentrazione necessaria per prestare
sufficiente attenzione alla
compagna per almeno la prossima frase.
Questa sbuffò con
un’espressione desolata. –Kim, io posso capire come
ti senti e mi scoccia
essere proprio io a ricordarti che tra un mese o poco più
abbiamo gli esami
finali.- si era allungata sul tavolo, afferrando
l’avambraccio di Kimberly, con
fare comprensivo. –Ma serve un po’ più
di sforzo da parte tua se vogliamo
ripassare tutta storia.-
La mora dal canto suo
fu costretta a chiudere gli occhi e portare entrambe le mani a reggerle
la testa.
–Non ce la faccio, Gwen.-
L’altra si lasciò
sfuggire un verso divertito. –E chi ci riesce a studiare il
programma di tutto
l’anno di tutte le materie? Non sentirti sola.-
ribatté nel tentativo di
sdrammatizzare.
Stare in compagnia di
Kimberly ultimamente era come passarlo con un cadavere. O peggio, era
come
trascorrerlo con qualcuno reduce da un tristissimo funerale. Per quanto
si
sforzasse di non parlarne o di distogliere l’attenzione da
quel fortissimo
lutto, sembrava tutto inutile. Era una cosa che non si poteva non
sentire, con
l’amica in quello stato catatonico era impossibile non
percepire l’urgenza di
quell’incredibile tristezza e voltente o nolente, il fantasma
pareva
continuamente aleggiare su di loro.
Kim non si era
scomposta da quella posizione chiusa. –Non è
quello.- brontolò finalmente, il
tono incrinato fece intendere alla bionda che si sarebbe rimessa a
piangere nel
giro di poco. Non faceva altro da una settimana circa. –Non
riesco a
concentrarmi su niente, Gwen. È una situazione stranissima,
non importa quello
che sto facendo o con chi sono, che stia leggendo un libro, guardando
un film,
parlando con mia madre.. all’improvviso mi blocco e torno in
quell’aula con
Jared.- spiegò togliendosi infine le mani da davanti il
volto. –Ripenso a quello
che ci siamo detti. A quello che avrei potuto dirgli. Al suo sguardo.
L’avessi visto Gwen..-
concluse con un sospiro, poggiando la schiena contro la sedia in legno.
Per lo meno non stava
piangendo, pensò con un cenno di conforto la compagna. Se
solo l’avesse
ascoltata, se lo era ripetuto nella testa un miliardo di volte, se solo
Kimberly l’avesse ascoltata quando avevano già
discusso sul perché stesse
tenendo nascosto a Jared il suo contatto con Christopher. Se solo le avesse dato
retta.
Ogni volta, sebbene il
tipico “te l’avevo detto” le si era
poggiato sulla punta della lingua, Gwen era
sempre stata capace di ingoiarlo. Infilzare la punta di una lama in una
piaga
già aperta e dolorante non sarebbe stato gentile in nessun
caso.
-Kim, smettila di
torturarti così.-
-Come?- le chiese
subito l’altra, quasi si aspettasse una formula magica in
risposta.
Eh. Bella domanda. Come
smettere di dannarsi dopo aver ferito una persona? L’unica
risposta plausibile
era essere mentalmente instabili, ma non era un’opzione
attuabile.
Si strinse nelle
spalle. –Devi pensarci il meno possibile e lasciare che il
tempo faccia il suo
lavoro.-
-Non riesco a pensare ad altro!-
ribadì
Kimberly, lentamente e con gli occhi bene aperti, quasi a voler far
arrivare a
Gwen il meglio possibile quello che volesse intendere. –Non
so neanche come
spiegartelo. Non è come quando litighi con una persona e per
tutto il giorno
seguente pensi a come avresti potuto gestire meglio a tuo favore lo
scontro. È
come se Jared si fosse impossessato della mia anima o qualcosa del
genere, e
ogni volta che gli pare, sia che sia impegnata o concentrata, sia che
non stia
pensando a niente, torna a infierire.-
Il modo deprimente in
cui parlava senza lasciare che la tristezza prendesse il sopravvento,
fecero
seriamente tentennare Gwen. Era tremendo consolare le persone,
soprattutto
quando avevi terminato la scorta di pillole di saggezza e i casi erano
estremamente disperati.
Kimberly era un caso
perso, aveva riconosciuto la sua colpa e probabilmente era questo a
tormentarla.
Quante volte nel giro
di quella settimana avrebbe voluto parlare con Jared, fermarlo per i
corridoi,
chiamarlo a casa solo per dirgli per l’ennesima volta che le
dispiaceva! Non le
interessava che lui la volesse di nuovo, avrebbe semplicemente
desiderato che
la perdonasse. O che smettesse di odiarla.
Il problema era molto
più profondo di tutte le volte in cui si era trovata a
chiedere scusa, però.
Questa volta le sue parole alle sue stesse orecchie rimbombavano come
grosse,
enormi, stratosferiche bugie. E se era così per lei, non
poteva immaginare come
fosse per Jared.
Aveva tradito la sua
fiducia e se c’era una sola cosa che aveva imparato da che si
trovava al mondo,
era che in un persona si poteva distruggere tutto senza avere
più o meno
ripercussione, tranne la fiducia.
Era l’unica
cosa che non si sarebbe mai più ricostruita.
Le era successo più
volte con altre persone, le quali le avevano fatto torti più
o meno grandi e
sebbene poi i rapporti si fossero riallacciati fu più forte
di lei notare come
le cose non fossero più le stesse e non ci fosse niente che
potesse fare.
Ogni volta che queste
parlavano, era come se le sentisse ma non le ascoltasse. Sentiva,
percepiva e
capiva quello che le veniva detto, ma era come se lo filtrasse e
credesse ad
1/3 del contenuto.
E le era venuto naturale,
un meccanismo che nel giro di poco tempo aveva cominciato a non notare
nemmeno
più; come se quella determinata persona non meritasse di
essere ascoltata anche
per quei 2/3 di contenuto rimanenti. Non si fidava più,
punto.
-E poi nei litigi in
generale puoi recuperare. Io ho perso tutto e non posso più
rimediare.-
probabilmente era il fatto di dover convivere con questo pensiero a
frustrarla più
di tutto. Non avrebbe mai potuto chiarire con lui, scusarsi,
riappacificarsi.
Era andato tutto perso.
Gwen sentì un’estrema
urgenza di tirare un profondissimo e lunghissimo sospiro. Tutta quella tensione
l’avrebbe fatta
invecchiare a vista d’occhio.
In uno slancio di
egoismo constatò di essere felicissima di non trovarsi al
posto dell’amica, ma
lo ricacciò subito indietro. Che pensiero idiota per una
situzione del genere.
-Devi solo dargli
tempo, Kim. Vedrai che piano, piano le cose si aggiusteranno e tu
riuscirai a
rimediare in un modo o nell’altro.- non era chissà
che credibile come frase, ma
la ragazza aveva seriamente perso le sue capacità. Kimberly
le aveva esaurite.
L’amica le lanciò un’occhiata
scettica. -Ma se non riesce neppure a guardarmi! L’altro
giorno a lezione si
stava facendo venire il torcicollo per non distogliere lo sguardo dalla
sua
cattedra, quando l’ho trattenuto con una stupida scusa
durante l’intervallo.-
Gwen corrugò la fronte,
dubbiosa. –Aspetta. Quindi ci hai parlato.- questa non la
sapeva.
Kim si strinse nelle
spalle. –C’ho provato.- disse sottovoce, esprimendo
tutta la delusione che
sentiva nel pensarci. –Qualsiasi cosa tentassi di dire non ne
voleva sapere di
uscirmi dalla bocca. Cosa potevo dire? Mi dispiace? Non volevo? Io ti
amo,
credimi?- elencò le possibili frasi con un evidente disgusto
nel tono, per poi
abbassare lo sguardo sulle proprie mani. –Niente aveva senso.
Come se non
conoscessi il significato di quelle frasi, suonavano finte e artefatte
senza
nemmeno che mi prendessi la briga di pronunciarle.-
-Quindi? Cosa vi siete
detti?- domandò la compagna, impaziente.
-Gli ho semplicemente
detto che ero consapevole del fatto che non credesse ad una parola che
uscisse
dalla mia bocca, ma che dei miei sentimenti non doveva dubitare. Io lo
amavo e
gliel’avevo dimostrato in più occasioni.-
Gwen si sentì
soddisfatta per il passo avanti che aveva compiuto Kimberly. Dal
piangersi
addosso all’azione era un grande progresso. Avrebbe quasi
esultato, sentendosi
così tanto in colpa Kim pensava di non poter fare nulla per
farsi perdonare,
diventando quindi una vittima delle sue azioni estremamente passiva.
Ogni tanto
Gwen avrebbe voluto spronarla, urlarle “fa qualcosa,
maledizione!”; solo che non
spettava a lei e poi era troppo depressa per ascoltarla. Il fatto che
lo avesse
affrontato, le diede di nuovo speranza.
–Hai visto che ce l’hai
fatta? E lui?-
Kim prese un grande
respiro, prendendo a mordersi le labbra. Le parole di Jared se le
ricordava
perfettamente e anche in quel momento le risuonavano nella mente,
ripeterle ad
alta voce però avrebbe sicuramente comportato un impatto
emotivo che non
sentiva di riuscire affrontare.
Tuttavia trovò la
forza. –Ha detto..- deglutì. –Ha chiesto
come poteva credermi. Ha detto che se
i miei sentimenti fossero stati veri, se davvero lo avessi amato, non
lo avrei
mai demolito.- fece
una breve pausa per
controllarsi dal piangere. -Ha detto che lui si sente rovinato,
distrutto,
smantellato, devastato. L’amore
non fa questo, chi ama non fa
questo.-
-Accidenti.- fu tutto
quello che Gwen riuscì a sussurrare. Aveva ufficialmente
finito le buone parole
per farla sentire meglio. Un discorso del genere non avrebbe mai
trovato un
rivale in grado di rincuorarla.
Kimberly annuì
lentamente. –E’ meglio che vada, non ti faccio
studiare così.- e prese le sue
cose con una tale rapidità che portò Gwen al
desistere dal chiederle di
rimanere.
*
Si chiese vago come si
potesse pretendere il contrario da lui, quando le persone che gli
stavano
accanto glielo facevano notare. “Sei troppo
distratto” avevano l’eccessiva e
non necessaria accortezza di sottolineare tutti: colleghi, alunni, suo
fratello.
Vorrei vedere voi,
avrebbe voluto rispondere ogni volta. Invece si scusava sommessamente e
cambiava discorso.
Fare il suo lavoro era
diventato il principale motivo di distrazione. Come poteva, quando
entrava nell’aula
di Kimberly, condurre una lezione senza perdere pezzi?
L’umiliazione che
sentiva ogni minuto della sua esistenza lo portava ad essere distratto.
Distraendosi
riusciva a ricomporsi ogni volta che un ricordo veniva a trovarlo nel
bel mezzo
del nulla, facendolo sentire ancora più stupido di quanto si
era sentito
ultimamente.
Era sempre stato il suo
modo per affrontare il dolore: non pensarci. Cercare, ogni volta che
questo
imperterrito tentava di farsi spazio in lui, di glissare; di cambiare
idea,
pensiero, frase, discorso, casa, lavoro, vita.
Era una specie di
meccanismo di difesa. Evitare il motivo di strazio era
l’unico modo per lui di
continuare con la sua esistenza, di sopravvivere.
O si distraeva o si
uccideva. Probabilmente no, ma vedendola così almeno aveva
una scusa in più per
rifugiarsi ulteriormente nella sua distrazione.
Si scontrò con una
persona e quasi non se ne accorse, se non fosse che questa gli rivolse
uno
sguardo contrariato. –Ehi, attento a dove vai amico.-
borbottò il ragazzo con
fare distaccato. Jared bofonchiò uno –Scusa.- e
proseguì per qualche passo
prima di voltarsi con espressione criptica.
E questo da dove
saltava fuori?
-Posso esserti d’aiuto?-
gli chiese quindi, notando che davanti a lui ci fosse o un alunno nuovo
(strano, calcolando che la scuola era praticamente finita) o un ragazzo
che si
era perso, dal momento che non l’avesse mai visto nella sua
vita.
E quella scuola era fin
troppo piccola per dimenticarsi delle facce.
-No grazie, la vecchia
dietro il bancone ha detto che mi raggiunge subito.- rispose questo con
fare
ironico, indicando la postazione in cui di solito si poteva vedere la
segretaria.
Jared lanciò un’occhiata
non troppo sorpresa nel vedere che la donna non fosse dove ci si
aspettasse di
trovarla. –Fa sempre così, specialmente quando ci
sono delle urgenze. Scompare.-
Lo sconosciuto sorrise
assecondandolo. –Però immagino che quando non
serve ve la troviate spuntare
alle spalle come un fungo!-
-Proprio così.- rise il
professore. Sembrava simpatico il ragazzo. –In ogni caso,
cosa ti serve?-
-E’ così evidente che
non studio qui?- chiese l’altro scherzando.
Jared fece spallucce. –Ci
sono talmente pochi ragazzi in questa scuola che si tende a
socializzare per
solidarietà. Ti avrei già visto.- sorrise di
rimando allo sconosciuto, il quale
alzò le mani in segno di resa. –Ok, sono stato
scoperto. Anche se un po’ mi
dispiace non frequentare qui.- continuò eloquentemente,
indicando un paio di
alunne che in quel momento gli passarono accanto tra una chiacchera e
l’altra.
Il professore ghignò. –Non
è così bello come si pensa, credimi. Le donne ti
fanno uscire di testa.-
Il ragazzo annuì con un’espressione
colpevole. –Vero.-
-Perché sei qui?-
Lui si strofinò le
mani, imbarazzato. –Per una ragazza. Ho fatto un casino e
vorrei parlarle per
vedere se possiamo darci un’altra possibilità.-
Leto lo guardò colpito.
Erano discorsi importanti per quell’età.
–Wow, devi tenerci molto.-
-In effetti sì.- quel
sorriso imbarazzato non voleva andarsene. –Io e Kimberly ci
conosciamo da così
tanto che sarebbe un grandissimo errore se non tentassi di sistemare le
cose.-
ma Jared non lo stava più ascoltando dalla terza parola.
Tra tutti i nomi che
poteva sentirgli dire, Kimberly era proprio l’ultimo.
Pensò di esserselo
immaginato dal momento che quella ragazza era tutto quello che aveva
per la
testa da 6 mesi a questa parte. –Scu.. scusa, puoi ripetermi
il nome?-
-Il suo nome Kimberly.-
L’uomo appoggiò la
chitarra al suolo contro la parete, cominciando ad accarezzarsi i lati
del
volto dove la barba stava crescendo senza problemi da un po’.
Oh cazzo, pensò. Oh,
cazzo cazzo.
E adesso?
-Posso sapere chi la
cerca?- gli domandò, sprecando l’ultimo centimetro
di calma aveva conservato quasi
in vista di un momento come quello.
Il ragazzo gli rivolse
un’occhiata infastidita e curiosa. Sembrò
percepire qualcosa cambiare nel
professore e si mise sulla difesa. –Perché scusi?
La conosce? Comunque mi
chiamo Christopher.-
Si
era immaginato
diverse volte di trovarselo davanti. La personificazione del tradimento
di
Kimberly, il ragazzo che aveva amato al punto da rinnegarsi per mesi.
L’aveva
vista soffrire, piangere, disperarsi, spegnersi a causa
dell’omuncolo che si
trovava ora di fronte a lui, a fissarlo di rimando con
un’espressione criptica.
L’aveva amato così
tanto da non essere mai riuscita a mettere una pietra sulla loro
relazione e
appena ne aveva avuto l’occasione l’aveva
riassaporata.
-Porca miseria.-
sussurrò l’uomo senza riuscire a togliergli gli
occhi di dosso.
Se l’era aspettato
diverso, ad essere sincero. Era più alto di lui di parecchi
centimetri, i
capelli erano tenuti corti e in mezzo al volto c’era questo
paio di occhi
immensi e di un colore neutro nei quali poteva scorgere la sua immagine.
-Cosa?- chiese
Christopher sconcertato dalla reazione che l’uomo stava
avendo, solo dopo aver
sentito il suo nome. –Cosa c’è? Chi
è lei?-
Il professore si morse
il labbro inferiore, distogliendo finalmente lo sguardo da lui. Era
sicuro come
poche cose che il ragazzo aveva saputo della sua esistenza mentre si
era tenuto
in contatto con Kim in quei mesi. Chissà se anche quella
famosa domenica lui
era a conoscenza del fatto che stavano ancora insieme? Non si era mai
chiesto,
tra le varie cose, e per motivi abbastanza ovvi, chi dei due avesse
preso l’iniziativa.
Tornò a puntare gli
occhi ghiacciati nei suoi. –Io sono Jared.-
La reazione che lesse
negli occhi del ragazzo gli fece perfettamente intendere che sapesse
chi fosse “Jared”;
per questo fu più forte di lui sollevare il gomito e
affondare un pugno secco
contro lo zigomo di quello stangone che credeva di poter fare di
Kimberly
quello che desiderava.
Se l’avesse rivoluta
avrebbe prima di tutto dovuto passare sul suo cadavere.
And
I don’t want the world to see me
Cos
I know think that they’d understand
When
everything’s make to be broken
I
just want you to know who I am
Note finali: ce l'ho fatta.
Non avete idea della fatica che ho fatto per scrivere questo capitolo che per inciso -non doveva uscire così, ma va bene, vediamo cosa succede da questa nuova sparata- finisco per ripetere sempre le stesse cose.
E' un periodo in cui non sono (tocchiamo ferro, corna a manetta, accendiamo un cerino) triste, e per me è fondamentale sentire il sentimento che voglio esprimere per essere ispirata. Se nella mia testa c'è solo "oh che bello, posso dormire quanto voglio perchè tanto non devo più studiare" non riesco ad espirmere niente di tragico e credo che i risultati si vedano.
Chiedo venia e spero possiate apprezzare lo stesso, a parte la mancanza di sinonimi e giri di parole sempre uguali, ho fatto del mio meglio.
Sono in estremo ritardo, qualora non ve ne siate accorte. (Sono stra divertente, eh?) E mi dispiace tantissimo, ma ringrazio la vostra impazienza che mi sprona a scrivere.
Ogni tanto ho bisogno di essere messa sotto pressione, se no finisco per rimandare...... come tutto quello che faccio.
Oh, sono un essere umano medio anch'io!
Tornando a noi, che depressione scrivere questi capitoli. Davvero, i personaggi mi fanno di una pena che non sto neanche a descrivervi. Spero di avervi prese in contropiede con l'ultima uscita (Evvai Jared, sfonda il muso a quello sfigato!!) perchè sapete quanto mi piacciono i colpi di scena.
La canzone non sono soddisfattissima, e so che nel secondo esatto in cui posterò questo capitolo me ne verranno in mente un migliaio migliori di questa per il tipo di capitolo, ma come al solito sono nata sfigata e poi è una bellissima canzone, quindi fuck la canzone del capitolo è Iris dei Goo Goo Dolls ♥
E ho rinunciato per sempre a toccarti
perchè so che tu mi senti in qualche modo
tu sei più vicino al paradiso di quel che io sia mai stato
e non voglio andare a casa ora.
Non voglio che il mondo mi veda
perché non penso che capirebbe
quando tutto è stato fatto per essere distrutto
io voglio solo che tu sappia chi sono.
Ok, ho fatto il mio dovere. Pat pat. Fatemi sapere, fatevi vive, mortificatemi, insultatemi, fate quello che volete ma voglio risposte.
Ah, per chiunque non sia sicuro che la sua opinione sia importante o vuole rimanere nell'ombra per cacchioneso, vi svelo un segreto: più mi fate sapere che ne pensate, più mi date la voglia di continuare.
Chissà, magari la prossima se vedo richiesta non sarò così in ritardo.... ;)
Scherzi a parte, ho avuto i miei impegni non c'entrate voi. Sappiate che una recensione in più (positiva o negativa/lunga o corta che sia) è un bell'aiuto. Anche perchè io scrivo per voi, se fosse una cosa che mi diletto a fare e basta le sognerei o le scriverei e le terrei nel mio pc ahaha.
Passo e chiudo
xoxoxoxo